“Tutto è uno – L’ipotesi della scienza olografica” – 2

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“Tutto è uno – L’ipotesi della scienza olografica” – 2

estratti dal libro “Tutto è uno – L’ipotesi della scienza olografica”

di Michael Talbot

Pagina 39

CAPITOLO 2

IL COSMO COME OLOGRAMMA

[…]

È un fascino facile da comprendere. Il nuovo strano terreno che i fisici avevano trovato nascosto
nel cuore dell’atomo conteneva cose più meravigliose di tutto quanto Cortés o Marco Polo avessero
mai incontrato. Ciò che rese questo mondo tanto interessante era che ogni cosa a suo riguardo
sembrava essere così divergente dal senso comune. Appariva più come un territorio governato dal
sortilegio piuttosto che un’estensione del mondo naturale, un reame come quello di Alice nel Paese
delle Meraviglie in cui forze disorientanti erano la norma e la logica era stata capovolta.

Una scoperta sensazionale fatta dai fisici quantistici era che, rompendo la materia in porzioni
sempre più piccole, si giunge infine a un punto in cui quelle porzioni – elettroni, protoni e così
via – non posseggono più le caratteristiche degli oggetti. Ad esempio, la maggior parte di noi tende
a pensare a un elettrone come a una minuscola sfera o un pallino di piombo che si muove velocemente,
ma nulla potrebbe essere più distante dalla verità. Nonostante un elettrone possa a volte
comportarsi come fosse una piccola particella compatta, i fisici hanno trovato che non possiede
letteralmente alcuna dimensione. Questo è difficile da immaginare per la maggior parte di noi,
poiché ogni cosa al nostro livello di esistenza possiede dimensione. Eppure, se provate a misurare
l’ampiezza di un elettrone, scoprirete che è un compito impossibile. Un elettrone, semplicemente,
non è un oggetto secondo la nostra definizione.

Un’altra scoperta fatta dai fisici è che un elettrone può manifestarsi sia come una particella che
come un’onda. Se sparate un elettrone contro lo schermo di un televisore spento, quando esso
colpisce le sostanze chimiche fosforescenti che rivestono lo schermo, apparirà un minuscolo punto
luminoso. Il singolo punto di impatto lasciato sullo schermo dall’elettrone rivela chiaramente la
sua natura simile a quella di una particella.

Ma questa non è l’unica forma che l’elettrone può assumere. Esso può anche dissolversi in una nube
indistinta di energia e comportarsi come se fosse un’onda che si diffonde nello spazio. Quando un
elettrone si manifesta come un’onda, è in grado di compiere cose impossibili per qualsiasi
particella. Se viene scagliato su una barriera nella quale sono stati fatti due tagli, può
attraversarli entrambi simultaneamente. Quando elettroni simili a onde si scontrano l’uno con
l’altro, creano perfino configurazioni di interferenza. L’elettrone, come essere capace di mutare
forma nato dal folclore, può manifestarsi sia come particella che come onda.

Questa capacità camaleontica è comune a tutte le particelle subatomiche. È anche comune a tutto ciò
che una volta si pensava manifestarsi esclusivamente come onde. La luce, i raggi gamma, le onde
radio, i raggi X – possono tutti mutare da onde a particelle e viceversa. Oggi i fisici credono che
i fenomeni subatomici non dovrebbero essere classificati unicamente come onde o particelle, ma come
una singola categoria di cose che sono, in qualche modo, sempre entrambi. Questi qualcosa sono
chiamati quanta, e i fisici ritengono che siano la sostanza di base della quale l’intero universo è
costituito.

Forse, la cosa più stupefacente fra tutte è che esistono prove schiaccianti del fatto che l’unico
momento in cui i quanta si manifestano come particelle è quando li guardiamo. Ad esempio, scoperte
fatte per mezzo di esperimenti suggeriscono che quando non lo si sta guardando, un elettrone sia
sempre un’onda. I fisici sono in grado di trarre questa conclusione poiché hanno escogitato
ingegnose strategie per dedurre il comportamento di un elettrone quando non è osservato (bisogna
notare che questa è soltanto un’interpretazione delle prove e non è la conclusione di tutti i
fisici; come vedremo, Bohm stesso dà un’interpretazione differente).

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Appena Bohm iniziò a riflettere sull’ologramma, vide che anch’ esso forniva un nuovo modo di
comprendere l’ordine. Come la goccia d’inchiostro nel suo stato di dispersione, anche gli schemi
d’interferenza registrati su una porzione di pellicola olografica sembravano disordinati a occhio
nudo. Entrambi possiedono ordini che sono nascosti o celati in modo molto simile a quello in cui un
ordine in un plasma è celato nel comportamento apparentemente casuale di ciascuno dei suoi
elettroni. Ma questa non era l’unica intuizione fornita dall’ologramma.
Più Bohm ci pensava, più si convinceva che l’universo effettivamente impiegava princìpi olografici
nelle sue operazioni, era esso stesso una sorta di gigantesco ologramma fluttuante, e questa
comprensione gli permise di cristallizzare tutte le sue varie intuizioni in un insieme illimitato e
coesivo. Pubblicò i primi saggi sulla sua visione olografica dell’universo nei primi anni Settanta,
e nel 1980 presentò un completo distillato dei suoi pensieri in un libro intitolato Wholeness and
the Implicate arder. In esso fece più che semplicemente raccogliere la sua miriade di idee. Egli le
trasformò in un nuovo modo di guardare la realtà che era mozzafiato quanto radicale.

Ordini celati e realtà svelate

Una delle asserzioni più sensazionali di Bohm è che la realtà tangibile della nostra vita quotidiana
è in effetti una sorta di illusione, come un’immagine olografica. Sotto di essa vi è un ordine di
esistenza più profondo, un livello di realtà vasto e più fondamentale, che dà origine a tutti gli
oggetti e le apparenze del nostro mondo fisico, in modo molto simile a quello in cui una porzione di
pellicola olografica dà origine a un ologramma. Bohm definisce questo livello di realtà più profondo
ordine implicito (che significa «celato»), e si riferisce al nostro livello di esistenza come
all’ordine esplicito o svelato.

Egli usa questi termini poiché vede la manifestazione di tutte le forme nell’universo come il
risultato di un infinito celarsi e svelarsi fra questi due ordini. Ad esempio, Bohm ritiene che un
elettrone non sia una cosa, bensì una totalità o un insieme celato attraverso l’intero spazio.
Quando uno strumento percepisce la presenza di un singolo elettrone, è semplicemente perché un
aspetto dell’insieme dell’elettrone si è rivelato, simile al modo in cui una goccia d’inchiostro si
distingue dalla glicerina, in quella particolare collocazione. Quando un elettrone sembra muoversi,
ciò è dovuto a una serie continua di questo celarsi e svelarsi.

In altre parole, gli elettroni e tutte le altre particelle non sono più sostanziali o permanenti
della forma che un geyser d’acqua prende sgorgando da una fontana. Essi sono sostenuti da un
influsso costante proveniente dall’ordine implicito e quando una particella sembra essere distrutta,
non è perduta. È stata solo celata nuovamente nell’ordine più profondo dal quale era derivata. Una
porzione di pellicola olografica e l’immagine da essa generata sono anch’essi un esempio di ordine
implicito ed esplicito. La pellicola è un ordine implicito, poiché l’immagine codificata nei suoi
schemi di interferenza è una totalità nascosta, celata attraverso tutto l’insieme. L’ologramma
proiettato dalla pellicola è un ordine esplicito, poiché rappresenta la versione svelata e
percettibile dell’immagine.

Lo scambio costante e scorrevole fra i due ordini spiega in che modo le particelle, come l’elettrone
nell’atomo di positronio, possano mutare forma da un tipo di molecola a un altro. Simili mutamenti
possono essere osservati quando una particella, diciamo un elettrone, si cela nuovamente nell’ordine
implicito, mentre un altro, un fotone, si svela e prende il suo posto. Esso spiega anche come un
quanto possa manifestarsi sia come particella che come onda. Secondo Bohm, entrambi gli aspetti sono
sempre celati nell’insieme di un quanto, ma il modo in cui un osservatore interagisce con l’insieme
determina quale aspetto si riveli e quale resti nascosto. Come tale, il ruolo giocato da un
osservatore nel determinare la forma presa da un quanto può essere non più misterioso di come il
modo in cui un gioielliere manipola una gemma determini quali delle sue sfaccettature diverranno
visibili e quali no. Poiché il termine ologramma si riferisce solitamente a un’immagine statica che
non trasmette la dinamica e la natura sempre attiva dell’incalcolabile celarsi e svelarsi che
momento per momento crea il nostro universo, Bohm preferisce descrivere l’universo non come un
ologramma bensì come un «olomovimento».

L’esistenza di un ordine più profondo e organizzato olograficamente spiega inoltre perché la realtà
diventi nonlocale al livello subquantistico. Come si è visto, quando qualcosa è organizzato
olograficamente, ogni parvenza di localizzazione crolla. Dire che ogni parte di una porzione di
pellicola olografica contiene la totalità dell’informazione posseduta dall’intero è in effetti
soltanto un altro modo di dire che l’informazione è distribuita non localmente. Quindi, se
l’universo è organizzato secondo princìpi olografici, ci si aspetterebbe che anch’esso possegga
proprietà nonlocali.

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Analogamente, egli crede che dividere l’universo in cose viventi e non viventi sia altrettanto privo
di significato. La materia animata e quella inanimata sono inseparabilmente intrecciate, ed anche la
vita è celata in ogni parte dell’intero universo. Perfino una roccia è viva in qualche modo, dice
Bohm, poiché la vita e l’intelligenza sono presenti non solo in tutta la materia, ma nell’«energia»,
nello «spazio», nel «tempo», nella «struttura dell’intero universo» e anche in tutto ciò che
sottraiamo all’olomovimento e consideriamo erroneamente come cosa separata.
L’idea che la coscienza e la vita (e invero tutte le cose) siano insiemi celati in ogni parte
dell’universo ha un rovescio ugualmente strabiliante. Proprio come ciascuna porzione di un ologramma
contiene l’immagine dell’intero, ogni porzione dell’universo cela l’intero. Questo significa che, se
sapessimo come accedervi, potremmo trovare la galassia di Andromeda nell’unghia del pollice della
nostra mano sinistra. Potremmo anche trovarvi il primo incontro di Cesare e Cleopatra, perché in
linea di massima l’intero passato e le implicazioni per l’intero futuro sono anch’esse celate in
ciascuna piccola parte di spazio e tempo. Ogni cellula nel nostro corpo cela l’intero cosmo. Così
come ogni foglia, ogni goccia di pioggia e ogni granellino di polvere; il che porta un nuovo
significato alla famosa poesia di William Blake:

Vedere un mondo in un granello di sabbia
E un paradiso in un fiore selvatico,
Tenere l’infinito nel palmo della tua mano
E l’eternità in un’ora.

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Le scoperte di Aspect non provano che il modello dell’universo di Bohm sia corretto, ma gli
forniscono un sostegno eccezionale. In realtà, come citato, Bohm non crede che nessuna teoria sia
vera in senso assoluto, inclusa la sua. Sono tutte soltanto approssimazioni alla verità, mappe
limitate che usiamo per fare il diagramma di un territorio che è sia infinito che indivisibile. Ciò
non significa che egli ritenga la sua teoria non verificabile. Egli confida che in futuro verranno
sviluppate tecniche che permetteranno di verificare le sue idee (quando Bohm viene criticato su
questo argomento fa notare che vi sono varie teorie nella fisica, come la «teoria superstring», che
non saranno probabilmente verificabili per parecchi decenni).

La reazione della comunità dei fisici

La maggior parte dei fisici è scettica riguardo alle idee di Bohm. Ad esempio, Lee Smolin, fisico
presso Yale, non considera la teoria di Bohm «molto convincente in senso fisico». Ciò nonostante
l’intelligenza di Bohm è rispettata quasi universalmente. L’opinione di Abner Shimony, fisico presso
la Boston University, è un tipico esempio di questo punto di vista: «temo proprio di non comprendere
questa teoria. È certamente una metafora e la questione è quanto letteralmente interpretare la
metafora. Tuttavia, egli ha preso in seria considerazione il soggetto e ritengo che abbia offerto un
grande servizio portando queste questioni in primo piano nella ricerca fisica, anziché nasconderle.
È stato un uomo coraggioso, audace e pieno di immaginazione».

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Incanalare i poteri del cervello olografìco

Nel corso di questo capitolo, due messaggi appaiono forti e chiari. Secondo il modello olografico,
la mente/corpo non è fondamentalmente in grado di distinguere la differenza fra gli ologrammi
neurali che il cervello usa per sperimentare la realtà e quelli che evoca quando immagina la realtà.
Entrambi hanno uno straordinario effetto sull’organismo umano, un effetto talmente potente da
modulare il sistema immunitario, duplicare e/o annientare gli effetti di potenti droghe, guarire
ferite con incredibile rapidità, sciogliere tumori, interferire nel nostro programma genetico e
rifoggiare il nostro corpo in modi che quasi sfidano ogni credibilità. Questo è allora il primo
messaggio: ciascuno di noi possiede la capacità, almeno a un certo livello, di influenzare la
propria salute e controllare la propria forma fisica in maniera del tutto strabiliante. Siamo tutti
potenziali taumaturghi, yogi latenti, ed è chiaro dalle prove presentate nelle pagine precedenti che
ci converrebbe, sia come individui che come specie, devolvere uno sforzo maggiore nell’esplorare e
incanalare questi talenti.

Il secondo messaggio è che gli elementi che sono impegnati a formare questi ologrammi neurali sono
molti e sottili. Essi includono le immagini sulle quali meditiamo, le nostre speranze e le nostre
paure, le attitudini dei nostri medici, i nostri pregiudizi inconsci, le nostre credenze individuali
e culturali e la nostra fede sia nelle cose spirituali che in quelle tecnologiche. Più che semplici
fatti, questi sono indizi importanti, indicatori che puntano verso le cose delle quali dobbiamo
diventare consapevoli e sulle quali dobbiamo acquisire padronanza, se vogliamo imparare a liberare e
manipolare questi talenti. Esistono, senza dubbio, altri fattori coinvolti, altre influenze che
foggiano e circoscrivono queste capacità, poiché una cosa dovrebbe essere ovvia a questo punto: in
un universo olografico – un universo nel quale un leggero cambiamento di attitudine può stabilire la
differenza fra la vita e la morte, nel quale le cose sono così sottilmente interconnesse che un
sogno può provocare l’inspiegabile apparizione di uno scarabeo, e i fattori responsabili di una
malattia possono anche imprimere una certa configurazione nelle linee e nelle spirali della mano –
abbiamo ragione di sospettare che ciascun effetto abbia molteplici cause. Ciascun collegamento è un
punto di partenza di un’altra dozzina di essi, poiché, nelle parole di Walt Whitman, «una vasta
similitudine congiunge tutto».

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