The Divine Cosmos: capitolo 2.1

pubblicato in: AltroBlog 0

The Divine Cosmos: capitolo 2.1

di David Wilcock

Capitolo Due

LUCE SULLA FISICA QUANTICA

di David Wilcock

2.1 – MECCANICA BASILARE DEL QUANTUM ETERICO

Gli esperimenti del dott. Kozyrev forniscono un punto di vista radicalmente differente sulla materia
e le sue interazioni e connessioni con l’ambiente circostante, rispetto a ciò che si dice nella
scienza ufficiale. Perciò, per giustificare il motivo per cui la materia incrementa e decrementa
leggermente di peso è necessario pensare a un nuovo modello di meccanica quantica, basato sulle
interazioni con una fonte non-elettromagnetica di energia fluida. Questioni di tipo più esoterico,
collegate al modo di connettersi dei campi torsionali con la coscienza e la spiritualità saranno
discusse nei successivi capitoli; a questo punto, il nostro proposito principale è quello di
stabilire in fisica un sistema di lavoro che spieghi esattamente che cosa sia la materia. Se non
altro, le scoperte di Kozyrev ci fanno capire che non possediamo ancora un modello adeguato per
rispondere a questa domanda.

Per fortuna, molti pensatori esperti stanno affrontando i problemi relativi alla fisica quantica, e
sono riusciti ad illustrare modelli basati sull’etere che rispondono a queste assillanti questioni,
ma questi risultati sembrano essere stati completamente ignorati nella comunità scientifica
ufficiale occidentale. Fra questi pionieri possiamo includere i professori Milo Wolff, Vladimir
Ginzburg, Volodymyr Krasnoholovets, Charles Cagle, “Smart 1234”, John Nordberg, Henry Myers, Harold
Aspden, R.B. Duncan, Buckminster Fuller, Oliver Crane, il Ten. Col. Tom Bearden e molti altri.
Ognuna di queste fonti contiene differenti pezzi del ‘puzzle’, ma immaginiamo che il lavoro di Rod
Johnson possa servire a spiegare una serie di paradossi restanti – di questo studioso parleremo nel
capitolo quattro. Anche se certamente è possibile per autori futuri presentare un modello completo e
unificato, tratteremo solo alcune interessanti linee guida allo scopo di dimostrare che un simile
modello può e deve invece esistere.

2.2 – LA NUOVA VISONE DELLA RELATIVITA’ IN GINZBURG

I primi concetti chiave che desideriamo esplorare sono da collegarsi all’opera del dott. Vladimir
Ginzburg, nato a Mosca e trasferitosi negli USA con la famiglia nel 1974. Dopo la laurea in scienze
tecniche nel 1968, egli si trovava certamente nella migliore posizione per conoscere le scoperte di
Kozyrev, uno dei maggiori astrofisici russi. Come detto, nell’ex-Unione Sovietica esisteva un forte
desiderio del regime di stendere un velo di segretezza su questi argomenti, infatti Ginzburg stesso
non menziona Kozyrev nelle sue opere. Nondimeno, Ginzburg scoprì che potevano essere effettuate
poche semplici modifiche alle comuni equazioni facenti parte della teoria della relatività senza
creare discordanze con le osservazioni note e, per di più, riuscendo a spiegare le anomalie di
modificazione del peso della materia che già Kozyrev aveva notato.

La teoria della relatività afferma che un oggetto aumenta gradualmente la sua massa una volta che è
stato sottoposto ad accelerazione. Secondo il pensiero scientifico convenzionale, nessun oggetto può
superare la velocità della luce, perché appena esso raggiunge tale velocità, secondo le equazioni
l’oggetto diventerebbe infinitamente grande. Allora, in termini approssimativi, Ginzberg trovò che
era possibile invertire completamente queste equazioni senza violare alcuna regola scientifica.
Questo significa che invece di diventare più grande, un oggetto avrebbe addirittura rilasciato
energia verso l’etere nel momento in cui fosse stato spostato, provocando così la perdita graduale
di tutte le sue caratteristiche profonde di massa gravitazionale, massa inerziale e polarità
elettrica qualora avesse raggiunto la velocità della luce. Ginzberg presenta questi nuovi concetti
nei seguenti termini: [grassetto nostro]

Le caratteristiche principali di queste nuove equazioni sono:

– Sia la massa gravitazionale che quella inerziale di una particella decrescono quando la
sua velocità aumenta.

– La polarità elettrica di una particella decresce allo stesso modo quando la sua velocità
aumenta…

Come si vede, la massa (peso) complessiva di un oggetto è rappresentata sia dalla massa
gravitazionale che da quella inerziale, le quali sono semplicemente misure del comportamento della
gravità e dell’inerzia su di un oggetto. Curiosamente, sia la gravità che l’inerzia manifestano
essenzialmente effetti identici sulla materia; ciò è noto come il “Principio di Equivalenza” di
Einstein. Tale principio ci mostra che la gravità e l’inerzia sono due forme della stessa energia di
uguale forza, una (la gravità) che si muove verso giù, e l’altra (l’inerzia) che provoca la
resistenza al movimento nello spazio. Questo è uno dei modi più semplici per capire che deve allora
esistere un ‘etere’ o ‘vacuum fisico’, che risiede dietro queste forze, come aveva già notato
Kozyrev. Così, dopo aver iniziato ad accelerare un oggetto (che abbiamo già detto essere simile ad
una spugna immersa nell’acqua in questo nuovo modello), la pressione aggiunta comprimerà atomi e
molecole dell’oggetto causando con sempre maggior evidenza il rilascio del suo etere.

Ginzburg poi continua:

Potreste non essere preparati ad abbandonare subito le vecchie equazioni relativistiche. Ma quando
lo sarete, scoprirete molte cose interessanti:

– Solo quando una particella è a riposo può essere considerata come materia ‘pura’. Appena la
particella comincia a muoversi, la sua massa gravitazionale e la polarità elettrica inizieranno a
decrescere, in accordo con le nuove equazioni relativistiche, così che una parte della sua materia
sarà convertita in un campo. Quando la velocità della particella diventa uguale all’ultima velocità
di campo a spirale “C”, la sua massa gravitazionale e polarità elettrica diverranno uguali allo
zero. A quel punto, la materia sarà completamente convertita in un campo ‘puro’.

“L’ultima velocità di campo a spirale ‘C’” menzionata da Ginzburg è leggermente più alta della
normale velocità della luce, a causa del percorso a spirale che egli ritiene ogni energia debba
seguire. Questo semplice cambio nelle equazioni della relatività base porta quindi ad una nuova
fisica quantica della trasmutazione, contenente il concetto che un oggetto può sparire completamente
dalla nostra realtà fisica conosciuta. E questo conduce dritto ad un nuovo interrogativo: “Sparisce
per andare dove?”

2.3 – MISHIN E ASPDEN TROVANO ENTRAMBI DIFFERENTI LIVELLI DI DENSITA’ DELL’ETERE

Ginzburg asserisce che un oggetto diviene ‘campo puro’ quando la sua velocità si avvicina a quella
della luce. In ogni caso, risulta piuttosto evidente che ci sono differenti livelli vibratori
dell’etere, e perciò possiamo dedurre che quando un oggetto viene accelerato verso la velocità della
luce, sia per mezzo di moto lineare, che per vibrazione interna o per azione energetica correlata,
l’energia mancante e la massa vengono semplicemente spostate in un livello vibratorio di etere più
elevato. In questo libro ci riferiremo a questi livelli chiamandoli ‘densità’. Ad esempio, facendo
pressione su un pallone per mezzo della sua immersione nell’acqua, è possibile spostarlo
gradualmente facendolo passare da ‘aria interna’ ad ‘acqua interna’, la quale è peraltro più densa.
Rilasciando la pressione, la più elevata pressione dell’acqua provocherà uno scoppiettìo del pallone
che si ritrova di nuovo nell’atmosfera. Si noterà che nulla della forma base del pallone è cambiato.
Anche se si tratta di un’analogia piuttosto rudimentale, è senz’altro la migliore per spiegare molte
anomalie di cui discuteremo nel libro.

Alcuni scienziati come Mishin, Aspden, Tesla e Keely hanno scoperto, indipendentemente gli uni dagli
altri, che l’etere è suddiviso in differenti livelli di densità. Apprendiamo da queste scoperte che
le qualità della materia e dell’energia saranno differenti secondo la densità, cosa che comporta un
cambiamento nelle leggi-base della fisica per ogni livello di densità raggiunto. Parleremo
brevemente delle loro scoperte per inserire le loro argomentazioni nel giusto contesto.

Prima di tutto, il dott. A.M. Miskin di S. Pietroburgo, Russia, ha condotto misurazioni molto
approfondite per lunghi periodi di tempo nel suo laboratorio, ed ha dimostrato che l’etere esiste
simultaneamente in diversi stati, e che lo stato che si rileverà dipende dal tipo di turbolenza
disturbante che si crea. Queste scoperte sono state fatte con misurazioni prese per mezzo di sistemi
elettromeccanici auto-oscillanti, simili ad alcuni schizzi di Kozyrev, con in più un celato
‘componente nascosto’, più adatto a rilevare onde di torsione da sistemi biologici che da sistemi
inorganici. Con questo tipo di misurazioni, Mishin ha potuto rilevare quanto segue:

– La ‘temperatura’ dell’etere, ossia la quantità di disturbo vibratorio contenuto in esso;

– La direzione e la polarizzazione dell’etere;

– I movimenti fluenti, o ‘flussi’ dell’etere.

Mishin ha numerato le differenti densità dell’etere come segue:

– Ether-1 che funziona come un corpo solido;

– Ether-2 che funziona come un denso liquido superfluido;

– Ether-3 che funziona come un corpo gassoso, connesso con il moto molecolare;

– Ether-4 che è lo stato osservabile a livello di energia del plasma stellare;

– Ether-5 che corrisponde ai processi galattici.

Come possiamo vedere, ogni livello di etere scoperto da Mishin possiede un differente livello di
densità rispetto agli altri, più chiaramente visibile nei primi tre, che sono ovviamente in ordine
decrescente di densità. Dobbiamo ricordare che Mishin non è l’unico scienziato ad avere scoperto le
diverse densità dell’etere. Fin dagli anni ’50, il dott. Harold Aspden ha documentato scoperte
simili, e in questo caso queste scoperte sono state confermate da equazioni estensive. Per di più,
tutte le argomentazioni principali del lavoro di Aspden hanno successivamente superato processi di
revisione accademica e sono quindi stati pubblicati in prestigiose riviste scientifiche; di questo
materiale daremo conto negli ultimi capitoli. Ancora, il fisico del XIX secolo John Keely aveva già
classificato sette differenti densità di etere, probabilmente per mezzo di una scoperta simile a
quella del dott. Mishin.

Tutte queste ricerche ci permettono di introdurre il concetto che questi differenti livelli di
densità di energia eterica corrispondono a differenti ‘dimensioni’ o piani di esistenza. Molti
insegnamenti di antiche scuole misteriche sembrano accordarsi sul fatto che esista un Ottava di
sette maggiori densità che corrisponde ai sette colori dell’arcobaleno e alle sette note della scala
diatonica; di ciò si è parlato nei nostri volumi precedenti. Una soluzione ai bizzarri problemi
matematici delle ‘dimensioni superiori’ così splendida ed elegante è esattamente ciò che aspettiamo
di incontrare in un Cosmo Divino. Le più pure e armoniche vibrazioni della luce visibile e del suono
udibile sono entrambe convenientemente organizzate in un sistema di Ottave, e appare chiaro che le
vibrazioni dell’etere non possano essere diverse.

Anche se continueremo a presentare nuove informazioni nel corso del libro, è chiaro che l’effetto
combinato dei modelli di Mishin e di Aspden, relativo ad un etere ‘multilivello’ rappresenterà un
punto di riferimento importante. Mishin ci fornisce la diretta evidenza dell’osservazione che tali
livelli esistano, mentre Aspden ci dà un completo sistema matematico che spiega come e perché tali
livelli esistano. Non è mai esistita una teoria dei quanti in grado di spiegare i misteriosi e
documentati effetti relativi agli oggetti che appaiono, scompaiono e/o riappaiono intorno a noi.
Questi effetti includono anche le anomalie del Triangolo delle Bermuda e altri simili vortici, e
ugualmente fenomeni scientificamente documentati di telecinesi, come quelli recentemente emersi in
Cina nel libro di Paul Dong China’s Super Psychics, che sarà discusso più avanti. Il materiale in
questo libro mette in evidenza una teoria che esplicita questi requisiti. Ancora più importante il
fatto che stabiliremo che queste differenti densità eteriche devono per forza corrispondere a
differenti livelli di intelligenza e di conoscenza. Per ora, continuiamo ad esplorare le basi.

2.4 – GINZBURG E LA ‘DYNOSFERA’

Il dott. Ginzburg suggerisce anche che queste nuove equazioni della relatività rivelano l’esistenza
di onde spiraliformi di energia, e un ‘campo a spirale’ che si muove in un etere fluido e
simil-sferico che egli definisce “dynosfera”:

La dinosfera è un assemblaggio delle bolle di campo che occupano l’intero spazio nell’universo.

Ovviamente, la teoria di Ginzburg è in esatta armonia con le scoperte di Kozyrev. In definitiva,
l’etere deve essere visualizzato, al livello più sottile, come un’essenza composta da bolle sferiche
di energia eterica che esistono nell’intero Universo. Le onde di torsione si muovono attraverso
questo etere provocando ‘bolle di campo’ che si incontrano le une con le altre. Nessuna bolla di
muove in realtà molto lontano rispetto alla sua posizione, come accade ad un gruppo di oggetti
galleggianti che rimangono essenzialmente nella loro posizione quando le onde attraversano l’acqua.
Ogni volta che un impulso di quantità di moto raggiunge una bolla di campo, la bolla successivamente
va a collidere nei paraggi, trasferendo il moto. L’impulso continuerà ad essere trasferito attorno
anche se tutte le bolle vanno a posizionarsi nelle stesso modo in cui si trovavano all’inizio.

Il nuovo modello di Ginzburg ci porta a considerare l’idea che gli atomi e le molecole sono
semplicemente formazioni di vortici, come gli anelli di fumo o i mulinelli, i quali vanno a formare
all’interno di questo etere fluido ciò che egli chiama dynosfera. Anche se Ginzburg e molti altri
hanno fornito molte evidenti prove dei loro asserti, la maggior parte degli scienziati ufficiali
continuano ad ignorare questi concetti. In tal modo, essi restano fermi all’interno di confortevoli
edifici di pensiero basati sul concetto che gli atomi sono costituiti da particelle. Invece,
dimostreremo ora che il modello a particella non è nulla di più che una credenza messa su da una
serie di supposizioni.

2.5 – SUPPOSIZIONI DELLA FISICA QUANTICA

Niels Bohr per primo portò avanti il modello dell’atomo detto ‘magnetron’, basato sulle particelle
che orbitano le une con le altre come un piccolo sistema solare. Molti non sanno che questo modello
non può essere vero ed è in realtà fuorviante, poiché una quantità di esperimenti conferma che le
cosiddette ‘particelle’ si comportano come se fossero onde. Questo porta a problemi che possono
indurre in confusione, come il paradosso del Gatto di Schroedinger e il Principio di
Indeterminazione di Heisenberg, entrambi i quali cercano di dirci che gli atomi non sono in realtà
‘reali’ ma sono solo ‘probabilità’ a livello quantico. Avere qualcosa che non è ‘reale’ come
fondamento di una scienza della materia sembra assurdo. Dobbiamo qui ricordare che la maggior parte
delle nostre conclusioni sul regno dei quanti sono solo supposizioni, messe su soltanto attraverso
due fonti indirette:

1. analisi spettroscopica

2. analisi della traccia di vapore

Il primo punto della lista è più semplice di quanto si possa immaginare. Un particolare elemento
(gruppo di atomi) viene collocato in un piccolo contenitore trasparente finché non raggiunge uno
stato mutevole di energia, cosa che provoca il rilascio di luce (fotoni). Quindi, una speciale forma
di luce viene irradiata nell’elemento, che esercita pressione sui fotoni rilasciati, cosicché essi
passano attraverso un prisma (lens) o una grata (slot) che li fa rifrangere in uno spettro dei
colori dell’arcobaleno. Lo spettro viene quindi registrato ed analizzato, e a causa della qualità
unica della radiazione luminosa proiettata attraverso l’elemento mutevole (chiamata appropriatamente
radiazione del ‘corpo scuro’), la ripresa filmerà solo una piccola serie di linee colorate
verticali. Queste linee sono formate da un numero incalcolabile di fotoni rilasciati dall’elemento
chimico, a determinate esatte frequenze di colore. Così sappiamo tutti per certo che gli atomi sono
in grado di rilasciare certe frequenze di colore luminose (i fotoni), che sono state quindi
sottoposte ad analisi – nulla più di una supposizione informata.

La seconda categoria di misurazioni quantiche è l’analisi della ‘traccia di vapore’ o ‘camera a
bolla’. Il mezzo adoperato per rilevare le ‘particelle’ è una tipica camera a vetro riempita con gas
altamente pressurizzato, come vapore acqueo. La pressione è così elevata che non possono essere
inserite all’interno altre molecole, e quando una ‘particella’ satura viaggia attraverso il medium,
crea visibili disturbi. Ecco la spiegazione del dott. Milo Wolff sull’argomento:

Il secondo tipo di misurazione riguarda l’indirizzamento di singole particelle sature entro un
medium che registrerà il percorso della particella astraendo parte delle sua energia allo scopo di
creare una sorta di reazione visibile nel medium. Un film fotografico e l’aria saturata di vapore o
ancora dei liquidi costituiscono i media comuni. Negli ultimi due casi il passaggio della particella
[attraverso il medium] provoca una sottile nebbia formata da particelle o bolle; perciò il metodo è
definito ‘camera a nube’ o ‘a bolla’. Se è presente un campo magnetico, il percorso della particella
è curvato [in una spirale] e la misurazione del percorso permette il calcolo di massa, velocità ed
energia.

Come indica Wolff, la gran parte delle nostre credenze sulle particelle proviene da questi due tipi
di misurazione e dalle supposizioni inferite da ciò. Un caso addizionale di ‘prova’ concerne l’idea
che gli atomi possiedono un nucleo di particelle. Tale assunto deriva dall’esperimento di Rutherford
in cui egli aveva bombardato una sottile lastra d’oro con protoni ad alta energia, e misurato quanti
di essi riuscivano ad oltrepassare la lastra. Un numero molto esiguo benché misurabile di protoni
non riuscivano a farlo, perciò Rutherford concluse che quei protoni venivano rimandati indietro da
un sottile ‘nucleo’ nel centro dell’atomo e che il resto dell’area era formato da un ampio ‘spazio
vuoto’.

Così, abbiamo l’esperimento di Rutherford, l’analisi spettroscopica e della camera a bolla come
fondazione a partire da cui la maggior parte delle supposizioni sulla fisica quantica prendono
forma. Nessun atomo è stato mai lontanamente osservato visualmente fino al 1985, anno in cui i
Laboratori di ricerca Almaden della IBM sono riusciti per primi ad usare un microscopio a tunnel per
elettroni allo scopo di fotografare realmente l’organizzazione delle molecole di germanium in una
macchia d’inchiostro. Ciò che possiamo osservare di questo esperimento in Figura 2.1. sono degli
oggetti indistinti e sfuocati di forma sferica che sembrano possedere alcune qualità geometriche
non-sferiche nella loro forma e che si trovano in un modello organizzativo estremamente
geometrizzato, cosa che ha costituito una certa sorpresa per la scienza convenzionale. L’immagine è
stata colorata artificialmente in arancione e verde per permettere all’occhio di discriminare fra i
due tipi di atomi riscontrabili in essa:

Ancora, quando i fisici quantici hanno studiato gli ‘elettroni’ dell’atomo, hanno osservato che essi
non sono in realtà dei ‘punti’, ma piuttosto delle forme lisce, una sorta di ‘nube’ a forma di
lacrima in cui il punto più stretto della ‘goccia’ converge in un punto molto piccolo verso il
centro (Figura 2.2.). Per rendere maggiormente l’idea, ripresentiamo estratti dal libro del dott.
Wolff (grassetto e corsivo nostri):

p. 122 – Non esistono orbite dell’elettrone! Chiunque possieda la nozione di elettroni che orbitano
attorno al nucleo commette un terribile errore! Se possedete una simile idea, scartatela
immediatamente. Al contrario, tutti i calcoli e tutti gli esperimenti dimostrano che non esiste
nessun moto orbitale tipo satellite in un normale atomo. Invece, esistono strutture di onde a
riposo. Per esempio, nel caso N = 1 nella Figura 9-1 [in questi diagrammi, M = 0 e L = 0], vediamo
che la struttura di onde a riposo è del tutto sferica. Il centro della struttura dell’elettrone è
anche il centro della struttura del protone. Questa è la situazione normale degli atomi H
nell’universo; essi possiedono una simmetria sferica, non delle orbite.

p. 133 –

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *