Al CUORE del PUNTO ZERO

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Al CUORE del PUNTO ZERO

di a cura di Elsa Masetti

Come far tesoro del Campo Morfico nella professione d’aiuto e nella vita di tutti i giorni:
conversazione con Attilio Piazza

Al di là dell’idee di giusto e sbagliato
c’è un campo
ci incontreremo là
[Rumi, poeta e mistico Sufi]

E’ nell’intento della rivista porgere la possibilità di praticare quelle che la scienza si limita a
definire e chiamare teorie. Nel caso dei Campi Morfici, il compito è risultato più facile del
solito, in quanto la loro influenza si rende ormai sempre più evidente nell’ambito della terapia
sistemica.
Scienza e Conoscenza si è rivolta quindi a chi da anni in Italia ne sperimenta gli effetti nella
vita e nella professione e pur non essendo teoricamente a conoscenza del Punto Zero – come portato
alla ribalta dal settore scientifico – vive, esperisce e si lascia ispirare da quello “spazio” a cui
intuitivamente e in sincronia ha dato il nome di punto zero.

In che modo sei arrivato a conoscere il campo morfico?
In una prima forma embrionale, ho cominciato a rendermene conto verso la fine degli anni ’80, mentre
praticando dei semplici esercizi di Gestalt [tecnica del cambio di prospettiva. ndr] per meglio
comprendere certe dinamiche di relazione, mi resi conto che potevo avere accesso a delle
comprensioni preziose che non riguardavano solo me stesso, ma persone che io non conoscevo e che
erano importanti per il mio cliente. Sorprendeva il fatto che tali informazioni circa il modo di
pensare di una certa persona, fossero piuttosto precise e sicuramente utili a ché il cliente si
mettesse per un momento nei panni dell’altro. Quindi, forse semplificando, oserei dire che “mettersi
nei panni di un altro” ti mette già in contatto con un livello di coscienza che non è quello “tuo”
proprio e basta, ma che si estende a riconoscere i bisogni di un’altra persona. Non è un banale
“immaginarsi” come un altro sente o pensa, ma immedesimarsi “come se” tu fossi l’altro. Continuando
a semplificare, direi dunque che l’empatia é forse la chiave più semplice e accessibile per entrare
a contatto con un’intelligenza che trascende il nostro considerare solo noi stessi. L’empatia
permette dunque di estendere il raggio della nostra consapevolezza al di là dell’immediata
percezione di noi stessi come separati da un altro. E continuando con gli esperimenti, già nel 1990
scoprivo di avere una predisposizione naturale a rappresentarmi in forma “tridimensionale” una
problematica qualsiasi, come l’esplorazione di un progetto, per esempio. Era l’inizio di una
sperimentazione di natura fenomenologica, basata cioè su dati emergenti sul momento e in modo
intuitivo, e non relativi a conoscenze pre-acquisite o a modelli teorici da applicare per capire
qualcosa. Il vero “salto quantico” in cui davvero presi coscienza della realtà indipendente del
Campo Morfico, lo feci sicuramente dieci anni dopo, quando incontrai Bert Hellinger e le sue
Costellazioni Familiari. L’intesa con Bert fu immediata e lo seguii per diversi anni per imparare da
lui, e fare del Campo Morfico esperienza e pratica pressoché quotidiane. In Germania incontrai anche
Sheldrake apprezzando come fosse riuscito a formulare una teoria che dava un senso a quanto mettevo
intuitivamente in pratica nel mio lavoro ormai da una dozzina d’anni.

E’ stato lì che hai potuto dare un nome ad un’esperienza diretta?
Esatto. C’erano già diversi modi di chiamare quel fenomeno: alcuni lo chiamavano Campo cosciente,
altri morfogenetico, Sheldrake morfico, altri The Knowing Field, altri ancora fenomenologia dello
spirito, ecc.

Nella tua esperienza Il campo morfico è dunque un campo energetico?
Non sono sicuro di avere una risposta a questa domanda. E’ certamente un campo carico di
informazioni che “precedono” pensieri coscienti, parole e azioni. Ho l’impressione che qualsiasi
cosa sia, funzioni trasversalmente a spazio e tempo. Li contiene insomma in forma non lineare e non
consequenziale. Così mi appare e non so se potrei dire di più sulla sua natura, ma certamente molto
si può dire e fare osservandone gli effetti nonché su come indirizzare la sua forza al servizio del
nostro bisogno di vivere meglio. Non so se sia un campo energetico.

Si può ancora definire scientifico – nella sua applicazione pratica come da te sperimentata –
l’approccio al Campo morfico?
Scientifico? Beh, è un fenomeno certamente ripetibile se permesso (come qualsiasi altro esperimento)
in condizioni particolari. Quelle ambientali ottimali richiedono un po’ di silenzio e un tema da
esplorare che abbia una propria consistenza almeno per il soggetto interessato a trovare una
soluzione. Le altre condizioni necessarie, dipendono sia dal particolare livello di coscienza
dell’operatore, sia da quello delle altre persone presenti. La volatilità delle informazioni è
fortemente influenzata da chi le osserva, per cui un’osservazione carica di giudizio o pregiudizio
interferirebbe in misura rilevante sulla riuscita dell’esperimento. Tuttavia questo può essere in
parte ovviato dalla forza del conduttore, cioè se questi riesce a inglobare senza giudizio proprio,
quindi a neutralizzare il campo energetico carico di giudizi generato da alcuni dei testimoni che
prendono parte all’esperimento.
Capisco comunque lo sforzo cui sono a volte sottoposti gli uomini di scienza, costretti a dare delle
definizioni complesse a dei fenomeni che nell’esperienza di altri accadono in modo molto semplice.
Comunque alla fine è bello che l’esperienza dei mistici s’incontri con quanto viene scoperto e
sostenuto da complessi processi matematici di fisica quantistica. Il contributo che posso dare qui
forse sta nell’informare che le chiavi per la lettura di un campo morfico sono già nelle tasche di
chi le sta cercando. Meglio, si trovano nel proprio cuore.

E dunque qual è lo strumento che ci permette con facilità di sintonizzarci con un campo morfico?
Quello che conosco io (e magari ce ne sono degli altri che non conosco), quello che conosco, come
dicevo, da tanti anni e che “frequento abitualmente” è il Cuore, o meglio lo stato di coscienza in
cui mente e percezioni sensoriali sono al servizio del Cuore. Cosa intendo per Cuore? Uno stato di
coscienza che genera accettazione incondizionata a ciò che c’è. Se ciò che c’è è una relazione con
una persona, ecco allora che proveremo compassione, rispetto, accettazione. Questo su un piano
emozionale. C’è poi in particolare un aspetto del Cuore che chiamo Punto Zero: cioè, non mi
riferisco alla dimensione affettiva del cuore, e nemmeno a quella del volere Il Bene degli Altri. Un
po’ più in fondo… per così dire, c’è uno stato di coscienza in cui è possibile percepire le cose
al di là del bene e del male, di ciò che è giusto o sbagliato; questo “stato” permette una
percezione diretta della realtà che nella tradizione buddista credo sia nota come Percezione del
Vuoto. Cioè, tutti i fenomeni appaiono vuoti a chi non li interpreta attraverso una percezione
distorta dal proprio desiderio o dalla propria preferenza. E’ questa una percezione della realtà un
po’ più profonda poiché non implica alcun investimento personale da parte di chi la vive, nessuna
particolare preferenza se non un rispetto profondo per ciò che è. Chiamo Zero questo stato di
coscienza, poiché è libero da desideri. Trovo quindi che sia un ottimo punto da cui “partire” nelle
professioni di aiuto. Infatti è proprio da questo Punto Zero che è possibile accogliere
comprensioni, informazioni che riguardano il cliente o quant’altro… In questo senso il Cuore è un
punto di partenza e di arrivo al tempo stesso. Nel Cuore trovi la capacità di sentire come un altro
e per un altro. Tutti riconoscono come nell’amare si crei comunione. Persino quando si è
semplicemente innamorati “é come se tu non esistessi più”, e… “Noi due siamo Uno”, ecc… E’ una
sensazione facilmente riconoscibile: che quando siamo nel nostro cuore tendiamo a percepire noi
stessi “meno individui” separati e più un tutt’uno con l’altro. Credo che persino nei Salmi dei Baci
Perugina si trovino tracce di qualcosa tipo “… e nei suoi occhi mi persi per sempre, amore…” o
qualcosa del genere. Scherzi a parte…, nell’esperienza della meditazione, più profondamente vai e
meno trovi il senso di un “Io separato da Te”. C’è piuttosto un senso di essere, semplicemente.
Quindi il Cuore e, in particolare, il Centro del Cuore, il Punto Zero, è un veicolo, un ingresso,
una via di accesso che ti permette di entrare in una dimensione trans-personale e che permette un
accesso non locale e non temporale alle cose, e alle persone. E quando queste “cose” sono il campo
di coscienza di una famiglia, hai accesso diretto al suo campo morfico, cioè all’insieme di memorie
generazionali inconsce e dei codici di relazione di quella famiglia. E questo è un buon punto da cui
poter trarre informazioni utili, così che dal livello inconscio in cui si trovano nel campo morfico,
possono giungere alla coscienza degli interessati.

Lasci che sia il campo morfico stesso a suggerirti informazioni anche su di esso?
Direi di sì. Certamente qualcosa in me si attiva per ricevere informazioni che non hanno una sede
nella mia memoria personale, non derivano dalla mia esperienza né dalla mia conoscenza. Tanto meno
da una mia preferenza personale. Forse la parola più vicina a questo tipo di informazioni è
“ispirazioni”. Giungono nel presente e non hanno un “da dove”. Certo che, essendo non parte di “me”,
ed essendo piuttosto puntuali riguardo ad una situazione che sto osservando, direi che riguardano
proprio quella situazione lì e quindi deduco che quelle informazioni siano diretta emanazione di
quella data situazione. Oltre a tutto, le indicazioni che riceviamo in queste specifiche condizioni
hanno una loro efficacia e producono sicuramente un beneficio per coloro che sono direttamente
interessati e coinvolti con la situazione presa in esame. Insomma un dato campo morfico appare avere
una sua identità, dei suoi codici e un suo modo di comunicare. Dirò di più: considerando il tipo di
informazioni che rende accessibili, posso tranquillamente affermare che un dato Campo morfico non
solo rende leggibile una sua memoria, ma rivela una sua propria intelligenza e una coscienza che
rivela un preciso intento a procedere e ad evolversi. Questo appare molto chiaro nel contesto del
campo di coscienza familiare, dove una certa “tendenza dell’individuo” (che ci appare come “sua
scelta personale”), altro non è che il frutto di un movimento di coscienza familiare che precede i
singoli individui che compongono quel nucleo. Ad esempio, quante volte con le Costellazioni
familiari abbiamo scoperto che la tal zia che vive da sola e non si capisce perché si rifiuti di
prendere contatto con i suoi parenti, o il bambino che appare così inquieto e turbolento nonostante
tutti gli vogliano bene… quante volte abbiamo scoperto come questi comportamenti siano spinti in
realtà da una coscienza comune che in questo modo “ricorda” un escluso di cui non c’era memoria né,
spesso, conoscenza, o spinga gli individui verso un processo di riconciliazione non “visibile”
fintanto che non lo diventa.

Come applicare nella vita quotidiana la possibilità di connettere con le informazioni contenute in
tale Campo?
Domandona…! [dopo una lunga pausa] Credo sia indispensabile fermarsi e riconnettere con il
profondo dentro di noi, come ho appena fatto! Ribadisco l’importanza di creare per noi stessi un
ambiente e le condizioni per raccoglierci in silenzio. La nostra attenzione percettiva si rivolge
allora all’interno, il tempo rallenta e poi si ferma, e ci permettiamo di lasciarci semplicemente
essere. Entriamo in questo modo a contatto con una dimensione di coscienza che ci connette con delle
forze in campo “più grandi di noi”. Non credo sia per tutti necessario “leggere” coscientemente le
informazioni. Più semplicemente, molti possono in qualche modo istintivamente affidarsi ad un
movimento interiore che “parte da dentro”. Da qui, le azioni conseguenti sono in sintonia con questa
forza stessa e tendono a generare unione, armonia, bellezza, pace. Benessere.

E su un piano professionale?
E’ tutto da sperimentare, credo. Per ora conosciamo bene come applicare questo modo di approcciare
la realtà nell’ambito delle professioni di aiuto, questo sì.

Per esempio, con le Costellazioni Familiari?
Per poter condurre una buona Costellazione il conduttore deve imparare a mettersi in uno spazio
interiore in cui non vi siano interferenze generate dai suoi desideri (compresi quelli di aiutare i
clienti). Quando vuoi aiutare un’altra persona, meno “ego” [ego = io so già, ndr] c’è e più sei
disponibile all’altro. Nei modelli formativi attuali manca la chiarezza fra centro e ego.
Attualmente la gente viene incoraggiata a sviluppare un grande ego anziché un proprio centro. E’ una
confusione storica che è tempo di chiarire. A chi vuol diventare professionista si continuano a
impartire nozioni, accatastare conoscenze, le quali, è ormai ovvio a molti, cambiano con una
velocità tale da non poterle applicare alla realtà. Spero che nel futuro si insegnino processi di
apprendimento dalla realtà piuttosto che come applicare alla realtà quanto si è appreso!

Tornando alle Costellazioni…
Sì, possono essere un’ottima scuola di come operare rimanendo nel proprio centro e sintonizzarsi con
il campo morfico. Chiaro che è fondamentale imparare a entrare in sintonia prima di tutto con sé
stessi attraverso la respirazione consapevole, poi con il cliente, con la situazione del cliente
nonché, come dice Hellinger, con una forza più grande. Tutto questo lo può imparare chiunque. E’ una
delle tecniche più efficaci per entrare in relazione con un altro ad un livello più profondo del
normale. Si tratta di centrarsi in se stessi, in modo da “partire” dal tuo Punto Zero, per
incontrare la parte “zero” dell’altro. In pratica, entri in connessione con l’essere dell’altro, e
non con il suo ego. C’è poi da tener presente che il cliente arriva da te non soltanto come essere,
ma con tutta la sua storia personale e collettiva. Quando ti apri al tuo Punto Zero, quando
attraverso il respiro entri dentro il tuo Punto Zero, ti rendi disponibile a percepire la storia
dell’altro. In questo spazio sei al servizio della storia dell’altro, e l’altro ti dà,
inconsciamente, gli elementi per potere procedere. Sintonizzato ad un livello ancora più profondo,
in realtà non è tanto il cliente a darti delle informazioni, quanto lo stesso campo morfico del suo
sistema di appartenenza. Chiaro che, meno interferenza c’è da parte della tua “personalità
professionale”, delle tue preferenze, desideri e quant’altro, più riconosci la differenza tra ciò
che il cliente sta effettivamente chiedendo, quello che eventualmente avresti voglia di fare tu, e
il movimento verso cui ti sta indirizzando il campo morfico. Più pratichi l’osservare e lasciare
essere, rimanendo attento e senza intervenire, più veloce e più esteso è l’accesso al campo di
coscienza presente, più ti rendi disponibile a “muoverti” con esso e ad agevolarne i movimenti, se e
quando necessario. Tra l’altro, cosa importantissima per gli operatori delle professioni di aiuto,
più sei libero di lasciar essere ciò che è così com’è, meno ti coinvolgi; e meno ti “attacchi” e
meno “si attaccano a te” le emozioni degli altri, personali o collettive che siamo. Ecco perché è
possibile professionalmente lasciarsi attraversare da un grosso quantitativo emozionale o storico di
un’altra persona o gruppo e rimanere libero, tranquillo, vigile e sereno.

In qualche modo continui a palesare il fatto che il campo morfico abbia una sua indipendenza…
Mi viene suggerito dal fatto che spesso le soluzioni che arrivano dalle costellazioni sono così
originali e impreviste da lasciare a bocca aperta me, il cliente e quanti assistono a quello che
Bert Hellinger appunto chiamava “Movimento dell’Anima”. E’ chiaro che c’è un campo d’informazione
che è autonomo e indipendente, ha una sua autonomia, ha un movimento indipendente dal volere del
singolo individuo. E’ indipendente e al tempo stesso soggetto al campo di coscienza di chi lo
osserva, poiché nel momento in cui noi lo percepiamo, lo influenziamo con la qualità della nostra
stessa presenza (proprio come capita ai fotoni influenzati da chi li osserva). Ecco come mai le
Costellazioni Familiari possono essere fatte in diversissimi modi a seconda di chi le conduce. Noi
sappiamo quanto sia importante essere altamente presenti senza interferire, lasciando libero spazio
al Movimento dell’Anima. Questo tipo di Costellazione si svolge grazie alla forza di una grande
presenza, e si “muove da sé”, i rappresentanti hanno la netta sensazione di muoversi non secondo una
loro scelta, ma piuttosto liberamente arresi a un movimento che percepiscono come autonomo. Questo è
verificabile soprattutto quando il campo morfico della situazione in esame, mostra un intento
implicito che spinge, ad esempio, verso una riconciliazione non desiderata, ma nel profondo,
auspicata.

La consapevolezza, dunque, gioca un ruolo primario?
Assolutamente. Quando noi “aggiungiamo” al campo morfico di una certa famiglia, l’elemento
consapevolezza, le cose non sono più uguali a prima. Infatti noto che l’intervento della
consapevolezza crea dei cambiamenti irreversibili, questa è la mia osservazione; irreversibili nel
senso che, una volta che il cambiamento in corso in un campo morfico diventa consapevole, per coloro
che fanno parte di quel campo di coscienza e con esso interagiscono, non è più possibile rimanere
estranei al cambiamento come se niente fosse successo. Così come noi, nell’assaggiare una mela, ne
cambiamo la sua struttura in modo irreversibile, nello stesso modo, allo stesso momento, allo stesso
tempo, quando interagiamo con un campo morfico con consapevolezza, con presenza, alteriamo quel
campo per sempre. Tradotto in modo molto pratico, non puoi più continuare a farti del male o a farne
a qualcun altro e far finta di niente. Diventerebbe davvero troppo doloroso. Alcuni si arrendono
grazie al dolore che provano, i più fortunati comprendono quanto sia intelligente fidarsi dei
movimenti ispirati dalla consapevolezza, e imparano a seguire quelli. Come dico da un po’ di tempo a
questa parte, e lo dico sorridendo, più diventi consapevole e meno scelta hai, nel senso che non ti
è più permesso muoverti inconsapevolmente nella vita. E’ una sorta di dolce arresa all’evidenza del
fatto che il nostro benessere personale debba essere esteso a quanti più altri possibile. E’ anche
un’arresa dolce al fatto che la coscienza del pianeta è in netta evoluzione ed è così. Chi se n’è
accorto e ne tiene conto noterà con un sorriso quanta magia ci sia nell’aria. E più la osservi, più
cresce assieme a te.

Conversazione con:
Attilio Piazza, Laureato in Filosofia presso l’Università di Firenze. Iscritto all’Ordre Européenne
des Psychothérapeutes, associato _EAP (European Association for Psychotherapy). Counselor, iscritto
al registro F.A.I.P. (Federazione delle Associazioni Italiane di Psicoterapia). Formatore e Docente
in Comunicazione certificato A.I.F. (Associazione Italiana Formatori) – www.centrostudipiazza.org

Hellinger e le Costellazioni Familiari

Bert Hellinger è nato nel 1925, ha studiato filosofia, teologia e pedagogia. Ha lavorato per 16 anni
in un ordine missionario cattolico dagli Zulu in Sudafrica.
In seguito è diventato psicoterapeuta e nel corso delle sue esperienze con le Dinamiche di Gruppo,
la Terapia del Primal, della Getsalt, l’Analisi Transazionale, la Terapia Familiare, l’Ipnosi
Ericksoniana, la PNL, ha perfezionato il proprio metodo delle Costellazioni Familiari con cui è
diventato famoso in Germamia, Austria e Svizzera.

Bert Hellinger parte dal principio che il metodo fenomenologico e di conseguenza le costellazioni
familiari, non possa essere insegnato ma derivi dall’allenamento e dall’esperienza. Questo perché
non si tratta di trasmettere un sapere ma di esporsi ai fenomeni, senza alcun obiettivo stabilito o
conoscenza prelminare.

Per questo Bert Hellinger non ha fondato scuole per l’insegnamento delle costellazioni, mantenendo a
riguardo una prospettiva molto ampia e onnicomprensiva, nulla di monpolistico o settario, tutto ciò
almeno secondo le sue dichiarazioni rese in pubblico e riportate nei suoi libri. Non si considera
comunque l’inventore di un metodo ma come chi ha scoperto e descritto qualcosa che esiste comunque e
che non gli appartiene: “Quando qualcuno mi chiede l’autorizzazione per utilizzare qualcosa che ho
detto o fatto, mi sento contrariato, come se fossi il padrone di queste scoperte, esse non hanno
fatto altro che rivelarsi e appartengono a tutti. Ho semplicemente avuto delle intuizioni e sono
felice se altri ne avranno”. www.costellazionifamiliari.it/

www.scienzaeconoscenza.it/articolo/al-cuore-del-punto-zero.php

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