IL CERVELLO IN ESTASI

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IL CERVELLO IN ESTASI

di Rudiger Braun

fonte: Mente e Cervello n°4 Luglio/Agosto 2003

L’ipnosi funziona? La trance può guarire? Questi termini sono sempre stati disprezzati e giudicati
non scientifici. Solo ora si comincia a indagare su ciò che avviene nel cervello quando una persona
cade in questi stati di alterazione psichica.

I1 ritmo, che aveva sollecitato la mia vigilanza fino a un punto insopportabile, era scivolato a un
livello più profondo, come al rallentatore, in modo che la mia coscienza ora aveva tempo di vagare
tutt’intorno: com’era meraviglioso sentire i tamburi, muoversi verso di loro e farlo senza sforzo.»
Cosi descrive le proprie sensazioni una persona che ha partecipato a un rito voodoo ad Haiti. Quello
che ha vissuto è, tecnicamente, uno stato di trance: una particolare condizione tra il sonno e la
veglia, tra l’attività e il riposo, nella quale la percezione del corpo si confonde e il tempo
sembra dilatarsi.

Che si chiamino sacerdoti, guaritori, sciamani o guru, quasi in ogni società umana esistono
individui che praticano l’immersione nel misterioso regno degli spiriti. La trance consente loro di
entrare in un presunto «altro mondo», dove questi maestri dell’estasi sperano di poter trovare
consiglio, guarigione o la comunione con una potenza superiore. Negli anni sessanta, l’antropologa
austro-americana Erika Bourguignon della Ohio State University studiò la letteratura antropologica
riguardante 488 culture diverse e riscontrò in circa il 90 per cento dei casi la presenza di rituali
molto diffusi che avevano come scopo la ricerca di una condizione di trance. Le versioni sono molte:
si va dalle diverse pratiche di meditazione all’ipnosi, all’estasi religiosa o sessuale, fino al
consumo rituale di allucinogeni e alla trance ossessiva, in cui apparentemente uno spirito estraneo
si impossessa di un danzatore o di una danzatrice. Spiriti, danze selvagge, ritmi di tamburi, droghe
psicoattive: come possono queste attività avere una capacità di guarigione? Non ci si stupisce che
la scienza moderna abbia giudicato per lungo tempo i riti di trance come superstizioni da primitivi.
Questi temi erano considerati irrazionali, analiticamente inaccessibili, esoterici o nel migliore
dei casi bizzarri. Ancora pochi decenni fa, chi indagava sulla trance metteva in pericolo la propria
reputazione di serio ricercatore. Nel frattempo, però, la valutazione di questi soggetti è
profondamente cambiata. Uno studio dell’Organizzazione mondiale della Sanità ha certificato che le
tecniche di trance delle etnomedicine hanno nei confronti delle malattie psicosomatiche una capacità
curativa pressoché uguale a quella della medicina classica. Alcuni scienziati come Wielant
Machleidt, professore di psichiatria sociale ad Hannover, vedono nei riti di trance l’origine delle
psicoterapie.

In effetti, oggi una tecnica di trance ben conosciuta come l’ipnosi rappresenta un metodo standard
per molti psicoterapeuti. Liberata dall’ingombrante bagaglio dell’occulto e dall’immagine di
fenomeno da baraccone, spesso essa permette di raggiungere risultati terapeutici più velocemente dei
metodi della psicanalisi classica. Anche alcuni dentisti utilizzano l’ipnosi per intervenire senza
anestesia su pazienti allergici o timorosi: in condizioni di trance profonda, anche il dolore più
intenso diviene sopportabile.

Ora scienziati di una collaborazione internazionale intendono studiare con i metodi della
psicologia, della fisiologia e delle neuroscienze che cosa ci sia in realtà dietro l’enigmatico
fenomeno della trance. Secondo Dieter Vaitl, direttore dell’Istituto per la psicobiologia e la
terapia del comportamento dell’Università di Giessen, in Germania, nonché coordinatore del gruppo di
ricerca, «la capacità di cadere in trance è una reazione umana normale quanto, per esempio, il
sonno». La coscienza è una facoltà non certo rigidamente strutturata, ma altamente dinamica. Tra lo
stato di massima concentrazione e il sonno profondo esiste un gran numero di differenti condizioni
di coscienza nelle quali una persona può trovarsi nel corso della giornata.
Quasi tutti hanno sperimentato uno stato di alterazione: quando una musica dal ritmo accentuato
entra nelle ossa e ci si dimentica dello scorrere del tempo; quando si svolgono attività quotidiane,
come guidare l’auto, in modo meccanico, senza pensarci in maniera conscia; o quando sprofondiamo in
un romanzo appassionante e siamo totalmente assenti dal mondo che ci circonda. Poco prima di
addormentarsi è possibile avere allucinazioni, come credere di incespicare pur essendo sdraiati sul
divano: di solito, si reagisce spontaneamente alzando le gambe. Oppure si pensa di sentire voci e di
essere ancora svegli anche se non c’è nessuno nella stanza.

Molte culture hanno sfruttato queste particolari condizioni di coscienza; stupisce l’inventiva con
la quale sono stati sviluppati metodi di stimolazione fisici, psicologici o farmacologici per
evadere temporaneamente dal mondo di tutti i giorni e vedere le cose con altri occhi. Gli indigeni
messicani utilizzano la mescalina, un allucinogeno che viene estratto dal peyote. In Africa la
trance viene provocata principalmente con musica e danze ritmiche. I monaci tibetani, invece, si
immergono nella meditazione e nell’assenza di movimento: si concentrano sulla ripetizione monotona
di poche parole e praticano una particolare tecnica di respirazione per abbassare i livelli di
anidride carbonica nel sangue. Ciò può condurre a una condizione estatica prossima alla perdita di
coscienza.

Nella società occidentale, di stampo fortemente razionalistico, come mezzo di trance si sceglie
l’ipnosi sotto lo stretto controllo del terapeuta. Questi metodi conducono a uno stesso tipo di
superamento della realtà e agli stessi effetti fisiologici, pur differenziandosi per la profondità
dell’«immersione». Quasi sempre, in un’esperienza di trance associata a un profondo rilassamento, ci
si lascia andare: il pensiero si trasforma e si carica di emozioni. Spesso un particolare aspetto
percettivo passa in primo piano, mentre tutti gli altri scompaiono. «Con il training autogeno –
spiega Dieter Vaitl – è sufficiente concentrare l’attenzione su una mano per avere la sensazione che
essa si sviluppi rispetto al corpo o che sia staccata da esso.»

In trance sull’altalena

Un aspetto caratteristico è anche la sensazione di perdere il controllo di se stessi. Allo stesso
modo, cambia anche l’idea di essere in sé. Quanto più è profonda la trance, tanto più si confondono
i confini tra soggetto e oggetto, tra interno ed esterno, tra lo e ambiente. I praticanti della
trance riferiscono di sentirsi dilatati fino a confondersi con l’ambiente. Occasionalmente in questa
condizione si percepiscono anche colori intensi e suoni o persino scene complesse.

Dieter Vaitl e il suo collega Uirich Ori si occupano principalmente degli effetti fisiologici delle
danze e dei ritmi di tamburo che sono in grado di indurre la trance. Per Ott il problema principale
è stato quello di ottenere dati sperimentali confrontabili, in modo da poter distinguere chiaramente
l’effetto di ogni singola danza. Per poter stimolare con il ritmo i diversi partecipanti allo studio
in ugual misura, ì ricercatori hanno messo a punto una poltrona controllata elettronicamente sulla
quale i soggetti venivano fatti oscillare avanti e indietro.

Con questo apparecchio hanno cercato di scoprire come agisce sul cervello un semplice movimento dei
corpo. I partecipanti allo studio venivano invitati a lasciarsi andare ma a rimanere svegli e ad
aprire spesso gli occhi. Mentre i soggetti dondolavano come se fossero su un’altalena, i ricercatori
misuravano le loro onde cerebrali grazie a un elettroencefalogramma (EEG), registrando al contempo
con una telecamera i movimenti oculari e controllando la frequenza cardiaca e respiratoria.

Già dopo pochi minuti, l’attività cerebrale dei partecipanti cambiava in modo marcato: mentre nel
caso dei soggetti svegli e con gli occhi aperti prevalgono onde cerebrali con frequenza compresa tra
14 e 32 Hertz – le cosiddette onde beta – nel caso dei partecipanti sulla poltrona le oscillazioni
elettriche rallentavano fino a valori tra 3 e 7 Hertz. Queste «onde theta» si producono
principalmente durante l’addormenta mento e indicano che l’attenzione viene meno. Molti soggetti del
test riferiscono anche che era parso loro molto arduo rimanere svegli; erano piacevolmente scivolati
nel mondo dell’immaginazione e avevano quasi dimenticato dove si trovassero.

A un risultato simile è giunto lo psicologo britannico John Gruzelier, dell’Imperial School of
Medicine, tramite misurazioni di EEG su persone sotto ipnosi. In questi esperimenti, Gruzelier ha
osservato una forte riduzione dell’attività delle cellule nervose dei lobi frontali del cervello, la
regione che primariamente sovrintende alla programmazione dell’agire e al controllo del linguaggio e
che è sede, secondo molti psicologi e neuroscienziati, della coscienza di sé.

Per contro, la parte destra del cervello, che presiede di regola all’immaginazione e ai processi
creativi, era più attiva di prima. Questo fatto chiarisce, secondo Gruzelier, perché le persone
ipnotizzate abbiano difficoltà a esprimersi verbalmente in modo fluente, a prendere decisioni o a
esprimere una critica. «In condizioni di ipnosi si perde interesse a indagare e valutare la propria
percezione e il proprio comportamento. Pertanto si diventa sensibili alle suggestioni
dell’immaginazione.»

Nella serie di test effettuati a Giessen, il tracciato delle onde cerebrali dei partecipanti si è
modificato principalmente in corrispondenza di una frequenza di oscillazione di 0, 1 Hertz, ovvero
sei cicli di dondolamento al minuto. Movimenti di dondolamento più lenti o più veloci hanno un
effetto molto meno accentuato. Alcuni ritmi, inoltre, sono particolarmente adatti a determinare
condizioni di coscienza alterata. Così, non deve sorprendere che nei rituali con danze o suoni di
tamburo esistenti in varie parti del mondo i ritmi di trance siano molto simili. Come ha scoperto la
psicologa americana Melinda Maxfield dell’Angeles Arrien Foundation, è in particolare un ritmo di
tamburo monotono e regolare di quattro pulsazioni e mezzo a portare il cervello dalla zona delle
onde beta a quella delle onde theta. Questo ritmo corrisponde esattamente a quello con cui molti
sciamani introducono la loro trance, ma è anche la stessa frequenza con cui oscillano le onde
cerebrali nella condizione theta. In questo caso, il cervello sembra realmente sincronizzarsi con i
battiti del tamburo.

Stati di semi-incoscienza

Ma allora come fa un movimento ritmico, come l’oscillazione o la danza, a influenzare l’attività dei
cervello? 1 ricercatori di Giessen ritengono di poter rispondere alla domanda: i movimenti
oscillatori spostano il sangue nel corpo del soggetto, attivando particolari misuratori di pressione
nella carotide – i cosiddetti barocettori – che regolano l’afflusso di sangue al cervello in base
alla situazione. Nella posizione «a testa in basso», essi rallentano il battito cardiaco, in quella
«a testa in alto» lo accelerano; il battito si sincronizza anche con il ritmo di dondolamento. In
seguito la respirazione si adatta al ritmo e diventa più profonda e regolare. Dieter Vaitl ritiene
che dopo un certo tempo questa sincronizzazione dell’organismo sui barocettori faccia sprofondare il
cervello in uno stato di semi- incoscienza.

Nella danza, il meccanismo dovrebbe in linea di principio funzionare circa allo stesso modo, tranne
per il fatto che un danzatore può influenzare attivamente fa stimolazione dei propri barocettori.
Per convalidare questa ipotesi, i ricercatori di Giessen stanno studiando la danza accompagnata da
musica tecno con un sistema di misurazione portatile e comandato a distanza, dal quale si possono
ricavare dati sulla frequenza respiratoria e sulla pressione sanguigna. L’interpretazione dei dati è
ancora in corso, ma promette esiti interessanti. 1 primi, provvisori risultati fanno supporre che,
anche senza assumere droghe, il danzatore fin dall’inizio di un rape party sia pronto a entrare in
uno stato di trance, che corrisponde all’incirca all’ipnosi indotta dal tamburo o dalla poltrona
oscillante. Durante la danza vera e propria lo stato di trance diviene ancora più profondo.

Intanto alcuni scienziati cominciano ad applicare i metodi moderni di imaging per scoprire come
funzioni il cervello umano nella trance provocata dall’esterno. Quattro anni fa, in alcuni lavori
pionieristici, il neurofisiologo statunitense David Spiegel e i suoi colleghi della Harvard
University hanno studiato soggetti ipnotizzati con l’aiuto della tomografia a emissione di positroni
(PET). Questa tecnica può individuare in modo preciso un aumento del flusso sanguigno, e con ciò
stabilire quali regioni cerebrali siano particolarmente attive durante lo stato d’ipnosi.

Con un esperimento ancora più raffinato, il gruppo di Harvard ha cercato di chiarire se le persone
ipnotizzate si trovino realmente in uno stato alterato di coscienza o se semplicemente fingano
durante la seduta. In fin dei conti, non tutti si la~ sciano ipnotizzare: le persone dotate di
fantasia, in grado di costruire immagini senza difficoltà, entrano più facilmente in trance rispetto
a quelle che si rilassano difficilmente e che temono fin dall’inizio di perdere il controllo di sé.
Durante l’ipnosi, ai partecipanti allo studio veniva chiesto di percepire immagini solo in bianco e
nero. Nei soggetti ipnotizzati, le regioni cerebrali che sovrintendono alla visione dei colori erano
meno irrorate di sangue del normale. Per contro, se la persona asseriva di vedere in bianco e nero
ma l’attività cerebrale non cambiava, si poteva dedurre che in realtà la percezione avveniva ancora
a colori.

Catherine Busimell, medico della McGill University di Montreal, e il suo collega Pierre Rainville
hanno fatto un altro passo avanti. Volevano sapere perché sotto ipnosi viene influenzata la capacità
di sentire dolore. Durante le misurazioni con la PET, chiedevano ai soggetti di immergere una mano
in una bacinella d’acqua bollente, ma di percepirla come se fosse appena tiepida. Senza svegliarsi,
i partecipanti lasciavano la mano nell’acqua, mentre se fossero stati coscienti l’avrebbero
immediata~ mente ritirata a causa dell’alta temperatura. Se veniva detto loro che il liquido era
bollente, allora reagivano di conseguenza.

Le misurazioni diedero lo stesso risultato per tutti i soggetti: la suggestione aveva influenzato in
modo notevole l’attività della parte anteriore del giro dei cingolo, la regione dei cervello che
collega la percezione con il sentimento e controlla l’intensità delle sensazioni. Quanto più alta
era la temperatura percepita a causa della suggestione, e quindi quanto più intenso era il dolore,
tanto più attiva era questa regione cerebrale. Gruppi di neuroscienziati negli Stati Uniti e in
Canada ritengono di aver trovato l’origine fisiologica anche delle esperienze mistiche e religiose
che possono essere vissute durante la trance più profonda. Questo nuovo campo di ricerca porta il
singolare nome di neuroteologia, e si propone di chiarire in dettaglio, con metodi sperimentali, le
origini neuronali della religiosità. Il rappresentante più noto è il radiologo americano Andrew
Newberg, dell’Università della Pennsyivania. Con una tecnica speciale, la tomografia computerizzata
a emissione di fotoni singoli (SPECT), Newberg ha sottoposto a indagine buddisti e suore cattoliche
con decenni di esperienza nella meditazione.

Nell’interno dell’apparecchiatura per tomografia, i soggetti dovevano tirare una cordicella non
appena provassero la sensazione di cadere in estasi o dì subire un’alterazione delle percezione
spazio-temporale. Secondo i dati forniti dalla SPECT, durante l’esperienza di trance estatica
risulta più attivo dei normale il lobo frontale dei cervello, la regione cerebrale che regola, tra
l’altro, la concentrazione e la pianificazione dell’agire. Nel lobo parietale destro, invece, che
presiede alla capacità di orientamento spazio-temporale, l’attività delle cellule nervose è
risultata fortemente diminuita. Il lobo parietale è, secondo Newberg, anche la regione cerebrale
nella quale l’uomo concepisce l’idea di sé.

Puro spirito incorporeo

In questo modo, si è potuta chiaramente rappresentare l’esperienza riferita dai partecipanti allo
studio: essere svegli e concentrati e sentire ugualmente il corpo espandersi e diventare tutt’uno
con il cosmo. Quando, durante la trance, si riduce l’attività dei lobi parietali, commenta Newberg,
si perde la capacità di percezione del proprio corpo. La persona che medita si percepisce
sostanzialmente come puro spirito incorporeo. Inoltre la meditazione accentua l’attività del sistema
limbico, la regione dei cervello che associa sensazioni e pensieri. Questa correlazione chiarisce le
emozioni forti provate durante le esperienze estatiche e, secondo Newberg, rappresenta anche lo
stimolo per indagare simili condizioni.

Altri «neuroteologi», come il neuropsicologo americano Michael Persinger, della Laurentian
University di Sudbury, in Canada, ritengono che anche alterazioni a livello dei lobi temporali
possano originare esperienze estatiche. Nei suoi esperimenti egli applica dall’esterno forti magneti
in corrispondenza delle opportune regioni cerebrali, ed è così in grado di indurre nei soggetti
esperienze mistiche: alcuni hanno la sensazione di essere sospesi, altri sperimentano un flusso di
immagini e di visioni, altri ancora non sentono le voci reali o avvertono la presenza di una forza
invisibile. La conclusione che i lobi temporali siano implicati nelle condizioni di alterazione
della coscienza supporta e completa i risultati di ricercatori come Gruzelier. Perciò questa parte
del cervello non è deputata solo alla comprensione e al linguaggio, ma permette anche di percepire
oggetti, forme e visi e di correlarli a scene metaforiche: le visioni possono nascere da
elaborazioni imperfette di elementi visivi.

Probabilmente, per produrre estasi o trance devono essere ugualmente attive diverse aree dei
cervello. Alcune delle regioni coinvolte sono state identificate, ma ora un arduo compito attende i
ricercatori: mettere insieme tutti i pezzi del mosaico. Al termine di questo lavoro potremo dire di
aver realmente compreso che cosa succede nel cervello durante l’ipnosi o un rituale di trance.
Inoltre esso ci fornirà l’occasione di analizzare a fondo le capacità nascoste delle tecniche di
trance e di utilizzarle a scopi terapeutici in modo più consapevole di quanto si sia fatto finora.

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