REINCARNARSI 1

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REINCARNARSI 1

della Dott.ssa Elisa Albano

Se l’idea della reincarnazione, fino a ieri apparteneva quasi esclusivamente al mondo e alla
filosofia orientale, oggi sta allargando i suoi orizzonti, grazie anche alle ricerche e alle
scoperte di eminenti studiosi occidentali nel campo della medicina e della psicologia. Primi fra
tutti, gli psichiatri Ian Stevenson e Brian Weiss, e poi, la giornalista e terapeuta Manuela Pompas
e molti altri ancora. Ma prima di entrare nel vivo dell’argomento reincarnazione risulterà utile
spendere qualche parola ancora sugli eventuali percorsi intermedi che l’anima effettua tra
un’esistenza e l’altra.
Nell’articolo precedente avevamo concluso chiedendoci se, dando per scontato la sopravvivenza
dell’anima dopo la morte del corpo fisico, era lecito ipotizzare un’unica esistenza per l’individuo,
oppure un’evoluzione spirituale che necessiti di più vite per il raggiungimento della perfezione.
Sembra abbastanza verosimile ipotizzare che nel momento in cui l’anima abbandona l’involucro fisico,
continui a sopravvivere per un certo periodo, impossibile da stabilire con i comuni parametri umani,
in una dimensione dove gli è possibile continuare a crescere e ad apprendere, elevandosi verso
livelli di spiritualità sempre più alti. E lì dove la coscienza individuale non è ancora in grado di
raggiungere una perfezione tale da permettergli l’interruzione del ciclo delle rinascite, si prepara
per la prossima incarnazione.

Durante questa fase, l’anima tende a purificarsi e a sfrondarsi del forte e inevitabile legame che
aveva instaurato con la realtà contingente della sua ultima esistenza, tuttavia, non perde il
proprio bagaglio esperienziale accumulato nei secoli. Bagaglio che, nella seguente incarnazione,
potrebbe emergere in più circostanze e con modalità diverse.
Ciò risulta tanto più vero e facile per coloro la cui la morte è avvenuta precocemente e/o in modo
violento. Si può ipotizzare per costoro che, la fase intermedia, sia breve e l’anima tenda a
reincarnarsi velocemente per poter completare il cammino bruscamente interrotto, senza avere il
“tempo” di annullare adeguatamente la sua vecchia memoria storica. In questi casi, accade, che
l’anima o la coscienza individuale, anche se ormai, appartenente ad un nuovo corpo, riporti a galla
vissuti, disagi, comportamenti e tendenze della sua vita precedente. Questo si verifica soprattutto
nei primi anni di vita, quando i condizionamenti della nuova realtà contestuale non sono ancora così
forti da influire sulla personalità in formazione. Infatti, è proprio dal mondo dell’infanzia che
proviene il più ricco e credibile materiale sulla reincarnazione.

Uno dei primi studi ampli e documentati in tal senso, è stato quello dello psichiatra Ian Stevenson,
professore presso l’Università della Virginia a Charlottsville. Il suo interesse per soggetti,
soprattutto di tenera età, che ricordano altre vite, dura ormai da più di trent’anni ed ebbe inizio
nel momento in cui, l’insorgere di determinate paure, fobie o atteggiamenti insoliti e attitudini,
in alcuni bambini, tenuti in cura da lui, non trovavano la loro ragion d’essere nel breve percorso
di vita che li riguardava, tanto meno nel contesto familiare di cui facevano parte. Inoltre,
Stevenson, si accorse che proprio questi fanciulli, spontaneamente, riuscivano a dare una
spiegazione plausibile ai loro comportamenti, addebitandoli, senza remore, ad una epoca passata in
cui erano stati qualcun altro e avevano subito traumi di notevole entità o vissuto esistenze
particolari.

L’atteggiamento iniziale di forte scetticismo, di Ian Stevenson, di fronte a un’ipotesi
reincarnazionista, cedette gradualmente il posto a una maggiore attenzione e apertura verso questa
direzione. Il dottor Stevenson, nella sua lunga carriera ha studiato e documentato più di duemila
casi di bambini che dichiaravano di aver vissuto precedentemente e ciascuno di loro veniva seguito
per per moltissimi anni. Il medico, si rese conto che i bambini, spesso, tendevano a dare
riferimenti precisi riguardo alla loro vita precedente e ad effettuare riconoscimenti di genitori,
parenti e qualche volta congiunti abbandonati precocemente a causa della disgrazia che aveva
provocato la loro morte.
Il caso Gopal Gupta1 è abbastanza significativo. Gopal, nacque in India nel 1956 in una modesta
famiglia borghese e appena cominciò ad avere l’uso della parola si ribellò a un ordine del padre,
dichiarando di essere un Sharma, un membro cioè della casta dei Bramini e quindi in quanto tale,
abituato egli stesso a comandare e ad avere sotto di sé numerosa servitù. Da quel momento in poi,
Gopal cominciò a raccontare una serie di dettagli riguardanti la sua vita precedente in qualità di
Bramino. Riferì di essere nato a Mathura, una città a 160 chilometri da Delhi, di essere stato
dirigente di una compagnia farmaceutica la Suck Shancharak e di aver abitato in una grande casa con
una moglie e due figli. Ma il particolare più raccapricciante riguardava la sua morte. Disse di
essere stato ucciso dal fratello per una questione d’interessi.

Le dichiarazioni del bambino non suscitarono particolare interesse nei genitori, fino a quando il
padre, nel 1964, non si trovò casualmente a passare proprio dalla città di Mathura e vi trovò la
compagnia farmaceutica di cui aveva parlato il figlio. Incuriosito, andò a parlare con il direttore
della Suck Shancharak e scoprì che realmente, alcuni anni prima, uno dei proprietari della compagnia
aveva sparato al fratello, di nome Shaktipal Sharma. In seguito, i coniugi Gupta, insieme al figlio
si recarono a far visita alla famiglia Sharma e in questa occasione Gopal riconobbe oltre i luoghi
anche numerosi membri della famiglia e rivelò particolari sconcertanti riguardanti sia gli interessi
economici che ruotavano intorno alla Suck Shancharak che quelli relativi alla propria morte che
potevano essere conosciuti solo dal vero Shaktipal Sharma ucciso.
Stevenson seguì attentamente il caso Gopal dal 1969 al 1974, anno in cui l’ormai adolescente Gopal
iniziò a perdere il suo “snobismo” e si adeguò gradualmente al contesto familiare di appartenenza,
sicuramente più modesto.

Altri elementi rilevati in molti dei casi studiati dal dottor Stevenson, e che farebbero propendere
per un’ipotesi reincarnazionista, sono i cosiddetti “segni di nascita”. Con questo termine s’intende
riferirsi a macchie e segni presenti su di un corpo e molto simili a cicatrici ma che in realtà non
corrisponderebbero a ferite realmente ricevute. In genere, invece, fanno da riscontro a rievocazioni
di esistenze passate, nelle quali il soggetto dichiara di essere deceduto in modo violento a causa
di qualche corpo infertogli.
In tal senso, un caso tipico analizzato da Stevenson è quello di Gillian e Gennifer Pollock(2), due
gemelle nate nel 1958 e che all’età di due anni cominciarono a fare numerose affermazioni riguardo a
una loro vita precedente, vissuta sempre all’interno di quella famiglia e ancora una volta in
qualità di sorelle.

In realtà, i coniugi Pollock, un anno prima della nascita delle due gemelle, avevano perso due
figlie, Joanna e Jacqueline, rispettivamente di undici e sei anni. Le due sorelline erano state
investite contemporaneamente da un pirata della strada. Fatto che rese credibile le dichiarazioni
delle due bambine fu la constatazione sul corpo di Jennifer di due segni, corrispondenti, sia per
forma che per posizione, a cicatrici reali possedute da una delle due sorelle morta in precedenza.
Inoltre, sia Gillian che Jennifer mostravano di conoscere particolari della vita e delle abitudini
delle due sorelle decedute che non avrebbero potuto apprendere in alcun modo nella loro vita
attuale.
Anche di questo caso il professor Stevenson si occupò per più di vent’anni, abbandonandolo poi,
quando ormai le due ragazze mostrarono di aver dimenticato completamente le reminiscenze legate alla
loro vita precedente.

Riguardo ai “segni di nascita”, lo psichiatra della Virginia così si è espresso:
“Ritengo personalmente che i segni e i difetti di nascita collegati alla precedente personalità
costituiscano una delle più evidenti prove a sostegno della reincarnazione quale migliore
interpretazione di questi casi.(…) I segni e i difetti di nascita presenti in questi casi
suggeriscono inoltre l’esistenza di un’influenza psichica che agisce sullo sviluppo del corpo fisico
dell’individuo.”

Naturalmente, non tutti i bambini, presentano segni sul corpo o hanno reminiscenze di vite
precedenti, ma sicuramente sono molto più numerosi di quanto generalmente si immagini. Molti di
essi, pur non ricordando un’esistenza antecedente, manifestano talenti e abilità precoci e
attraverso il gioco rievocano episodi e simulano ruoli che non sempre trovano giustificazione nel
loro ristretto campo esperienziale. Bisognerebbe solo essere più attenti nei loro confronti e
imparare ad ascoltarli.
Tutte le esperienze passate, dunque, continuano a coesistere nella nostra memoria inconscia e a
incidere inconsapevolmente su ciò che siamo e che diverremo. E vi è un altro percorso, oltre quello
delle reminiscenze spontanee, che permette di accedere a questo infinito archivio e di riportare a
galla frammenti e a volte episodi interi di vite precedenti. Stiamo parlando della cosiddetta
“ipnosi regressiva” o, più genericamente, del “viaggio a ritroso nel tempo” grazie a tutte quelle
tecniche come la meditazione, il rilassamento progressivo e quant’altro che permettono di aprire
canali nuovi nella coscienza dell’individuo. (Fine prima parte)

Dott.ssa Elisa Albano

(1) in IAN STEVENSON – Bambini che ricordano altre vite. Ed. Mediterranee, Roma, 1977, p. 71.
(2) In Ian STEVENSON – Op. Cit., p. 85. 3 IAN STEVENSON – Op. Cit., p. 112.

– psicologiaspirituale.it

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