“IMPARARE AD ASCOLTARE”. LA F.I.M. E LO STATO DELLA MUSICOTERAPIA IN ITALIA

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“IMPARARE AD ASCOLTARE”. LA F.I.M. E LO STATO DELLA MUSICOTERAPIA IN ITALIA

Vi presentiamo il primo di una serie di interessanti articoli riguardanti la Musicoterapia.
Ringrazio la F.I.M. e la Prof.ssa Giulia Cremaschi Trovesi per averci messo a disposizione il
materiale pubblicato, tratto dal sito internet www.musicoterapia.it e dagli Atti F.I.M. del
Congresso Internazionale di Musicoterapia, Bologna 2005.

Dott.ssa Laura Sacchiero

www.classicaonline.com/medicalsound/24-02-06.html

Nel panorama italiano attuale è opportuno utilizzare il termine “musicoterapie” piuttosto che
musicoterapia. A fianco di corsi seriamente organizzati che verificano la preparazione musicale e
culturale degli iscritti, ci sono corsi aperti a chiunque. Potrà sembrare impossibile ma ci sono
ancora corsi che non richiedono né la maturità superiore, né studi musicali. Siffatti corsi
autorizzano a pensare che per interessarsi a persone colpite da handicap fisici, psichici,
psicofisici non sia richiesto un livello culturale superiore alla terza media. La musica vale meno
ancora poiché non è neppure contemplata.

In considerazione di questo quadro italiano non stupisce se nel 1999, in occasione del Congresso
mondiale di musicoterapia la Federazione Mondiale (W.F.M.T., World Federation of Music), nel suo
bollettino intitolato “Newsletter”, pubblicando l’elenco dei corsi di musicoterapia istituiti vari
paesi del mondo, ha valutato come “undergraduate (grado inferiore)” i corsi italiani e
“postgraduate” (grado superiore) i corsi negli altri paesi del mondo.

Nel maggio del 1998, prima ancora della valutazione fatta dalla W.F.M.T., un gruppo di
professionisti interessati a qualificare la musicoterapia nel nostro paese, hanno fondato la F.I.M.
Federazione Italiana Musicoterapeuti. Per dimostrare i loro intenti, i fondatori della F.I.M. hanno
organizzato, nel giugno del 2000 ad Assisi, presso la Cittadella Christiana, il loro primo
Congresso. I lavori congressuali sono stati improntati sul dimostrare, attraverso la documentazione
dei risultati, la validità della musicoterapia fondata sulla conoscenza della musica e su una
particolare sensibilità nel farne uso. L’efficacia della musicoterapia umanistica si rivela in
ambiti di intervento che riguardano l’età evolutiva, a partire dalla gestazione, fino all’età adulta
alla vecchiaia ed i malati terminali.
Gli ambiti di intervento sono: il bambino prenatale, interventi precoci per bambini con nascita
gravemente prematura, interventi precoci con bambini con esiti da lesione cerebrale anche in
presenza di epilessia, bambini sordi, bambini con ipovisione o non vedenti, autismo infantile,
problemi e/o disturbi di linguaggio (balbuzie, dislalie, disfasie ecc.), problemi di comportamento,
relazione, apprendimento, adolescenti con handicap fisici, psichici e psicofisici, il disagio
giovanile, gli adulti e gli anziani.
Il musicoterapeuta preparato in pedagogia musicale, modello A.P.M.M., è anche in grado di operare
nelle classi della scuola dell’obbligo per favorire l’inserimento e l’integrazione di bambini con
handicap o plurihandicap.

Musicoterapia in Italia…su quali modelli?

Non è certo una novità affermare che noi italiani siamo esterofili. Basta dare uno sguardo ai corsi
di musicoterapia sul nostro territorio ed ai testi di autori stranieri tradotti in italiano per
averne conferma. Purtroppo i testi italiani non sono ancora stati tradotti in altre lingue. Nei
corsi di musicoterapia sul nostro territorio (si tratta di corsi privati) i modelli di riferimento
sono sostanzialmente di due tipi:
– anglosassone. Si tratta di un modello che richiede una preparazione musicale specifica;
– sudamericano. Si tratta di un modello che non richiede una preparazione musicale specifica.

Accade, ed era inevitabile, la mescolanza, più o meno consapevole, fra i due. Gli studenti dei corsi
non sanno neppure quale miscela viene loro sottoposta. Essi, a loro volta, procederanno nel creare
nuove miscele forti del fatto che la presa della musica è così efficace da presentare sempre e
comunque aspetti positivi, in qualunque modo si operi.
Nel momento in cui ci si appoggia ad un modello di musicoterapia straniero è il caso di prendere in
esame il contesto socio – culturale – scolastico nel quale esso è sorto. Dal 1974 la società
italiana ha assunto una posizione precisa nei confronti dell’infanzia, e non solo, colpita
dall’handicap. Le porte sono state aperte ed i bambini con handicap sono stati riconosciuti in primo
luogo come bambini, pertanto degni di vivere all’interno della società. Questo ha creato, nelle
generazioni, una modificazione nel modo di intendere l’handicap; modificazione tuttora in atto nel
modo rapportarsi nei confronti dell’essere umano a partire dall’infanzia.
Il modello di musicoterapia umanistica A.P.M.M. nasce in questo contesto. In primo luogo c’è stata
la preoccupazione di svolgere l’educazione musicale in modo produttivo nella scuola dell’obbligo. È
sorta la necessità di conoscere lo studio e la pratica di chi, in passato, si era già posto questo
problema. Ecco l’importanza di conoscere metodi di educazione musicale quali: Dalcroze, Montessori,
Bassi, Orff, Kodaly, Willems. Questo non bastava. I metodi sono diversi fra loro e presentano punti
in comune. Ogni studioso ha aperto visioni allargate. Era importante continuare ad aprire
l’orizzonte. La direzione è quella dello studio della storia, in senso epistemologico ed
ermeneutico; in altre parole andare alla ricerca del valore del “che cosa si nasconde dentro”
all’opera di chi ci ha preceduto nei millenni e nei secoli. Questo significa rivedere i passaggi
storici che hanno condotto dalla pratica musicale (il canto) alla notazione musicale, per accorgersi
che le difficoltà affrontate coincidono con le difficoltà di apprendimento che si riscontrano in
classe. La ricerca di basi epistemologiche implica il ripercorrere gli studi fatti per andare alla
scoperta del loro valore. Si scopre la differenza fra la necessità di studiare per superare
interrogazioni ed esami ed il bisogno di conoscere e capire. È la famosa differenza fra un sapere
vero ed un sapere nozionistico. Il sapere verso resterà comunque una strada da percorrere, una
strada che si rinnova di giorno in giorno perché sottoposta al filtro degli eventi reali. Questo
vale per:
– la musica;
– il leggere e scrivere;
– il far di conto. Le basi epistemologiche che rendono congruenti la pedagogia musicale e la
musicoterapia riguardano:
– la ricerca di un pensiero pedagogico musicale che apre l’orizzonte verso la pedagogia in senso
lato;
– il valore simbolico della notazione musicale che porterà verso la scoperta del valore simbolico
delle lettere dell’alfabeto e dei segni con i quali rappresentiamo i numeri;
– giocare con i suoni (Dialogo Sonoro, utilizzo degli strumenti idiofoni, delle percussioni, degli
strumenti con i regoli ecc.) per accorgersi della complessità del suono (altezza, intensità, timbro,
durate) e della complessità percettiva (acustico – uditiva, visiva, cinestesica, ossia il
coinvolgimento della corporeità attraverso le emozioni):
– giocare con i suoni (improvvisazione clinica al pianoforte) con le conoscenze del musicista, per
valorizzare ciò di cui è fatta la musica ai fini del percorso terapeutico: ritmo, melodia, armonia;
– l’importanza degli errori degli allievi come momento per comprendere il loro modo di perdersi
(errore – errare), per scavare in profondità e cogliere passaggi sempre più graduali che portano
verso la conoscenza;
– l’importanza della lettura dei comportamenti disturbanti, aggressivi, apatici ecc. come strada
aperta verso la corporeità, verso la ricchezza inesauribile della comunicazione non verbale;
– affrontando difficoltà sempre più grandi ci si trova nel mondo delle diversità, nel mondo
dell’handicap vissuto ed affrontato come risorsa.

Oggi è possibile affermare che una musicoterapia efficace ha basi pedagogiche e fondamenti
epistemologici. È una musicoterapia dove ogni evento, indipendentemente dell’età, dai bambini agli
adulti, agli anziani, ha motivo di essere per la presenza dei suoni che giocano fra loro (la
musica). Non esiste vita senza convibrazione perché tutto ciò che vive vibra e convibra. La
risonanza è alla base del vivere stesso. Cogliere ciò che risuona all’interno di una persona, non
importa se bambino, adulto, anziano, significa mettere in atto una sensibilità squisitamente umana
che è possibile trovare di sé attraverso un impegno nella formazione personale. Le basi pedagogiche
ed epistemologiche ci permettono di cogliere:
– la differenza fra educare ed addestrare;
– da dove arrivano certi comportamenti;
– verso dove è possibile andare.

La F.I.M: si è presentata ufficialmente nel giugno del 2000, ad Assisi, con il primo congresso
italiano di musicoterapia. Sono stati invitati ospiti stranieri per un principio di scambio di
esperienze e di collaborazione.
La presenza di Christian Guyot al Congresso ha portato una ventata di entusiasmo per la musica.
Guyot è nato con sordità congenita da fattore RH. Soltanto all’età di sei anni, poiché non parlava,
gli è stata diagnostica la sordità. La madre si è fatta carico del figlio e si è preoccupata di
seguire la crescita del figlio specializzandosi sulla sordità infantile. Ha dell’incredibile
conoscere il prof. Christian Guyot, abile oratore e conferenziere, professore di musica diplomato al
Conservatorio di Parigi in percussioni, professore d’orchestra e conduttore di un atelier per sordi
a Parigi. Egli ha incominciato a parlare verso i dieci anni. Guyot ha aperto i lavori congressuali
con un concerto, ha tenuto ripetuti workshop sulle pressanti richieste del pubblico ed ha concluso i
lavori congressuali accompagnando Marta, Elsa ed Eva, ragazzine di undici, dodici e tredici anni,
come lui sorde e, come lui, impegnate a suonare. Le tre ragazzine hanno eseguito, sul pianoforte
gran coda della Cittadella, brani di J. S. Bach e R. Schumann, prima da sole, poi accompagnate dalle
improvvisazioni alle percussioni create all’istante da Guyot.
Dai sordi si impara. Soltanto sordi come Guyot e tanti e tanti bambini seguiti in musicoterapia,
insegnano che cosa vuol dire ascoltare, che cosa vuol dire essere nel mondo, esserci, essere
protagonisti del percepire e farsi carico della propria vita.
Fare musicoterapia senza sperimentare a quali deprivazioni emotive, affettive e sociali può portare
la sordità significa restare al margine del problema.
Interagire con i sordi significa accogliere ciò che non è possibile capire per un udente. L’empatia
di cui si parla diviene una conquista che il musicoterapeuta può acquisire in un percorso di
formazione. Vengono in mente le parole di alcuni giornalisti quando chiedono, per un’intervista:
“voglio capire che cosa fate in musicoterapia, magari detto in due parole”. Ecco, non c’è niente da
capire; occorre la forza e la capacità di accogliere un altro modo di percepire che permette al
sordo, come dice Guyot: “io non sento ma continuo ad imparare ad ascoltare!”.
È il messaggio essenziale per divenire musicoterapeuta: imparare ad ascoltare.

Per approfondimenti e contatti:

F.I.M. Federazione Italiana Musicoterapeuti
via Rosciano, 15 – Ponteranica 24010 (BG)
tel./fax +39 035 570658

e-mail fim@musicoterapia.it

sito internet www.musicoterapia.it

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