Introduzione alla musicoterapia – parte 6 e fine

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Introduzione alla musicoterapia – parte 6 e fine

di Mauro Scardovelli

Prospettive future

Quali sviluppi futuri attendono la musicoterapia? In quali direzioni?

In primo luogo si nota una tendenza ad esplorare nuovi campi di applicazione. Ad esempio ci sono
lavori molto recenti con pazienti con problemi neurologici, come il morbo di Parkinson o la Corea di
Huntington (Bunt, 1994). Altre esperienze recenti, cui già abbiamo fatto cenno, sono quelle con i
comatosi, i malati terminali di AIDS (Ghiozzi, 1998) e i malati di cancro (Bunt, 1994). Su questa
linea, va rilevato che la tendenza ad ampliare le aree di intervento è una logica conseguenza della
natura stessa della musicoterapia, caratterizzata dalla transdisciplinarità e dall’orientamento al
metodo più che a specifici problemi.

Un’altra tendenza che emerge è il tentativo, spesso riuscito, di creare legami e sinergie con altri
approcci o tipi di terapia. Così è sempre più frequente la collaborazione di musicoterapeuti con
esperti in altre terapie creative ed espressive, come l’arteterapia o la danzaterapia. In Italia
abbiamo un’interessantissima esperienza di collaborazione tra musicoterapia e globalità dei
linguaggi, un metodo originale ideato da Stefania Guerra Lisi (Guerra Lisi et al., 1997). In tal
modo la competenza professionale di alcuni musicoterapisti ha arricchito la pratica della globalità
dei linguaggi, apportandovi una sua specificità. D’altra parte è vero anche il contrario: alcune
tecniche o spunti presi dalla globalità dei linguaggi sono diventati patrimonio comune a molti
nostri musicoterapisti. Come sottolinea L. Bunt, in realtà queste forme di integrazione riflettono
le antiche tradizioni di terapia, ove i guaritori facevano simultaneo e pieno utilizzo di danza,
musica, arte e teatro. E inoltre riflettono certe tendenze dell’arte contemporanea, ove in taluni
casi si nota un ritorno ad un approccio più globale, che superi i tradizionali confini tra gli
specialismi.

Altra collaborazione che si sta diffondendo è quella con i logopedisti e i fisioterapisti. Così,
varie esperienze ben documentate hanno dimostrato come la musicoterapia sia molto utile per
sviluppare alcuni prerequisiti del linguaggio, come la vocalizzazione, la discriminazione timbrica,
l’intonazione, nonché ovviamente la capacità di attenzione e concentrazione, la capacità di attesa,
l’alternanza dei turni ecc. Inoltre la musica, facendo leva sulla curiosità e sul piacere,
contribuisce in modo potente a mantenere la motivazione e l’interesse del bambino, superando la sua
ansia da prestazione o la sua noia.

In collegamento con la fisioterapia, si sta esplorando sempre più a fondo il contributo del lavoro
musicoterapico. Ci sono esperienze che dimostrano come la musica appositamente creata possa
costituire uno schema che, una volta memorizzato, induce e facilita l’esecuzione e la precisione del
movimento. In questo campo, ovviamente, la sinergia tra musicoterapista e fisioterapista deve essere
molto grande, in quanto essi si trovano a sviluppare e integrare simultaneamente due sistemi: quello
motorio e quello uditivo. Ci sono esperienze che dimostrano come grazie a questa sinergia sia stato
possibile ottenere considerevoli risultati, ad esempio l’acquisizione di una posizione eretta in
bambini che avevano sempre fallito nei loro precedenti tentativi.

Uno dei temi aperti, verso cui occorrerà cercare in futuro nuove soluzioni, è quello del limite cui
può spingersi un musicoterapeuta. Ci sono casi non infrequenti in cui il suo lavoro favorisce
potenti insight nei suoi clienti. E’ suo compito lavorare anche sul materiale verbale espresso in
seduta, o ciò esula dai limiti della sua competenza? Se si propende per la prima soluzione, che tipo
di formazione psicologica si ritiene necessaria? In realtà esiste un’alternativa che è già stata
esplorata con successo: cioè la stretta collaborazione con uno psicoterapeuta (Bruscia, 1989). Ma è
piuttosto evidente che questa alternativa non è affatto facile, in quanto i costi delle sedute
lieviterebbero alquanto, per tacere della difficoltà di trovare uno psicoterapeuta davvero
disponibile ad integrare il suo lavoro con un tipo di approccio che generalmente gli è ignoto e
talvolta anche poco comprensibile nei metodi e nelle finalità.

Sempre guardando al futuro, certamente la musicoterapia si avvantaggerà sempre più delle nuove
tecnologie elettroniche oggi disponibili, sia per la produzione e composizione dei suoni, sia per la
loro analisi, sia per la costruzione di nuovi strumenti musicali. Su questa linea, a titolo di
esempio di applicazioni già in corso, si possono ricordare:

— la tecnica dell’orecchio elettronico di Tomatis (1990), che si avvale di sofisticate elaborazioni
e filtraggi di suoni; tali apparecchiature consentono, attraverso l’ascolto di musica opportunamente
filtrata, di rieducare l’orecchio ad ascoltare l’intera gamma dei suoni udibili, con sorprendenti
conseguenze a livello psicologico e a livello della fisiologia;

— le tecniche di vibroacustica, nelle quali la musica viene fatta ascoltare attraverso le vibrazioni
di una particolare poltrona, che le trasmette direttamente al corpo del paziente: le ricerche fatte
dimostrano una notevole efficacia di questa tecnica ad esempio nell’indurre un rilassamento
profondo, nel trattamento dell’ansia e dello stress e nel recupero del movimento in soggetti
spastici (Skille et al., 1989);

— particolari tecniche di filtraggio ed elaborazione di suoni che hanno consentito di scoprire
l’esistenza di una lingua nascosta dietro la produzione vocale di alcuni bambini psicotici
apparentemente priva di ogni senso: il riascolto di tali suoni filtrati pare abbia dato poi
sorprendenti risultati nel creare un canale di comunicazione con questi bambini (Fortini, 1998).

Per concludere, la musicoterapia, essendo una disciplina transdisciplinare, e per di più ancora
molto giovane, è aperta a molti futuri arricchimenti, ampliamenti, trasformazioni, non certo tutti
prevedibili. L’auspicio è che, nel contatto e integrazione con altre pratiche e discipline, possa
diffondere il suo contributo più essenziale: l’ascolto profondo, la capacità di contatto e autentico
rispetto per l’essere umano anche più svantaggiato, e l’intensa fiducia nel potenziale delle sue
risorse creative.

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fine.

Approfondimento sul sito www.sublimen.com

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