I GRANDI MISTICI E LE GRANDI VIE SPIRITUALI 3

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I GRANDI MISTICI E LE GRANDI VIE SPIRITUALI 3

da “Enciclopedia olistica”

di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli

La religione solare andina del popolo dei Q’echua – Il ponte di colibri’
Di Bisi Mauro

La religione solare andina è sopravvissuta all’invasione spagnola protetta dalla adattabilità e
dalla umiltà del popolo Q’ECHUA, che comprese subito l’impossibilità di opporsi o di dialogare con
l’arroganza di chi può pretendere di possedere l’unica verità. L’apparente espansione della
religione cattolica nel Perù fu causata dalla necessità di sopravvivere al genocidio, per cui, gli
Andini, trasferirono i propri contenuti religiosi all’interno della liturgia cattolica. Questa è
l’operazione che, a livello di massa, il popolo dell’incanto ha posto in pratica. Si continua in
privato a rivolgersi alla Madre Terra, mentre in pubblico, alla Vergine Maria. Si continua
interiormente a lavorare con lo spirito delle montagne che ora hanno preso il nome di un qualche
santo, mentre ufficialmente è al santo che vengono dedicate feste e orazioni. Ma c’è anche chi non
ha potuto sopportare questo tipo di compromesso, per questo si sente spinto a nascondersi tra le più
alte montagne, dove la sete di oro, non poteva portare i conquistadores.

Una parte molto vitale del popolo, trovò protezione dall’indottrinamento o dal genocidio, in quei
luoghi impervi e selvaggi. Trovò protezione rispetto ad un pensiero ritenuto delirante, perché molto
distaccato dalla natura e dai profondi sentimenti umani. L’unico luogo, dove ancora rimangono
intatte le antiche tradizioni del TAWANTINSUYU, purificate da più di 4coco anni di umiltà e
invisibilità. Purificata rispetto agli inquinamenti che il potere produsse anche tra gli Inca è
Q’ERO, la nazione degli Q’EROS, una serie di villaggi posti a 5700 metri sul livello del mare, a
Nord di Cuzco, l’antica capitale.

Guidati da sacerdoti del popolo, una colonia di pastori nomadi, si stabilì con le famiglie e gli
armenti, in quei luoghi inospitali. Là, dove il contatto con le montagne imponenti, con un cielo
meraviglioso ma incombente, con una terra avara e sassosa, li costrinse ad una vita durissima, ma
piena di contatto con l’interiorità, la percezione, la presenza continua della morte, dentro una
vita, comunque straripante di energia.

E’ questa comunità di Q’ERO che noi abbiamo avuto la fortuna di visitare, grazie all’intervento
delle uniche due persone, autorizzate dagli Q’EROS, a’ fingere da “porta” per il loro mondo. Sono
due iniziati, gli unici non indios. Sono l’antropologo Juan Nunes Del Prado e lo scrittore Americo
Yabar Z. Questi due miei amici sono a capo di un movimento culturale che collabora con una decina di
antropologi dell’università di Cuzco che si è posto il problema di non interpretare, ma
semplicemente di riportare e mantenere viva, l’antica, ma per me sempre attuale, cosmovisione del
popolo andino, cercando di contrastare l’attacco di un altro nemico irriducibile della natura, cioè
il consumismo armato di mass – media che sta conquistando anche il Perù.

E’ la percezione dello spirito, che può nascere solo dalla possibilità di “essere nei propri
sentimenti naturali”, perché rispettosi del proprio corpo, sacra sede dell’anima, l’asse portante
della religiosità andina. Per un Q’echua tutto è vivo, non esiste differenza tra “vivo” e “morto” ma
solamente tra: vita organica, vita inorganica, vita spirituale. Una trinità che viene definita con i
concetti di UKU PACHA: tutto ciò è inconscio, sotterraneo, nascosto ma esistente, interiore; KAY
PACHA, cioè tutto ciò che è conscio, visibile, palese, organico, facilmente percepibile. HANAK PACHA
cioè il soprasensibile, il superconscio, il mondo dello spirito, il mondo delle leggi che governano
gli altri due mondi e se stesse.

Queste tre categorie, sono da intendersi, sia descrittive del macrocosmo sia del microcosmo.

L’UKU PACHA è una dimensione all’interno del pianeta e all’interno di ogni essere. E’ la materia
vivente, che reagisce all’azione dello spirito agendo come alchimicamente. Da questo incontro
“sensuale” in quanto mosso dal sentimento dello spirito e da quello della materia, si producono
figli inorganici che vivono una vita inconscia per l’uomo normale. Il KAY PACHA è il mondo visibile,
animato dagli essere animali, vegetali minerali. Nel Kay Pacha è situata La percezione della madre
terra (Pacha Marna), della parte più femminile del pianeta: l’acqua (Marna Cocha). Troviamo Tayta
Inti, il padre sole, Wayra il vento, e la pioggia (Para) il fulmine (Kaya) il tuono (Qaqa), il fuoco
(Nina) la luce (Illa) la luna CKJlla), le stelle (Coyllor), gli altri pianeti e l’arcobaleno che
tutto santifica e rende bello. Attraverso un contatto emotivo sentimentale con lo spirito degli
elementi, l’uomo cerca e trova il contatto con il regno di HANAK PACHA Dove l’energia spirituale
delle montagne, così forte a causa del potere che le punte hanno, di attirare a sé l’energia
circostante, aumentata dalla volontà degli uomini che indirizzano amore alle montagne stesse,
diventa un tramite tra Kay Pacha (mondo cosciente) e Hanak Pacha (mondo supercosciente). Questa
energia spirituale delle montagne, depositaria dell’energia collettiva si chiama “APU”. Possiamo
considerare l’Apu una banca di energia a cui attingere con il contatto meditativo, come la parte più
raffinata dell’energia della terra, Pacha Mama, raffinata in quanto più sottile, più psichica,
rispetto all’energia più fisica, che la nostra madre cosmica elabora. All’Apu e alla Pacha Mama ci
si rivolge con sentimento (Munay).

Quando incominciammo la nostra avventura, che ci avrebbe portato in quel monastero informale che ha
nome Q’Ero, noi italiani avevamo seri dubbi sulle nostre capacità di resistere a quelle condizioni
così dure. Nessuno di noi aveva esperienza in altura, nessuno era alpinista. Ma Americo continuava a
dire, che se gli Apu lo desideravano, saremmo arrivati a destinazione, e se non fossimo arrivati,
non sarebbe stato solo per le nostre scarse qualità atletiche.

Ci insegnò una meditazione particolare, per entrare in contatto con le montagne, e ci suggerì di
mangiare solo il cibo che mangiano gli Q’Eros.

Quattro di loro d avevano accolti dopo 16 ore di camion, in un posto sperduto a 45coco m. chiamato
Chaotacucho. Unonera un capo villaggio e sacerdote, uno era suo figlio e due erano apprendisti del
capo. Questo uomo sulla cinquantina era un ALTOMESAYOQ, sacerdote di 5° grado della scala gerarchica
religiosa andina. Il primo grado è coca Wairschin, o colui che legge le foglie di coca lanciate con
mano esperta su un panno di alpaca chiamato UNKUI. Attraverso una relazione con lo spirito delle
foglie e il proprio intuito, devono essere in grado di conoscere il passato decifrare il presente e
prevedere il futuro: 11 secondo grado è il Watoo o voggonto. Voggonto è colui che attraverso il
continuo lavoro con le foglie e l’intuizione, ha raggiunto un grado di sensibilità tale da poter
leggere senza strumenti accessori, l’energia degli esseri umani e decifrarla in maniera esatta. Il
terzo grado è quello di Hampeq o Curandero. Egli è un uomo cosi immerso nel rapporto con l’energia e
le sue leggi, da non poter instaurare un rapporto con lo spirito delle piante dal quale si fa
suggerire i metodi di cura per i singoli casi. Quando un uomo è sufficientemente avanti in questo
tipo di conoscenza può tentare di lavorare con lo spirito del pianeta, PACHA MAMA con la sua
capacità di mangiare ogni tipo di inquinamento energetico fisico, e quindi di curare le malattie, ma
anche di stroncare gli attacchi psichici di Brujos o malintenzionati, cosa che il curandero non può
fare. Questo 4° grado è il grado di PAMPAMESAYOQ. IL 5° grado o ALTOMESAYOQ è la capacità attraverso
un continuo servizio alla Pacha Mama, di avere accesso all’energia dell’Apu, tramite la conoscenza
del ROAL, ossia l’energia comica agente nel pianeta. Energia che tende verso le vette. La Pacha Mama
è femmina e il PAMPAMESAYOQ è ancora come un bambino. Amando la madre cresce ed entra nel mondo del
padre, il cacciatore, il viaggiatore, il Roal. Seguendo il padre si arriverà all’Apu, eretto sopra
la pianura, teso verso HANAK PACHA

Un Altomesayoq lavora con l’energia collettiva di tutta la popolazione.

Il QURAQ AKULIAQ è il quinto grado. Un uomo che attraverso il servizio amorevole all’Apu e alla
collettività, ha sviluppato una capacità di immedesimazione tale, da poter trasferirsi là dove la
sua presenza è richiesta continuando a restare nella propria casa. Si parla di gerarchia, ma bisogna
intendere diversi livelli di consapevolezza e di disponibilità all’amore disinteressato.

Continuo a raccontare della salita a Q’ERO perché per noi fu stupefacente salire da 4500 ai 5700
metri passando attraverso una tempesta di neve di un’ora abbondante a quota 5000. La cosa ci fece
pensare alla nostra morte, mentre i Q’Eros ridevano divertiti. Americo continuava a sostenerci ma
sul suo volto io potevo leggere la preoccupazione per un’altra cosa molto importante. Era la prima
volta che occidentali salivano a Q’Ero per conoscere i rituali dell’Alta Sierra, e lui si sentiva
responsabile per noi tutti. Ne sarebbe andata della sua reputazione se avessimo fallito.

Lungo il cammino incontrammo sulla neve orme di puma e questo animale divenne il nostro
lasciapassare. Arrivati a Q’Ero dopo mille peripezie, con le lacrime agli occhi, d fu assegnata una
CHOSA, casa di pietra senza riscaldamento dove avremmo dovuto vivere, a quell’altura, per una
settimana.

Americo fu chiamato dal Capo, molto preoccupato perché era sparito uno dei suoi alpaca. Gli venne
chiesto di scoprire, lanciando le foglie, se l’alpaca si era solo persa, se era stato rubato da
ladri se era stato ucciso dal puma. Non vi erano tracce di puma nei pressi del villaggio ma per
Americo le foglie dicevano che: “EI puma ha matado a l’alpaca”. Il giorno dopo fu ritrovato l’anima
sbranato dalla fiera. Questo era il segno dell’impeccabilità della nostra guida, i nostri sforzi per
giungere fino a li, erano quasi una prova per la nostra. Arrivarono altri personaggi, noi ci sedemmo
in circolo con una dozzina di Q’Eros che ci guardarono a lungo con aria piuttosto dura. Dopo qualche
tempo uno di loro cominciò a sorridere e gli altri lo seguirono. Fu il segnale di una accettazione
definitiva, molto sospirata. Loro ci avevano osservato in una maniera molto particolare, ci avevano
visto e con noi le nostre sincere intenzioni. Ci venne spiegato che la strada della conoscenza può
essere iniziata in modi diversi. Un modo è quello di venire colpiti da un fulmine e non essere
uccisi. In questo modo l’energia dell’HANAUH PACHA irrompe nella vita del soggetto cambiando la sua
percezione per sempre. Questo candidato viene riconosciuto perché “visto” da altri iniziati e viene
assistito nel sistematizzare la valanga di sensazioni all’interno di un codice molto antico. Un
altro modo è la ricerca personale che porta il candidato, attraverso errori e contraddizioni, a
cercare un maestro, che interrogherà le foglie o la propria seconda vista per decidere se
accoglierlo o no. Il terzo modo è quello di essere scelti da un maestro, che si incaricherà di
accompagnare l’iniziando verso i gradini dell’apprendimento. Noi fummo portati nella chosa del Capo
dove furono officiati due rituali propiziatori, uno per gli Apu, uno per la Pacha Mama. Nei giorni
successivi ci furono insegnate tecniche meditative per entrare in contatto con gli elementi della
natura. Dopo questo trabajo furono nuovamente lanciate le foglie per noi e quindi decisero di
legarci simbolicamente con un filo bianco all’energia dell’Apu Waman-Lipa o Palco di pietra. Da quel
momento eravamo iniziati all’interno della più antica forma di religiosità andina e cominciò per noi
lo studio dell’Alto Despacho di Q’Ero, ovvero l’arte più pura ed antica di rendere omaggio agli Apu
e alla Pacha Mama. Ci sentimmo tutti più che onorati, felici. Felici di questa opportunità anche se
ancora oggi io mi chiedo quanto merito tutto questo.

La terza rivelazione di Kandinsky
Di Vasillay Kandinski

Da sguardo al passato

“Oggi è il momento di una delle grandi rivelazioni del mondo. Comincia qui la grande epoca dello
spirituale, della rivelazione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. L’arte è, per molti
aspetti, analoga alla religione. Il suo sviluppo non consiste nell’avvento di nuove scoperte che
cancellino le vecchie verità… Il suo sviluppo consiste di nuove verità che fondamentalmente altro
non sono che lo sviluppo, la crescita organica di una precedente saggezza, la quale non è violata
dalla saggezza ulteriore, bensì come saggezza e verità continua a vivere e a produrre.

Il tronco dell’albero non diviene superfluo per lo spuntare di un nuovo ramo: il tronco rende
possibile il ramo. Sarebbe stato possibile il Nuovo Testamento senza il Vecchio? Sarebbe forse
possibile la nostra epoca alla soglia della “terza” rivelazione, senza la seconda? E quali sono gli
elementi necessari alla ricezione della “terza” rivelazione, la rivelazione dello Spirito Santo? Una
sola richiesta: la richiesta della vita eterna!

Il cerchio sacro di Alce Nero
di J.Neidhardt

da “Alce Nero parla” ed. Adelphi

Avete osservato che tutto ciò che un indiano fa è in un circolo, e questo perché il Potere del Mondo
sempre lavora in circoli, e tutto cerca di essere rotondo. Nei tempi andati, quando eravamo un
popolo forte e felice, tutto il nostro potere ci veniva dal cerchio sacro della nazione, e finché
quel cerchio non fu spezzato, il popolo fiorì. L’albero fiorente era il centro vivente del cerchio,
e il circolo dei quattro quadranti lo nutriva. L’est dava pace e luce, il sud dava calore, l’ovest
dava la pioggia, e il nord, col suo vento freddo e potente, dava forza e resistenza. Questo saper ci
veniva dal mondo dell’aldilà, con la nostra religione. Tutto ciò che il Potere del Mondo fa, lo fa
in un circolo. Il cielo è rotondo, e ho sentito dire che la terra è rotonda come una palla, e che
così sono e stelle. Il vento, quando è più potente, gira in turbini. Gli uccelli fanno i loro nidi
circolari, perché la loro religione è la stessa nostra. Il sole sorge e tramonta sempre in un
circolo. La luna fa lo stesso, e tutti e due sono rotonde. Persino le stagioni formano un grande
circolo nel loro mutamento, e sempre ritornano al punto di prima. La vita dell’uomo è un circolo,
dall’infanzia, e lo stesso accade con ogni cosa dove un potere si muove. Le nostre tende erano
rotonde come i nidi degli uccelli e inoltre erano sempre disposte in circolo, il cerchio della
nazione, un nido di molti nidi, dove il Grande Spirito voleva che noi covassimo i nostri piccoli.

Lo splendore della chioma
Di Paul Klee

Da una lezione agli studenti della Bauhaus

Per effetto del più lieve impeto, il punto è pronto ad emergere da uno stato in cui la sua mobilità
è nascosta e a muoversi, a procedere in una o più direzioni. Sta per divenire linea. In termini
pittorici concreti; il seme mette una radice. Inizialmente la linea è diretta verso la terra, non
per dimorarvi, ma solo per trarne energia per protendersi nell’aria. Il punto originario fra suolo e
aria si distende e l’immagine vegetale generalizzata diviene albero, radice, tronco, chioma.

Il tronco è il canale che rende possibile la salita della linfa dal terreno all’alta chioma. Le
forze lineari si radunano al suo interno, formando una potente corrente, e si irraggiano in fuori a
riempire lo spazio aereo a una libera altezza. Perciò l’articolazione in avanti diviene naturalmente
vieppiù ramificata e aperta, per trarre il massimo beneficio dall’aria e dalla luce. Le foglie si
appiattiscono, l’intero organismo viene ad assomigliare ad un polmone, o alle branchie di un pesce,
poroso, suddiviso, al servizio di un unico fine.

Traiamone esempio: una struttura che funziona dall’interno all’esterno o viceversa. Impariamo:
l’intera forma ha una sola base, la base della necessità interna. Nessuno si aspetta che un albero
riproduca nella sua chioma esattamente le radici. L’artista si limita al suo posto nel tronco
dell’albero, a raccogliere ciò che emerge dal profondo e a trasmetterlo oltre… La sua posizione è
umile: non è lui stesso lo splendore delle chiome, quello splendore semplicemente lo attraversa.

Tre corpi del mandala
Di K. Dowman

Da “La danzatrice del ciel” Ubaldini Ed.

L’importanza del Lama

Nella metafora della barca che attraversa l’oceano del samsara, il Lama è il capitano della barca
chiamata “Trasmissione Orale”, è lui che fornisce le grandi vele dei precetti segreti; i consigli
del Lama sono una guida per giungere all’altra sponda, il Lama concede la maturità e la liberazione
attraverso l’iniziazione e le istruzioni sul post-meditazione. Con il gran numero di tecniche
fornite dai Tantra, mediante un’accurata prescrizione, il Lama può effettuare l’immediata
liberazione del samsara. il solo fattore indispensabile è l’introduzione dell’iniziato da parte del
Lama, alla naturale purezza originaria della sua stessa mente.

Il Lama è il Buddha e possiede i tre aspetti dell’essere del Buddha: l’indivisibile trikàya (i tre
corpi). Questi tre aspetti sono l’essere vuoto, fondamentale (dharmakàya), l’essere visionario
(sambhogakàya), e l’essere di apparizione (nirmanakàya). C’è una formula semplice che definisce i
tre aspetti: l’assenza è vuota, la natura è luminosa, la manifestazione compassionevole è
onnipervadente. Questi tre aspetti possono essere concepiti come tre sfere dell’essere che si
compenetrano, allo stesso modo in cui ghiaccio, acqua e vapore sono aspetti o modalità dell’acqua.
Sebbene “l’essere vuoto, fondamentale”, sia la totalità, è anche Vacuità di ogni individuo, il vuoto
spazio primordiale che è alla base di tutti gli esseri senzienti è consapevolezza non duale, priva
di oggetto, in quanto non c’è né un soggetto che ne faccia esperienza, è puro piacere, perché se ne
acquista coscienza attraverso l’unione statica, in termini di mandala, è il centro che tutto
pervade.

L'”essere visionario” è la natura luminosa del Buddha che risplende di variegati colori di
arcobaleno che trasmettono gioia e conoscenza: dà piacere estetico perché è totalmente privo delle
contaminazioni emotive; è perfetto godimento in quanto infinito e senza impedimenti; in termini di
mandala, è lo spazio compreso fra il centro e la circonferenza. L'”essere di apparizione”, è
l’universale sensibilità dell’essere compassionevole che, in risposta alle esigenze di tutti gli
esseri senzienti, si manifesta attraverso apparizioni illusorie; è “l’essere incarnato” perché la
principale forma di emanazione è quella umana. In termini di mandala è la circonferenza.

Le tre radici sono strettamente connesse ai tre aspetti dell’essere: possono essere infatti
concepite come personificazioni divine dei tre aspetti della natura del Buddha: del suo Corpo, della
sua Voce e della sua Mente.

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