Potenziali evocati uditivi e visivi

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Potenziali evocati uditivi e visivi

I potenziali evocati vengono registrati come l’elettroencefalogramma (EEG) con elettrodi di
superficie posizionati sulla testa. Mentre l’EEG descrive l’attività elettrica cerebrale di base, i
potenziali evocati consistono nella reazione elettrica a determinati stimoli sensitivi. Questi
potenziali sono normalmente non riconoscibili in quanto hanno un voltaggio molto basso e sono
mascherati dall’attività EEG. Con una particolare tecnica (ripetizione degli stimoli e
sovrapposizione elettronica o ‘averaging’ dei singoli tracciati ottenuti) si riesce a filtrare il
segnale dei potenziali evocati dal tracciato EEG.

I potenziali evocati più frequentemente utilizzati sono i potenziali evocati somato-sensoriali
(stimolo elettrico del nervo mediano del braccio o del nervo tibiale della gamba), i potenziali
evocati visivi (stimolo tramite un’immagine di scacchiera in movimento su un monitor) e i potenziali
evocati uditivi (stimolo acustici per ‘click’ di basso volume applicati tramite una cuffia).

I potenziali evocati esaminano l’integrità delle vie di conduzione nervosa periferiche e centrali.
Il parametro più importante è la latenza (tempo che intercorre) tra stimolo e potenziale registrato
sopra il cervello. I potenziali somato-sensoriali sono utili per la documentazione di disturbi
sensitivi altrimenti non oggettivabili e la loro localizzazione a livello periferico o centrale. I
potenziali uditivi localizzano processi dei nervi acustici oppure del tronco cerebrale, mentre i
potenziali visivi sono spesso impiegati per la diagnosi di infiammazioni acute o croniche del nervo
ottico associate ad es. alla sclerosi multipla.

L’elettroencefalogramma (EEG) registra l’attività elettrica cerebrale tramite elettrodi di
superficie posizionati sulla testa. La continua fluttuazione della normale attività cerebrale induce
tra vari punti del cuoio capelluto piccole differenze di potenziale elettrico (milionesimi di volt,
microvolt) che vengono amplificate e registrate normalmente per alcuni minuti (in casi particolari
fino a 24 ore). Si ottiene in questo modo un tracciato che segna per ciascun elettrodo le variazioni
del voltaggio nel tempo. Normalmente gli elettrodi vengono montati secondo uno schema fisso (sistema
10-20) su tutte le parti del cuoio capelluto. Poiché ogni elettrodo riflette in prima linea
l’attività della parte cerebrale più vicina, l’EEG è in grado di fornire informazioni non solo su
attività elettriche anomale, ma anche sulla loro localizzazione.

L’elettromiografia (EMG) misura i potenziali elettrici che si formano in un muscolo durante la sua
contrazione volontaria. Questi potenziali sono causati dalla depolarizzazione elettrica delle fibre
muscolari in risposta all’arrivo di un impulso elettrico alla sinapsi neuromuscolare (punto di
contatto tra la terminazione di un nervo periferico e la membrana di una fibra muscolare). I singoli
potenziali rispecchiano l’attività di una singola unità motoria (tutte le fibre muscolari collegate
a una terminazione nervosa) nel caso di elettrodi di inserzione, oppure di un gruppo di unità
motorie nel caso di elettrodi di superficie.

L’esame di EMG fornisce risultati caratteristici che permettono la distinzione tra una malattia
muscolare (miopatia, ad es. distrofie, miositi o la miastenia) e una malattia del sistema nervoso
periferico (neuropatia, ad es. polineuropatie, neuriti o sindromi di compressione di una radice di
un nervo periferico da ernia del disco o la sindrome del tunnel carpale).

L’EMG è completato dalla misurazione della velocità di conduzione nervosa: si applica uno stimolo
elettrico ad un nervo periferico del braccio o della gamba e si misura il tempo che decorre tra
stimolo e contrazione di un muscolo innervato da un particolare nervo. Stimolando il nervo in almeno
due punti distanti e misurando la distanza tra questi punti è possibile calcolare la velocità con
cui il nervo conduce lo stimolo elettrico tra i due punti. La velocità di conduzione nervosa è
normalmente di circa 50 metri al secondo ed è ridotta nelle polineuropatie e neuropatie
infiammatorie oppure nelle neuropatie locali da compressione meccanica, come la sindrome del solco
del nervo ulnare o la sindrome del tunnel carpale. Nella maggior parte dei casi, l’EMG e la velocità
di conduzione non sono in grado di fornire da soli una diagnosi specifica, che richiede sempre
un’interpretazione adeguata della storia e dello sviluppo dei sintomi e della situazione clinica e
del risultato di altri esami diagnostici.

Il Doppler rivela la velocità del flusso sanguigno tramite il riflesso di un segnale di ultrasuoni
emesso da una sonda esterna applicata sopra un vaso sanguigno. Trattandosi di onde sonore, è
completamente innocuo. È un esame rapido e di routine, che permette di accertare o escludere la
presenza di forti restringimenti (stenosi) nel circolo extra- o intracerebrale (Doppler TSA – dei
tronchi sovraortici – o Doppler transcraniale), perché nel tratto ristretto di un vaso si registra
un aumento del segnale (velocità accelerata dei globuli rossi) oppure la mancanza del segnale
(chiusura del vaso). Inoltre, si possono registrare le turbolenze associate a processi
arteriosclerotici che producono irregolarità sulla superficie interna dei vasi, che normalmente è
liscia.

Eseguendo l’esame del Doppler nei due lati (destro e sinistro) delle grandi arterie del collo
(arteria carotide comune, interna, esterna, arteria vertebrale) o del cervello (arteria cerebrale
media, anteriore, posteriore, arteria basilare) e registrando anche la direzione del flusso in altre
arterie (arteria sopraoftalmica), è possibile rilevare restringimenti arteriosclerotici che
potrebbero dare origine a ischemie cerebrali e che possono essere curabili con terapia chirurgica.
Mentre il Doppler indica solamente la velocità e la direzione del flusso del sangue, l’Ecodoppler
(Duplex) sovrappone questa informazione a una visualizzazione ecografica dei vasi, e con ciò è in
grado di fornire ulteriori informazioni sulla estensione e sulla localizzazione di un processo
arteriosclerotico. Inoltre, possono essere visualizzati altri processi più rari ma importanti, come
l’aneurisma disseccante dell’arteria carotide.

Su Neurology (Giornale dell’Accademia Americana di Neurologia)
una serie di pubblicazioni importanti:

I Potenziali Evocati Vestibolari Miogeni (anche chiamati ‘VEMP’ dal termine inglese “Vestibular
Evoked Myogenic Potentials”) sono stati individuati solo 11 anni fa con la scoperta che la
stimolazione dell’organo dell’equilibrio (labirinto) provoca di riflesso una breve contrazione dei
muscoli del collo (forse da questa circostanza deriva quel mito popolare dell’associazione tra
vertigini e ‘cervicale’). Sono di facile esecuzione con la normale attrezzatura di un laboratorio di
neurofisiologia clinica (la stessa apparecchiatura che registra i potenziali evocati visivi,
acustici e somatosensoriali). Sono molto utili perché possono permettere al neurologo di documentare
una disfunzione del labirinto ad es. nella labirintite o in affezioni del nervo vestibolare o del
tronco cerebrale e potrebbero presto diventare un esame di routine in neurologia, soprattutto nella
diagnostica della vertigine acuta. I VEMP potranno inoltre diventare un’alternativa non invasiva
alla prova calorica, spesso fastidiosa per i pazienti.

Questo studio su Neurology dimostra la loro utilità in pazienti con la cosiddetta ‘neurite
vestibolare’ (cosiddetta perché di infiammazione, ‘-ite’, si è sempre trovato ben poco quando il
nervo è stato esaminato microscopicamente). Le ‘neuriti’ potrebbero invece essere ‘labirintiti’,
infiammazioni dell’organo dell’equilibrio. Ecco l’utilità dei VEMP a dimostrare questa ipotesi: i
VEMP sono registrabili dopo vari stimoli, tra cui stimoli acustici oppure l’applicazione di una
debole corrente dietro l’orecchio (stimolazione galvanica). Mentre la corrente passa direttamente al
nervo vestibolare, lo stimolo acustico passa per il labirinto. Questo studio dimostra che alcuni
pazienti con la diagnosi di “neurite vestibolare” hanno conservato i VEMP galvanici, mentre sono
aboliti quelli acustici. È perciò intatto il nervo, mentre è sofferente il labirinto. La maggior
parte dei pazienti mostra comunque un’affezione delle due strutture. Gli autori raccomandano perciò
di usare l’espressione “neurolabirintite vestibolare” per una denominazione più precisa.
Dall’esterno tutto ciò può sembrare un esercizio accademico; lo studio invece dimostra in modo
elegante l’utilità clinica dei VEMP, che sono ancora poco conosciuti nella routine clinica. Allo
stesso tempo, getta luce su una infiammazione ancora oggi un pochino misteriosa.

Parkinson: una molecola (istradefillina, KW-6002), rappresentante di una nuova classe di farmaci,
gli antagonisti selettivi A2A dei ricettori dell’adenosina, per la prima volta è stata sperimentata
sull’uomo. Due studi (1,2), condotti ancora su pochi pazienti, hanno dato risultati promettenti nel
migliorare i sintomi, soprattutto in persone con stadi avanzati della malattia che soffrono di
discinesie indotte dalla levodopa. In futuro gli antagonisti A2A potrebbero essere impiegati anche
in stadi più precoci in quanto in modelli sperimentali di Parkinson sembrano avere un effetto
neuroprotettivo. Funzionano incrementando l’effetto della levodopa nei neuroni dello striato (non
sono attivi senza la somministrazione di levodopa) e potrebbero in futuro consentire di abbassare il
dosaggio della stessa levodopa.

Sindrome delle gambe senza riposo: questo studio porta ulteriore conferma che un disturbo del
metabolismo neuronale del ferro potrebbe avere un ruolo causale importante. Una tale causa potrebbe
anche spiegare il fatto che la sindrome spesso si manifesta in gravidanza e che la somministrazione
di ferro può alleviare i sintomi (anche in pazienti in cui i livelli plasmatici di ferro sono
normali).

Polimiosite: secondo questa analisi su 165 pazienti la diagnosi di ‘polimiosite’ sarebbe applicata
troppo frequentemente, mentre una ‘vera’ e isolata polimiosite (secondo i criteri diagnostici di
Bohan e Peter) sarebbe rara e gli altri casi sarebbero invece miositi da corpi di inclusione oppure
miositi associati ad altre malattie autoimmuni.

brani da www.neurologia.it/

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