E’ possibile comprendere la mente?

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E’ possibile comprendere la mente?

di Mario Rizzi

E’ POSSIBILE COMPRENDERE LA MENTE?

Per qualunque uomo o donna che abbia il dono, o la sventura, di
possedere una mente avida di sapere, è della più grande importanza
ottenere tutte le informazioni che desidera, affinché, quando le
esigenze dell’intelletto sono soddisfatte, il cuore possa parlare.
(Max Heindel)

Analizzare il comportamento della mente umana è certamente uno dei
compiti più complessi che l’uomo possa affrontare.

Diversamente dall’indagine scientifica, fatta su un oggetto esterno,
che può essere sempre condotta con un certo rigore, l’analisi della
mente, portata avanti con l’ausilio della stessa mente, crea una serie
di problematiche. L’osservatore e l’osservato non occupano più due
posizioni spazialmente separate ma coesistono sia nel tempo che nello
spazio, ciò, ovviamente, non permette quella obiettività di
osservazione che sarebbe altamente auspicabile.

Per questi motivi, da millenni vi sono stati uomini che hanno pensato,
parlato e scritto sul modo in cui essi interpretavano i processi
mentali. Di certo il più antico trattato sull’argomento è la Bhagavad
Gita, fu compilato in India e tratta di fatti risalenti al periodo
anteriore di mille anni alla nascita di Gesù Cristo. In questo
trattato si racconta di una battaglia, dei protagonisti e delle varie
problematiche che essi incontrano. Questa battaglia è simbolica perché
non viene condotta verso nemici esterni bensì verso quelli “interni”
(vizi, passioni, desideri, ecc.), che ostacolano ed a volte
impediscono una normale evoluzione della natura umana.

La Baghavad Gita inizia così: “La mente cieca disse, o chiese a sé
stessa in introspezione: I miei figli, le cattive, seducenti tendenze
mentali e dei sensi, opposte alle pure tendenze mentali
discriminative, radunatesi nella sacra pianura del campo di battaglia
della Vita, desiderosi di darsi battaglia psicologica o morale, che
cosa fecero?”.

Appare chiaro come la materia trattata sia non soltanto di ordine
psicologico, ma anche morale e spirituale e come, per gli Indù, i
processi mentali rivestano da millenni un indubbio interesse. Si pensi
che la mente comune, ovvero non educata, viene da loro definita come
“la scimmia pazza che ci governa”.

La mente, a tutti gli effetti, è soltanto uno strumento che l’uomo
dovrebbe poter usare a sua discrezione, con l’adozione dei pensieri
voluti e la rimozione di quelli non desiderati. Spesso, invece, i
pensieri trovano la loro origine nei meccanismi mentali relativi al
recupero dei ricordi, alla associazione delle idee ed ai riflessi
condizionati. Questi meccanismi sono talvolta così potenti da
costringere l’uomo a deviare dai pensieri che stava intrattenendo a
favore di quelli portati in superficie dai processi accennati. A causa
di questi fenomeni l’uomo stesso diviene strumenta-lizzato dalla sua
mente e, consapevolmente o meno, si ritrova a seguire delle linee di
pensiero, e d’azione, che non sempre gli sono congeniali.

Questo non è certo un problema specifico dei nostri tempi, le seguenti
parole di San Paolo ben illustrano la difficoltà di agire nella
direzione in cui si pensa sia giusto muoversi: “Io non riesco a capire
neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma
quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco
che la legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato
che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non
abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di
attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non
voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo,
ma il peccato che abita in me” (Romani 7:15).

Il notevole uso di tranquillanti, che viene fatto nelle nazioni più
progredite, dimostra chiaramente come la padronanza dei processi
mentali presenta delle notevolissime carenze. Questo dimostra che la
ricerca, e la rimozione, delle cause che stanno alla base delle
disfunzioni non è facile e che la mente ha ancora tanti segreti e
particolarità che rimangono da scoprire.

CHI DICE “IO” DENTRO DI NOI?

La risposta dei Kahunas (1)

Nel libro “The Secret Science at Work”, si può trovare una serie di
informazioni assai utili per comprendere la costituzione dell’uomo, e
dei suoi processi mentali, nell’interpretazione data dai Kahunas, gli
sciamani di un popolo, ora estinto, che abitava le isole Hawaii.

Uno degli elementi fondamentali nella dottrina dei Kahunas è la
convinzione che nei mondi invi¬sibili esistono degli esseri spirituali
ad un livello evolutivo superiore, uguale ed inferiore a quello
dell’attuale umanità. In accordo con l’insegnamento comune a tante
altre Scuole di pensiero, l’uomo non viene considerato un corpo più o
meno pesante, bensì un essere spirituale che vive in quel corpo.

Questo essere spirituale, ovvero colui che dice “io” dentro di noi,
nella dottrina dei Kahunas, non è solo. Gli fanno compagnia un essere
meno evoluto (detto sé-inferiore) ed uno, molto più evo¬luto di lui,
che potremmo ravvisare nell’Angelo custode dei Cristiani o nel
Sé-spirituale degli Indù. Pertanto, secondo questa dottrina, in ogni
corpo umano, convivono tre “esseri”, a diverso livello evolutivo ed
ognuno di essi svolge delle funzioni ben definite, ovvero:

– Il Sé-superiore, è la scintilla divina in noi. Tra i tre è l’essere
più evoluto, autorevole, giusto e fidato.

– Il sé-intermedio, è la sede del ragionamento logico e razionale; è
quello con cui noi ci identifichiamo quando pensiamo “io”.

– Il sé-inferiore, è la sede delle emozioni e della memoria.

Il sé-inferiore è il fedele servitore degli altri due ed è intimamente
connesso con il sé-intermedio come se ne fosse il fratello minore.
Questa è la sede dove avvengono i processi di memorizzazione e nascono
le emozioni (amore, odio, paura, ecc.). Talvolta le emozioni possono
essere così intense da coinvolgere il sé-intermedio a tal punto da
fargli perdere il controllo.

Il sé-inferiore ragiona in modo assai limitato, essendo il suo grado
di evoluzione inferiore a quello del sé-intermedio il quale, a sua
volta, è assai più limitato del Sé-spirituale. Il modo di ragionare
del sé-inferiore potrebbe essere paragonato a quello degli animali
domestici; come essi può infatti provare tristezza, rabbia, paura e
fame. Ha però il vantaggio di avere come ospite un essere a lui
superiore (il sé-intermedio) che dovrebbe costituire una guida saggia
e sicura.

Sempre secondo i Kahunas il sé-intermedio dovrebbe aiutare il
sé-inferiore a crescere, a diventare meno istintivo e più umano. Nello
stesso modo il Sé-Spirituale, se ne accettiamo la guida, può aiutare
noi (sé-intermedio) a progredire nella nostra evoluzione spirituale.
Secondo loro, la cosa peggiore che possa capitare al sé-intermedio è
quella di scendere al livello del sé-inferiore e di condividerne i
selvaggi istinti animali. Non vi è un peggior spettacolo di un
sé-intermedio che, dimenticata la sua posizione di guida e insegnante,
scende al livello del sé-inferiore per condividerne l’odio, gli
istinti e le insondabili paure.

– La risposta della psicanalisi –

Lo spunto iniziale da cui è partita la psicanalisi è stato dato da un
collega di Freud (1859-1939), il dottor Breuer, il quale, tra il 1880
e il 1881, riuscì a liberare una malata di paralisi facendole
ricordare, sotto ipnosi e per molte sedute, il momento in cui il
problema si era instaurato. Freud, molto interessato a questo
approccio terapeutico, inizio a collaborare con Breuer e le loro
esperienze furono pubblicate in un trattato dal titolo “Sul meccanismo
psichico dei fenomeni isterici”.

Fin dall’inizio del loro lavoro compresero che nella mente vi sono dei
processi subconsci e pertanto sconosciuti ed il fatto che una emozione
che non può essere scaricata (fuga, lotta, ecc.) può creare dei
blocchi che appariranno in un secondo tempo come disturbi di cui non
si comprendono le ragioni.

Secondo Freud anche le tematiche presentate dai sogni nascono nel
subconscio ed è perciò possibile analizzarli per scoprirne le origini
e da queste risalire alla fonte del disturbo attuale.

Verso il 1920 Freud fece una revisione delle sue teorie, diede
importanza all’aggressività, all’odio, all’ambivalenza e, ciò che più
conta, definì come, secondo lui, era strutturata la persona¬lità
psichica di una persona. Questa personalità appariva formata da tre
enti autonomi e distinti:

– il Super io (parte di cui non siamo consapevoli e rappresenta la
fonte delle esigenze morali),

– l’Io-cosciente (la parte che ragiona quando siamo svegli),

– l’Es (la parte istintiva, subconscia).

Tutte queste sco¬perte e speculazioni teoriche portarono Freud a
considerare le nevrosi, o problemi mentali, come espressioni di
conflitti sorti tra l’Io e qualche impulso istintivo (per Freud
prevalentemente sessuale) che all’Io appaiono incompatibili. Proprio
per questa ragione I’Io ha impedito loro sia di salire alla coscienza
e perciò di realizzarsi fisicamente mediante un processo tecnicamente
definito come “rimozione”.

La risposta di Emil Couè

Emil Couè (1857-1926), che potrebbe essere definito come “il padre
delle terapie suggestive”, considerava l’uomo come suddiviso in un Io
primo, cosciente, di fron¬te all’Io secondo, il non cosciente o
subconscio.

Egli scrisse: “Questo Io secondo non dorme mai e si occupa di tutto
ciò che l’Io primo gli propone. Egli è il guardiano della nostra
memoria, ed appena noi gli chiediamo qualche cosa che la memoria ha
messo da parte, egli la ritrova senza il minimo sforzo. Ma egli dimora
in stanze così lontane che è difficile mettersi in rapporto con lui e
comunicargli ciò di cui abbiamo bisogno. Pare che il miglior momento
sia quello in cui il nostro Io-primo non è di servizio; il momento
cioè in cui si sta per prendere sonno, ed il momento che segue
immediatamente il risveglio” (2).

Secondo il Couè l’Io-primo è colui che gestisce i vari ragionamenti
necessari per la vita quotidiana mentre l’Io-secondo ha invece a sua
disposizione tutto il materiale che abbiamo accumulato nella nostra
mente (ricordi, traumi, desideri non risolti, frustrazioni, ecc.). E’
assai importante ricordare che questo Io-secondo non è catalogabile
come morale o immorale; è soltanto la somma di tutte le nostre
tendenze, dei nostri istinti e dei nostri desideri profondi. Egli non
conosce le convenzioni morali o religiose, così come accade per un
bambino piccolino i suoi interessi sono centrati soltanto a soddisfare
il più rapidamente possibile i bisogni primari, siano essi fisici o
sentimentali.

E’ notevole come le definizioni utilizzate dal Couè ci richiamino
quelle date dai Kahunas, nell’Io-primo ritroviamo infatti le
caratteristiche proprie del sé-intermedio e nell’Io-secondo quelle del
sé-inferiore.

E’ anche interessante una definizione data da Alice Baird nei riguardi
del subconscio; definizione che si adatta perfettamente sia
all’Io-secondo del Couè che al sé-inferiore dei Kahunas. Ella disse:
“Nella casa, così poco nota della nostra vita, non nel sottosuolo come
molti credono, ma in stanze lontane che noi visitiamo raramente,
dimora un Essere misterioso, metà genio (poiché può compiere cose
meravigliose) e metà schiavo (perché realizza senza opposizione),
ciascun pensiero e ciascuna indicazione che gli facciamo pervenire”
(2).

– La risposta di San Paolo –

Per San Paolo, l’uomo è costituito da un corpo di carne, un’anima
(mente, intelligenza) ed un corpo spirituale. Ne cita l’esistenza
quando scrive: “Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione,
e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi
irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Colui che
vi chiama è fedele e farà tutto questo! (1 Tess 5,23-24).

Egli precisa che: “Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello
animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo tratto dalla terra è di
terra, il secondo uomo viene dal cielo (1 Cor 15,46-47).

Ed aggiunge anche che la resurrezione della carne non avverrà con il
corpo fisico ma con quello spirituale: “Questo vi dico, o fratelli: la
carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è
corruttibile può ereditare l’incorruttibilità (1 Cor 15,50).

– La risposta dell’esoterismo –

Per l’esoterismo il mondo in cui viviamo si compone di una sostanza
primordiale che, diventando sempre più densa, ha assunto la
configurazione di ciò che noi chiamiamo “materia”. Siamo pertanto in
un universo in cui la parte più sottile (Spirito) convive ed
interpenetra la materia più grossolana.

Nel passaggio da Spirito a materia, questa sostanza assume sette gradi
o stati in cui diventa sempre più densa. Partendo dal piano della
materia più densa ed andando verso quella più sottile troviamo il
piano “astrale” e quindi quello “mentale”. L’uomo, sperimenta con il
corpo fisico il piano materiale, con le emozioni e passioni quello
astrale e con i pensieri quello mentale. Pertanto il suo vero Sé o
Ego, si localizza nei piani al di sopra di questi tre.

L’uomo, nella sua realtà ultima, viene considerato come una “Monade” o
scintilla del fuoco divino che San Paolo chiama “spirito”. Questa
particella di divinità, per poter fare delle esperienze di
autoconsapevolezza, altrimenti impossibili, si veste di materia sempre
più grossolana e perde coscienza della sua reale e divina identità.

Ciò che dice “io” nell’uomo è la sua personalità, ovvero la sua
coscienza focalizzata nel corpo fisico, astrale e mentale. Il Vescovo
Leadbeater disse: “Se noi pensiamo l’Ego come il vero uomo, allora la
personalità è la mano che egli introduce nella materia allo scopo di
poterci lavorare ed all’Antakarana, come al suo braccio”. L’Antakarana
è il “Ponte” o “Arcobaleno” che collega l’uomo spirituale alla sua
personalità.

– La personalità (3) –

Qui vorrei richiamare la vostra attenzione sull’origine ed il
significato del termine “personalità”. Esso deriva dal vocabolo latino
persona, che significa maschera. Questo è esattamente ciò che la
personalità è, una maschera del vero Sé; semplicemente assumiamo tre
rivestimenti o veicoli per sperimentare o rispondere agli stimoli nei
tre mondi della materia; fisico, emotivo (o astrale) e mentale.

Se non avessimo questi rivestimenti o veicoli non potremmo rispondere
a questi mondi. E’ esattamente come se indossaste una bella veste di
seta (il corpo mentale) e, su quella, un più pesante soprabito (il
corpo emotivo) e, in aggiunta a quello, un largo e massiccio mantello
(il corpo fisico). Ognuno di questi vi limita. Ognuno di essi nasconde
il vostro vero Sé. Ognuno di essi vi rende più difficile esprimervi
quali veramente siete. Rende anche più difficile agli altri conoscere
il vostro vero sé.

Noi non siamo il nostro corpo (4)

Ora, la tragedia realmente grande avviene quando veniamo così
limitati, così racchiusi entro questi rivestimenti o veicoli o
maschere, che prendiamo ad identificarci con essi; quando diciamo: “Ho
fame”, “sono stanco”, pensiamo di essere realmente affamati o stanchi,
invece di comprendere che è solo il corpo fisico ad essere affamato e
stanco.

Ovviamente dobbiamo provvedere a che riceva cure appropriate, ma non
che sia viziato… Noi non siamo i nostri corpi come non siamo le
nostre macchine. Gli uni e le altre sono veicoli che usiamo.

Facciamo lo stesso errore identificandoci con le nostre emozioni.
Diciamo: “Sono arrabbiato” o “Sono triste”. Voi non divenite mai
arrabbiati o tristi, può divenirlo il vostro corpo emotivo, ma non
voi. Ciò può essere applicato anche al mondo del pensiero o mentale.

Il corpo e l’uomo… (5)

La scelta tra il bene ed il male non dovrebbe essere difficile, perchè
quelli che vogliono seguire il Maestro hanno deciso di fare il bene ad
ogni costo. Ma il corpo e l’uomo sono due cose differenti, e ciò che
l’uomo vuole non è sempre quello che il corpo desidera.

Quando il tuo corpo desidera qualche cosa, sosta e rifletti se tu
veramente desideri quella cosa. Perchè tu sei Dio (il tuo
Sé-spirituale, N.d.R.), e vuoi soltanto quello che Iddio vuole;
ricerca, pertanto, nelle profondità del tuo essere per trovare Dio in
te stesso, e per udire la Sua voce che è la tua voce. Non confondere i
tuoi corpi con te stesso, né il corpo fisico, né l’astrale, né il
mentale. Ciascuno di questi pre¬tenderà di essere il Sé, allo scopo di
ottenere quanto desidera. Ma tu devi conoscerli tutti e conoscere te
stesso quale loro padrone.

Quando vi è un lavoro da compiere il corpo fisico vuol riposare,
andare a passeggio, mangiare o bere; e l’uomo che non sa dice tra sé:
“lo voglio fare queste cose e debbo far¬le”. Ma il savio dice: “Questo
che desidera non sono io, e bisogna che aspetti un poco”. Sovente,
quando si presenta l’occasione di aiutare qualcuno, il corpo
suggerisce subito: “Quanta fatica sarà per me, lasciamo che altri lo
faccia” Ma l’uomo risponde al suo corpo: “Tu non mi ostacolerai nel
compiere un’opera buona”.

Il corpo è un animale al tuo servizio: il destriero sul quale
cavalchi. Perciò trattalo bene e abbine cura; non strapazzarlo e
nutrilo convenientemente, soltanto con cibi e be¬vande pure, e
mantienilo sempre scrupolosamente pulito, libero dalla più piccola
macchia di sudiciume. Perchè senza la perfetta nettezza e la perfetta
salute del corpo non potrai compiere l’arduo lavoro di preparazione,
non potrai sopportare lo sforzo incessante che esso richiede. Ma devi
essere sempre tu che padroneggi quel corpo e non il contrario.

– Conclusione –

Arrivati a questo punto, della nostra breve panoramica, possiamo
constatare come punti di vista assai diversi concordanti sulla
complessità della struttura psichica dell’uomo; struttura in cui si
ravvisano almeno tre parti principali:

1) una componente spirituale che, per la maggioranza dell’umanità, è
contattata solo raramente; l’esoterismo la colloca nei tre mondi più
sottili al di sotto di quello più sottile di tutti che è il Regno di
Dio. E’ la luminosa fonte di tutto ciò che di buono e bello l’uomo può
fare e pensare,

2) una mente razionale, che utilizziamo tutti i giorni; è la parte che
utilizza in prevalenza l’emisfero sinistro del cervello; l’esoterismo
ne colloca le funzioni nel corpo mentale,

3) una mente subconscia, sede degli istinti e della memoria, di cui
molte informazioni sono assai difficili da reperire (rimozioni,
complessi, ecc.). E’ la parte che utilizza in prevalenza l’emisfero
destro del cervello; l’esoterismo ne colloca le funzioni nel corpo
astrale o emotivo. Da essa scaturiscono le nostre paure ed i nostri
comportamenti “cattivi”, siano essi, egoistici, crudeli, ecc.

Con questa panoramica concludiamo lo studio della mente nei suoi
aspetti più esoterici che psicologici. Da questo momento, lascieremo
questi aspetti alla rubrica “La Luce dell’Anima” ed inizieremo lo
studio dei processi mentali da un punto di vista più psicologico.

– LA PAROLA PARLATA –

La più grande creatrice di malcomprensioni è la lingua dell’uomo. Non
conta ciò che diciamo ma come e quando, misura perciò le tue parole
con il metro della cortesia, del sentimento e della gratitudine.

Il tatto e la delicatezza non toglieranno mai l’Ego dal suo
piedistallo. L’interesse, in una conversazione, si basa sul far
sentire importante il nostro interlocutore e rimpiazzando il dire con
il chiedere.

Meno cose diciamo e meno dovremo pentirci. La natura sapeva ciò che
faceva quando ci diede due orecchie ed una sola lingua. Una lingua
incontrollata, anche una sola parola sbagliata, può distruggere la
felicità di una intera vita.

Per prevenire l’atteggiamento critico, sarcastico o ironico:

– invita le critiche, dai i meritati riconoscimenti,

– riconosci subito i tuoi errori e non esitare mai a dire: “Mi dispiace”.

Trova un accordo il più presto possibile, ogni momento di ritardo non
farà che aggiungere legna al fuoco della discordia. Per concludere
ecco una serie di regole per fattiva conversazione:

– guarda in faccia il tuo interlocutore,

– sii un buon ascoltatore,

– non interrompere,

– sii comprensivo,

– modula il tono di voce,

– evita sgradevoli riferimenti al passato,

– dai consigli solo quando ti sono richiesti,

– applaudi ciò che gradisci ed ignora ciò che non ti piace,

– custodisci le tue parole e le tue parole custodiranno te.

S. L. Katzoff

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Riferimenti bibliografici:

1) Max Freedom Long, The secret science at work,
De Vorss & Co. Publisher, Santa Monica, CA, UA.
2) Emil Couè, Il dominio di sé stessi,
Edizioni Blu International Studio, Borgofranco d’Ivrea (1990).
3) Eunice e Felix Layton, Teosofia, pag. 32,
Casa Editrice Astrolabio, Roma (1967)
4) Ibid. pag. 33.
5) Alcione, Ai piedi del Maestro, pag. 12
Edizioni Adyar, Settimo Vittone (TO), (1996).

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