Lo Yoga sciamanico

pubblicato in: AltroBlog 0

Lo Yoga sciamanico

Intervista a Selene Calloni, maestra di Yoga e fondatrice della Società di Nonterapia

di Anna Poletti – auraweb.it

Come è avvenuto il suo incontro con lo Yoga?

“Avevo diciannove anni, avevo appena terminato il liceo. Mi trovavo nello Sri Lanka dove mi ero
recata a seguito di una proposta di lavoro. Mi era stato affidato un incarico da una compagnia
italiana che stava costruendo un villaggio turistico a sud dell’isola.

“La compagnia aveva bloccato i lavori, sia per la situazione politica dell’isola, assai travagliata
dai conflitti interni, sia per la mancanza di liquidità. Tuttavia, i soci titolari del progetto,
temevano che, lasciando il cantiere abbandonato, il governo dello Sri Lanka decidesse di
nazionalizzare l’area, così decisero di mantenere sul posto una “presenza straniera”.

“Io incarnai quella “presenza straniera” per oltre sei anni, durante i quali ricevetti un modesto
stipendio ed ebbi tempo a disposizione per apprendere la disciplina yoga. Il destino, infatti, volle
farmi incontrare, fin dai primi tempi del mio soggiorno in Sri Lanka, una persona assai introdotta
nello studio e nella pratica dello yoga, un ricercatore dei cammini iniziatici. Si chiamava Michael
Williams ed era un professore, ormai in pensione, di lingua e letteratura inglese all’Università di
Matara.

“Le conoscenze di Michael spaziavano dallo yoga al tantrismo, alle tradizioni sciamaniche, ma
avevano nello Yoga Integrale di Sri Aurobindo il loro cuore pulsante. Molto caro era, infatti, a
Michael l’insegnamento del grande maestro.

“Per sei anni ho frequentato l’Oriental Yoga Academy di Colombo, la scuola che Michael stesso aveva
fondato e che si ispirava al suo esempio. Inoltre, insieme a Michael, ho “toccato con mano” la
tradizione sciamanica dell’isola.

“Quando il mio incarico di lavoro è terminato, poiché l’area del cantiere è stata venduta a una
società cinese, sono rientrata in Italia. Mi sono rimessa a studiare e mi sono laureata in
psicologia con una tesi dal titolo “La psicologia pratica nello Yoga Integrale”. Oggi, a oltre
vent’anni di distanza dal mio primo incontro con lo Yoga, ho fondato a Lugano, in Svizzera, la
Società di Nonterapia.

“L’idea della nonterapia mi è venuta chiacchierando amichevolmente, durante una cena, con il celebre
psichiatra e filosofo americano James Hillman e, di lì a poco, quell’idea si è precisata grazie
all’incontro con un altro grande maestro dei nostri tempi, il teologo Raimon Panikkar. Micheal
Williams, James Hillman, Raimon Panikkar rappresentano tre presenze fondamentali nello sviluppo
della mia visione interiore.

“Anche se, alla fine, siamo solo noi che possiamo tutto fare e tutto distruggere dentro noi stessi e
nelle nostre vite, tuttavia, a volte, il nostro destino assume l’aspetto di un volto per avere più
carattere e poter meglio evidenziare il proprio significato.

“Io credo nell’archetipo del maestro e non nutro l’illusione che una persona umana possa incarnare
quell’archetipo. In altre parole il maestro non è in nessun luogo, se non all’interno di noi.

“In un mondo in cui dilaga l’ansia della guarigione, in forme scientifiche o creative, la nonterapia
è l’arte di vivere la propria bellezza; la quale è anche turba, limite, peccato, fragilità e
mancanza. Amare se stessi: questa è la sfida della nonterapia. Provare piacere nell’interpretare se
stessi è la rivoluzione più positiva che si possa compiere.

“La nonterapia rivaluta l’esperienza spirituale, artistica, filosofico-estetica quali strumenti del
benessere e della realizzazione personale, per questo propone lo studio e la pratica della
spiritualità “senza confini” e riconduce la realtà oggettiva ai domini dell’immaginazione, ove tutto
è una questione di stile e nobiltà d’animo. La terapia diviene nonterapia quando al problema della
normalità si sostituisce, con coraggio, il tema della felicità”.

Il suo libro si intitola “Yoga Sciamanico”. Qual è il fil rouge tra lo Yoga e lo Sciamanesimo?

“Lo sciamano è il guaritore, ma il guaritore è, come il maestro, un archetipo che mai si incarna
totalmente nella realtà; esso è dentro e non fuori di noi. Questa conoscenza è il cuore di tutte le
tradizione sciamaniche del mondo.

“Nella nostra società, spaventata dalle proprie ombre, anche lo sciamanismo è divenuto fenomeno di
consumo a mezzo di quella terapia che vuole essere soluzione, senza essere comprensione e
assimilazione del limite, del disturbo, del dèmone. Ecco perché la nonterapia si definisce una
“alternativa alla terapia” e non una “terapia alternativa”.

“Lo sciamano archetipico è Shiva, il Beato Tremendo o Gran Tremendo, come lo definisce
Abhinavagupta, autore del Tantra Loka. Shiva, che è la divinità più antica che l’umanità conosca,
incarna, al tempo stesso, lo sciamano e lo yogin archetipico: il guaritore e il maestro. In quanto
guaritore Shiva è simultaneamente il dèmone della malattia e in quanto maestro egli è anche
l’oscurità del mistero e il caos dell’origine.

“Lo yoga sciamanico è lo yoga originario. Essendo il frutto di un’umanità antica e spontaneamente
sciamanica, lo yoga è nato come yoga sciamanico e, ovunque lo yoga sia autentico, esso riconduce
l’uomo a un sapere antico e naturale, che è certamente definibile sciamanico.

“Da tempo, ogni anno, e anche più volte l’anno, mi reco in Sri Lanka, in Tibet, in India, in Egitto
e in altri luoghi del mondo – nel 2005 sarò anche a Santiago di Compostela – portando con me persone
desiderose di sperimentare la spiritualità senza confini come alternativa alla terapia e come via
per la crescita e la conoscenza interiore.
Il pellegrinaggio spirituale è uno dei molti strumenti, di natura sciamanica, a disposizione di chi
voglia affrontare i dèmoni, i limiti, in modi non violenti.

“Chi viene con me non viaggia nei “circuiti turistici”. In Sri Lanka o in Birmania vive giorno e
notte nei templi della foresta dei monaci theravada eremiti, praticando con essi la meditazione e la
via della Presenza Mentale; in Tibet pratica lo Yoga del Calore e i Sei Yoga di Naropa, in Egitto o
nello Yemen danza le danze estatiche sulla sabbia, sotto il cielo stellato del deserto, o raggiunge
le piramidi a cavallo nella notte.

“I ngakpa, gli sciamani del Tibet, passano la loro intera esistenza in un pellegrinaggio continuo
nel quale circumambulano i luoghi di potere del Tibet Sacro, che essi si raffigurano come il corpo
sdraiato di una demonessa.

“Anche in Svizzera o nei monti Simbruini, non distanti da Roma, o nel parco della Lessinia, nei
dintorni di Verona, o in Umbria, in Sicilia, in Sardegna, in Piemonte, in Francia e in Spagna, ci
sono luoghi di potere, grotte e foreste magnifiche in cui è possibile effettuare ritiri di due o tre
giorni per praticare meditazioni e tecniche psicofisiche che vivificano mente e corpo aprendoci a
nuove prospettive di vita e consentendoci di dare agli eventi quotidiani un’interpretazione più
serena e coraggiosa.

“Il mio mestiere, nell’ambito della Società di Nonterapia, è organizzare e condurre, insieme ad
altri esperti di discipline spirituali e di tecniche ad approccio olistico – dallo Zen alla
meditazione cristiana, buddista, sufi, alla psicologia del profondo, alle danze estatiche –
esperienze di guarigione e di autosservazione che hanno una forte impronta sciamanica.

“Inoltre, a Lugano e a Napoli, insegno presso il F.a.r.o. (Percorsi di Formazione e Approfondimento
per Ricercatori Olistici), la scuola di formazione che ha come metodo l’esperienza diretta. Il
Percorso Faro conduce al Diploma Faro, il Master in Nonterapia, che consente di essere
professionisti nel campo delle discipline ad approccio olistico e dello yoga, operando sia nella
modalità delle sedute individuali, sia in qualità di animatori di gruppi, lezioni collettive e
seminari”.

Cos’è il “volo sciamanico” e come lo si può sperimentare?

“È un’esperienza di coscienza ampliata e lo si può sperimentare a mezzo di una “tecnica
dell’estasi”. Le cosiddette “tecniche dell’estasi” sono uno dei temi centrali della mia ricerca, da
oltre vent’anni, cioè da quando questa è iniziata. Oggi so, per esperienza, che il “volo sciamanico”
è un percorso taumaturgico. Esso rappresenta il “rito di passaggio” e il rito della “morte mistica”
a un tempo.

“Il “rito di passaggio” è l’esperienza rituale che, nelle società tribali, conduce il ragazzo verso
l’età adulta, l’iniziazione che nella nostra civiltà si è perduta. Nel nostro mondo i più vivono
come bambini smarriti in un mondo di adulti non comprensivi e incomprensibili, questo stato è fonte
di incertezze, ansie e paure interminabili.

“Il rito della “morte mistica” è l’iniziazione alla dimensione del sacro, del “sacrificio”,
dell’esserci inteso come darsi, offrirsi, dell’amare senza condizioni. Anche il significato di
questa iniziazione oggi si è perso. Non è obbligatorio vedere la tristezza o la depressione come
malattie da normalizzare, certi eventi bio-chimici e psichici della vita possono essere considerati
momenti di passaggio, dai quali rinascere con nuove energie. Si può certo imparare ad affrontare in
modo non passivo i momenti più cupi della nostra esistenza e a farne un preludio di una rinascita
radiosa.

“Fin quando non saprai come morire e poi rinascere, rimarrai un viaggiatore infelice su questa terra
oscura”. (Goethe).

“In qualità di animatrice di eventi e seminari di nonterapia, insegno le “tecniche dell’estasi” che
sono tramandate nella tradizione dello yoga e del tantrismo shivaita-indiano e buddista-tibetano. È
a mezzo di queste tecniche che si produce l’esperienza del “volo sciamanico”, che è l’ampliamento
della coscienza oltre la gabbia delle convenzioni, le quali, se giovano alla civiltà, nuocciono
all’individuo fintanto che egli non sia pienamente consapevole e in armonia con se stesso”.

Cos’è per lei l’armonia?

“La ragione, che è lo strumento a mezzo del quale creiamo le convenzioni e organizziamo la civiltà,
fonda valori di bene e male, piacere e dolore, vantaggio e svantaggio, superiore e inferiore, salute
e malattia che sono finalizzati alla continuità della specie a mezzo della continuità sociale.

“La ragione è quella funzione della mente attraverso la quale stabiliamo le regole del vivere
insieme, creando gerarchie di valori e significati. I significati che la ragione attribuisce agli
eventi sono finalizzati al rinforzo della collettività.

“Così, quando un uomo si mette in cerca della propria salute, del proprio vantaggio, del proprio
benessere a mezzo della propria ragione, in realtà insegue ciò che è più salutare, più utile e
benevolo alla collettività, non a se stesso. Che il benessere della società e delle istituzioni
corrisponda alla felicità dell’uomo, questo mi pare ormai appurato essere falso. Noi non siamo
batteri, forse non eravamo neppure fatti per vivere in colonie, alcuni di noi certamente sono
solitari come aquile e non amano volare a stormo.

“Armonia è comprendere la ragione come un mezzo e salvarla, in quanto tra tutti gli strumenti a
disposizione dell’uomo essa è sicuramente tra i più degni di essere salvato. Oggigiorno vivere in
armonia è salvare la ragione, cessando di subire i suoi presupposti come fossero dei dogmi.
L’armonia è per me la libertà dal dogma, è una funzione dell’intelligenza”.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *