Reincarnazione e rinascita 1

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Reincarnazione e rinascita 1

di Sri Aurobindo (parte prima)

1. La rinascita ( Rebirth, Arya, Novembre 1915 )
2. La reincarnazione dell’anima (The Reincarnating Soul, Arya, Dicembre
1915)

(traduzione di M. Furru e G. Elia)

(Altri capitoli sull’argomento sono stati pubblicati sulla rivista Arya alcuni
anni più tardi, nel 1919 e nel 1920–21. I due articoli sono ora contenuti in
The Supramental Manifestation and Other Writings, vol. XVI dell’Edizione
del Centenario (pubblicata dal Sri Aurobindo Ashram di Pondicherry)

– La rinascita –

La teoria della rinascita è antica quasi quanto il pensiero stesso, e la sua
origine è sconosciuta. Noi possiamo, a seconda delle nostre convinzioni
pregresse, accettarla come frutto di una antica esperienza psicologica sempre
rinnovabile e verificabile, e quindi vera, oppure non liquidarla come dogma
filosofico e teoria ingegnosa, ma in entrambi i casi la dottrina,
anche se è, con
tutta evidenza, tanto antica quanto il pensiero umano stesso, è suscettibile di
resistere fino a quando l’essere umano continuerà a pensare.

Anticamente la dottrina era conosciuta in Europa con il grottesco nome di
trasmigrazione, che la associava nella mente occidentale con l’immagine
comica dell’anima di Pitagora che migrava, come uno strano uccello di passo
dalla umana forma divina nel corpo di un porcellino d’India o di un asino.

L’apprezzamento filosofico della teoria si espresse nell’ammirevole ma
difficilmente padroneggiabile parola greca metempsicosis, che indica il
reincarnarsi in un nuovo corpo da parte di una medesima individualità
psichica.

La lingua greca riesce a coniugare sempre felicemente pensiero e
parola, e non poteva trovare un’espressione migliore; ma nella forzata
traduzione inglese la parola diventa semplicemente lunga e pedante e senza
serbare niente del suo sottile significato in greco, per cui deve essere
abbandonata. “Reincarnazione” è adesso il termine comunemente usato, ma
la parola rende un’idea soltanto grossolana o esteriore del fatto, suscitando
perciò molti interrogativi. Io preferisco rebir”, poiché il termine rende il
senso del termine sanscrito, ampio e oggettivo, e tuttavia adeguato,
punarjanma, “nascere di nuovo”, che ci trasmette soltanto l’idea
fondamentale che è l’essenza e la vita della dottrina.

Rebirth (rinascita) è per la mente moderna niente più che una speculazione
teorica; non è mai stata provata dalla scienza moderna in modo tale da
soddisfare la nuova mente critica, educata alla cultura scientifica. E d’altro
canto non se ne è mai dimostrata la falsità, poiché la scienza moderna non sa
niente di una possibile vita anteriore o posteriore dell’anima umana; in realtà
essa non sa niente dell’anima né nulla può saperne, poiché i suoi confini sono
il corpo, il cervello, i nervi, l’embrione, la sua formazione e il suo
sviluppo. Né
la critica moderna dispone di alcun apparato tramite il quale la verità o la
falsità della rinascita possa essere stabilita. In realtà la critica
moderna, con
tutte le sue pretese di investigazione scrupolosa e di certezze
affidabili, non è
una buona cercatrice della verità.

Al di fuori della sfera di ciò che è
immediatamente fisico essa è praticamente impotente: riesce a scoprire bene i
dati, ma solo laddove i dati stessi abbiano già in se stessi la loro
conclusione;
non può in nessun modo essere sicura delle generalizzazioni che, a partire da
questi dati, afferma con grande certezza nel corso di una generazione, per poi
rinnegarle in quella successiva. Non può in alcun modo provare con certezza
la verità o la falsità di un’asserzione storica incerta, e dopo un secolo di
dispute non è stata neppure capace di dirci se Gesù Cristo sia o no esistito.

Come potrebbe quindi trattare un problema come la rinascita che appartiene
alla psicologia e deve essere trattato secondo l’evidenza psicologica piuttosto
che quella fisica ? Le prove che di solito vengono portate dai sostenitori e
dagli oppositori sono spesso deboli o insignificanti; anche quelle più
plausibili
sono insufficienti a provare o confutare qualunque cosa. Un argomento
spesso sostenuto in modo vincente nella confutazione è che noi non
ricordiamo le nostre vite passate e quindi non ci sono vite passate.

Fa sorridere un tale ragionamento fatto molto seriamente da chi pensa di essere
qualcosa di più di un bambino intellettuale. L’argomentazione procede su
base psicologica e tuttavia ignora la vera natura della nostra memoria
ordinaria o fisica, che è tutto ciò che l’uomo ordinario può adoperare. Quanto
ricordiamo delle nostre vite presenti, quelle che stiamo senza dubbio vivendo
al momento ?

La nostra memoria è di norma buona riguardo agli
avvenimenti a noi vicini, ma diventa più vaga o meno precisa quando
comincia ad allontanarsi dall’attualità; se si va ancora più indietro si
ricordano soltanto alcuni punti salienti, infine – per quanto riguarda l’origine
delle nostre vite – si cade in un vuoto assoluto. Ricordiamo forse anche
semplicemente di esser stati dei bambini sul petto di nostra madre ? E
tuttavia quel momento dell’infanzia era – non soltanto nelle teorie buddiste –
parte della nostra vita e appartiene allo stesso individuo che non riesce a
ricordarlo allo stesso modo in cui non ricorda le vite passate.

Tuttavia noi pretendiamo che questa memoria fisica – la memoria del rozzo
cervello di un uomo che non riesce a ricordare la sua infanzia e ha perduto
così tanto dei suoi primi anni – ricordi ciò che c’era prima dell’infanzia,
prima della nascita, prima che essa stessa si formasse.

E se non ci riesce dobbiamo dire: “la teoria
della reincarnazione si dimostra falsa”. La pretenziosa insipienza del nostro
comune ragionamento umano non potrebbe mostrarsi meglio che in questo
genere di argomentazioni. Ovviamente le nostre vite passate, sia come fatto
che come stato o nei loro eventi ed immagini, possono essere ricordati
soltanto da una memoria psichica il cui risveglio va oltre i limiti del fisico e
risveglia impressioni ben diverse da quelle registrate dai movimenti cerebrali
fisici sull’essere fisico.

Anche se avessimo la prova della memoria fisica delle vite passate o di un tale
risveglio psichico, dubito comunque che la suddetta teoria verrebbe
considerata dimostrata. Oggi noi abbiamo molti di questi esempi sostenuti
con sicurezza, sebbene senza quell’apparato di evidenza verificata e
scrupolosamente presa in esame che dà peso ai risultati della ricerca
scientifica; lo scettico li considererà sempre come mera finzione ed
immaginazione, a meno che non siano confermati da una solida base di
evidenza.

Persino se i fatti sostenuti fossero dimostrati veri, c’è la possibilità
di affermare che non si tratta davvero di ricordi ma di fatti noti alla persona
che li sostiene tramite semplici mezzi fisici o che gli sono stati suggeriti da
altri e vengono contrabbandati per memorie di reincarnazione o ingannando
consapevolmente gli altri o per via di un auto–inganno e auto–allucinazione.

Anche supponendo che l’evidenza fosse troppo forte e non suscettibile di
obiezioni, così da non poter essere sospettata degli inganni suddetti, si
potrebbe non accettarla come prova di reincarnazione, e la mente potrebbe
escogitare un centinaio di spiegazioni teoriche per questi fatti.

Il pensiero e la ricerca moderna hanno introdotto questo dubbio riguardante
tutte le teorie e le generalizzazioni psichiche.

Sappiamo ad esempio che riguardo al fenomeno della scrittura automatica o
della comunicazione da parte dei morti si discute se il fenomeno provenga
dall’esterno, da menti disincarnate o dall’interno, dalla coscienza subliminale;
o se la comunicazione sia reale e provenga direttamente dalla personalità
disincarnata, o sia il risalire in superficie di una impressione telepatica che
proveniva dalla mente della persona allora in vita, ma rimasta nel profondo
della nostra mente subliminale.

Lo stesso genere di dubbio può essere
opposto alle prove della memoria di reincarnazione. Si potrebbe sostenere
che esse dimostrano il potere di una certa misteriosa facoltà in noi, una
coscienza che può avere una conoscenza inesplicabile di eventi passati, ma
che questi eventi potrebbero appartenere a personalità diverse dalla nostra e
che l’attribuzione che ne facciamo alla nostra personalità in vite passate è una
immaginazione, un’allucinazione o un esempio di quell’auto–appropriazione
di cose ed esperienze percepite ma non nostre, che è uno dei fenomeni
comprovati di errore mentale.

Molto potrebbe essere dimostrato
dall’abbondanza di tali prove, ma non per lo scettico e tanto meno a rinascita.
Certamente, se esse fossero sufficientemente ampie, esatte, dettagliate,
precise, creerebbero un’atmosfera che alla fine condurrebbe ad una generale
accettazione della teoria da parte della specie umana come certezza morale.

Ma la prova è una cosa diversa.

Dopotutto la maggior parte delle cose che accettiamo come verità sono in
fondo niente più che certezze morali. Noi abbiamo la ferma convinzione che
la terra ruoti sul suo asse, ma – come è stato sottolineato da un grande
matematico francese – la cosa non è mai stata provata, è soltanto una teoria
che spiega certi fenomeni osservabili, niente di più. Chissà che essa non possa
essere sostituita a breve da una teoria migliore o peggiore ? Tutti i fenomeni
astronomici conosciuti venivano spiegati bene tramite le teorie delle sfere e
non so cos’altro, prima che Galileo venisse fuori con il suo “Eppur si
muove…” disturbando l’infallibilità del papa e della Bibbia, la scienza e la
logica dei dotti. Si può certamente pensare che altre ammirevoli teorie
potrebbero essere inventate per spiegare la gravitazione se la nostra mente
non fosse già pregiudizialmente convinta dalle precedenti teorie di Newton

E’ questo l’atavico limite della nostra ragione, poiché essa parte
dall’ignoranza, dal non sapere, e ha a che fare con infinite possibilità: le
spiegazioni possibili di ogni fenomeno – finché non sappiamo permanete cosa
sta dietro di esso – sono infinite. In definitiva noi conosciamo veramente
soltanto ciò che osserviamo e anche questo è soggetto ad un dubbio
angosciante, per esempio se il verde sia davvero verde e il bianco davvero
bianco, per quanto sembri che il colore non sia colore, ma qualcos’altro che
crea la sua apparenza.

Oltre il fatto osservabile dobbiamo contentarci di una
logica ragionevolmente soddisfacente, probabilità dominante e certezza
morale. Almeno finché non abbiamo il buon senso di osservare che ci sono in
noi facoltà più alte della ragione dipendente dai sensi e che aspettano uno
sviluppo per mezzo del quale possiamo arrivare a certezze più grandi.

Per quanto riguarda la teoria della rinascita, non possiamo realisticamente
sostenere in contrapposizione allo scettico una tale probabilità dominante o
una tale certezza. L’evidenza esterna disponibile è rudimentale. Pitagora fu
uno dei più grandi saggi, ma il suo asserire di aver combattuto a Troia col
nome di Antenoride e di essere stato ucciso dal figlio più giovane di Atreo è
soltanto un’asserzione e il suo riconoscere lo scudo troiano non convincerà
nessuno che non sia già realmente convinto; le prove odierne non sono in
alcun modo convincenti di quella di Pitagora. In assenza di una prova
esteriore, che è la sola definitiva per i nostri intelletti sensitivi
governati dalla
materia, abbiamo l’argomentazione dei reincarnazionisti, i quali sostengono
che la loro teoria spiega tutto meglio di qualunque altra. La pretesa è giusta,
ma non dà alcuna certezza.

La teoria della rinascita, associata con quella del
karma ci dà una semplice, simmetrica, bella spiegazione delle cose; ma anche
la teoria delle sfere ci dava una semplice, simmetrica, bella spiegazione dei
movimenti celesti. Tuttavia abbiamo adesso un’altra spiegazione, molto più
complessa, molto più gotica e incerta nella sua simmetria, un ordine
inesplicabile che si evolve da infiniti caotici, che noi accettiamo
come la verità
delle cose . E tuttavia, se vogliamo soltanto pensare, ci renderemo conto
forse che anche questa non è l’intera verità, c’è dietro molto di più che non
abbiamo ancora scoperto. E quindi la semplicità, la simmetria, la bellezza,
l’adeguatezza della teoria della reincarnazione non è garanzia della sua
certezza.

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