Veda – Upanishad – Tantra – 3

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Veda – Upanishad – Tantra – 3

di Sri Aurobindo e la Madre

– Terza parte, e fine –

I TANTRA

Osserviamo innanzitutto che esiste tuttora in India un notevole sistema
yogico che è per sua natura sintetico e parte da un grande principio
centrale della Natura, da una grande forza dinamica della Natura; ma si
tratta di uno yoga distinto, non di una sintesi di altre scuole. Questo
sistema è la via del Tantra.
A causa di qualcuno dei suoi sviluppi, il Tantra è caduto in discredito fra
coloro che non sono tantrici; ciò principalmente a causa degli sviluppi del
suo sentiero della mano sinistra, il Vama Marga, che non pago di superare la
dualità della virtù e del peccato, invece di sostituirli con una spontanea
rettitudine dell’agire, è sembrato costituirsi come metodo di
auto-indulgenza, di libera immortalità sociale. Tuttavia, all’origine il
Tantra fu un ampio e potente sistema basato su concezioni che erano almeno
parzialmente vere.

Anche la sua duplice divisione tra i sentieri della mano destra e della
mano sinistra, Dakshina Marga e Vama Marga, trovò origine in una sicura e
profonda intuizione. Nell’antico senso simbolico dei termini Dakshina e
Vama, si trattava della distinzione tra la via della conoscenza e la via
dell’ananda, la natura dell’uomo che si liberava attraverso un esatto
discernimento dei poteri e delle attività delle proprie energie, elementi e
potenzialità e la natura nell’uomo che si liberava attraverso invece la
gioiosa accettazione dei poteri e delle attività delle proprie energie,
elementi e potenzialità. Ma in entrambe le vie vi fu alla fine un oscurarsi
dei principi, una deformazione simbolica e una caduta.

Se comunque abbandoniamo anche qui i metodi e le pratiche attuali e
ricerchiamo il principio centrale, troviamo come prima cosa il fatto che il
Tantra si differenzia espressamente dai metodi yoga di tipo vedico. In un
certo senso, tutte le scuole che abbiamo sin qui esaminato sono vedantiche
nella loro concezione; la loro forza è nella conoscenza, il loro metodo è
nella conoscenza, sebbene essa non sia sempre discernimento attraverso
l’intelletto ma possa invece essere conoscenza del cuore espressa nell’amore
e nella fede o conoscenza della volontà che si sviluppa attraverso l’azione.
In tutte il Signore dello yoga è il Purusha, l’anima consapevole che
conosce, osserva, attrae, dirige. Ma nel Tantra è piuttosto Prakriti,
l’anima natura, l’energia, la forza volontà esecutrice dell’universo.

Fu scoprendo ed applicando i segreti più intimi di questa forza volontà, il
suo metodo, il suo Tantra, che lo yogi tantrico perseguì gli scopi della sua
disciplina, conoscenza profonda, perfezione, liberazione, beatitudine.

Invece di ritirarsi di fronte alla Natura manifestata e alle sue
difficoltà, egli le affrontò, se ne impadronì e le vinse.

Ma alla fine, come è nella tendenza generale di Prakriti, lo yoga tantrico
perse gran parte dei suoi principi nei suoi meccanismi e divenne un oggetto
di formule e azioni occulte ancora potenti quando rettamente usate ma cadute
della chiarezza del loro concetto originario.

Abbiamo in questa concezione tantrica centrale un aspetto della verità,
l’adorazione dell’energia, della Shakti, come sola forza effettuale per ogni
realizzazione. Cogliamo l’altro estremo nella concezione vedantica della
Shakti come potere illusionistico e nella ricerca del silenzioso e immobile
Purusha come mezzo di liberazione dagli inganni prodotti dall’energia
creatrice. Ma nella concezione integrale l’anima integrale, l’anima conscia
rappresenta il Signore, l’anima natura la sua energia esecutrice. Il Purusha
è della natura di Sat, conscia autoesistenza pura ed infinita; Shakti o
Prakriti sono della natura di Chit, il potere della conscia autoesistenza
pura ed infinita del Purusha. La relazione tra i due si trova tra i poli del
riposo e dell’azione.

Quando l’energia è assorbita nella beatitudine del conscio autoesistere, c’è
riposo; quando il Purusha si espande nell’azione della sua energia, c’è
attività, creazione e gioia o Ananda del divenire. Ma se l’Ananda è il
creatore e la causa di ogni divenire, il suo metodo è Tapas o la forza della
coscienza del Purusha che è propria alla sua infinita potenzialità di
esistenza e che da essa produce verità ideali, o vere idee, Vijana, le quali
derivando da una onniscente e onnipotente autoesistenza, possiedono la
certezza del proprio compimento e contengono in se stesse la natura e la
legge del proprio divenire nei termini della mente, della vita e della
materia.
La finale onnipotenza di Tapas e l’infallibile compimento delle idee sono
il fondamento reale di ogni yoga.

La disciplina tantrica è per sua natura una sintesi. Si è impadronita della
grande verità universale che esistono due poli dell’essere la cui unità
essenziale è il segreto dell’esistenza, Brahman e Shakti, Spirito e natura,
e che la natura è potere dello spirito o, piuttosto, spirito come potere.
Elevare la natura nell’uomo a manifesto potere dello spirito è il suo modo
di procedere, ed è l’intera natura che essa raduna verso la conversione
spirituale. Include tra i suoi strumenti gli energici processi hathayogici e
specialmente l’apertura dei centri nervosi ed il passaggio attraverso di
essi della Shakti risvegliata nel suo procedere verso l’unione con il
Brahman, lo sforzo più sottile della purificazione, meditazione e
concentrazione rajayogici, l’azione della forza di volontà, il potere motore
della devozione, la chiave della conoscenza. Ma essa non si arresta al
riuscito assemblaggio delle differenti facoltà di questi yoga specifici. In
due direzioni essa amplia attraverso la sua azione sintetica l’ambito del
metodo yogico.

Dapprima, pone fermamente le proprie mani su molte delle cause principali
dell’azione, del desiderio e delle qualità umane e le assoggetta a una
disciplina intensiva con il dominio spirituale dei propri impulsi come primo
scopo e la loro elevazione a un livello spirituale più prossimo al divino
come realizzazione finale.
Ancora, essa include tra gli obiettivi del suo yoga non soltanto la
liberazione, che è la preoccupazione onnidominante dei sistemi specifici, ma
una gioia cosmica del potere dello spirito, che gli altri metodi possono
accettare strada facendo incidentalmente, in parte o casualmente, ma che
evitano di considerare come movente o come scopo. Si tratta di un sistema
più audace e più vasto.

Nel metodo di sintesi che siamo andati seguendo, è stata perseguita
un’altra idea di principio che deriva da un differente punto di vista circa
le possibilità dello yoga.
Questa parte dal metodo del Vedanta per giungere agli obiettivi del Tantra.
Nel metodo tantrico la Shakti è ciò che più importa, divenendo la chiave per
la scoperta dello spirito; in questo metodo di sintesi l’anima è ciò che più
importa, divenendo il segreto per il procedere della Shakti. Il metodo
tantrico parte dal fondo e compie gradualmente la propria ascesa verso
l’alto sino alla vetta; perciò il suo accento iniziale è sull’azione della
Shakti risvegliata nel sistema nervoso del corpo e nei suoi centri;
l’aprirsi dei sei loti è l’aprirsi dell’estensione del potere dello spirito.

La nostra sintesi considera l’uomo come spirito in una mente molto più che
come spirito in un corpo e presume in lui la capacità di iniziare da quel
livello, di spiritualizzare il proprio essere attraverso il potere
dell’anima sulla mente aprendosi direttamente a una più alta forza di
esistenza spirituale e di perfezionare attraverso questa forza superiore
così posseduta e attivata l’intera sua natura. Per questa ragione il nostro
accento iniziale è caduto sull’utilizzo dei poteri dell’anima nella mente e
sul ruotare della triplice chiave della conoscenza, delle opere e dell’amore
nelle serrature dello spirito; si può fare a meno dei metodi hathayogici,
sebbene non ci siano obiezioni al loro uso parziale; quelli rajayogici
verranno inclusi solo come elemento informale.

Giungere per la via più breve al più ampio sviluppo del potere e
dell’essere spirituale e divinizzare attraverso di esso un natura liberata
nell’intera sfera del vivere umano è il movente che ci ispira.
Lo scopo iniziale comune a ogni yoga è emendare l’anima dell’uomo dalla sua
attuale ignoranza e limitazione, liberarla nell’essere spirituale, unirla al
supremo sé e al Divino. Ma generalmente ciò diviene non solo l’obiettivo
iniziale, ma quello complessivo e finale: la gioia dell’esistenza spirituale
esiste, ma o nella dissoluzione dell’uomo e dell’individuale nel silenzio
dell’autoesistenza o su un piano più alto in un’altra esistenza.

Il sistema tantrico fa della liberazione lo scopo finale, ma non il solo;
ricerca sul suo cammino una piena perfezione e gioia per il potere, la luce
e la beatitudine spirituali nell’esistenza umana, e possiede anche una
visione dell’esperienza suprema nella quale la liberazione, l’agire cosmico
e la beatitudine sono unificate in un annullamento finale di tutti gli
opposti e le dissonanze. Questa è la più ampia visione delle nostre
potenzialità spirituali dalla quale anche noi partiamo, ma aggiungendo un
accento diverso che genera un significato più completo. Noi consideriamo lo
spirito nell’uomo non solamente come un essere individuale in cammino verso
una trascendente unità con il Divino, ma come un essere universale capace di
identità con il Divino in tutte le anime e in tutta la natura e portiamo
questa più vasta concezione sino alle sue estreme conseguenze.

La liberazione individuale dell’anima dell’uomo e la gioia dell’identità
con il Divino in un essere, in una coscienza e in una beatitudine
spirituali, devono sempre costituire il primo obiettivo dello yoga; il suo
puro piacere nell’unità cosmica del divino diviene un obiettivo secondo; ma
aldilà di questo ne appare un terzo, la realizzazione del significato
dell’unità divina con tutti gli esseri attraverso la compassione e la
partecipazione agli intenti del divino nell’umanità.
I Rishi vedici non realizzarono mai la supermente sul piano terrestre o
forse nemmeno vi tentarono. Essi cercarono di elevarsi individualmente al
piano supermentale, ma non riuscirono a farlo discendere e a renderlo parte
permanente della coscienza terrestre. Esistono persino versi delle Upanishad
nei quali si allude al fatto che è impossibile varcare le porte del Sole (il
simbolo della supermente) e conservare un corpo terrestre. E’ per questo
fallimento che lo sforzo spirituale dell’India terminò nel Mayavada.

Il nostro yoga è un duplice movimento di ascesa e di discesa; si sale a
livelli di coscienza sempre più alti, ma allo stesso tempo si fa discendere
il loro potere non solo nella mente e nella vita, ma da ultimo anche nel
corpo. E il livello supremo, quello a cui sono rivolti i suoi sforzi, è la
supermente.
Solo quando questa può essere fatta discendere la trasformazione divina
diventa possibile nella coscienza terrestre.
Il Veda e il Vedanta sono un aspetto dell’unica Verità; il Tantra, con la
sua enfasi sulla Shakti, è un altro; in questo yoga si comprendono tutti gli
aspetti della verità, non nelle forme sistematiche che gli sono state
attribuite in precedenza, ma nella loro essenza, e li si conduce al più
perfetto e alto significato. Ma il Vedanta si occupa maggiormente dei
principi e delle concezioni fondamentali della conoscenza divina e perciò
molto del suo sapere e delle sue esperienze spirituali è stato integralmente
riportato nell’Arya.

Il Tantra si occupa maggiormente di forme, processi e poteri strutturati;
tutto ciò non poteva essere assunto semplicemente com’era, perché lo yoga
integrale ha necessità di sviluppare le proprie forme e metodi; ma l’ascesa
della consapevolezza attraverso i centri nervosi e altro della conoscenza
tantrica stanno dietro il processo di trasformazione al quale attribuisco
così tanta importanza, anche la verità che niente può essere realizzato se
non attraverso la forza della Madre.

Il processo della salita della Kundalini risvegliata attraverso i centri
nervosi, come anche la purificazione di questi centri è una conoscenza di
tipo tantrico.
Nel nostro yoga non esiste un processo forzato di purificazione ed apertura
dei centri; né una salita di Kundalini ottenuta attraverso un determinato
processo. Viene usato un altro metodo; esiste tuttavia l’ascesa della
consapevolezza, da ed attraverso i differenti livelli sino a raggiungere la
più alta coscienza situata aldisopra; esiste l’apertura dei centri e dei
piani (mentale, vitale, fisico) che questi centri comandano; esiste inoltre
quel discendere che è la chiave principale della trasformazione spirituale.
Perciò esiste, come ho detto, una conoscenza di tipo tantrico dietro il
processo di trasformazione di questo yoga.

FINE

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