Esperienze di pre-morte e coscienza: parla il cardiologo Pin Van Lommel

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Esperienze di pre-morte e coscienza: parla il cardiologo Pin Van Lommel

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Pin Van Lommel è un cardiologo olandese di fama internazionale che da decenni studia le esperienze
di pre morte (NDE). Insieme alla sua equipe ha pubblicato numerose ricerche su riviste scientifiche
analizzando la fenomenologia di queste esperienze alla ricerca di una spiegazione scientifica delle
stesse.

Redazione – Scienza e Conoscenza – 09/11/2023

I suoi studi lo hanno portano a interrogarsi sulla natura della coscienza umana e sul suo rapporto
con il cervello, campi di indagine scientifica ancora aperti e bisognosi, per essere compresi e
studiati, di una scienza capace di andare oltre le proprie basi prettamente materialistiche.

Intervista a cura della redazione:

Redazione: Dottor Van Lommel, come mai ha deciso di indagare senza pregiudizio un tema di confine
come quello delle NDE, spesso relegato nei territori della para psicologia? Quali eventi della vita
l’hanno avvicinata a questo tema così spinoso e controverso?

Pin Van Lommel: Dal mio punto di vista, le NDE (esperienze di pre-morte) non sono affatto un tema
spinoso e controverso; ci sono semmai un grosso tabù e una quantità di pregiudizi all’interno del
paradigma materialista a cui la scienza occidentale in maggioranza si attiene ancora, per il
semplice fatto che le cause e i contenuti delle NDE non possono essere spiegati dalle teorie
materialistiche dominanti.

Com’è cominciato il mio interesse per le NDE? Nel 1969, mentre ero di turno come interno
all’ospedale nell’unità coronarica riuscirono a rianimare un paziente con la defibrillazione
elettrica. All’epoca era una cosa nuova, entusiasmante, per tutti noi; perlopiù non ci rendiamo
conto, oggi, che fino al 1967, 50 anni fa, tutti i pazienti con un arresto cardiaco morivano perché
non c’erano ancora le moderne tecniche di rianimazione, come la defibrillazione e la compressione
del torace dall’esterno. Quel paziente in particolare riprese conoscenza dopo circa 4 minuti di
incoscienza, e noi, il team dei rianimatori, ne fummo estremamente felici, ovviamente. Il paziente,
invece era alquanto seccato: mi raccontò di aver attraversato un tunnel, di aver visto una luce e
dei colori meravigliosi, e di aver ascoltato della musica… Un evento che non ho mai dimenticato,
anche se all’epoca non sapevo cosa farne e non ne feci nulla.

All’epoca non sapevo neppure che di quelle esperienze si fosse parlato in molte culture e religioni,
e in tutte le epoche storiche.

Solo diversi anni dopo, nel 1975, Raymond Moody descrisse per primo le cosiddette “esperienze di
premorte” o di “quasi morte”, e solo nel 1986 lessi qualcosa sull’argomento, nel libro di George
Ritchie Ritorno dall’aldilà, in cui egli raccontava ciò che gli era accaduto nei 9 minuti della sua
morte clinica nel 1943, quando ancora studiava medicina. Fu dopo aver letto questo suo libro che
cominciai a intervistare i miei pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco: con mia grande sorpresa,
12 sui 50 intervistati nel giro di 2 anni mi raccontarono una NDE.

Tutto è cominciato, per me, dalla curiosità scientifica, perché in base ai concetti attuali della
medicina non è possibile avere percezioni coscienti durante un arresto cardiaco, in assenza di
circolazione sanguigna e respiro. L’ambiente universitario in cui ero cresciuto mi aveva insegnato
che la coscienza era ovviamente il prodotto di un cervello funzionante, e fino a quel momento avevo
sempre preso per incontrovertibile questa verità, ma il confronto con il fenomeno delle NDE mi fece
sorgere parecchi interrogativi fondamentali: come e perché si produce un’esperienza di NDE? Come si
manifesta il contenuto di una NDE? E perché, in seguito, la vita del paziente cambia così
radicalmente? La maggior parte delle risposte disponibili mi parevano incomplete, errate o
infondate.

Gli studi scientifici longitudinali che mirano a spiegare la causa e i contenuti delle NDE sono cosa
recente, e all’epoca c’erano solo studi in retrospettiva, e anche molto selettivi nei confronti dei
pazienti.

Alcuni studiosi, basandosi su di essi, ritenevano che le esperienze di premorte fossero imputabili a
mutamenti fisiologici nel cervello, risultanti dall’anossia cerebrale (la mancanza di ossigeno);
altre teorie parlavano di reazioni psicologiche all’approssimarsi della morte, allucinazioni, sogni,
effetti collaterali dei farmaci, o, più semplicemente, di falsi ricordi. Così nel 1988 demmo inizio,
in Olanda, a uno studio longitudinale. Nessuno studio longitudinale di vasta scala sulle NDE era
ancora stato condotto nel mondo, e il nostro si rivolse a 10 ospedali olandesi, con l’intento di
includere tutti i pazienti consecutivi con un infarto acuto del miocardio che fossero sopravvissuti
ad arresto cardiaco, e fossero stati dichiarati “clinicamente morti”.

Coscienza oltre la Vita — Libro >> bit.ly/47vElWN
La scienza delle esperienze di premorte
Dr. Pim Van Lommel
www.macrolibrarsi.it/libri/__coscienza-oltre-la-vita-libro.php?pn=1567

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