I MITI UNIVERSALI 1

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I MITI UNIVERSALI 1

da “Enciclopedia olistica”

di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli

I MITI UNIVERSALI

Tàaroa, il Creatore di Ogni Cosa, abitava in una conchiglia.
Questa conchiglia sferica, simile ad un uovo, girava nello spazio infinito.
Non esisteva né cielo, né terra, né luna, né stelle.
Poi Tàaroa con una scossa uscì dalla conchiglia
e trovò solo oscurità e silenzio.
Era completamente solo
e decise di ritirarsi in una nuova conchiglia per molte eternità.
Quindi intraprese la sua opera di creazione.
Con le conchiglie creò il Cielo e la Terra, poi scosse le sue
piume rosse e gialle che cadendo sulla Terra presero
la forma di alberi, di foglie e mazzi di piantaggine.
Mito delle Isole della Società, Oceano Pacifico

La visione simbolica dell’antichità

L’inconscio si esprime per immagini. Carl Gustav Jung

I miti esistevano sin dai primordi delle varie culture della Terra, agli inizi della storia, molto
prima che si venissero a creare le scienze, le arti e le religioni. I miti, racconti archetipici in
cui operano i simboli, essi rappresentano analogie profonde delle leggi dell’esistenza, espresse in
un linguaggio visivo: le immagini giocavano un ruolo fondamentale nell’antichità, in quanto non
esisteva ancora il linguaggio astratto dei concetti e delle formule.

E’ particolarmente interessante rilevare come già dalle prime espressioni della civiltà umana, i
simboli e le conoscenze basilari per la comprensione dell’essere umano e dell’esistenza erano
presenti, anche se in forma primitiva ed essenziale. In un discorso aperto sulle colonne della
conoscenza umana ci sembra doveroso onorare i nostri più antichi progenitori e la loro incredibile
saggezza e intuizione. E’ suggestivo, a distanza di quasi 10.000 anni, ritrovare in questi antichi
miti il medesimo senso che troviamo nelle conoscenze che la scienza sembra aver scoperto negli
ultimi secoli.

I simboli sono un linguaggio profondo, tipico del sogno e dell’inconscio, vicino alla coscienza
crepuscolare della preistoria umana e alla natura stessa. Oggi gli stessi simboli, gli stessi miti
possono diventare elementi di contatto con una parte molto più elevata della coscienza umana,
possono diventare gli elementi di aggregazione e di ispirazione del “superconscio collettivo”, la
coscienza superiore dell’umanità, che sfocia nella coscienza planetaria.

Iniziamo con i tre miti originari comuni a tutta l’umanità – che abbiamo chiamato le tre matrici
archetipiche – in cui ritroviamo gli elementi primi della visione olistica.

Il Nulla Originario e l’Uovo dell’Essere: le due Matrici Archetipiche del Grande Mito della
Creazione

Il Tao generò l’Uno, l’Uno generò il Due, il Due generò il Tre, e il Tre generò i diecimila esseri.”
Lao Tzu – dal “Tao Te Ching”

E nel grembo infinito di Erebo, la Notte dalle nere ali partorì dapprima l’Uovo senza germe, dal
quale, col volgere dei tempi, nacque l’amato Eros dalle spalle splendenti per le ali d’oro, simile
ai veloci turbini del vento. Primo dei “Frammenti Orfici”

L’Uovo d’Oro è prodotto dall’Immanifesto. La Terra con le sue sette isole, e tutti gli altri mondi,
sono nell’Uovo. Sankaracharya – introduzione alla “Bhagavad Gita”

Al principio del mondo la Dea – Durga – era sola. Ella depose l’Uovo del Mondo. Dalla “Bhavricha
Upanishad”

I miti della creazione sono una costante della maggior parte delle antiche religioni e filosofie.
Gli elementi archetipici in gioco sono: il Vuoto, l’Essere (Uovo), la sua fecondazione e la
conseguente generazione-creazione di tutti i mondi e le creature. E’ la sequenza numerica mistica:
Zero, Uno, Due, (Tre), Sette, Molti.

La concezione più diffusa è che, in origine, ci fosse solo il grande vuoto del non-essere, il
silenzio, la vasta illimitata notte del nulla; da essa nacque la prima coscienza-essere-luce, da
cui, come in un grande gioco di processi a catena, si svilupparono tutte le
energie-qualità-colori-forme delle cose e degli esseri viventi. La raffigurazione dell’inizio, la
Matrice Zero, il “Divino Nulla” della tradizione giudaica, è un campo oscuro, un vuoto abissale
senza forma e tempo e quindi non rappresentabile se non con un cerchio vuoto, simbolo dell’infinito,
oppure con il colore nero, inteso come assenza: è il “campo di vuoto”.

La raffigurazione del primo emergere dell’Essere, che abbiamo chiamato Matrice Uno, è spesso un
“Uovo di Luce” o “Uovo d’Oro”, spesso con un centro in cui a volte vi è l’immagine di una divinità,
archetipo dell’essere e dell’unità di coscienza e base del modello Cyber.

Da questa si genera la Terza Matrice o Matrice Creativa. L’Uovo della Coscienza Cosmica si
differenzia nelle infinite unità di coscienza/energia, nelle infinite forme e dimensioni di
esistenza. Le creature sono le “unità di coscienza”, ossia le “anime”, riflessi olografici dell’Uno
infinito, che prendono solitamente lo stesso aspetto di un ovoide con un centro di luce o con la
raffigurazione di un essere.

L’esistenza come Divinità risvegliata

La più articolata visione del mito della creazione è di sicuro quella della tradizione induista;
essa inizia con Vishnu, il “Conservatore”, profondamente addormentato sull’immensa distesa della
sostanza immortale dell’Oceano Latteo, insieme alla sua sposa Lakshmi chiamata anche Padma, la
“Signora del Loto”, entrambi adagiati sul grande serpente abissale dalle sette teste, Ananta, che
letteralmente significa “Infinito”, senza fine. Dall’ombelico del dio Vishnu sorge un fiore di loto,
che si eleva dal suo corpo sprofondato nel sonno, e da esso nasce il dio Brahma, “Signore della
Luce”, creatore degli infiniti universi: come in un sogno, si generano e si annichiliscono, proprio
come fiori di loto che emergono dal fondo dello stagno, sbocciano, si aprono e infine sfioriscono e
si dissolvono, riassorbiti in Vishnu.

Di nuovo è evidente il rapporto macrocosmo-microcosmo; come ogni vita nasce, si sviluppa e muore,
così l’intero universo si comporta come un uovo cosmico… la morte e la dissoluzione della materia,
così come la sua rinascita, non esistono, sono solo momenti scanditi sul grande orologio del tempo e
della coscienza.

In questi racconti analogici sulla creazione ritroviamo una costante presenza dell’elemento sacro.
Non vi è traccia del concetto di materia inanimata, come purtroppo accade nella scienza moderna,
tutto è vivo e cosciente. Coscienza e materia nascono insieme, si risvegliano insieme dal profondo
sonno primordiale e insieme crescono e si evolvono. Non vi è cenno di separazione tra materia e
spirito.

Nella tradizione indiana è addirittura l’elemento di autocoscienza “io sono” che dà il via
all’intero processo creativo. Questi miti debbono portare ad una profonda riflessione se osservati
alla luce delle scoperte e delle ipotesi scientifiche più avanzate.

La Matrice Creativa: la spirale dell’energia luminosa

Dall’unità immanifesta della Coscienza Vuota nasce un’energia intelligente, dinamica e creativa, che
genera lo spazio, il tempo e i mondi. Ogni aspetto della creazione, dalle particelle subatomiche
agli atomi, ai pianeti, alle galassie, nasce da questa energia ed è caratterizzato dal movimento
roteante e spiraliforme tipico di ogni energia elettromagnetica. Questo processo creativo/generativo
è l’espressione della Terza Matrice archetipica, che preferiamo chiamare Matrice Creativa spesso
raffigurata con il segno della spirale, ossia del movimento, che, dal nulla centrale, si estende e
si espande nello spazio/tempo e nella complessità e che, successivamente, dalla complessità esterna
ritorna al centro vuoto.

La spirale, che assume differenti forme, come il serpente, la svastica, il fiore o il tao, è uno dei
simboli più comuni e ricorrenti dell’umanità, incisa sulle pareti di roccia o dipinta nei luoghi
sacri. Essa rappresenta il senso del movimento creativo centrifugo, dal nulla centrale alla
manifestazione fisica verso l’esterno, e del movimento inverso di involuzione centripeta, dalla
manifestazione al nulla… un ciclo che l’essere umano primitivo osservava ogni primavera, quando
dal ramo nudo apparivano i germogli e da essi le foglie e soprattutto i fiori, con i loro petali
disposti a spirale, pensate alla rosa o al girasole. La spirale è anche raffigurazione del sole e di
tutti i cicli solari diurni-notturni e stagionali che scandiscono il tempo e la vita stessa.

Nella scienza questa matrice energetica è stata da tempo riconosciuta e studiata come natura
ondulatoria delle particelle elementari da cui deriva l’intera esistenza fisica. Qualsiasi immagine
delle particelle elementari evidenzia questa natura spiraliforme.

Ritroveremo questa identica natura implicata/esplicata ossia avvolta/svolta nei miti del serpente
come nella fisica quantistica.

La separazione della terra dal cielo

All’inizio il Cielo e la Terra, Izanagi e Izanami, non erano separati; insieme formavano un caos che
assomigliava ad un Uovo con al centro un germe. Mito cosmogonico giapponese

Una tra le prime grandi divisioni mitologico-simboliche dell’Uno è rappresentata dalla
formazione/separazione della Terra dal Cielo, dalla cui relazione nascono le infinite creature.
Anche questo mito rappresenta un archetipo dell’inconscio collettivo dell’umanità. Nella leggenda
greca sulla nascita del mondo, Gaia o Gea, la Terra, viene fecondata da Urano, il Cielo, che ogni
notte scende su di lei, e genera molti esseri e semidei. Urano, tuttavia, non vuole i suoi figli che
sono costretti a nascondersi nelle profondità della terra stessa, per sfuggire alla sua presenza
oppressiva. Crono, il Tempo, uno dei figli, decide di ribellarsi: armato di un falcetto, castra il
padre durante la sua discesa notturna. Le gocce di sangue di Urano, o secondo altre versioni le sue
membra, cadono sulla Terra fecondandola, e nascono altre creature che hanno generato l’umanità. Una
leggenda polinesiana dei Maori narra che Rangi Nui, il Cielo, giace sulla sua consorte
Papa-tu-a-nuku, la Terra, e l’avvolge in una totale oscurità, cosicché i figli nati dalla loro
unione non possano vedere la luce. I figli decidono di ribellarsi e, dopo vari tentativi falliti,
uno di essi, Tane-mahuta, inizia a separare il Cielo dalla Terra. Si tratta di un processo
lunghissimo, ma alla fine il legame che li unisce cede e i figli possono di nuovo vedere la luce. La
tradizione cinese taoista parla di Pan-Gu, che separò la Terra dal Cielo con la forza delle proprie
braccia.

In alcune tavolette sumeriche del 2000 a.C. ritroviamo invocazioni alla “Madre che ha partorito
Cielo-e-Terra”. La leggenda narra che quando dall’oceano primordiale emersero il Cielo e la Terra,
essi avevano la forma di una montagna la cui sommità era An, il Cielo, dalla qualità maschile, e la
cui base era Ki, la Terra, di qualità femminile. Dalla loro unione nacque Enlil, il dio dell’aria,
che ne separò le due metà:

Il signore le cui decisioni sono inalterabili,
Enlil, che fa germogliare il seme della Terra,
che ebbe cura di allontanare il Cielo dalla Terra,
che ebbe cura di allontanare la Terra dal Cielo.

Nella fig.* vediamo in alto Nut, la dea egizia del cielo, con il corpo coperto di stelle, che come
un semicerchio copre il suo consorte Geb, Principe degli Dei, disteso per terra. La dea del cielo,
Nut, è sostenuta dal dio dell’aria Shu, con la faccia da babbuino, che sul capo porta il “Segno
della montagna”, simbolo della separazione tra Cielo e Terra. Dalla loro unione nascono Iside,
Osiride, Seth e Nephtys e da loro discende l’intera umanità.

L’Uovo dell’esistenza (Big Bang) si separa e da esso nascono il Cielo e la Terra. Dall’uno nasce il
due, il tre e i molti. Dall’unità si genera simbolicamente dapprima la dualità, Alto-Basso,
Terra-Cielo, Yin-Yang e dall’unione dei due si genera il figlio, che rappresenta il tre: l’elemento
intermedio tra la Terra e il Cielo. L’essere umano viene così visto nella sua tripartizione in
testa-torace-addome, in analogia con la tripartizione Cielo-Uomo-Terra, ossia
Spirito-Individualità-Materia, e in questa sua triplice divisione viene studiato nella medicina
tradizionale cinese e in moltissime altre pratiche medico-spirituali.

Con la formazione della Terra e della sua atmosfera, che la separa dal freddo Cielo stellare, si
genera la vita, nascono le piante e le creature che popolano la realtà dei nostri progenitori del
Paleolitico e del Neolitico: essi realmente vivevano tra la terra e il cielo, come ogni altro
animale senza casa, né cultura scritta, ma con un infinito senso di devozione per la natura e per il
mistero stesso della vita. Analizziamo il “mito di Gaia” nel dettaglio.

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