APPUNTI TRA MUSICA E TRANCE

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APPUNTI TRA MUSICA E TRANCE

di Daria Scipioni

Musica e trance: una via per la conoscenza

“Il potere concesso all’uomo di concepirsi diverso da quello che si è” così scriveva Jules de
Gautier a proposito della tendenza umana di smettere, anche solo momentaneamente, di essere ciò che
siamo nell’esistenza quotidiana. E cosa è la Trance se non un’esperienza di rottura della coscienza
umana? Il bisogno di annullare il “se” cosciente può essere letto come un modo per rifuggire i
limiti, superare la finitezza di un essere per definizione precario (il termine trance (si può
scrivere anche transe) deriva infatti dal latino “transire”, morire, andare al di là”). La trance si
presenta attraverso tre tipi di “rottura”:
– l’essere fuori da sé (condizione raggiunta dai mistici nelle loro estasi);
– il proiettarsi in un altro mondo (come avviene nello sciamanismo);
– diventare un altro rispetto a se stesso (come nel caso della possessione).
E’ interessante notare che la trance può essere di tipo profano ma il più delle volte è di tipo
religiosa. La musica accompagna gran parte dei rituali di trance in quanto è il mezzo che consente
di immergersi in questo stato di rapimento, mezzo perché non tenta di provocarla ma di organizzarla,
di socializzarla. Unica fra le arti ad assumere in sé il potere sublime di alterare il ritmo
quotidiano del tempo contribuendo ad avvicinarci alla sfera del sacro.

Tempo sacro e tempo profano

Attraverso i riti l’uomo oltrepassa il confine situato fra la comune durata temporale: instaura
quello che si chiama il Tempo Sacro. Sacro in quanto mitico e primordiale che attraverso la
ritualizzazione diviene presente, un eterno presente, recuperabile e reversibile nonché circolare
nel suo “ripetersi”. Questa reintegrazione del Tempo Sacro rende il comportamento umano, durante il
rito diverso da quello abituale “prima” e “dopo” l’entrata nel tempo astorico della Sfera del Sacro.
Un aspetto fondamentale di questa dicotomia è dato dal concetto di “Ritmo”. Essendo il ritmo
“un’articolazione qualitativa, non quantitativa, del tempo e dello spazio” (Marius Schneider)
alterando il ritmo del quotidiano tocchiamo le corde più profonde dello spirito umano. La “scoperta”
del ritmo individuale più intimo, di cui l’uomo è inconsapevole, è imprescindibilmente legata
all’eterna ripetizione del ritmo naturale del cosmo.

“Mentre scende la notte il fiume prende il sopravvento.
La sua voce si alza,r iempie la valle fino all’orlo delle colline,una voce fatta di cento, di mille
voci diverse.
Tempo e spazio si dissolvono. I secoli perdono di senso.
Un piede varca l’invisibile frontiera che divide la terra dalle vecchie divinità.”
(Kingsmill Moore – “A Man May Fish”)

[…]

Trance: caretteri generali

La trance è uno stato di coscienza alterato passeggero che presenta fondamentalmente due componenti,
una psicologica e una culturale. Per entrare in trance si abbandona il proprio stato cosciente
abituale e dopo un periodo di tempo, che può variare a seconda dei casi, si ritorna allo stato
d’origine. L’universalità dei fenomeni di trance ci indica come essa corrisponda ad una disposizione
umana innata diversificata nelle sue manifestazioni a seconda delle varie culture. Possiamo
rintracciare i principali sintomi che indicano uno stato di trance: tremori, brividi, svenimenti,
letargia, convulsioni, disturbi termici, insensibilità al dolore. Due le caratteristiche
particolarmente importanti: la perdita di ogni forma riflessiva, l’immersione in una sorta di
smarrimento e la rimozione del ricordo da parte del soggetto all’uscita della trance. Osservando il
meccanismo della trance possiamo affermare che un individuo è in stato di trance quando:
– 1. non è nel suo stato naturale;
– 2. è alterata la sua relazione–percezione con quanto lo circonda;
– 3. è in preda a certi disturbi neurofisiologici;
– 4. le sue facoltà sono, in modo reale od immaginario, accresciute;
– 5. tutto ciò avviene attraverso manifestazioni osservabili all’esterno.
La trance si presenta, quindi, come un superamento di se stessi, un’esaltazione, a volte anche
autolesionistica, un tentativo di proiettarsi in un altro mondo (nel caso dello sciamanismo) o di
diventare un altro rispetto a sé (nel caso della possessione), seguendo comportamenti ed usi
strettamente legati alla cultura nella quale si è sviluppata quella particolare pratica di trance.

Trance mistica

Esistono tre grandi tipi di Trance mistica:
– Possessione: in questo caso si ritiene che il soggetto durante la trance muti personalità e che
quella di una divinità prenda possesso del suo corpo, sostituendosi a lui. Il soggetto diventa, per
un periodo di tempo determinato, il dio.
– Ispirazione: il soggetto in trance viene invaso dalla divinità, che coesiste con lui, dominandolo
e facendolo agire o parlare in sua vece. L’esempio più frequente è quello delle trance attribuite
allo ‘Spirito Santo’.
– Comunione, rivelazione: la relazione fra la divinità e il soggetto è considerato come un incontro
vissuto dal soggetto, a seconda dei casi, come una comunione, una rivelazione o un’illuminazione
(trance di comunione dei Sufi).
Sciamanismo, possessione e ispirazione hanno in comune il fatto di portare, seppur in maniera
diversa, alla divinazione, che ne diviene la loro conseguenza naturale. Accanto a questo tipo di
trance ne esiste un altro che ha come unico scopo la divinazione; si parla in questo caso di trance
medianica (Pizia di Delfi ispirata da Apollo). Le sue relazioni con la musica non presentano, per la
sua stessa natura, la stessa regolarità di quelle legate allo sciamanismo e alla possessione.

Musica sufi

La trance (wajd) raggiunta attraverso la musica ha un ruolo importantissimo nella ricerca di Dio,
scopo ultimo della pratica religiosa del Sufismo. Possiamo infatti considerare il Sufismo come la
tendenza che “mira alla comunione diretta tra Dio e l’uomo” (Trimingham 1971), dove, attraverso il
sama (“ascolto”) la cerimonia religiosa fatta di preghiera musica e danza, si raggiunge il wajd (lo
stato di trance) consistente nell’ispirazione e nella rivelazione della Verità. Il sama dei Mevlevi,
una delle più celebri confraternite sufi, viene effettuato da dervisci rotanti che danzano
accompagnati da musica strumentale e vocale corale. L’orchestra, formata da strumenti tradizionali,
fra cui spicca il flauto per il suo ruolo principale, esegue brani in forme ritmiche chiamate pesrev
(introduzione orientale composta da quattro frasi musicali) e semai (opera strumentale a tre tempi).
Ovviamente i timpani rivestono un importante funzione ritmica ma mantengono sempre un carattere
moderato che contraddistingue tutta la cerimonia. Il ruoli dei partecipanti sono rigidamente divisi
fra i danzatori che, ascoltando la musica e volteggiando, aspettano la trance e i musicisti che
eseguono la musica senza venirne influenzati. L’estremo controllo che permea tutta la cerimonia
rispecchia la simbologia del rito, dove la rotazione dei dervisci rappresenta il grande meccanismo
celeste nel suo incessante movimento e le braccia aperte, una in direzione del cielo, e l’altra in
direzione della terra, creano un ponte immaginario fra il divino (il cielo) e l’umano (la terra).
[…]

Musica e possessione: “La forza della musica”

La musica di possessione è insieme vocale e strumentale e l’importanza relativa della voce e degli
strumenti varia secondo i culti e, in un dato culto, in funzione dello svolgimento del rituale e
della trance (eccezioni – possessione accompagnata da solo canto). Difficile trovare dei rituali in
cui la musica sia sempre e solo strumentale. Nella maggior parte dei casi, quindi, ci troviamo di
fronte a musica che coinvolge sia il canto sia gli strumenti secondo combinazioni variabili in base
ai vari culti. Per quanto riguarda gli strumenti possiamo definirli in base a due categorie secondo
la funzione melodica o ritmica che ricoprono gli stessi; quelli della seconda categoria si
utilizzano il più delle volte per accompagnare i primi o la voce. Un discorso a parte riveste il
tamburo che può avere ambedue le funzioni in base all’uso che se ne fa fino ad arrivare a
sostituirsi al canto. E’ proprio per questa duplice capacità (sia ritmica che melodica) che il
tamburo appare come lo strumento maggiormente utilizzato nelle musiche di possessione. D’altra parte
non sembra esista uno strumento melodico che prevalga sugli altri. Eccezione: il flauto ha una parte
essenziale nell’orchestra che fa danzare i dervisci Mevlevi e che ne accompagna la trance, ma in
questo caso siamo di fronte ad una trance di comunione non di possessione. Inoltre non esiste uno
strumento musicale tipico della possessione e qualsiasi strumento può essere adatto in quanto i
fatti dimostrano che tutte le famiglie di strumenti sono rappresentate. Passiamo ora ad indagare la
“forma” di questo tipo di musica, riferendoci specificatamente al ritmo. Bisogna osservare che
l’aspetto ritmico offre in sé due importanti caratteristiche: le frequenti rotture di ritmo, e
l’accelerazione del tempo al quale spesso si accompagna un intensificarsi del suono e della
dinamica. Se cercassimo di mettere in relazione questi due fenomeni, l’accelerando e il crescendo,
con lo scatenamento della trance scopriremmo che pur ricoprendo un ruolo importantissimo nei riti di
possessione persino nei culti dove vi ricorrono sistematicamente, la trance può manifestarsi in
assenza di questi due elementi. Verosimilmente come lo stordimento causato dal parossismo della
musica, anche la danza pur nella sua possibile frenesia, non giustifica da sola l’entrata in trance.
Ciò ci porta alla stessa conclusione: nessun sistema ritmico è specifico della trance. Non
esisterebbero ritmi che abbiano la peculiarità di provocare la trance perché l’azione del ritmo e
conseguentemente della musica sullo scatenamento della trance sarebbe di natura fisiologica. Mentre,
al contrario, i collegamenti tra ritmo e trance sono da ricollegarsi a un discorso di ordine
culturale e non di ordine naturale.

Musica e sciamanismo: “Il Potere dell’incantamento”

Spostando ora la nostra attenzione sullo Sciamanismo, notiamo immediatamente la diversità dei
rapporti che intercorrono tra la musica e lo sciamano rispetto a quelli che intercorrono fra il
posseduto e la musica. Mentre nello Sciamanismo intercorrono relazioni attive fra il soggetto in
trance e la musica, nella Possessione intervengono rapporti passivi e solo man mano che si passa
dallo stato di iniziato a quello di officiante le relazioni diventano più attive. Al contrario lo
sciamano, fin dal momento dell’iniziazione è attore musicante attivo, padrone del proprio ingresso
in trance e non dipendente da altri partecipanti che suonano o cantano per lui. La fondamentale
differenza tra le relazioni musicali nei due tipi di trance sta proprio qui: il posseduto non è mai
musicante della propria trance e quando è musicante riveste un ruolo secondario, lì dove, invece, lo
sciamano lo è sempre. Anzi l’attività di “sciamanizzare” e “fare musica” è tutt’uno per esso. Il
processo di scatenamento della trance non sembra essere connesso con l’uso di strumenti musicali
particolari (anche se la frequente presenza del tamburo lo rende lo strumento per eccellenza dello
Sciamanismo), piuttosto in certi casi, proprio come nella Possessione, si ricorre all’uso simultaneo
di crescendo e accelerando. I mezzi musicali utilizzati per la trance, sia nello Sciamanismo che
nella Possessione, sono quindi variabili. Lo sciamano intraprende il suo viaggio fra gli spiriti in
due modi:
– 1 attraverso la trance catalettica
– 2 attraverso la trance drammatica
A queste corrispondono due diversi tipi di musica: nella trance catalettica il corpo dello sciamano
è rigido,abbandonato dall’anima che ha intrapreso il viaggio e in questo caso il musicante è
l’assistente dello sciamano. Nella trance drammatica lo sciamano descrive il suo viaggio cantando e
suonando il tamburo in una vera e propria rappresentazione teatrale. La musica dello sciamano si
prefigge, portata al massimo delle sue manifestazioni, di “trasformare” il mondo, di modificare il
corso naturale delle cose. A questo proposito ci sembra interessante sottolineare l’origine della
parola “sciamano” che deriva dalla radice sam- e comprende appunto sia l’idea di danza e di salto,
sia quella di turbamento e di agitazione. Da qui il suo aspetto magico che si “incarna” nel suono
incantatorio della sua musica, spesso utilizzando canti ripetitivi, caratterizzati da effetti vocali
estranei al sistema musicale proprio delle popolazioni prese in considerazione. Ed è proprio in
questo carattere “incantatorio” che la musica sciamanica ha la sua caratteristica specifica. […]

fonte: digilander.libero.it/initlabor

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