Autoipnosi e terapia – parte 2

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Autoipnosi e terapia – parte 2

di Antonio Bufano

“Ogni ipnosi e’ essenzialmente autoipnosi”
(Cheek e LeCron,1968)

Milton Erickson e l’approccio naturalistico

Nel campo dell’ipnotismo Milton Erickson rappresenta l’esempio di uno studioso attento e curioso che
è approdato a vaste e profonde conoscenze sull’argomento grazie a ampie esplorazioni su sé stesso.
Nel primo volume delle Opere, nello scritto ‘Esperienze autoipnotiche di Milton H.Erickson’
(Erickson,1980), l’Autore mostra come l’alleviamento del dolore mediante l’ipnosi consiste
semplicemente nell’utilizzazione e nell’estensione di molte esperienze naturali tratte dalla vita
quotidiana che condizionano l’esperienza soggettiva del dolore.
Erickson descrive dettagliatamente le proprie esperienze personali nell’alleviare il dolore.
Attingere al vasto deposito di apprendimento inconscio e renderlo disponibile diventa la base per
poter procedere efficacemente con l’autoipnosi. Dopodiché occorre allenarsi a ottenere una trance
frazionata con l’idea che il dolore rappresenta solo una parte dell’esperienza vivibile in ogni
momento.
Durante gli ultimi dieci anni di vita soffrì di artrite cronica. Per alleviare il dolore durante il
giorno era in grado di usare efficacemente l’autoipnosi, ma la notte si svegliava in preda al dolore
più o meno ogni due ore. Gradualmente fu in grado di ristrutturare il dolore sperimentandolo
inizialmente come un filo metallico incandescente posto sulla superfice della pelle e poi come un
calore che si diffondeva in tutta la spalla. A questo punto fu in grado di utilizzare questa
sensazione per scivolare nel sonno.

Come racconta la moglie Elisabeth non fu per niente facile realizzare questo processo di
apprendimento:

‘L’inconscio può saperne di più della mente conscia e bisogna lasciare che elabori le sue nozioni
senza interferenze, ma non sempre le cose filano lisce e può accadere che affronti le questioni in
modo sbagliato. Alcune esperienze di Erickson sul controllo del dolore sono stata caratterizzate da
tentativi e errori, con una buona dose di errori. Per esempio passava ore e ore spossanti a
esaminare verbalmente le sensazioni, muscolo per muscolo, più e più volte, insistendo perché
qualcuno (di solito io) non soltanto lo stesse ad ascoltare, ma gli dedicasse la più completa e
concentrata attenzione, indipendentemente dall’ora tarda o dall’urgenza delle altre cose da fare.
Lui non ha assolutamente alcun ricordo di queste sedute e io non riesco ancora a capirle. Penso che
fossero vicoli ciechi, ma è probabile che abbiano comportato qualche apprendimento inconscio. Oppure
no. Ne parlo perché penso che molti si scoraggiano quando l’inconscio si perde temporaneamente in un
vicolo cieco.Il messaggio è: Tieni duro. Alla fine funzionerà’.
(Erickson, Opere Vol. 1, p.151)

L’Autore faceva spesso riferimento alla cosiddetta trance da autostrada come forma autoinduttiva
spontanea non finalizzata.In terapia era convinto che il paziente instaura sempre quel livello di
ipnosi che gli è necessario. Inoltre Erickson sottolineava che per poter essere utilizzata a fini
terapeutici uno stato alterato deve poter essere mantenuto per un certo tempo. Anche per l’ambito
autoipnotico, oltre che per quello eteroipnotico, l’indicazione di Erickson è orientato al pieno
rispetto della libertà individuale e dell’inconscio. La coscienza non sa entrare in autoipnosi, ma
può solo predisporre l’ambiente e rimanere nell’attesa che accada qualcosa. E aggiunge:

‘Chi è affetto da insonnia sta a letto e dice ‘Adesso devo addormentarmi – devo addormentarmi – devo
riposare un po’- devo addormentarmi – devo addormentarmi – DEVO RIPOSARMI UN PO’ – HO BISOGNO DI UN
PO’ DI RIPOSO!. E che succede? Rimane del tutto sveglio. Rimane del tutto sveglio perché sta dicendo
continuamente a sé stesso che cosa deve fare.
(Erickson, 1983, p.220).

In più punti della sua opera ha sottolineato l’importanza di non essere coercitivi sugli
apprendimenti da far realizzare all’inconscio. Se entriamo in trance per imparare l’aritmetica,
finiremo per imparare la storia (Erickson, 1987). Anche la velocità di apprendimento non può essere
predeterminata.
Nella sua pratica ipnotica Erickson usava preferibilmente suggestioni generali e aperte e amava
interrompere il flusso di suggestioni con lunghe fasi di silenzio per assecondare i momenti di
interiorità e generare più spazi creativi per il paziente. Era convinto della necessità di far fare
qualcosa al paziente per assicurarsi di tenerlo attivo nella risoluzione del problema.
Spesso affermava ‘Né io né tu sappiamo cosa farà il tuo inconscio’ per suggerire la permanenza di
uno stato alterato speciale di reattività terapeutica dopo la seduta.
Erickson usava frequentemente la suggestione postipnotica come indicazione per il lavoro
autoipnotico successivo (Erickson, 1987).
Dopo la seduta lo stato autoipnotico viene innescato da suggestioni postipnotiche e diventa
necessaria per la stabilizzazione delle cose apprese. A tal proposito diceva che la strada asfaltata
deve indurirsi per sopportare il traffico pesante (Erickson, 1987). Sull’ampia libertà offerta
dall’apprendimento dell’autoipnosi Erickson ha scritto:

Nell’autoipnosi potete entrare in trance in rapport solo con voi stessi oppure, se volete, potete
andare in trance in rapport anche con X e con Y e con Z; potete anche fare in modo di essere in
rapport con la persona che viene alla vostra porta e suona il campanello del tutto inaspettatamente
– una persona che non ha nessun ruolo particolare nella vostra situazione totale di trance; potete
andare in trance autoipnotica in rapport con il telefono così da creare una risposta adeguata a
coprire tutte le possibili contingenze.
(Erickson, 1987, p.67)

L’Autore riteneva doveroso procedere a un addestramento strutturato in autoipnosi nei casi di
fondata necessità come il dolore cronico o una pressione sanguigna gravemente anomala.
L’Autore ha spesso impiegato le abilità ipnotiche della moglie Elisabeth per fare ampie
dimostrazioni pubbliche. La frequenza con cui fu impegnata permise alla signora Erickson di accedere
rapidamente alle allucinazioni visive e uditive e di provocare anestesia in ogni parte del corpo.
Non aspettava più tutte le istruzioni del marito, ma riproduceva autonomamente il fenomeno ipnotico
in questione. Aveva sviluppato una competenza autoipnotica molto ampia.
Progressivamente imparò che poteva parlare ad alta voce e descrivere minuziosamente i cambiamenti
sensoriali senza interrompere il proprio processo ipnotico.
Poteva addirittura esaminare un problema personale senza rischiare di uscire dallo stato di trance
in corso (Erickson, 1983).
Betty Alice Erickson, la figlia di Milton ha imparato a entrare in una trance sonnambulica assai
rapidamente.

Nei casi difficili in cui il paziente mostrava una scarsa fiducia in sé stessa Milton Erickson
faceva partecipare la figlia Alice per avviare il lavoro terapeutico. In un caso di una paziente
oncologica che soffriva di nausea e vomito intensi, chiese ad Alice di entrare in trance davanti
alla paziente e di fornirgli le suggestioni da adoperare. Dopo un po’ la figlia disse:

‘So rispondere. Ho fatto di me una malata. Prima ho provato nausea; poi ho sentito tutti i muscoli
dello stomaco contratti come se stessi cominciando a vomitare, e quindi ho smesso. Ho prodotto un
interruzione proprio qui.. Ho perduto tutte quelle sensazioni di nausea e ho smesso di contrarre i
muscoli… Si produce una anestesia; si dirige la propria attenzione altrove, si cambia il modo di
pensare.’
(M.H.ERICKSON, 1988,pag.65)

Richard Bandler, John Grinder e la Programmazione Neurolinguistica

Tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80 si sviluppa un modello integrato che studia la
comunicazione umana denominato PNL.
Bandler insiste sull’importanza di essere clinici flessibili per agire efficacemente in base a
quella che indica come la legge della varietà necessaria. Più varietà comportamentale possiede il
terapeuta più sarà in grado di aiutare il paziente prima o poi a fargli operare determinanti
cambiamenti (Dilts, 1980).
Nell’addestramento dei terapeuti gli Autori propongono lo sviluppo di una competenza raffinatissima
nell’osservazione e nel ricalco.
Per osservare correttamente si richiede uno stato mentale non saturo di rappresentazioni mentali
interne.
Se non si fa una buona osservazione non si può ricalcare efficacemente il comportamento del
paziente.
Ricalcare ampliamente l’altro intensifica la sintonia interpersonale e presuppone la capacità di
gestire la sperimentazione di stati mentali altrui.

Ernest Rossi e l’approccio ultradiano del sistema mente-corpo
Tra gli anni ’80 e gli anni ’90 Ernest Rossi ha sviluppato un ampia esplorazione sui ritmi
ultradiani nell’essere umano al fine di individuare le fitte connessioni nel sistema mente-corpo.
Il corpo umano vive basandosi sul ritmo; battere le ciglia, respirare, deglutire rappresentano modi
biologici fondamentali di essere.
Rossi (Rossi, 1993) ha potuto verificare che nell’arco della giornata in cicli di 90-120 minuti
esistono momenti in cui attiviamo stati intermedi di consapevolezza tra la veglia e il sonno e in
cui diventiamo straordinariamente introspettivi così che la finestra tra conscio e inconscio si
dischiude.
Le persone usano automaticamente pause ultradiane che possono durare anche solo di 5 minuti per
staccare dall’attività in corso e ristorarsi.
A tal proposito Rossi segnala tale fenomeno come risposta ultradiana di guarigione In genere non
sappiamo essere completamente svegli e viviamo in una specie di zona d’ombra in cui gli occhi sono
aperti e il cervello è in parte offuscato.
In questo quadro l’autoipnosi si configura come un evento fisiologico necessario. Secondo l’Autore
Erickson era solito non a caso operare con sedute che duravano mediamente due ore.
Rossi propone un accesso creativo alla mente interna attraverso il dialogo mente-corpo in modo da
includere risorse che in stato ordinario di veglia l’individuo non sa usare.

dal sito www.vertici.com

continua…

Approfondimento sul sito www.sublimen.com

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Ipnosi e Autoipnosi.

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