L’Ipertensione Arteriosa

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L’Ipertensione Arteriosa

di: D.ssa Simona Sitia

L’ipertensione arteriosa è una patologia ad eziopatogenesi multifattoriale, che interessa circa il
20% della popolazione nei paesi industrializzati, e si associa a un aumentato rischio di sviluppare
eventi cardiovascolari. Poiché nella maggior parte dei casi l’ipertensione arteriosa non dà segni di
sé, solo il 30% dei soggetti affetti è consapevole del proprio status, mentre il restante 70% è
destinato a scoprire la patologia nel momento in cui si manifestano le complicanze, o quando si è
già instaurato il cosiddetto danno d’organo, in particolare a carico di cuore, reni, occhi e
cervello. Sono quindi auspicabili una prevenzione efficace e una diagnosi precoce dell’ipertensione
arteriosa, al fine di prevenire eventi maggiori. Poiché esiste una relazione continua tra il livello
di pressione arteriosa e il rischio cardiovascolare, ogni definizione numerica di ipertensione
arteriosa è necessariamente arbitraria.

Le recenti Linee Guida della Società Europea di Ipertensione (2007) definiscono patologici valori
pressori superiori a 140/90 mmHg, considerando ottimali valori <120/80 mmHg, indipendentemente
dall’età e dal sesso del soggetto in esame. Come già accennato in precedenza, solo in una piccola
percentuale di casi l’ipertensione dà disturbi evidenti, e talvolta accade che ci si accorga di una
pressione arteriosa superiore alla norma dopo anni dalla sua insorgenza. Nei rari casi in cui
l’ipertensione dà segni di sé, questi possono essere rappresentati da cefalea soprattutto mattutina
e in sede occipitale, senso di vertigine o di stordimento, stanchezza prolungata e immotivata, ecc
Tenere sotto controllo i valori pressori diventa importante perché se non curata, col passare degli
anni, l’ipertensione può provocare il succitato danno d’organo, caratterizzato da alterazioni a
carico dei vasi arteriosi primari. Maggior attenzione va rivolta ai soggetti che presentano fattori
di rischio e inclinazione allo sviluppo di tali complicanze. I fattori di rischio sono condizioni
che facilitano lo sviluppo di ipertensione. Si distinguono in non modificabili (età, sesso,
familiarità) e modificabili, cioè suscettibili di correzione mediante terapia o modifiche dello
stile di vita (elevato introito di sodio con la dieta, fumo di sigaretta, sedentarietà, eccessivo
consumo di alcol e caffeina, assunzione di elevate quantità di liquirizia, diabete mellito,
nefropatie, patologie della tiroide e delle ghiandole surrenali, dislipidemie, soprappeso/obesità,
stress, assunzione di contraccettivi orali o corticosteroidi).

È utile sottolineare che un unico riscontro isolato di elevati valori pressori non è indicativo di
ipertensione arteriosa. In particolare, la misurazione della pressione arteriosa dovrebbe essere
effettuata posizionando correttamente il bracciale, dopo almeno 5 minuti che il soggetto ha assunto
la posizione seduta o supina. Dovrebbero essere effettuate almeno tre misurazioni successive a
distanza di 3-5 minuti una dall’altra, considerando come valori più attendibili quelli medi delle 3
misurazioni. Il riscontro di valori pressori elevati deve indurre a misurazioni più frequenti (1
volta alla settimana) in momenti diversi della giornata. Il riconfermarsi di tali valori in almeno 3
occasioni può permettere di porre diagnosi di ipertensione arteriosa. Un altro strumento utile per
la diagnosi è il monitoraggio pressorio delle 24h: per un’intera giornata il paziente indossa il
bracciale dello sfigmomanometro, collegato a un registratore che ogni 15-20 minuti effettua la
misurazione della pressione. Questo sistema permette di escludere la componente emotiva, spesso
responsabile della cosiddetta “ipertensione da camice bianco” (rialzo dei valori pressori in
conseguenza dello stress emotivo, spesso inconscio, causato dalla presenza del medico) e di valutare
l’andamento dei valori pressori nell’arco delle ventiquattro ore, in particolare durante le quelle
notturne.

Una volta accertata l’ipertensione arteriosa, prima di iniziare una qualsiasi terapia farmacologica,
è necessario escludere la presenza di cause di ipertensione secondaria, poiché la loro correzione
porta, in un buon numero di casi, al ripristino di uno stato di normotensione arteriosa. Qualora non
venga individuata alcuna causa specifica, si parlerà di ipertensione essenziale, che rappresenta
circa il 90% dei casi. Contestualmente dovrebbe essere ricercata l’eventuale presenza di danno
d’organo. Particolare attenzione dovrebbe essere riposta nella definizione del rischio
cardiovascolare globale del soggetto, ossia del rischio individuale di sviluppare un evento
cardiovascolare maggiore, a distanza di 10 anni, prendendo in considerazione numero e gravità dei
fattori di rischio coesistenti in quel soggetto. Ciò diventa importante in quanto i singoli fattori
di rischio tendono a presentarsi in associazione (cluster), per cui anche minime alterazioni in più
parametri possono aumentare notevolmente il rischio globale.

La correzione dei fattori di rischio attuabili con modifiche dello stile di vita rappresenta parte
integrante della terapia non farmacologica dell’ipertensione arteriosa, e talora può permettere il
rientro nei limiti di norma dei valori pressori senza che diventi necessaria l’assunzione di farmaci
anti-ipertensivi (soprattutto nei soggetti giovani e/o con ipertensione di grado lieve). L’adozione
di uno stile di vita corretto, anche nei casi in cui non risulta sufficiente a riportare il soggetto
a uno stato di normotensione, contribuisce comunque alla riduzione del rischio cardiovascolare,
aumentando l’efficacia dei farmaci.

Il trattamento non farmacologico dell’ipertensione arteriosa comprende dieta iposodica, astensione
dal fumo, riduzione dell’assunzione di caffeina e di alcol, abolizione dell’assunzione di
liquirizia, calo ponderale ove necessario, attività fisica aerobica regolare e dovrebbe
rappresentare l’approccio di scelta nei casi di ipertensione di nuova diagnosi, qualora non sussista
un elevato rischio nel rimandare l’inizio di un trattamento farmacologico.

Esistono numerose classi di farmaci anti-ipertensivi, alcune delle quali, oltre alla mera riduzione
dei valori pressori, presentano anche proprietà dette di nefro- e cardioprotezione. È importante
sottolineare che la terapia farmacologica anti-ipertensiva può essere modificata nella posologia o
nel tipo di farmaco assunto, ma non deve mai essere sospesa, pena il ritorno ad uno stato
ipertensivo.

Data articolo: febbraio 2008
Fonte: L’ItaloEuropeo – giornale di cultura e approfondimento (partner ECplanet)

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