Il Buddha vivente, il Cristo vivente di Thich Nhat Hanh

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Tratto da:

Thich Nhat Hanh
IL BUDDHA VIVENTE
IL CRISTO VIVENTE

NERI POZZA EDIZIONE
TITOLO ORIGINALE
LIVING BUDDHA, LIVING CRISTO
TRADUZIONE DI FRANCESCO BRUNELLI

Pratica devozionale e di trasformazione

La pratica della presa di rifugio puo’ essere realizzata ogni giorno,
diverse volte al giorno. Ogni volta che vi sentite agitati, tristi, timorosi
o preoccupati, potete far ritorno alla vostra isola di consapevolezza. Se la
praticate quando non attraversate delle difficolta’, sara’ per voi piu’
facile ritornare all’isola del vostro se’, quando la necessita’ e’ grande.

Non aspettate d’essere colpiti da un’ondata per far ritorno alla vostra
isola. Prendete rifugio ogni giorno vivendo consapevolmente ogni momento
della vostra vita e la pratica diventera’ un’abitudine. Poi, quando arriva
un momento difficile, sara’ naturale e facile prendere rifugio. Camminare,
respirare, sedere, mangiare e bere te’ nella consapevolezza sono tutte
pratiche di presa di rifugio.

Non si tratta di un articolo di fede. L’esperienza ne e’ il vero fondamento.
Se mai mi trovassi su un aereo e il pilota annunciasse che il velivolo sta
precipitando, praticherei la respirazione cosciente e prenderei rifugio
nell’isola del se’. So che e’ la miglior cosa ch’io possa fare. Se, sotto
sotto, sapete che sto praticando la respirazione cosciente e prendete
rifugio nell’isola del se’, avrete fiducia.

Io pratico sempre la meditazione camminata negli aeroporti. Cerco di andare
all’aeroporto per tempo cosi’ da non dovermi precipitare quando arrivo. La
respirazione cosciente unisce corpo e mente. Numerose persone definiscono la
consapevolezza il cuore della meditazione buddhista. E’ la prima condizione
per entrare in intimo contatto con qualsiasi cosa Quando praticate la
consapevolezza, entrate in comunione con lo Spirito Santo e diventate
pacifici e forti.

Prendere rifugio nei Tre Gioielli e’ il fondamento di ogni pratica
buddhista. Prendere rifugio nella Trinita’ e’ il fondamento di ogni pratica
cristiana. La pratica devozionale e quella di trasformazione possono suonare
distinte, ma come la prima puo’ essere pratica di trasformazione cosi’
quest’ultima esige devozione.

La pratica devozionale fa maggiore assegnamento sull’altro, ma c’e’ anche
uno sforzo personale. La pratica di trasformazione fa assegnamento sul se’,
ma sono necessari anche una comunita’ e un maestro. La consapevolezza e lo
Spirito Santo sono il cuore di entrambe.

L’ALTRA SPONDA

Continuazione

Recenti sondaggi mostrano che quasi un quarto degli europei e dei
nordamericani crede in alcune forme di reincarnazione.

Abbiamo la sensazione, cosi’ ci sembra, che debba esserci una vita ulteriore
con la conseguenza che chi ha agito scorrettamente in questa vita paghera’
per i suoi misfatti. Oppure avvertiamo che questa vita terrestre e’ troppo
breve per essere decisiva per tutta l’eternita’. O ancora temiamo, alla
nostra morte, di poter essere ridotti al nulla. In tal modo, ribellandoci al
fatto che dobbiamo morire, preferiamo l’idea di continuare con un nuovo
corpo, come se cambiassimo d’abito.

Continueremo o non continueremo dopo la morte? Come? Dove? Quando?

La reincarnazione comporta un rientro dell’anima nel corpo. Il teologo
cristiano del III secolo Origene predicava la preesistenza dell’anima
dall’eternita’, prima della sua incarnazione in un corpo, una sorta di
“preincarnazione”. Quest’idea e’ effettivamente prossima a quella della
reincarnazione, perche’, se ci si incarna una volta, ci si potrebbe
incarnare due volte o piu’.

Nel VI secolo il concilio di Costantinopoli condanno’ Origene per questa
dottrina. Anche oggi la maggior parte delle guide spirituali cristiane
afferma che l’idea di reincarnazione non si accorda con il cristianesimo. Ma
la resurrezione
ha veramente a che fare con la reincarnazione. Un’anima immortale non ha
bisogno di venire resuscitata, e’ il corpo ad averne necessita’. Secondo la
dottrina del giudizio universale, ogni essere vedra’ risorgere il proprio
corpo. Elementi di reincarnazione sono sicuramente presenti negli
insegnamenti del cristianesimo.

*Manifestazione e ri-manifestazione*

Sulle prime potremmo pensare alla reincarnazione come a un’anima che entra
in un corpo. Il corpo e’ visto come impermanente e l’anima come permanente,
e quando ci disfiamo di un corpo, rientriamo in un altro. Forse sara’ per
voi motivo di sorpresa sapere che uomini e donne nell’Asia buddhista non
amano la reincarnazione, che vogliono la fine del circolo delle nascite e
delle morti, perche’ sanno che esso rappresenta un dolore interminabile.

Nel buddhismo popolare la reincarnazione viene accettata letteralmente,
senza tante indagini, ma se continuiamo nello studio e nella pratica, l’idea
di un’anima immortale lascia il posto a un’altra idea che e’ piu’ vicina
alla realta’.

Se studiamo gli insegnamenti del Buddha e osserviamo la nostra stessa mente,
scopriremo che non v’e’ nulla di permanente entro i costituenti di cio’ che
chiamiamo il nostro “se'”. Il Buddha insegnava che una cosiddetta “persona”
e’ costituita semplicemente da cinque elementi (skandha) che si presentano
insieme per un limitato periodo di tempo: corpo, sensazioni, percezioni,
stati mentali e coscienza. Questi cinque elementi, in realta’, sono sempre
mutevoli. Non ce n’e’ uno che resti lo stesso per due momenti consecutivi.

E’ impermanente non soltanto il nostro corpo, ma anche la nostra cosiddetta
anima. Anch’essa consta soltanto di elementi quali sensazioni, percezioni,
stati mentali e coscienza. Quando l’idea di anima immortale viene
soppiantata, la nostra comprensione della reincarnazione s’avvicina
maggiormente alla verita’. L’idea di reincarnazione e’ a volte ancora
presente, ma la nostra comprensione e’ differente. Vediamo che ci sono
solamente costituenti caratterizzati da rapida mutevolezza.

Nel buddhismo in effetti non impieghiamo la parola “reincarnazione”. Diciamo
“rinascita”. Ma anche la rinascita e’ problematica. Secondo gli insegnamenti
del Buddha, la “nascita” non esiste neppure. Nascita in generale significa
che dal nulla si diventa qualcosa, e in generale morte significa che da
qualcosa si diventa nulla. Ma se osserviamo le cose intorno a noi, scopriamo
che dal nulla non viene nulla. Prima della sua cosiddetta nascita, questo
fiore esisteva in altre forme: nubi, sole, semi, suolo e molti altri
elementi. Piu’ che di nascita e rinascita e’ appropriato parlare di
“manifestazione” (vijnapti) e “ri-manifestazione”.

La cosiddetta nascita del fiore e’ in effetti un giorno della sua
ri-manifestazione. E’ gia’ stato presente in altre forme, e ora ha compiuto
uno sforzo per ri-manifestarsi. Manifestazione significa che i suoi
costituenti sono sempre stati qui presenti in qualche forma, e ora, sotto
condizioni sufficienti, riesce a manifestarsi come un fiore. Quando le cose
si sono manifestate, comunemente diciamo che sono nate, ma in realta’ non lo
sono.

Quando le condizioni non sono piu’ sufficienti e i fiori cessano di
manifestarsi, diciamo che i fiori sono morti, ma neppure questo e’ corretto.
I suoi costituenti si sono semplicemente trasformati in altri elementi,
quali il concime e il suolo. Dobbiamo trascendere nozioni quali quelle di
nascita, morte, essere e non essere. La realta’ S libera da tutte le
nozioni.

*La vera fede e’ viva*

All’inizio, avremmo potuto imboccare la via del buddhismo grazie a una
credenza nella reincarnazione, ma se continuiamo nella pratica e nel
contatto con la realta’, le nostre credenze mutano. Di questo non dobbiamo
aver timore. Nel corso del nostro studio e della nostra pratica, quando
entriamo in contatto con la realta’ in modo sempre piu’ profondo, le nostre
credenze evolvono naturalmente e si fanno piu’ salde.

Quando le nostre credenze sono basate sulla nostra stessa esperienza diretta
della realta’ e non su nozioni proposte da altri, nessuno riesce a
strapparci queste convinzioni.

Rimanere fedeli a lungo a un concetto e’ molto piu’ pericoloso. Se
trascorrono dieci anni senza che il nostro credo si sviluppi, un giorno ci
risveglieremo e scopriremo di non riuscire piu’ a credere in cio’ a cui
credevamo. La nozione di dieci anni or sono non e’ piu’ valida o adeguata, e
noi siamo precipitati nella tenebra dell’incredulita’.

La nostra fede deve essere viva, non puo’ essere soltanto una serie di
rigide credenze e nozioni. La nostra fede deve evolvere ogni giorno e
recarci gioia, pace, liberta’ e amore. La fede implica la pratica, vivere
nella consapevolezza la nostra vita quotidiana. Alcune persone credono che
la preghiera o la meditazione riguardino solamente la mente o il cuore. Ma
noi dobbiamo pregare anche con i nostri corpi, con le nostre azioni nel
mondo. E le nostre azioni devono modellarsi su quelle del Buddha vivente o
del Cristo vivente. Se viviamo secondo il loro esempio, la nostra
comprensione sara’ profonda e le nostre azioni pure, e faremo la nostra
parte per contribuire a creare un mondo piu’ pacifico per i nostri figli e
tutti i figli di Dio.

*Ogni momento e’ un momento di rinnovamento*

Tutti noi siamo dotati dell’energia della consapevolezza, l’energia dello
Spirito Santo: solamente la sua intensita’ e forza variano in ciascuna
persona. La nostra pratica quotidiana consiste nell’incrementare e
rafforzare quel potere. Non occorre attendere fino a Pasqua per celebrare.
Quando lo Spirito Santo e’ presente, Gesu’ e’ gia’ presente. Non deve essere
resuscitato.

Possiamo sentirLo proprio ora. Non e’ questione di reincarnazione, rinascita
o persino resurrezione. Dimorando nella consapevolezza, sappiamo che ogni
momento e’ un momento di rinnovamento. Vorrei essere come Asita e Simeone, i
santi uomini che giunsero a vedere il Buddha e Gesu’, e dirvi quanto sia
importante la vostra nascita.

*L’illuminazione cresce*

Parecchi anni or sono, dopo aver praticato la meditazione camminata con tre
bambini in Svizzera, domandai loro: “Pensate che l’illuminazione del Buddha
possa crescere?”.

Essi risposero: “Si'”, e io fui felicissimo. I bambini affermavano qualcosa
in cui credo, che l’illuminazione e’ viva, come un albero. Se non
continuasse a crescere, morirebbe. L’illuminazione del Buddha, la
compassione e la benevolenza di Gesu’ crescono ogni giorno. Noi stessi siamo
responsabili della loro crescita. I nostri corpi sono la continuazione del
corpo del Buddha. La nostra compassione e la nostra comprensione sono la
compassione e la comprensione di Gesu’. La consapevolezza e’ il Buddha in
persona Se viviamo consapevolmente, incontriamo il Buddha e il Cristo in
ogni momento.

*Il nirvana e’ a disposizione ora*

Alcune onde dell’oceano sono alte, altre basse. Sembra che le onde nascano e
muoiano. Ma a una visione piu’ profonda, vediamo che le onde, pur andando e
venendo, sono anche acqua, che e’ sempre presente. Nozioni quali quelle di
alto e basso, nascita e morte si possono applicare alle onde, ma l’acqua e’
estranea a tali distinzioni. Per l’acqua l’illuminazione e’ il momento in
cui l’onda si rende conto di essere acqua. In quel momento ogni timore della
morte svanisce. Se la vostra pratica e’ profonda, un giorno vi renderete
conto di essere liberi dalla nascita e dalla morte, liberi da molti fra i
pericoli che ci hanno aggredito. Quando lo capirete, non proverete alcun
tormento nel costruire una barca che vi porti attraverso le onde della
nascita e della morte. Sorridendo, comprenderete di non dover abbandonare
questo mondo per essere liberi. Saprete che il nirvana, il Regno del Cielo,
e’ a disposizione qui e ora.

Raramente il Buddha ne parlo’, perche’ sapeva che se avesse parlato del
nirvana, avremmo trascorso troppo tempo a discorrerne senza praticarlo. Ma
egli fece qualche rara affermazione, come questa tratta da Udana, VIII, 3:

“In verita’, esiste un non nato, non generato, non creato, non formato. Se
non ci fosse questo non nato, non originato, non creato, non formato, allora
una uscita dal mondo del nato, del generato, del creato e del formato non
sarebbe possibile”.

Il buddhismo delle origini non aveva il gusto ontologico che troviamo nel
tardo buddhismo. Il Buddha si occupo’ per lo piu’ del mondo fenomenico. La
sua dottrina era molto pratica. I teologi impiegano una quantita’ di tempo,
inchiostro e fiato a parlare di Dio.

E’ esattamente quanto il Buddha non voleva che i suoi discepoli facessero;
egli desiderava piuttosto che avessero tempo per praticare il samatha (star
fermi e calmarsi), la vipasyana (avere una visione profonda), per prendere
rifugio nei Tre Gioielli, nei Cinque Precetti ecc.

*L’estinzione dei concetti*

Il filosofo Ludwig Wittgenstein ha detto:

“Su cio’, di cui non si puo’ parlare, si deve tacere”.

Non possiamo parlarne, ma possiamo sperimentarlo. Possiamo fare esperienza
del non-nascere, del non-morire, del non-iniziare, del non-finire perche’ si
tratta della realta’ stessa. Il modo per farne esperienza e’ quello di
abbandonare la nostra abitudine di percepire ogni cosa per il tramite di
concetti e rappresentazioni. I teologi hanno speso migliaia d’anni a parlare
di Dio come di una rappresentazione. Si tratta della cosiddetta
onto-teologia, vale a dire parlare su cio’ di cui non dovremmo parlare.

Il teologo protestante Paul Tillich diceva che Dio non e’ una persona, ma
anche non meno di una persona. Se diciamo Dio non e’ una persona, e’ una
non-persona, e’ non meno di una persona o e’ piu’ di una persona, questi
attributi non significano granche’.

Un fiore e’ costituito dall’intero cosmo. Non possiamo affermare che il
fiore e’ meno di questo ,o piu’ di quello. Quando poniamo fine alle nostre
idee di piu’ e meno, e’ e non-e’, conseguiamo l’estinzione delle idee e
delle nozioni, il cosiddetto nirvana del buddhismo.

La dimensione ultima della realta’ non ha nulla a che vedere con i concetti.
Non e’ solamente la realta’ assoluta cio’ di cui non possiamo parlare.

Di nulla e’ possibile avere una concezione o parlare. Prendete, per esempio,
un bicchiere di succo di mele. Non potete parlare di succo di mele a chi non
ne abbia mai assaggiato. Qualsiasi cosa affermiate, l’altra persona non
avra’ la reale esperienza del succo di mele. L’unico modo per farne
esperienza e’ quello di berlo. Simile e’ il caso della tartaruga che
racconta al pesce della vita sulla terra. Non e’ possibile descrivere la
terra a un pesce. Non potrebbe mai comprendere come si possa riuscire a
respirare senz’acqua. Le cose non possono essere descritte mediante concetti
e parole. Si possono incontrare soltanto con l’esperienza diretta.

*Piu’ tempo per il te’*

L’affermazione di Wittgenstein: “Su cio’, di cui non si puo’ parlare, si
deve tacere” potrebbe farvi pensare che ci sono cose di cui si puo’ parlare
e altre di cui non si puo’. Ma in realta’ di nulla si puo’ parlare, nulla
puo’ essere percepito o descritto mediante rappresentazione. Se parlate di
cose di cui non avete esperienza, sprecate il vostro e l’altrui tempo. Se
continuate a praticare la visione profonda, lo capirete molto piu’
chiaramente, e risparmierete un mucchio di carta e di iniziative editoriali
e avrete piu’ tempo per godervi il te’ e vivere la vostra vita quotidiana
nella consapevolezza.

Rohitasa domando’ al Buddha se fosse possibile uscire da questo mondo di
nascite e morti viaggiando, e il Buddha disse di no, nemmeno se si
viaggiasse alla velocita’ della luce. Ma non affermo’ che e’ impossibile
trascendere il mondo della nascita e della morte. Disse che occorre soltanto
avere una visione profonda del nostro corpo per entrare in contatto con il
mondo della non-nascita e della non-morte. Ma di cio’ non possiamo proprio
parlare. Dobbiamo praticarlo, farne esperienza nel nostro stesso essere. Il
mondo della non-nascita e della non-morte non e’ qualcosa di estraneo al
mondo della nascita e della morte.

In realta’, i due mondi sono identici.

*L’altra sponda e’ questa sponda*

Quando il Buddha parlava di salvezza o emancipazione, impiegava la parola
“parayana”, “l’altra sponda”.

L’altra sponda rappresenta il regno della non-nascita, della non-morte e
della non-sofferenza. A volte il concetto di “altra sponda” non e’
abbastanza chiaro, e cosi’ il Buddha uso’ anche la parola tathata, che
significa “la realta’ com’e'”.

Non possiamo parlarne, non possiamo concepirla. A volte la chiamiamo
nirvana, l’estinzione di tutte le parole, le idee e i concetti. Quando il
concetto di “altra sponda” viene frainteso, ci soccorre il nirvana. Quando
pensiamo a un’altra sponda, forse pensiamo che sia completamente differente
da questa, che per raggiungerla dobbiamo abbandonare del tutto questa
sponda.

Secondo la dottrina autentica l’altra sponda e’ questa stessa sponda. In
tutte le scuole del buddhismo, esiste la dottrina del non-venire, del
non-andare, del non-essere, del non-non-essere, della non-nascita e della
non-morte.

I buddhisti Mahayana ci ricordano che questa dottrinae’S solo un dito che
indica la luna. Non e’ la luna stessa.

*Ogni cosa puo’ essere spirituale*

Gesu’ indico’ la stessa realta’ di non-nascita e non-morte. Egli la chiamo’
Regno di Dio.

Il Regno di Dio non e’ qualcosa di distinto da Dio, ch’egli chiamo’ “Abba”,
“Padre”.

Proprio come il concetto di “altra sponda” puo’ creare l’equivoco secondo
cui l’altra sponda non e’ questa, anche il concetto di “Padre” puo’ essere
fuorviante.

Per esempio, le femministe del nostro tempo domandano perche’ “Padre” e non
invece “Madre”?

La vita eterna e’ il genere di vita che include la morte. In realta’, la
vita eterna senza la morte non e’ possibile, e’ come le due facce di una
moneta. La vita eterna e’ l’intera moneta. La vita non eterna e’ soltanto
una faccia della moneta. Una volta scelta la vita eterna, scegliete anche la
morte, ed entrambe sono vita. Ma se volete afferrare solo una faccia della
moneta, non avete alcuna moneta.

La teologia e’ andata a lungo cercando di descrivere “Dio” o il “Regno di
Dio”, quella realta’ meravigliosa di cui, in effetti, nulla si puo’ dire.

Per molti secoli, la teologia e’ quindi divenuta teologia metafisica o
onto-teologia a tal punto che trascuriamo la vera dottrina di Gesu’,
riguardante la via per vivere quella realta’. A partire dal filosofo tedesco
Martin Heidegger, i teologi hanno cercato di ritornare all’origine e sono
stati piu’ attenti nel fare affermazioni a proposito di Dio.

Molte persone del nostro tempo vogliono tornare a Gesu’ e alla sua dottrina.
Per designare tale movimento, a volte si impiegano termini quali
“cristianesimo laico”, “cristianesimo ateistico”. Esistono coloro che si
preoccupano del fatto che il cristianesimo secolare o ateistico non sia piu’
il vero cristianesimo. Secondo me, se vivete profondamente l’insegnamento di
Gesu’, ogni cosa che dite o fate nella vostra vita quotidiana sara’
profondamente spirituale. Non ne parlerei affatto in termini di laico o
ateistico.

Ipotizziamo di non celebrare un rito eucaristico in chiesa, ma di sedere
insieme all’aria aperta per condividere il nostro pane, mangiare
consapevolmente e lietamente, coscienti della meravigliosa natura del pane.
Un simile atto non puo’ essere designato come laico o ateistico.

*Entrare in comunione con il Buddha vivente*

Non e’ possibile concepire Dio come fondamento dell’essere. Neppure il
nirvana puo’ essere concepito. Se quando impieghiamo la parola “nirvana” o
la parola “Dio” siamo consapevoli del fatto che stiamo parlando del
fondamento dell’essere, non c’e’ pericolo nel far uso di queste parole.

Ma se diciamo: “Secondo il buddhismo, questo esiste” oppure “Questo non
esiste”, non si tratta di buddhismo, perche’ le idee di essere e di
non-essere sono estremi che il Buddha ha trasceso. Quando condividiamo il
Dharma, dobbiamo parlare con attenzione cosi’ da non rimanere intrappolati,
noi e i nostri ascoltatori, in parole o concetti. E’ nostro dovere
trascendere parole e concetti per riuscire a incontrare la realta’. Essere a
contatto con la fonte della nostra stessa sapienza e’ il modo piu’ eloquente
per mostrare che il buddhismo vive.

Possiamo entrare in comunione con il Buddha vivente. Possiamo anche entrare
in comunione con il Cristo vivente. Quando vediamo qualcuno che trabocca
d’amore e comprensione, qualcuno che e’ acutamente consapevole di cio’ che
sta succedendo, sappiamo che egli e’ vicinissimo al Buddha e a Gesu’ Cristo.

*Alberi e uccelli che predicano il Dharma*

Il Buddha viene spesso descritto come dotato di “tre corpi”: Dharmakaya,
Sambhogakaya e Nirmanakaya. Il Dharmakaya e’ l’incarnazione del Dharma, che
sempre risplende, che sempre illumina alberi, erbe, uccelli, esseri umani
ecc., che sempre emana luce. ÔE’questo il Buddha che predica ora e non
solamente duemilacinquecento anni or sono. A volte chiamiamo Vairocana
questo Buddha, il Buddha ontologico, il Buddha quale centro dell’universo.

Il Sambhogakaya e’ il corpo di beatitudine. Poiche’ pratica la
consapevolezza, il Buddha possiede pace, gioia e felicita’ incommensurabili,
ed ecco perche’ possiamo toccare il suo corpo di beatitudine, a volte
chiamato corpo di godimento o corpo di ricompense.

Il Sambhogakaya rappresenta la pace e la felicita’ del Buddha, il frutto
della sua pratica. Quando praticate la consapevolezza, godete dentro di voi
il frutto della pratica. Siete felici e pacifici, e la felicita’ e la pace
irraggiano intorno a voi perche’ altri ne godano. Quando fate questo,
inviate molti Sambhogakaya nel mondo per contribuire ad alleviare il dolore
degli esseri viventi.

Ciascuno di noi ha la capacita’ di trasformare numerosi esseri viventi se
sappiamo come coltivare i semi dell’illuminazione dentro di noi.

Sakyamuni, il Buddha storico, e’ il Nirmanakaya, il corpo della
trasformazione, un raggio di luce inviato dal sole del Dharmakaya. Coloro
che sono in contatto con Vairocana sono in contatto anche con Sakyamuni. Ma
se questo raggio non ci appare, non dobbiamo preoccuparci. Il sole e’ ancora
presente. Se non possiamo ascoltare direttamente Sakyamuni, se siamo aperti
a sufficienza, possiamo ascoltare Vairocana. Inoltre, anche molti altri
Buddha della trasformazione espongono il medesimo Dharma: gli alberi, gli
uccelli, il bambu’ viola e i crisantemi gialli tutti predicano il Dharma che
Sakyamuni insegno’ duemilacinquecento anni or sono. Possiamo essere in
contatto con lui tramite uno di questi Buddha. E’ un Buddha vivente, sempre
a disposizione.

Nel cristianesimo il mistero e’ spesso descritto come tenebra.

Quando Victor Hugo perse la figlia, cosi’ se ne dolse:

“L’uomo vede solo un lato delle cose, l’altro lato e’ immerso nella notte
del mistero spaventoso”.

In numerosi sutra buddhisti, nell’assemblea ognuno sperimenta la beatitudine
quando viene toccato dai raggi di luce che emanano dal Buddha. Nel buddhismo
la parola avidya, “ignoranza”, significa letteralmente “l’assenza di luce”.
La vidya, comprensione, e’ fatta di luce.

*Sciacquarsi la bocca, lavarsi gli orecchi*

Nella chiesa greco-ortodossa, il teologi parlano di “teologia apofatica”, o
di “teologia negativa”.

“Apofatico” deriva dal greco apophasis, che significa “negazione”. Si dice
che Dio non e’ questo, che Dio non e’ quello, finche’ ci si libera di tutti
i concetti di Dio.

Il filosofo buddhista del II secolo Nagarjuna sviluppo’ una dialettica
analoga per estirpare le nostre idee riguardanti la realta’. Egli non
descriveva la realta’, perche’ la realta’ e’ quel che e’ e non si puo’
descrivere. Il buddhismo ci insegna che la realta’ e’ del tutto differente
dai nostri concetti.

La realta’ di una tavola e’ del tutto differente dal concetto “tavola”.
Ogni parola che usiamo ha un concetto dietro di se’. La parola “Dio” e’
basata su un concetto di “Dio”.

Secondo il buddhismo anche la meditazione sulle corna di un coniglio o sui
peli di una tartaruga, cose nella cui esistenza non crediamo, puo’ condurre
all’illuminazione. Questi concetti sono formati da elementi reali che
possiamo fondere nella nostra immaginazione. Abbiamo un’immagine di corna e
un’immagine di coniglio, e dunque perche’ non avere un’immagine di un
coniglio con le corna? Il concetto di “corna di coniglio” e’ un concetto
vero, reale quanto qualsiasi altro concetto.

Un maestro buddhista affermava che ogni volta che pronunciava la parola
“buddhismo” doveva sciacquarsi la bocca tre volte.

Anche la parola “buddhismo” puo’ generare incomprensione. Forse si pensa al
buddhismo come a qualcosa che puo’ esistere in se’, indipendentemente dal
cristianesimo, dall’ebraismo o da qualsiasi altra cosa. Sciacquarsi la bocca
era una sorta di rimedio preventivo per ricordare a se stesso (e ai suoi
allievi) di non aggrapparsi al concetto di “buddhismo” come a qualcosa che
puo’ esistere da solo.

Un giorno qualcuno nell’assemblea si alzo’ in piedi e disse: “Maestro, ogni
volta che vi sento pronunciare la parola “buddhismo”, devo recarmi al fiume
e lavarmi gli orecchi tre volte!. Il maestro approvo’ quell’affermazione.

Nei circoli buddhisti, stiamo attenti a evitare di restare attaccati ai
concetti, persino ai concetti di “buddhismo” e “Buddha”. Se pensate al
Buddha come a qualcosa di separato dal resto del mondo, non riconoscerete un
Buddha anche incontrandolo per strada.

Ecco perche’ un maestro zen disse al suo discepolo: “Quando incontri il
Buddha, uccidilo!”.

Egli intendeva che il discepolo uccidesse il concetto di Buddha al fine di
fare diretta esperienza del vero Buddha.

Un altro maestro zen disse: “Per porre fine alla sofferenza, dovete entrare
in contatto con il mondo della non-nascita e della non-morte”.

Il suo allievo domando’:

“Dove si trova il mondo della non-nascita e della non-morte?”.

Il maestro replico’

: “Si trova proprio qui nel mondo della nascita e della morte”.

Il mondo dell’impermanenza e del non-se’ e’ il mondo della nascita e della
morte. Anche il mondo del nirvana e’ il mondo della nascita e della morte.

La salvezza e’ possibile. E’ possibile entrare nel mondo della non-nascita e
della non-morte vivendo la propria vita nella consapevolezza in ogni
momento.

Il teologo ebreo Abraham Heschel diceva che vivere secondo la Torah, la
legge giudaica, e’ vivere nel tempo la vita dell’eternita’.

Noi viviamo nella dimensione storica e tuttavia entriamo in contatto con la
dimensione ultima. Ma se ne parliamo troppo ci allontaniamo dalla dimensione
ultima. Ecco perche’ nei circoli buddhisti zen si spronano le persone a fare
esperienza e a non parlare molto.

*Si puo’ identificare lo Spirito Santo*

In ogni corrente del cristianesimo vediamo persone che seguono lo stesso
spirito, che non desiderano speculare su cio’ su cui non si puo’ speculare.
La
“teologia negativa” e’ un tentativo e una pratica per evitare ai cristiani
di
essere intrappolati da nozioni e concetti che impediscano loro di entrare in
comunione con lo spirito vivente del cristianesimo. Quando parliamo di
teologia negativa, la teologia della morte di Dio, parliamo della morte di
ogni concetto che possiamo avere di Dio al fine di fare direttamente
esperienza di Dio quale realta’ vivente

Un buon teologo e’ colui che su Dio non dice quasi nulla anche se la parola
“teologia” significa “discorso su Dio”.

E’ rischioso parlare di Dio. La nozione di Dio potrebbe essere un ostacolo
sulla via del nostro incontro con Dio come amore, saggezza e consapevolezza.

Il Buddha era chiarissimo a tale proposito. Egli disse: “Mi riferite di
essere innamorati di una splendida donna, ma quando vi domando: “Qual’ e’ il
colore dei suoi occhi? Come si chiama? Come si chiama la sua citta’?”, non
siete in grado di dirmelo. Non credo che siate veramente innamorati di
qualcosa di reale”.

La vostra nozione di Dio puo’ essere vaga come quella,
puo’ non avere nulla a che spartire con la realta’. Il Buddha non era contro
Dio. Era soltanto contrario a concetti di Dio che sono mere costruzioni
mentali non corrispondenti alla realta’, nozioni che ci impediscono di
svilupparci e di venire a contatto con la realta’ ultima. Ecco perche’ credo
sia piu’ sicuro avvicinarsi a Dio tramite lo Spirito Santo che non
attraverso
la porta della teologia. Possiamo identificare lo Spirito Santo ogni volta
che si fa sentire la sua presenza. Ogni volta che vediamo qualcuno
innamorato, compassionevole, consapevole, sollecito e comprensivo, sappiamo
che e’ presente lo Spirito Santo.

*Venire a contatto con la dimensione ultima*

Un giorno in cui stavo per calpestare una foglia secca, la osservai nella
sua dimensione ultima. Vidi che non era veramente morta, ma che stava
fondendosi con il suolo umido al fine di apparire sull’albero la primavera
seguente sotto altra forma. Sorrisi alla foglia e dissi: “Tu fingi”. Ogni
cosa finge di nascere e finge di morire, compresa quella foglia. Il Buddha
disse:

“Quando le condizioni sono sufficienti, il corpo si rivela e diciamo
che il corpo esiste. Quando le condizioni non sono sufficienti, il corpo non
puo’ essere da noi percepito, e diciamo che il corpo non esiste”. Il giorno
della nostra “morte” e’ un giorno della nostra continuazione sotto diverse
altre forme. Se sapete come entrare in contatto con i vostri antenati nella
dimensione ultima, essi saranno sempre con voi. Se vi toccate la mano, il
viso o i capelli e guardate in profondita’, potete vedere che sono dentro di
voi, sorridenti. Questa e’ una pratica profonda. La dimensione ultima e’ uno
stato di calma, pace e gioia. Non e’ uno stato che si raggiunge dopo “la
morte”.

Potete venire a contatto con la dimensione ultima proprio ora,
respirando, camminando e bevendo consapevolmente il vostro te’. Ogni cosa e
ognuno dimorano nel nirvana, nel Regno di Dio. Un agricoltore che guarda la
sua terra in inverno puo’ gia’ vedere il suo raccolto, perche’ sa che sono
presenti tutte le condizioni – terra, semi, acqua, fertilizzante, attrezzi
agricoli ecc. – eccetto uno, il clima caldo, e quello verra’ nel corso dei
mesi.

Sarebbe dunque inesatto affermare che il suo raccolto non esiste. Esso
e’ gia’ presente. Perche’ si manifesti occorre solamente un’ulteriore
condizione.

Quando san Francesco domando’ al mandorlo di parlargli di Dio, in
pochi secondi l’albero si ricoperse di magnifici fiori. San Francesco era
dalla parte della dimensione ultima. Era inverno. Non c’erano foglie, fiori
o frutti, ma egli vide i fiori.

Noi siamo assolutamente in grado di entrare in contatto con la dimensione
ultima. Quando tocchiamo una cosa con profonda consapevolezza, tocchiamo
ogni cosa. Nel contatto con il momento presente, realizziamo che il presente
e’ fatto di passato e crea il futuro. Quando beviamo una tazza di te’ con
profonda attenzione, tocchiamo la totalita’ del tempo. Meditare, vivere una
vita di preghiera, e’ vivere profondamente ciascun momento della vita.
Attraverso la meditazione e la preghiera, vediamo che le onde sono fatte
soltanto d’acqua, che le dimensioni storica e ultima sono una cosa sola.

Anche mentre viviamo nel
mondo delle onde, tocchiamo l’acqua, sapendo che un’onda non e’ nient’altro
che acqua. Soffriamo se tocchiamo soltanto le onde, ma se apprendiamo come
essere a contatto con l’acqua, sentiamo il piu’ grande sollievo. Attingere
il nirvana, attingere il Regno di Dio, ci libera da molte preoccupazioni.

Intraprendiamo una pratica spirituale cercando sollievo nella dimensione
storica. Calmiamo il corpo e la mente e stabiliamo la quiete, la
tranquillita’ e la fermezza. Pratichiamo l’amorevolezza, la concentrazione
e, trasformando la nostra collera, sentiamo un certo sollievo. Ma quando
entriamo in contatto con la dimensione ultima, sentiamo il genere piu’
profondo di sollievo. Ciascuno di noi ha la capacita’ di attingere il
nirvana e di liberarsi dalla nascita e dalla morte, dall’uno e dai molti,
dal venire
e dall’andare.

La contemplazione cristiana include la pratica di riposare in Dio, che
equivale, credo, ad attingere il nirvana. Sebbene Dio non possa essere
descritto per mezzo di concetti e nozioni, cio’ non significa che non si
possa fare esperienza di Dio Padre. Se l’onda non deve morire per divenire
acqua, allora noi non dobbiamo morire per entrare nel Regno di Dio. Il Regno
di Dio e’ a disposizione qui e ora.

La potenza dello Spirito Santo e’
l’energia che ci aiuta a raggiungere il Regno di Dio. Tillich ha detto che
parlare di Dio come di una persona e’ soltanto una figura retorica. Egli
disse che Dio e’ il fondamento dell’essere. Cio’ mi fa pensare all’acqua che
e’ il fondamento dell’essere per un’onda. Egli ha anche detto che Dio e’ la
realta’ ultima, e ci. mi fa ricordare il nirvana. Non credo che ci sia
questa gran differenza fra cristianesimo e buddhismo. Gran parte dei confini
che
abbiamo creato fra le nostre due tradizioni sono artificiali. La verita’ non
ha confini. Le nostre differenze forse sono per lo piu’ differenze di
accento.

Siete nati nella vostra tradizione religiosa, e naturalmente diventate
buddhisti o cristiani. Il buddhismo o il cristianesimo fanno parte della
vostra cultura e civilta’. Avete familiarita’ con la vostra cultura e ne
apprezzate quanto v’e’ di buono. Forse non siete consapevoli che nelle altre
culture e civilta’ esistono valori cui la gente e’ attaccata. Se siete
abbastanza aperti, comprenderete che la vostra tradizione non contiene tutte
le verita’ e i valori. E’
facile che restiate intrappolati nell’idea secondo la quale la salvezza non
e’ possibile fuori dalla vostra tradizione religiosa. Una pratica profonda e
corretta della vostra tradizione puo’ liberarvi da quella pericolosa
credenza.

Nel Vangelo secondo Matteo, il Regno di Dio viene descritto come un granello
di senapa. “Il Regno dei Cieli e’ simile a un chicco di senapa, che un uomo
prese e semino’ nel suo campo; certamente e’ il piu’ piccolo di tutti i
semi,
ma cresciuto che sia, e’ il maggiore dei legumi e diventa albero, tanto che
gli uccelli del cielo vengono e si mettono al riparo fra i suoi rami”.

Che cos’e’ quel seme? Dove si trova il terreno? Che cosa e’ se non la
nostra
stessa coscienza? Sentiamo dire ripetutamente che Dio e’ dentro di noi.
Secondo me, cio’ significa che Dio e’ dentro la nostra coscienza. La natura
di Buddha, il seme della consapevolezza, e’ nel terreno della nostra
coscienza.

Puo’ essere piccolo, ma se sappiamo come curarlo, come trattarlo, come
annaffiarlo momento dopo momento, diviene un importante rifugio per tutti
gli uccelli dell’aria. Ha il potere di trasformare ogni cosa. Nella pratica
buddhista apprendiamo come trattare quel seme in ogni momento, come aiutarlo
a crescere, come farne la luce in grado di guidarci.

Nel Vangelo secondo Matteo il Regno dei Cieli viene paragonato anche al
lievito: “Il Regno dei Cieli e’ simile al lievito che una donna ha preso e
messo in tre misure di farina, finche’ tutto viene a fermentare”. Un po’ di
lievito ha il potere di far lievitare un mucchio di farina. La farina e’ la
nostra coscienza .All’interno di questa coscienza ci sono semi negativi,
semi
di paura, d’odio e confusione. Ma se nell’intimo si possiede il seme del
Regno di Dio e si sa come accostarlo, si avra’ il potere di far lievitare,
di trasformare ogni cosa.

*Toccare l’acqua dentro le onde*

Si dice anche che il Regno di Dio e’ simile a un tesoro che qualcuno trova e
nasconde in un campo. Allora, nella sua gioia, costui vende tutto cio’ che
possiede e compra quel campo. Se riuscite a raggiungere quel tesoro, saprete
che nulla puo’ essergli paragonato. E’ la fonte della vera gioia, della vera
pace e della vera felicita’. Una volta che l’abbiate raggiunto, vi renderete
conto che tutte le cose che avete considerate come condizioni per la vostra
felicita’ sono nulla. Anzi, tali condizioni possono essere anche ostacoli e
ve ne libererete senza rimpianto. Tutti cerchiamo le condizioni della nostra
felicita’ personale, e sappiamo quanto le cose ci hanno fatto soffrire. Ma
non abbiamo ancora veduto o raggiunto il tesoro della felicita’. Quando lo
raggiungiamo, anche una volta, sappiamo d’essere dotati della capacita’ di
abbandonare qualsiasi altra cosa.

Quel tesoro di felicita’, il Regno dei Cieli, si puo’ chiamare la dimensione
ultima della realta’. Quando vedete soltanto onde, potreste perdere l’acqua.

Ma se siete consapevoli, riuscirete a toccare l’acqua anche dentro le onde.

Quando riuscirete a toccare l’acqua, non vi darete pensiero dell’andare e
venire delle onde. Non sarete piu’ interessati alla nascita o alla morte
dell’onda. Non avrete piu’ timore. Non sarete piu’ sconvolti dall’inizio e
dalla fine dell’onda, o per il fatto che l’onda e’ piu’ alta o piu’ bassa,
piu’ o meno bella. Riuscirete ad abbandonare queste idee perche’ avrete gia’
toccato l’acqua.

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