La teoria di Lorentz

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La teoria di Lorentz

di Davide Fiscaletti

20-7-2006

Eppure, per quanto tenuto in disparte, ha sostenuto il genio di Tesla, ha creato una frattura tra W.
Reich e Einstein, ha sollecitato le riflessioni interessanti – per chi ci segue con costanza – del
nostro collaboratote Massimo Corrbucci e come avrete modo di vedere nei prossimi numeri della
rivista avrà di che rivelarci vitali misteri.
Quest’articolo ci avvicina, di nuovo, ad una versione alternativa di guardare a ciò che ci circonda.

Premessa
Storicamente, nello studio dei fenomeni fisici che avvengono alle elevatissime velocità, la
relatività speciale di Einstein è risultata vincente. Esiste tuttavia un’interpretazione
alternativa, la teoria di Lorentz, la quale è in grado di riprodurre ugualmente i risultati
sperimentali. Qui si cerca di mostrare che la teoria di Lorentz, sotto certi aspetti, può essere
considerata più soddisfacente rispetto alla relatività speciale di Einstein.

La fisica relativistica (o fisica delle alte velocità) ha come oggetto lo studio dei fenomeni che
avvengono alle elevatissime velocità, cioè velocità prossime alla velocità c (300000 Km/sec) di
propagazione della luce nel vuoto. L’interpretazione standard della fisica relativistica, che ha
avuto maggior successo sul piano storico, è la relatività speciale, sviluppata da Einstein nel 1905.
Questa teoria, che ha rivoluzionato le nostre nozioni basilari dello spazio e del tempo, si basa su
due ipotesi elevate al rango di postulati, di verità fondamentali della natura: il principio di
relatività (secondo cui tutte le leggi della fisica assumono la stessa forma in tutti i sistemi di
riferimento inerziali) e il postulato sulla costanza della velocità della luce nel vuoto (secondo
cui la velocità della luce nel vuoto ha lo stesso valore c rispetto a tutti i sistemi di riferimento
inerziali).

Tuttavia, la relatività speciale di Einstein non è l’unica interpretazione possibile del formalismo
usato nella fisica delle alte velocità; esiste anche un’interpretazione alternativa, dovuta al
fisico olandese Hendrik Antoon Lorentz, la quale è in grado di riprodurre ugualmente i risultati
sperimentali. Anzi, se si vuole essere precisi, bisogna dire che la struttura matematica della
teoria einsteniana della relatività speciale fu prima ricavata da Lorentz; quello che fece Einstein
fu, in un secondo momento, di riottenerla in un’altra maniera, sulla base dei due principi di
carattere fondamentale citati sopra, vale a dire il principio di relatività e il postulato della
costanza della velocità della luce nel vuoto. La teoria di Lorentz Il punto di partenza della
fisica relativistica è rappresentato dall’esito negativo del famoso esperimento di Michelson e
Morley (cioè il fatto che la velocità della luce non subisce alcuna influenza da parte del moto
terrestre, in altre parole che la terra appare immobile rispetto a un mezzo etereo esterno,
permeante lo spazio e che dovrebbe spiegare la propagazione delle onde elettromagnetiche, delle
interazioni gravitazionali, ecc…). Ebbene, questo risultato sperimentale, prima che da Einstein, fu
messo in termini matematici negli ultimi anni dell’ ‘800 da Lorentz, che venne allora a proporre
quella che è tuttora detta contrazione di Lorentz: la quale è una forma matematica di ciò che deve
essere visto come un puro fatto empirico.

Secondo questa formulazione matematica, quando un oggetto si muove rispetto a un osservatore, questi
percepisce l’oggetto stesso accorciato rispetto a quella che sarebbe la sua lunghezza a riposo (con
riferimento all’osservatore), secondo il fattore che è quindi tanto più importante quanto più alta è
la velocità v dell’oggetto. In altre parole, ogni corpo in moto rispetto a un etere esterno (pensato
sempre a riposo) subisce una contrazione lungo la direzione del moto secondo quel fattore della
radice quadrata. Questo effetto, o le sue conseguenze, non diventano osservabili se non a velocità
altissime. Lorentz era dell’idea che, almeno in prima approssimazione, si doveva avere una
sostanziale invarianza dei fenomeni elettromagnetici, e quindi delle equazioni di Maxwell che
descrivono tali fenomeni, nel passaggio dal riferimento assoluto dell’etere al sistema terrestre
(supposto inerziale in via approssimativa), per lo meno nei limiti in cui non si erano mostrate
differenze o effetti per il moto della Terra rispetto all’etere. Per avere una completa equivalenza
tra il sistema in movimento e l’etere a riposo riguardo ai fenomeni elettromagnetici e quindi
garantire l’invarianza delle equazioni di Maxwell per cambiamento di sistema di riferimento, Lorentz
mostrò che non solo la coordinata spaziale nella direzione del moto subisce una variazione (in virtù
della contrazione delle lunghezze) ma anche il tempo deve essere misurato in modo diverso a seconda
che il sistema sia in moto o a riposo: il tempo misurato in un sistema inerziale in moto rispetto
all’etere – definito “tempo locale” – è legato al tempo misurato nel sistema dell’etere per mezzo di
una particolare formula.

In questo modo, Lorentz ricavò quelle leggi di trasformazione delle coordinate dello spazio e del
tempo tra l’etere a riposo e il sistema in moto, che sono tuttora note come trasformazioni di
Lorentz (Einstein avrebbe poi derivato queste stesse trasformazioni nel contesto della sua teoria
della relatività speciale). Lorentz vide in queste trasformazioni la chiave per comprendere
l’invarianza dell’elettromagnetismo, nelle sue leggi e nei suoi fenomeni, nel passaggio dal sistema
dell’etere in quiete assoluta a sistemi in moto rispetto ad esso. In sostanza, la visione di Lorentz
è legata ad un etere esterno sempre pensato in quiete assoluta e di conseguenza privilegia un
sistema di riferimento, quello in cui vengono formulate le leggi dell’elettromagnetismo. Nella
teoria di Lorentz lo spazio in cui ha luogo il movimento è fisicamente attivo: è un movimento
assoluto rispetto all’etere che produce una contrazione, assoluta, delle lunghezze.

Nell’ambito di questa teoria, la velocità della luce ha lo stesso valore c in tutte le direzioni
solo nel sistema dell’etere a riposo; nei sistemi in moto essa si somma alla velocità del sistema di
riferimento e c’è di fatto una compensazione tra i due effetti (vale a dire la contrazione e
l’effettiva variabilità di c) in modo da garantire che tali sistemi in moto siano equivalenti al
sistema dell’etere riguardo ai fenomeni elettromagnetici. Va segnalato infine che, nell’ambito delle
sue ricerche teoriche, Lorentz dedusse in pratica tutto il formalismo matematico delle fisica
relativistica; per esempio, dai suoi studi emergeva già chiaramente che la massa di un elettrone
doveva crescere all’aumentare della velocità v della particella, e che sarebbe diventata infinita
qualora v avesse uguagliato la velocità della luce (coerentemente con quanto avrebbe poi riottenuto
Einstein nel contesto della relatività speciale). Ci proponiamo adesso di mostrare che, sotto
diversi importanti aspetti, la versione di Lorentz della fisica delle alte velocità può essere
considerata più soddisfacente rispetto alla relatività speciale einsteniana.

La questione dell’etere
Un primo punto importante su cui la teoria di Lorentz può essere considerata più soddisfacente
rispetto alla relatività speciale di Einstein riguarda la questione dell’etere in connessione con la
meccanica quantistica. Nell’ambito della teoria di Lorentz, tutte le parti dell’etere dovevano
pensarsi immobili, l’una rispetto all’altra, e l’etere a riposo costituiva un sistema di riferimento
distinguibile dagli altri. L’etere di Lorentz restava sempre in quiete assoluta e quindi
privilegiava nettamente un sistema di riferimento, quello specificato dalla teoria di Lorentz
dell’elettromagnetismo. Con la pubblicazione della sua teoria della relatività speciale, Einstein
mostrò di non essere d’accordo con la concezione di Lorentz dell’elettromagnetismo. La visione di
Lorentz in cui da un lato tutti i sistemi inerziali erano perfettamente equivalenti per formulare le
leggi della meccanica newtoniana e, dall’altro lato, uno di questi sistemi, quello in cui l’etere
era a riposo, risultava privilegiato nella formulazione delle leggi dell’elettromagnetismo, era
incompatibile con la relatività speciale. Nella relatività speciale di Einstein non ha senso
considerare l’etere in quiete assoluta in quanto questo tipo di etere, privilegiando nettamente un
sistema di riferimento, è incompatibile con il principio di relatività. Einstein introdusse così un
nuovo tipo di etere, che può essere definito “etere relativistico” o “etere inerziale”.

Nell’ambito della sua teoria, la nozione di movimento, ivi incluso il caso particolare dello stato
di quiete, poteva essere applicata solo ai sistemi di riferimento inerziali, perché questi erano i
soli ad essere in grado di muoversi uno rispetto agli altri, cambiando la loro posizione relativa;
invece, per Einstein, nessun stato di movimento e, in particolare, nessun stato di quiete, poteva
essere attribuito all’etere, i concetti di moto e di quiete in questo caso erano totalmente
inapplicabili. Pertanto, l’etere di Einstein era privo di qualsiasi tipo di movimento, quindi anche
della possibilità di essere immobile. Aveva, insomma, proprietà mai viste, che impedivano anche di
immaginarlo composto di corpuscoli o di parti, perché queste si sarebbero inevitabilmente trovate in
un qualche stato di movimento. Questa nuova (strana) descrizione era inevitabile se l’etere doveva
apparire esattamente lo stesso in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Occorre tuttavia
sottolineare che la concezione einsteiniana di etere non è in grado di risolvere un importante
problema della microfisica, vale a dire la propagazione delle onde quantistiche. Nella formulazione
di Einstein e del fisico francese de Broglie, ciascun oggetto materiale, nell’ambito della fisica
microscopica, deve essere pensato come costituito da un’onda e da un corpuscolo contemporaneamente,
con l’onda che ha il ruolo di guidare il corpuscolo durante il suo movimento (questa idea, nota come
dualismo oggettivo onda-corpuscolo, costituisce il punto di partenza verso il recupero di una
descrizione causale dei fenomeni quantistici). Nella visione di Einstein, queste onde quantistiche
dovevano essere prive di energia e, purtuttavia, oggettivamente reali. Le onde degli oggetti
microscopici avrebbero allora dovuto essere delle oscillazioni dello spazio fisico (etere), ma la
teoria della relatività speciale dichiarava completamente equivalenti tutti i sistemi di riferimento
inerziali ed escludeva l’esistenza di un sistema di riferimento privilegiato nel quale un mezzo
etereo potesse essere mediamente immobile.

L’etere relativistico introdotto da Einstein, essendo privo di ogni tipo di movimento, non può
pertanto permettere di spiegare la propagazione delle onde quantistiche: un mezzo per il quale non
si possa nemmeno concepire uno stato di movimento non può certo fare da supporto alla propagazione
di onde! L’etere di Lorentz, invece, essendo in quiete assoluta, può fungere da mezzo per la
propagazione di onde e, quindi, per quanto riguarda il problema del dualismo oggettivo
onda-corpuscolo, presenta notevoli vantaggi sulla relatività speciale. Se si tiene conto che il
dualismo oggettivo onda-corpuscolo consente di spiegare in modo consistente tutti i risultati
sperimentali riguardanti il mondo microscopico, ne deriva allora che, per quanto concerne il
problema dell’etere in connessione con la meccanica quantistica, la teoria di Lorentz è in grado di
dipingere un’immagine più soddisfacente dell’universo rispetto alla relatività speciale di Einstein.

Sviluppi recenti

Alcuni significativi sviluppi recenti forniscono altri importanti elementi per cui la teoria di
Lorentz può essere considerata più convincente della relatività speciale einsteniana. Innanzi tutto,
Selleri ha messo in rilievo che l’esistenza della radiazione cosmica di fondo (o, in altri suoi
articoli, l’esistenza della luce che ci giunge da tutte le direzioni dalle diverse stelle) può
definire un sistema di riferimento che nessuno può ignorare. Secondo Selleri, nel mondo reale il
sistema di riferimento in cui la radiazione considerata è isotropa è il più fondamentale e quindi
deve essere privilegiato rispetto agli altri. Inoltre, Selleri ha mostrato che le trasformazioni di
Lorentz usate da Einstein e Lorentz sono solo un caso particolare di un insieme di trasformazioni
più generali che richiedono l’esistenza di un sistema di riferimento privilegiato in situazione
stazionaria. Considerando due sistemi di riferimento inerziali e S che soddisfano i seguenti
requisiti
i) hanno le origini sovrapposte all’istante iniziale e gli assi paralleli ed equiversi
ad ogni istante; ii) il sistema S si muove rispetto al sistema con velocità costante v diretta come
la prima coordinata spaziale; iii) lo spazio è omogeneo e isotropo, e il tempo è omogeneo, almeno se
giudicato da osservatori a riposo in ; iv) in la velocità della luce di sola andata ha lo stesso
valore c in tutte le direzioni; v) la velocità della luce di andata e ritorno è la stessa in tutte
le direzioni e in tutti i sistemi di riferimento inerziali; vi) gli orologi a riposo in S vanno più
lentamente, rispetto a quelli che sono a riposo in , secondo il solito fattore relativistico
dipendente dalla velocità (cioè 1/ )

Selleri ha mostrato che le trasformazioni generali delle coordinate spazio-temporali da a S
contengono un parametro libero (il coefficiente della prima coordinata spaziale nella trasformazione
del tempo), termine convenzionale detto anche ‘fattore di sincronizzazione’, e che la teoria della
relatività speciale viene ottenuta per un particolare valore di . Diversi valori di corrispondono a
diverse teorie dello spazio e del tempo che sono in larga misura equivalenti, nel senso che numerosi
esperimenti sono spiegati ugualmente bene da tutte le teorie del set. In tutti i casi, tranne che
nella relatività speciale, tali valori implicano l’esistenza di un sistema di riferimento
privilegiato.

L’equivalenza di queste teorie non è tuttavia completa: se si richiede che ci sia una continuità
fisica tra sistemi di riferimento inerziali e sistemi di riferimento dotati di una piccola
accelerazione (e questa, come sottolinea giustamente Selleri, è una richiesta del tutto legittima e
naturale, in quanto la nostra conoscenza empirica di sistemi di riferimento inerziali è ottenuta in
laboratori che hanno di fatto una piccola, ma non nulla, accelerazione, a causa per esempio della
rotazione della Terra), si rompe l’equivalenza tra le teorie dell’insieme e si dimostra che quella
più semplice, basata su =0, spiega le osservazioni meglio della relatività speciale. Solo la teoria
dello spazio e del tempo che corrisponde a =0 è insomma in grado di evitare la discontinuità
relativistica tra sistemi inerziali e sistemi accelerati. La condizione =0 corrisponde alla
simultaneità assoluta: due eventi che hanno luogo in diversi punti e allo stesso istante per
osservatori che si trovano a riposo in un sistema inerziale devono essere giudicati simultanei anche
da osservatori a riposo in un altro sistema inerziale S.

La teoria dello spazio e del tempo basata su =0 si presenta meglio della teoria della relatività
speciale anche su un’altra questione significativa: la possibilità che esistano segnali
superluminali. Ci sono diverse evidenze sperimentali che qualche volta la radiazione
elettromagnetica possa propagarsi con una velocità di gruppo maggiore del normale valore c: questi
segnali vengono di solito chiamati “segnali superluminali” o “tachioni”. Ebbene, in tutte le teorie
corrispondenti a (e, in particolare, la relatività speciale) l’esistenza di segnali superluminali
genera dei paradossi causali, situazioni assurde nel senso che, almeno in linea di principio,
sarebbe possibile modificare attivamente il passato, anche in modo da negare la realtà del presente.
Invece, la teoria basata su =0 è in grado di superare questi paradossi causali e fornisce un quadro
soddisfacente per l’esistenza di segnali superluminali. Nella teoria dello spazio e del tempo basata
sulla sincronizzazione assoluta, come mostrato da Selleri, nessuno scambio di segnali superluminali
può portare a un paradosso causale. La spiegazione dei fenomeni relativistici da parte della teoria
corrispondente a =0 riesce clamorosamente bene.

Se si ammette che lo spazio in cui il movimento ha luogo sia fisicamente attivo, rappresenti un
sistema privilegiato distinguibile dagli altri e quindi che il movimento assoluto generi effetti
fisici sui corpi in moto, tutti i paradossi possono essere eliminati (per esempio, esemplare è la
soluzione del paradosso dei gemelli: il gemello che è partito con l’astronave invecchia più
lentamente di quello che è rimasto sulla terra, perché la sua velocità assoluta è maggiore). Siccome
la teoria dello spazio e del tempo che corrisponde a =0 implica l’esistenza di un sistema di
riferimento privilegiato, questi risultati recenti di Selleri ci permettono in qualche modo di
recuperare l’etere di Lorentz. I risultati ottenuti da Selleri ci forniscono quindi altri importanti
elementi per cui l’interpretazione di Lorentz della fisica relativistica può essere considerata più
soddisfacente rispetto alla relatività speciale di Einstein.
Altre considerazioni In
questo articolo, abbiamo mostrato che la teoria di Lorentz si presenta meglio della relatività
speciale di Einstein sotto diversi importanti aspetti (l’etere in connessione con il dualismo
oggettivo onda-corpuscolo, la continuità fisica tra sistemi inerziali e sistemi aventi una debole
accelerazione e i segnali superluminali). Sulla base delle considerazioni che sono state fatte, si
può anche arrivare all’idea che la relatività speciale einsteniana sia una teoria inutile (o,
almeno, meno adeguata, rispetto alla teoria di Lorentz, a descrivere la fisica delle alte velocità).

Può allora sorgere, in modo del tutto naturale, la domanda se questa teoria proposta da Einstein
non possa essere dimostrata falsa e quindi venire “archiviata”. La risposta è negativa se la
dimostrazione si volesse fare in modo diretto, per la semplice ragione che i due postulati di tale
teoria (in particolare, il primo) sono talmente eterei ed inafferrabili da rendere praticamente
impossibile qualsiasi affermazione sul loro conto. In compenso, però – come viene sottolineato
chiaramente nell’introduzione del libro Einstein e il Talmud di Bruno Thüring – una dimostrazione
può forse essere raggiunta per reductio ad absurdum, ragionando nei termini seguenti. La contrazione
di Lorentz, vista come puro fatto empirico, ha un campo di applicabilità molto specifico e
perfettamente delimitato, fuori del quale non è più valida; questo campo è la misurazione, per mezzo
di segnali elettromagnetici, di parametri geometrici e cinematici di corpi materiali in movimento
relativo. La relatività speciale di Einstein invece ha pretese universalistiche, per cui la stessa
contrazione di Lorentz, vista adesso non come puro fatto empirico ma come conseguenza dei due
postulati su cui essa si basa, dovrebbe acquistare applicabilità anche in campi al di fuori di
quello specifico in cui essa fu scoperta.

Ora è un fatto che, quando si operi il tentativo di applicare la contrazione di Lorentz a quei campi
che empiricamente non le competono (in modo particolare la statica, ma pure la termodinamica), ne
dovrebbero risultare improbabili e fantasmatici effetti che, neanche a dirlo, non sono mai stati
osservati . Tanto per fare un esempio: si consideri una bilancia in equilibrio rispetto ad un
osservatore a riposo. Quando l’osservatore dovesse incominciare a muoversi rispetto alla bilancia,
egli dovrebbe osservare che i suoi bracci incominciano a ruotare attorno al fulcro. Ne segue che la
relatività speciale di Einstein (non la contrazione di Lorentz), sia pure per reductio ad absurdum,
può essere anche “sperimentalmente” dimostrata falsa. Nonostante le diverse importanti questioni su
cui la teoria di Lorentz sembra preferibile alla relatività speciale di Einstein, va tuttavia
ribadito che la relatività speciale continua a essere lo schema teorico di base della fisica delle
alte velocità. Invece, l’interpretazione di Lorentz viene spesso emarginata e messa da parte per
“ragioni” che sono difficili da comprendere.

SpaceLife Institute – Davide Fiscaletti © 2005 Bibliografia Bergia (1998). S. Bergia, Einstein:
quanti e relatività, una svolta nella fisica teorica, I Grandi della scienza, Le Scienze, Milano,
dicembre 1998. Kostro (2001). L. Kostro, Einstein e l’etere, edizioni Dedalo, Bari, 2001. Selleri
(1990). F. Selleri, Space-time transformations in Ether Theories, “Z. Naturforsch”, 46A, 1990.
Selleri (1995). F. Selleri, Inertial Systems and the Transformations of Space and Time, “Physics
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FOR THE 21st CENTURY, 5-9 June 2000, natural Philosophy Association (Boston) and University of
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2002. Selleri (2003). F. Selleri, Lezioni di relatività. Da Einstein all’etere di Lorentz, Progedit,
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F. Toscano, Il genio e il gentiluomo, Sironi, Milano, 2004.

www.scienzaeconoscenza.it/articolo.php?id=4439

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