Consigli sulla meditazione di Anthony de Mello

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Consigli sulla meditazione

Tratto da:

ANTHONY DE MELLO
SADHANA

un cammino verso Dio
ed. Paoline

NOTA

Anthony de Mello è divenuto per tanti di noi una persona amica. Attraverso i
suoi aneddoti, le sue storie colorate, le sue massime a volte paradossali raccolti nelle opere ‘Il
Canto degli uccelli’, ‘Un minuto di saggezza nelle grandi religioni’, ‘Alle Sorgenti’, ‘La Preghiera
della rana’, abbiamo capito di più di noi stessi, esplorato i sentimenti più nascosti del nostro
cuore, colto la vita nella sua semplicità e complessità. C’era solo un libro che non avevamo ancora
pubblicato per completare il quadro dell’intera opera di De Mello ed è questo che ora presentiamo,
in realtà il primo, in ordine cronologico, scritto dall’autore.

Qui Anthony De Mello si rivela non tanto arguto narratore quanto grande maestro di vita spirituale
ed è così che lo vogliamo ricordare, colmi di gratitudine per quanto ci ha trasmesso. Pensiamo di
rendere cosa gradita agli affezionati lettori di De Mello sigillare con questo libro, purtroppo
dobbiamo aggiungere “l’ultimo”, l’eredità lasciataci da questo grande gesuita indiano, cioè entrare
in contatto con Dio attraverso la piena consapevolezza di sé.

Firmato L’EDITORE

———–

INTRODUZIONE

Ho speso gli ultimi quindici anni della mia vita come istruttore di esercizi e direttore spirituale,
aiutando a pregare.

Ho incontrato molte persone che si lamentano di non saper pregare; pare loro, nonostante tutti gli
sforzi, di non fare alcun progresso nella preghiera, che trovano insipida e frustrante. Nelle loro
confidenze, molti direttori spirituali si confessano desolatamente incapaci, quando cercano di
insegnare a pregare o, per essere più precisi, a trarre soddisfazione e senso di pienezza e di
realizzazione dalla preghiera.

Tutto ciò mi stupisce perché personalmente ho trovato relativamente facile aiutare gli altri a
pregare.

Non lo attribuisco soltanto a qualche mio personale carisma di cui sarei dotato. Lo attribuisco
soprattutto ad alcune semplicissime teorie che seguo, sia nella mia personale vita di preghiera, sia
nel guidare altri nel campo della preghiera.

Una prima teoria è che la preghiera è un esercizio che genera pienezza e soddisfazione ed è
assolutamente legittimo cercare queste cose dalla preghiera.

Una seconda teoria è che la preghiera dev’essere fatta meno con la testa e più con il cuore. Difatti
quanto prima la preghiera si fa meno cerebrale e intellettuale, tanto più generalmente diventa
saporosa, gioiosa e fruttuosa. La maggior parte dei preti e religiosi identificano preghiera e
riflessione. E qui sta il loro errore.

CONSAPEVOLEZZA

ESERCIZIO 1 LE RICCHEZZE DEL SILENZIO

Esporsi al silenzio – sapere e sperimentare – vagabondaggio della mente e tumulto del cuore – Grado
minimo del silenzio – rivelazione del mio io – cercare e osservare.

“Il silenzio è la grande tentazione”, disse Lao-Tse. Secondo il nostro comune modo di pensare, la
Rivelazione si trova nella Sacra Scrittura. Ed è così. Ma oggi vorrei che scopriste quale
rivelazione può essere trovata nel Silenzio.

Per penetrare la rivelazione che offre la Scrittura, dovete esporvi alla Scrittura. Per penetrare la
rivelazione che offre il Silenzio, dovete esporvi al silenzio. E questo non è facile. Tentiamo di
far questo nel nostro primo esercizio.

Desidero che ciascuno di voi assuma una posizione comoda…

Chiudete gli occhi…

Ora vi inviterò a conservare il silenzio per un periodo di dieci minuti.

Anzitutto vi sforzerete di raggiungere il silenzio più totale possibile del cuore e della mente.

Raggiuntolo, esporrete voi stessi a qualunque rivelazione esso vi apporterà.

Alla fine di dieci minuti vi inviterò ad aprire gli occhi e a comunicare, se lo desiderate, quel che
avete fatto ed esperimentato durante l’esercizio…

Nel partecipare agli altri quel che avete fatto e quello che vi è capitato, dite quali tentativi
avete fatto per raggiungere il silenzio e se e come sono stati coronati da successo. Descrivete il
silenzio, se siete capaci. Dite cosa avete sperimentato in questo silenzio. Dite tutto quel che
avete pensato e sentito durante questo esercizio.

L’esperienza di coloro che tentano questo esercizio è infinitamente varia. I più scoprono, con loro
grande sorpresa, che il silenzio è qualcosa cui semplicemente non sono abituati; che, qualunque cosa
facciano, non riescono a calmare il vagabondaggio continuo della mente o ad acquietare il tumulto
emotivo del cuore.

Altri sentono di avvicinarsi alle frontiere del silenzio; ma poi, presi dal panico, si ritirano: il
silenzio può essere un’esperienza terrorizzante.

Nessuna ragione di scoraggiamento. Anche questi vostri pensieri vagabondi sono una grande
rivelazione, non è vero? Il fatto che la vostra mente divaghi, non è forse una rivelazione su voi
stessi?

Ma SAPERE ciò non basta.

Dovete prender tempo per SPERIMENTARE questa vostra mente perennemente distratta.

E’ il TIPO di divagazione cui la mente indulge – anche questo quanto è rivelatore!

Ancora qualcosa di incoraggiante per voi: il fatto che eravate consapevoli del vostro divagare
mentale o del vostro intimo tumulto o della vostra incapacità di acquietarvi, dimostra che avete in
voi un qualche piccolo grado di silenzio – perlomeno quanto è sufficiente per essere consapevoli di
tutto ciò.

Ora chiudete di nuovo gli occhi e rendetevi consapevoli della vostra mente divagante… soltanto per
due minuti…

Poi percepite il silenzio che rende a voi possibile di essere consapevoli di tali vagabondaggi…
infatti tale consapevolezza può esistere soltanto dove è silenzio.

E’ questo silenzio minimale dentro di voi che dovremo costruire negli esercizi seguenti. Nella
misura in cui il silenzio cresce, esso rivelerà a voi più e più su voi stessi. O, più precisamente,
il silenzio rivelerà voi stessi a voi. Questa è la sua prima rivelazione: il vostro io. E dentro a e
per mezzo di questa rivelazione vi saranno donate cose che il denaro non può comprare, quali
saggezza e serenità e gioia e Dio.

Se desiderate possedere queste cose, non serve che voi soltanto riflettiate su di esse o ne
parliate. Quel che vi necessita è lavoro. Bene, mettetevi subito al lavoro.

Chiudete gli occhi…

Cercate il silenzio ancora per cinque minuti…

Alla fine dell’esercizio chiedetevi se il vostro tentativo questa volta è stato coronato da un
successo maggiore o minore.

Il silenzio vi ha rivelato, questa volta, qualche cosa che la volta precedente vi era sfuggito?

Non cercate qualcosa di sensazionale nella rivelazione apportata dal silenzio – illuminazioni,
ispirazioni, introspezioni. Anzi non cercate affatto. Limitatevi ad osservare tutto quello che
affiora alla vostra consapevolezza, non importa se banale o ordinario. Ciò che osservate può
consistere soltanto nel fatto che le vostre mani sono sudate, o che avete urgenza di cambiare
posizione, o che siete preoccupati della vostra salute. Non importa. La cosa importante è che voi
personalmente diventiate consapevoli di ciò. Il contenuto della vostra consapevolezza è meno
importante della sua qualità. Man mano che la qualità migliora, il vostro silenzio si approfondirà.
E, approfondendosi il vostro silenzio, sperimenterete un cambiamento. E scoprirete, con vostra
grande gioia, che rivelazione non è conoscenza. Rivelazione è potere; un misterioso potere che
trasforma.

Ed ora una parola su quel veleno che intossica tutti coloro che praticano la meditazione: le
distrazioni.

Alcuni, concentrandosi, trovano difficoltà quando chiudono gli occhi. E’ come se le palpebre chiuse
formassero uno schermo bianco su cui la mente proietta ogni sorta di pensieri, che li distraggono
dal loro esercizio. Di qui il suggerimento di tenere gli occhi socchiusi, fissi su un punto del
pavimento a circa novanta centimetri (tre “piedi”). Ma fate attenzione a non concentrarvi su tale
punto. Concentratevi sul vostro esercizio.

E seguite questo consiglio solo se vi è di aiuto. Potreste essere di quelli che si trovano esposti a
distrazioni, sia con gli occhi semiaperti, che con gli occhi chiusi!

Un altro aiuto per combattere le distrazioni è, credetelo o meno, avere la schiena eretta!
Finora non ho scoperto alcuna ragione scientifica per questo fatto. Ma so dall’esperienza mia e di
altri che è così.

La posizione ideale per questo è la posizione del loto, che viene insegnata agli studiosi dello
yoga: gambe incrociate con il piede che poggia sulla coscia opposta e la spina dorsale eretta. Chi
riesce a raggiungere questa posizione mi dice che ha così poche difficoltà con le distrazioni che ha
invece addirittura difficoltà a far funzionare la propria mente raziocinante. Perciò essa è detta la
posizione ideale, perfettamente adatta per la contemplazione.

Molti di voi tuttavia, non avranno la resistenza per dominare questa posizione estremamente
difficile, sebbene ricompensi lo sforzo.

Dovrete accontentarvi di star seduti diritti su una sedia con schienale verticale o sul bordo di una
sedia col dorso eretto. Ciò non è così scomodo come appare a prima vista. Al contrario vi
accorgerete, col passare del tempo, che la spina dorsale curva è molto più scomoda. E probabilmente
scoprirete che il dorso eretto farà per la vostra concentrazione un mondo di bene.

So da esperti che alcuni maestri Zen, passeggiando in una stanza di meditazione, sono capaci di
dire, soltanto dalla posizione del dorso, se uno è distratto o no. Questa a me pare una pretesa un
tantino esagerata, perché posso certamente ricordare le volte in cui il mio dorso era lontano
dall’essere eretto, eppure io non ero distratto.

Alcuni fanatici della schiena eretta vanno tanto oltre da suggerire di giacere supini sul dorso, su
una superficie piana e rigida (il pavimento o una tavola di legno), se non vi è altro modo in cui
riuscite a tenere la schiena diritta. Un suggerimento prezioso, per quanto può servire, e da
sperimentarsi.

Contro di esso ho una sola riserva: giacere sulla propria schiena generalmente porta molti ad
addormentarsi, uno stato mentale, il sonno, che è ancora più disastroso per la contemplazione che
non le distrazioni.

E’ molto probabile che, dopo tutti i tentativi di dominare le distrazioni con un’adatta posizione
degli occhi e del dorso, sarete ancora tormentati da una mente errabonda. Non allarmatevi: una mente
vagabonda è un fastidio professionale che ogni contemplativo serio deve affrontare. La lotta per il
controllo della mente è lunga e ardua, ma assolutamente degna di essere intrapresa per i grandi
frutti che alla fine essa apporta. Perciò, francamente, non esiste sostituto a molta pazienza e
perseveranza – e fiducia che alla fine ci riuscirete, a dispetti di molta scoraggiante evidenza del
contrario.

Terminerò con il metodo che ho trovato essere più efficace per combattere le distrazioni.

Chiudete gli occhi, o lasciateli socchiusi, se lo trovate più giovevole.

Ora osservate ogni pensiero che penetra nella vostra mente…

Vi sono due maniere di trattare i pensieri: una è di seguirli in giro, come un damerino per la
strada segue ogni paio di gambe che trova in movimento, non importa in quale direzione esse
sgambettino.

L’altra è di osservarli come un uomo che, seduto alla finestra, guarda i passanti per la via. Questa
è la maniera in cui desidero che osserviate i vostri pensieri.

Dopo aver fatto ciò per un po’ di tempo, rendetevi consapevoli che state pensando. Potete
addirittura dirvi interiormente: “Io sto pensando… io sto pensando…” o, più brevemente,
“Pensando… pensando… pensando…” per mantenervi consapevoli del processo di pensare che si sta
svolgendo dentro di voi. Se vi trovate senza pensieri nella vostra mente e questa è vuota, aspettate
che il prossimo pensiero faccia la sua apparizione. State all’erta, e appena il pensiero appare,
rendetevi consapevoli dello stesso o del fatto che state pensando. Insistete in questo esercizio per
tre o quattro minuti.

Durante questo esercizio forse farete la scoperta sorprendente che, quando siete consapevoli del
fatto che state pensando, il pensiero tende ad arrestarsi!

Questo quindi è un modo semplice per trattare una mente vagabonda. Fate una breve pausa e fate
attenzione al fatto che state pensando e il pensiero cesserà temporaneamente.

Riprendete di tanto in tanto questo esercizio quando siete distratto più del solito. E’ quasi
impossibile non essere frequentemente distratto, quando inizialmente ci si lancia nel campo della
contemplazione. Ma la maggior parte delle distrazioni si eliminano semplicemente richiamando la
mente al suo compito ogni volta che siete consapevoli che essa è distratta.

Vi è un tipo di distrazione che è carico di forte emozione: amore, paura, risentimento o qualche
altro forte impulso. Questo tipo di distrazione, a forte base emotiva, non si arrenderà facilmente
all’esercizio or ora suggerito. Bisogna utilizzare altri metodi. Ma di questi ne parlerò più in là.

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