La nuova termodinamica: come la fisica quantistica sta cambiando le regole

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La nuova termodinamica: come la fisica quantistica sta cambiando le regole

04 novembre 2017

Nuovi esperimenti stanno verificando i limiti della termodinamica nel mondo quantistico, dove le
leggi classiche, anche se non possono essere infrante, devono essere modificate per rendere conto
dei fenomeni che si verificano in questo diverso dominio. Da questo nuovo ambito di ricerca, la
termodinamica quantistica, potrebbero emergere risultati in grado di dare nuovo impulso allo
sviluppo tecnologico

di Zeeya Merali/Nature

Un fisico dovrebbe aver perso la ragione per tentare di violare le leggi della termodinamica. Eppure
è possibile modificarle. In un laboratorio all’Università di Oxford, in Gran Bretagna, un gruppo di
fisici quantistici sta cercando di farlo con un piccolo campione di diamante sintetico.

All’inizio, il diamante è appena visibile, posto all’interno di una caotico groviglio di fibre
ottiche e specchi. Ma quando si accende un laser verde, i difetti del diamante sono illuminati e il
cristallo inizia a brillare. In quella luce, i ricercatori hanno trovato le prove preliminari di un
effetto teorizzato solo pochi anni fa: un boost quantistico che amplificherebbe la potenza del
segnale in uscita dal diamante oltre il limite posto dalla termodinamica classica.

Se i risultati fossero confermati, sarebbe una vera manna per la termodinamica quantistica, un campo
di studi relativamente nuovo che mira a scoprire le leggi che regolano i flussi di calore ed energia
su scala atomica.

C’è ragione di sospettare che nel dominio quantistico le leggi della termodinamica, basate sul
comportamento di un gran numero di particelle, siano diverse. Negli ultimi cinque anni, intorno a
questa idea è cresciuta una comunità quanto-termodinamica. Quello che una volta era il dominio di
una manciata di teorici, ora include alcune centinaia di fisici teorici e sperimentali in tutto il
mondo. “Questo ambito sta progredendo così in fretta che riesco a malapena a stare al passo”, dice
Ronnie Kosloff, della Hebrew University di Gerusalemme, un pioniere di questi studi.

Alcuni dei fisici che si occupano termodinamica quantistica sperano di scoprire un comportamento al
di fuori dell’ambito della termodinamica convenzionale che possa essere applicato a scopi pratici,
tra cui il miglioramento delle tecniche di refrigerazione usate nei laboratori, la realizzazione di
batterie con prestazioni migliorate e il raffinamento della tecnologia per il calcolo quantistico.

Ma questo campo di studi è ancora agli inizi. Esperimenti come quello di Oxford hanno appena
cominciato a mettere alla prova le previsioni teoriche. E i fisici che non ne fanno parte stanno
osservando attentamente tali prove per capire se mostrano la possibilità di applicazioni utili
previste dai teorici. “La termodinamica quantistica è evidentemente un tema ‘caldo’, se mi perdonate
il gioco di parole”, afferma Ronald Walsworth, dell’Università di Harvard, che è specializzato nello
sviluppo di strumenti di precisione a scala atomica. “Ma per chi guarda dall’esterno, la domanda è
se può davvero dare un impulso allo sviluppo delle tecnologie”.

Infrangere la legge

Le leggi della termodinamica classica sono state sviluppate nel XIX secolo. Sono il frutto dello
sforzo di comprendere i motori a vapore e altri sistemi macroscopici. In natura, le quantità
termodinamiche come temperatura e calore sono statistiche e sono definite in riferimento al
movimento medio di grandi insiemi di particelle. Ma negli anni ottanta, Kosloff iniziò a chiedersi
se questo modello avesse ancora senso per sistemi molto più piccoli. All’epoca, non era una linea di
ricerca popolare, spiega, perché le domande che poneva erano in gran parte astratte, con poche
speranze di una connessione con gli esperimenti. “Il campo si è sviluppato molto lentamente”, dice.
“Sono rimasto da solo per anni”.

Le cose cambiarono drasticamente circa un decennio fa, quando le questioni sui limiti della
miniaturizzazione tecnologica diventarono più pressanti e le tecniche sperimentali progredirono. Si
fece una quantità enorme di tentativi di calcolare in che modo si potessero combinare la teoria
termodinamica e la teoria quantistica. Ma le proposte che emersero crearono più confusione che
chiarezza, dice Kosloff.

Alcuni sostenevano che i dispositivi quantistici avrebbero potuto violare impunemente i vincoli
termodinamici classici e agire così come macchine a moto perpetuo, in grado di compiere un lavoro
senza bisogno di alcun input energetico. Altri, suggerendo che le leggi della termodinamica
dovessero valere senza modifiche a scale molto piccole, erano altrettanto perplessi. “In un certo
senso, puoi usare le stesse equazioni per analizzare le prestazioni di un motore a singolo atomo e
del motore della tua auto”, dice Kosloff. “Ma anche questo è sorprendente: sicuramente quando si va
sempre più nel mondo microscopico si arriva a un limite quantistico”. Nella termodinamica classica,
una singola particella non ha una temperatura. Così via via che il sistema che produce lavoro e il
suo ambiente si avvicinano a quel limite, diventa sempre più assurdo immaginare che vengano
rispettate le leggi termodinamiche standard, afferma Tobias Schaetz, fisico quantistico
dell’Università di Friburgo.

Inizialmente, la preponderanza di affermazioni e previsioni teoriche in conflitto ha minato la
credibilità di questo ambito di ricerca. “Sono stato molto critico sul settore, perché c’è tanta
teoria e non abbastanza esperimenti”, dice Peter Hänggi, fisico quantistico dell’Università tedesca
di Augsburg. Ma la comunità sta iniziando a concentrarsi sulle domande fondamentali, nel tentativo
di aprirsi un varco nel caos. Un obiettivo è stato quello di utilizzare gli esperimenti per scoprire
il punto in cui le leggi classiche della termodinamica non prevedono più perfettamente il
comportamento termico dei sistemi quantistici.

Gli esperimenti stanno cominciando a individuare il confine tra mondo classico e mondo quantistico.
Lo scorso anno, per esempio, Schaetz e i suoi colleghi hanno dimostrato che, in determinate
condizioni, stringhe di cinque o meno ioni di magnesio in un cristallo non superano quel limite, ma
rimangono in equilibrio termico con il loro ambiente, così come fanno i sistemi più grandi.

Nel loro test, ogni ione era inizialmente in uno stato ad alta energia e il suo spin oscillava tra
due stati corrispondenti alla direzione del suo magnetismo: “su” e “giù”. La termodinamica standard
prevede che tali oscillazioni di spin dovrebbero diminuire quando gli ioni si raffreddano
interagendo con gli altri atomi nel cristallo attorno a loro, proprio come il caffè caldo si
raffredda quando le sue molecole si scontrano con le molecole dell’aria circostante più fredda.

Tali collisioni trasferiscono energia dalle molecole di caffè alle molecole d’aria. Un meccanismo di
raffreddamento simile entra in gioco nel cristallo, dove le vibrazioni quantizzate del reticolo,
chiamate fononi, estraggono calore dagli spin oscillanti. Schaetz e i suoi colleghi hanno scoperto
che i loro piccoli sistemi a ioni smettevano di oscillare, il che indicava che si erano raffreddati.
Ma dopo alcuni millisecondi, gli ioni hanno ricominciato a oscillare vigorosamente. Questa ripresa
di attività ha un’origine quantistica, dice Schaetz. Piuttosto che dissiparsi completamente, i
fononi rimbalzavano sui bordi del cristallo e tornavano indietro, in fase, verso i loro ioni di
origine, ripristinando le oscillazioni di spin originali.

Schaetz dice che il suo esperimento è un segnale per gli ingegneri che stanno tentando di ridurre le
dimensioni dell’elettronica attuale. “Puoi avere un cavo che ha un diametro di soli 10 o 15 atomi e
pensare che abbia estratto calore dal chip, ma poi improvvisamente si verifica questo fenomeno
quantistico”, spiega Schaetz. “È molto inquietante”.

I fononi di rimbalzo potrebbero creare problemi in alcune applicazioni, ma altri fenomeni
quantistici potrebbero rivelarsi utili. Gli sforzi per identificare tali fenomeni erano stati
bloccati dalla difficoltà di definire grandezze fondamentali, come il calore e la temperatura, nei
sistemi quantistici. Ma la soluzione di un famoso esperimento mentale, elaborato 150 anni fa dal
fisico scozzese James Clerk Maxwell, ha fornito un indizio su che direzione prendere, definendo un
interessante legame tra informazione ed energia.

Maxwell immaginò un’entità in grado di scegliere tra molecole lente e molecole veloci, creando una
differenza di temperatura tra due camere semplicemente aprendo e chiudendo una porta tra di esse.
Questo “diavoletto”, come è stato chiamato, genera quindi una camera calda e una camera fredda che
possono essere sfruttate per produrre energia utile. Il problema è che, scegliendo le particelle in
questo modo, il diavoletto riduce l’entropia del sistema, una misura del disordine delle
disposizioni delle particelle, senza aver fatto alcun lavoro sulle particelle stesse. Questo sembra
violare la seconda legge della termodinamica.

Ma i fisici finalmente hanno capito che il diavoletto avrebbe pagato un “prezzo termodinamico” per
elaborare le informazioni sulle velocità delle molecole. Avrebbe dovuto memorizzare, cancellare e
rimemorizzare quelle informazioni nel suo cervello. Quel processo consuma energia e crea un aumento
complessivo dell’entropia. Una volta si pensava che l’informazione fosse immateriale, “ma il
diavoletto di Maxwell dimostra che essa può avere conseguenze fisiche oggettive”, afferma il fisico
quantistico Arnau Riera, dell’Istituto di Scienze Fotoniche di Barcellona.

Trovare il limite

Ispirandosi all’idea che l’informazione sia una quantità fisica e che sia strettamente legata alla
termodinamica, i ricercatori hanno tentato di ricostruire le leggi della termodinamica in modo che
lavorino nel regime quantistico.

Le macchine a moto perpetuo possono essere impossibili. Ma inizialmente si sperava che i limiti
prescritti dalla termodinamica quantistica potessero essere meno stringenti di quelli che valgono
nel dominio classico. “Questo è stato il filo di pensiero che abbiamo mutuato dal calcolo
quantistico: gli effetti quantistici consentono di superare i limiti classici”, afferma Raam Uzdin,
fisico quantistico del Technion–Israel Institute of Technology di Haifa.

Purtroppo non è così, dice Uzdin. Analisi recenti indicano che le versioni quantistiche della
seconda legge, che governa l’efficienza, e della terza legge, che vieta ai sistemi di raggiungere lo
zero assoluto di temperatura, mantengono vincoli simili, e in alcuni casi più stringenti, delle loro
controparti classiche.

Alcune differenze sono dovute al fatto che la quantità termodinamica macroscopica “energia libera”,
cioè l’energia che un sistema ha a disposizione per funzionare, non ha una sola controparte alle
microscale, ma ne ha molte, dice Jonathan Oppenheim, fisico quantistico dello University College di
Londra.

Classicamente, l’energia libera viene calcolata postulando che tutti gli stati del sistema,
determinati dalla disposizione delle particelle in corrispondenza di una certa energia, siano
altrettanto probabili. Ma questa ipotesi non vale alle piccole scale, dice Oppenheim; alcuni stati
potrebbero essere molto più probabili di altri. Per tenere conto di ciò, è necessario definire
ulteriori energie libere per descrivere in modo accurato il sistema e la sua evoluzione. Oppenheim e
i suoi colleghi ipotizzano che esistano diverse versioni della seconda legge per ogni tipo di
energia libera e che i dispositivi quantistici debbano obbedire a tutte. “Dal momento che la seconda
legge ti dice che cosa non è consentito fare, in qualche modo, sembra che avere più leggi alle
microscale sia peggio”, dice Oppenheim.

Gran parte del lavoro per calcolare le leggi equivalenti della seconda e della terza legge rimane,
per ora, teorico. Ma i proponenti sostengono che possa aiutare a capire in che modo i limiti
termodinamici siano fisicamente applicati alle piccole scale. Per esempio, un’analisi teorica
condotta da una coppia di fisici quantistici argentini ha mostrato che quando un frigorifero
quantistico si avvicina allo zero assoluto, nelle vicinanze del dispositivo appaiono spontaneamente
dei fotoni. “Ciò scarica energia nell’ambiente circostante, provocando un effetto di riscaldamento
che contrasta il raffreddamento e impedisce di raggiungere lo zero assoluto”, spiega Nahuel Freitas
della Ciudad University di Buenos Aires, membro del gruppo.

La teoria ha anche rivelato un potenziale spazio di manovra. Con un’analisi teorica che esaminava il
flusso di informazioni tra camere calde e fredde o “bagni” di particelle, un gruppo di Barcellona,
che includeva Riera e il fisico quantistico Manabendra Nath Bera, ha scoperto uno strano scenario,
in cui il bagno caldo sembrava diventare spontaneamente ancora più caldo, e il bagno freddo ancora
più freddo.

“In un primo momento è sembrata una follia, come se si potesse violare la termodinamica”, dice Bera.
Ma i ricercatori hanno capito presto di aver trascurato l’entanglement quantistico: le particelle
nei bagni possono diventare entangled. In teoria, produrre e rompere queste correlazioni offre un
modo per immagazzinare e rilasciare energia. Una volta che questa risorsa quantistica è stata tenuta
in conto, le leggi della termodinamica hanno ripreso a valere.

Alcuni gruppi indipendenti hanno proposto di usare questo entanglement per immagazzinare energia in
una “batteria quantistica” e un gruppo dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova sta tentando
di confermare le previsioni del gruppo di Barcellona con batterie costituite da bit quantistici, o
“qubit”, superconduttori. In linea di principio, tali batterie quantistiche potrebbero caricarsi in
modo molto più veloce dei loro corrispettivi classici. “Non sarai in grado di estrarre e conservare
più energia di quanto consentito dal limite classico”, dice Riera. “Ma potresti essere in grado di
accelerare le cose”.

Alcuni ricercatori stanno cercando modi più semplici per manipolare qubit per le applicazioni di
calcolo quantistico. Il fisico quantistico Nayeli Azucena Rodríguez Briones dell’Università di
Waterloo, in Canada, e i suoi colleghi hanno definito un’operazione che potrebbe migliorare il
raffreddamento necessario per le operazioni di calcolo quantistico manipolando coppie di livelli di
energia dei qubit. Attualmente hanno in programma di verificare questa idea in laboratorio usando
qubit superconduttori.

Una piccola scintilla

L’idea che gli effetti quantistici possano essere sfruttati per migliorare le prestazioni
termodinamiche ha ispirato anche l’esperimento col diamante in corso a Oxford, che è stato proposto
per la prima volta da Kosloff, Uzdin e Amikam Levy della Hebrew University.

I difetti creati dagli atomi di azoto diffusi attraverso il diamante possono servire come motore,
una macchina che esegue un’operazione dopo essere stata messa a contatto con un primo serbatoio
caldo (in questo caso un laser) e poi con uno freddo. Ma Kosloff e colleghi si aspettano che un tale
motore possa operare anche in una modalità avanzata, sfruttando un effetto quantistico che consente
ad alcuni degli elettroni di esistere in due stati di energia contemporaneamente. Mantenere queste
sovrapposizioni pulsando la luce laser invece di usare un fascio continuo dovrebbe consentire al
cristallo di emettere fotoni a microonde più rapidamente di quanto non avverrebbe in altro modo (si
veda l’infografica di “Nature”).

La scorsa settimana, il gruppo di Oxford ha pubblicato un’analisi preliminare che dimostra il
previsto boost quantistico. L’articolo è ancora in fase di revisione, ma se il lavoro dovesse
reggere “sarebbe un progresso notevole”, dice Janet Anders, un fisico quantistico dell’Università di
Exeter, nel Regno Unito. Ma, aggiunge, non è ancora chiaro esattamente cosa rende possibile questo
effetto. “Sembra che sia un combustibile magico: non agisce tanto aggiungendo energia, ma
consentendo al motore di estrarre energia più velocemente”, dice Anders. “I fisici teorici dovranno
esaminarlo per capire come funziona”.

Concentrarsi sugli esperimenti è un passo importante nella giusta direzione per rivitalizzare il
settore, dice Hänggi. Ma secondo lui gli esperimenti non sono ancora abbastanza audaci da fornire
risultati veramente innovativi. C’è anche il problema che i sistemi quantistici possono essere
irrimediabilmente disturbati dalla misurazione e dall’interazione con l’ambiente. Di rado però
questi effetti sono considerati a sufficienza nelle proposte teoriche di nuovi esperimenti, afferma.
“E’ difficile da calcolare ed è molto più difficile da implementare in un esperimento”, dice.

Anche Ian Walmsley, capo del laboratorio di Oxford dove è stato condotto l’esperimento con i
diamanti, è cauto sul futuro del settore. Anche se lui e altri sperimentatori sono stati attirati
dalla ricerca sulla termodinamica quantistica negli ultimi anni, afferma che il loro interesse è
stato in gran parte “opportunistico”. Hanno scoperto la possibilità di condurre esperimenti
relativamente rapidi e facili sfruttando gli apparati già pronti per altri usi; per esempio,
l’apparato per il difetto del diamante era già ampiamente studiato per applicazioni di calcolo
quantico e di sensori. Oggi, la termodinamica quantistica sta facendo scintille, dice Walmsley. “Ma
dovremo attendere per capire se continuerà così o se sarà un fuoco di paglia”.

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su Nature il 1° novembre 2017. Traduzione ed
editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

www.nature.com/news/the-new-thermodynamics-how-quantum-physics-is-bending-the-rules-1.22937

www.lescienze.it/news/2016/04/16/news/motore_termico_singolo_atomo-3053517/

www.lescienze.it/news/2015/02/12/news/seconda_legge_termodinamica_mondo_microscopico-2482348/

www.lescienze.it/news/2013/07/15/news/quadridot_punti_quantici_frigofero_quantistico-1740337/

www.nature.com/polopoly_fs/7.47466.1509537713!/image/quantum-thermo-graphic.jpg_gen/derivativ
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