Autoipnosi e terapia – parte 4

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Autoipnosi e terapia – parte 4

di Antonio Bufano

“Ogni ipnosi e’ essenzialmente autoipnosi”
(Cheek e LeCron,1968)

TECNICHE AUTOIPNOTICHE

Le capacità ipnotiche possono raffinarsi grazie all’esercizio e padroneggiare una tecnica
autoipnotica comporta un certo lavoro su di sé. Milton Erickson sottolinea che sono occorsi tre anni
di esercizio assiduo alla moglie Elisabeth per diventare un esperto soggetto autoipnotico. Può
entrare facilmente in trance sonnambulica e discutere su ciò che sente in quel momento senza perdere
qualità ipnotica (Erickson, 1988). Crasilneck (1975) ha constatato nella sua pratica clinica che non
esistono limiti di età per praticare l’autoipnosi.
Indubbiamente fare autoipnosi presuppone la presenza di un talento particolare. Sperimentare il
proprio potere ipnotico può avere un effetto diretto sulla propria autostima.
In generale è utile distinguere la specificità di una tecnica dall’ispirarsi a un atteggiamento di
fondo e i due aspetti devono poter coesistere e integrarsi in ogni pratica autoipnotica.

Alcuni Autori come Shone (1982) stimano che occorrono in media trenta minuti per accedere in un
soddisfacente stato autoipnotico, ma sui tempi esiste una vasta variabilità soggettiva. E’
ragionevole aspettarsi che una procedura ripetuta più volte possa essere ripercorsa in tempi
progressivamente sempre più rapidi fino a giungere a una completa automaticità.

Ogni soggetto può caratteristicamente autoindursi con un metodo che valorizzi le proprie qualità
ipnotiche (capacità allucinatoria o idrodinamica).
Esistono procedure che valorizzano direttamente la sola immaginazione del soggetto e altre che
utilizzano mezzi sussidiari. Di fatto l’uso di ogni tecnica sviluppa esplicitamente alcune abilità e
implicitamente altre. E’ possibile dotare il soggetto della conoscenza di tecniche oppure assegnare
testi di suggestioni scritti rigidi da ripetere. Ciò può determinare una diversità qualitativa di
apprendimento. Tutte le tecniche utilizzano la respirazione come mezzo di base per far transitare il
corpo verso il rilassamento in diversi gradi.

Si può insegnare a un paziente una procedura badando a mantenere un certo grado di aspecificità in
modo da garantire lo sviluppo di una abilità autoipnotica. Sono state descritte anche tecniche che
utilizzano procedure di tipo fisico. Kretschmer nel 1949 propone di adottare prolungatamente la
posizione convergente degli occhi per ottenere uno stato ipnotico profondo. I cambiamenti
fisiologici possono essere notevoli. Betty Alice Erickson, la figlia di Milton, è in grado di
ottenere agevolmente la dilatazione pupillare anche differenziata dei due occhi (Erickson, 1988). Le
procedure induttive ricalcano pienamente quelle in uso in eteroipnosi. Elenchiamo una serie di
tecniche che utilizzano specifici sistemi sensoriali di riferimento soggettivi e le attitudini
personali in generale.
Ogni tecnica utilizza caratteristicamente uno o più fenomeni ipnotici: dalla dissociazione alla
distorsione temporale. Tutte le tecniche descritte possono essere opportunamente combinate nella
pratica.

Natura e forma delle suggestioni autoipnotiche
Prima di definire le suggestione è prioritario definire l’atteggiamento di fondo che predispone il
soggetto all’accoglimento e alla stimolazione di certe risposte.
L’atteggiamento generale con cui disporsi all’autoinduzione può essere produttivamente indiretto,
anche se le suggestioni possono risultare generalmente dirette con una tendenza spiccata a forme
linguistiche semplificate. La ridondanza può essere utilmente assai alta.

La suggestionabilità è principalmente una funzione del campo percettivo dell’individuo. La scelta di
un atteggiamento indiretto facilita la convinzione e l’affidamento all’inconscio. Couè sosteneva che
ogni suggestione è autosuggestione. Baudouin (1921) operava una distinzione tra suggestioni
spontanee e indotte indicando nella prima una somiglianza con la reazione riflessa incondizionata.
Un effetto interferente può essere reso dall’abitudine di alcune persone di riprodurre
automaticamente un dialogo interno tendenzialmente negativo sul proprio sé.
E’ consigliabile preferire suggestioni a finale aperto presupponendo che a un certo punto del
percorso l’intero processo venga totalmente guidato dai bisogni inconsci (Simpkins 2002). Può
risultare utile strutturare le suggestioni in forma di domanda.

Si può concludere che rimane sostanzialmente più importante il processo che il contenuto. Sul piano
dell’ apprendimento è più interessante il viaggio che la destinazione.
Rossi (1993) scoraggia l’uso iperstrutturato delle suggestioni in quanto queste appartengono alla
logica stretta della mente conscia e non permettono l’uso creativo del sé.

La Dissociazione
La dissociazione è definibile come un meccanismo di difesa in relazione a eventi psichici
emotivamente rilevanti e minacciosi per l’integrità dell’io e determina una alterazione della
coscienza come esperienza di disconnessione. Nell’impiego ipnotico può a ragione considerarsi una
meta-strategia per l’induzione e per l’approfondimento e può esprimersi in più modalità. E’
possibile vedere sé stessi seduto su una sedia e impegnato in un rilassamento progressivo. Si può
inserire nelle istruzioni il proprio nome (‘Ora John stai sprofondando…’) al quale siamo
spontaneamente portati a reagire.

Erickson addestrava i suoi studenti facendo allucinare seduto su una sedia un uomo che chiamava Joe
e sul quale faceva praticare la levitazione del braccio (Erickson, 1987).Una volta toccato il volto,
Joe chiudeva lentamente gli occhi, faceva una profonda inspirazione e si addormentava profondamente.
Con l’esercizio il rapporto con il proprio Joe si personalizzava e ogni praticante aggiungeva nuovi
spunti nelle suggestioni.Tale tecnica sfrutta a pieno il potere ideodinamico allucinato.

L’Approfondimento
Si tratta di una fase peculiare di ogni trance ben riuscita. In genere si usano mezzi immaginari
come scale o ascensori che rendono simbolicamente l’idea di andare in profondità.

Il Sogno come forma autoipnotica
Il sogno rappresenta un modo di indursi ipnoticamente in modo naturale. E’ stato verificato che
durante il sonno REM l’afflusso di sangue al cervello aumenta e in generale l’attività elettrica
cerebrale assomiglia a quella da svegli.
Zeig sostiene che il sogno rappresenta un meccanismo autocurativo automatico. Sul piano della
fenomenologia ipnotica il sogno è connotato dalla presenza di una forte condensazione temporale.
Erickson ha usato in età molto giovane i sogni autoipnoticamente correggendo i compiti di
aritmetica.
Nell’addestramento dei suoi allievi li aiutava a entrare in stati sonnambulici e amnestici durante
il sonno notturno per svolgere qualche attività.(Erickson, 1983). Nella moderna psicoterapia
l’orientamento generale è quello di restituire al sognatore il sogno in modi da rendere il soggetto
un attivo rielaboratore.
Può costituire una parte del lavoro terapeutico quando è suggerito in forma di suggestione
postipnotica a conclusione di una seduta.
Il sogno può essere opportunamente risognato e ricomposto più volte in seduta così che si rinforzi
come modalità espressiva per sè. Il paziente ha la possibilità di esplorarsi con un movimento a
spirale fino a raggiungere con i suoi tempi il nucleo centrale.
Talvolta può presentarsi spontaneamente durante la trance etero e autoindotta.

Il metodo del Colore
L’esperienza cromatica fa parte intrinseca dell’esistere umano. Nel Training Autogeno. si fa
riferimento a un colore preferito. Alexander Simpkins (2000) consiglia di suggerirsi di vedere un
colore, attendere la risposta e osservare come evolve all’interno della ricerca personale.

Il metodo dello Specchio
Lo specchio è da sempre un oggetto magico ed è descritto come uno strumento di trasformazione in
molte fiabe. Nella pratica autoipnotica può essere utilizzata nella versione reale o allucinata.
L’immagine specchiata si sé stessi può realizzarsi mediante altri mezzi come stagni o altre
superfici e rimanda e suggerisce versioni modificate e modificabili di sé stessi.
E’ evidente il meccanismo dissociativo alla base di queste evocazioni. Nel suo lavoro clinico
Erickson ha fatto sovente ricorso all’uso dello specchio reale per intervenire strategicamente
sull’immagine corporea del paziente. Poteva servirsene in studio o suggerirlo come lavoro a casa.
Abozzi (1996) descrive un modo semplice per autoipnotizzarsi in cui il soggetto si posiziona davanti
a uno specchio concentrandosi inizialmente sul proprio volto e poi fissando un punto tra le
sopracciglia fino al sopravvenire di uno stato ipnotico.

Il Metodo della Levitazione
Si tratta chiaramente di una tecnica che usa abilmente la dissociazione mente-corpo e corpo-corpo.
Freda Morris (1976) suggerisce di pensare al braccio fatto di leggerissima schiuma di polestirolo.
Si possono visualizzare un insieme di palloncini pieni di un gas leggerissimo e legati al polso
oppure pensare che il braccio sia un palloncino. In caso che non si generi una situazione
adeguatamente reattiva si può fare come se. La levitazione può dunque essere reale o allucinata.

Il Metodo di Milton Erickson
Milton raccomandava un atteggiamento che potremo definire di Aspettativa aperta:

‘Bene, eccomi qui. Ho un ora a disposizione e mi domando quanto tempo passerà prima di sprofondare
in una bella trance autoipnotica’
(Erickson, 1988)

Una delle situazioni più emblematicamente paradossali è quella dell’insonne che tenta di
addormentarsi istruendosi a farlo. L’indicazione di Erickson era di prestarsi all’aspettativa in
modo naturalistico per la realizzazione di qualsiasi fenomeno ipnotico:

‘Certamente avete spinto il freno quando avete viaggiato sul sedile posteriore di un automobile;
certamente avete teso la bocca e la gola e le corde vocali sentendo un balbuziente che cercava di
dire una parola; certamente avete spalancato la bocca tanto da farvi male quando avete cercato di
dare da mangiare a quel bambino che non voleva aprire la bocca. Sapete tutte queste cose ; pertanto
potete veramente aspettarvi di effettuare la scrittura automatica’.
(Erickson, 1987, pg 69)

Erickson ha anche più volte accennato alla facilitazione dell’accesso allo stato alterato attraverso
il ricorso alla stessa poltrona. Bandler e Grinder (Dilts, 1980) hanno descritto ampiamente l’uso
dell’autoancoraggio.

Il Metodo di Betty Erickson
E’ basato sul modello dei sistemi rappresentazionali di Bandler e Grinder (1980). Si procede
all’approfondimento della trance attraverso uno schema che passa dalla descrizione dell’esperienza
sensoriale esterna come una luce accesa fino a privilegiare esclusivamente l’esperienza interna.

Il Metodo di Gerald Edelstien
L’Autore consiglia sempre al paziente di impiegare un breve tempo a casa in stato di trance
autoindotta con una semplice istruzione aperta in forma interrogativa del tipo: ‘Perché dovrei avere
ancora questa sensazione?’ . Sostiene che una risposta ottenuta con l’autosuggestione conserva una
durata significativamente più lunga (Edelstein, 1982).

Uso di Mezzi Sussidiari
Il nostro mondo fisico è ricco di elementi che hanno già di per sé un valore significativo nella
determinazione degli stati di coscienza della vita di tutti i giorni. Il ticchettio dell’orologio
rappresenta uno stimolo sonoro che stabilisce un ritmo. Allo scopo di generare o amplificare le
risposte ipnotiche si può ricorrere all’ascolto di una musica opportunamente diffusa. Shone (1982)
suggerisce la musica classica barocca e in particolare quella di Hendel a tempo largo.
Il meccanismo di funzionamento si basa su una sorta di condizionamento. Lo stimolo sonoro va
progressivamente a sostituire quello verbale.
La musica rappresenta un insieme di stimoli altamente evocativi che attivano intensamente le nostre
parti emotive.
Anche l’uso di voci e suoni preregistrati con istruzioni preordinate è molto diffuso. Il vantaggio
evidente è quello di liberare la mente conscia dal compito di impartire istruzioni.
Nella prima fase induttiva si possono utilizzare oggetti su cui fissare l’attenzione come candele
accese o dipinti. Milton Erickson usava abitualmente un cristallo al quarzo posto sulla sua
scrivania.

La Riattivazione
Costituisce una fase determinante in autoipnosi da preparare opportunamente. Una volta raggiunto un
grado soddisfacente di trance, occorre ripartire da questo per determinare il risveglio. Abozzi
consiglia di usare un percorso a ritroso per riemergere dalla trance riutilizzando lo stesso mezzo
usato per l’approfondimento come le scale o l’ascensore. Può diventare utile preprogrammare con
precisione il momento del risveglio visualizzando un orologio.

(dal sito www.vertici.com)

continua…

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