Il Buddha vivente, il Cristo vivente – di Thich Nhat Hanh

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Thich Nhat Hanh IL BUDDHA VIVENTE IL CRISTO VIVENTE

NERI POZZA EDIZIONE TITOLO ORIGINALE LIVING BUDDHA,
LIVING CRISTO TRADUZIONE DI FRANCESCO BRUNELLI

– Il dolore e la via d’uscita –

Da bambini, Siddhartha e Gesù si resero entrambi conto che la vita è piena di sofferenza. In giovane
età il Buddha raggiunse la consapevolezza della pervasività della sofferenza. Gesù dovette avere lo
stesso genere di intuizione, perché entrambi compirono ogni sforzo per offrire una via d’uscita.
Anche noi dobbiamo apprendere a vivere in modi che limitino la sofferenza universale. La sofferenza
è sempre presente, intorno a noi e dentro di noi, e dobbiamo trovare le vie che la allevino e la
trasformino in benessere e pace.

Monaci e monache, in entrambe le tradizioni religiose, si avvalgono delle medesime pratiche: la
preghiera, la meditazione, la deambulazione consapevole, i pasti in silenzio e molti altri metodi
per cercare di superare la sofferenza. È una sorta di lusso essere monaco o monaca, riuscire a
sedere tranquillamente e avere una visione profonda della natura del dolore e della via d’uscita.
Sedere e avere una visione profonda del corpo, della coscienza e degli stati mentali è come essere
una chioccia che cova le sua uova. Un giorno l’intuizione nascerà come un pulcino. Se monaci e
monache non hanno gran cura del tempo che dedicano alla pratica, non avranno nulla da offrire al
mondo.

Quando si fece monaco, il Buddha aveva ventinove anni, e dunque era alquanto giovane, e all’età di
trentacinque anni raggiunse l’illuminazione. Anche Gesù trascorse un certo periodo di tempo da solo
sulla montagna e nel deserto. Tutti noi abbiamo bisogno di riflettere e di ristorarci.

Per coloro che non sono monaci, né monache, può essere difficile trovare il tempo per meditare o
pregare, ma è importante farlo. Durante un ritiro, apprendiamo come tenere in serbo la
consapevolezza di ogni cosa che facciamo, e allora possiamo continuare la pratica nella nostra vita
quotidiana. Se agiremo così, avremo una visione profonda della natura del nostro dolore e troveremo
una via d’uscita. È quanto il Buddha disse nel suo primo sermone al Parco del Cervo a Sarnath:
“Penetra la natura del dolore per cogliere le cause della sofferenza e la via d’uscita”. Tutti
possono attuare questa pratica, monaci e laici.

– Io sono la via –

La scuola Theravada del buddhismo sottolinea l’insegnamento autentico del Buddha storico, il Buddha
che visse e morì. In seguito, l’idea del Buddha vivente venne sviluppata nell’ambito del buddhismo
delle scuole settentrionali, il buddhismo Mahayana. Al momento del trapasso del Buddha, molti Suoi
discepoli erano sconvolti dal fatto ch’egli non fosse più con loro. Così egli li riassicurò dicendo:
“Il mio corpo fisico non sarà più qui, ma il mio corpo dottrinale, Dharmakaya, sarà sempre con voi.
Prendete rifugio nel Dharma, la dottrina, costruendo un’isola per voi stessi”. Le istruzioni del
Buddha sono chiare. Il Dharma è l’isola del rifugio, la torcia che illumina il nostro cammino. Se
possediamo la dottrina, non abbiamo di che preoccuparci. Un monaco che era molto malato espresse il
suo dispiacere per non essere in grado di vedere il Buddha in persona, ma il Buddha gli inviò un
messaggio: “Il mio corpo fisico non è la cosa più importante. Hai con te il corpo del Dharma, se hai
fiducia nel Dharma, se pratichi il Dharma, io sono sempre con te”. Anche Gesù disse: “…dove sono
due o tre riuniti in mio nome, ci sono io in mezzo a loro”.

– Sono sempre presente per voi –

Dopo il trapasso del Buddha, l’amore e la devozione nei suoi confronti crebbero a tal punto che
l’idea di Dharmakaya si mutò dal corpo della legge nel Buddha glorioso ed eterno che espone sempre
il Dharma. Secondo il buddhismo Mahayana, il Buddha è ancora vivo, continua a offrire i suoi sermoni
sul Dharma. Se siete abbastanza attenti, riuscirete a udire i suoi insegnamenti dalla voce di un
ciottolo, di una foglia o di una nube nel cielo. Il Buddha permanente è divenuto il Buddha vivente,
il Buddha della fede. Grande è la somiglianza con il Cristo della fede, il Cristo vivente. Il
teologo protestante Paul Tillich descrive Dio come il fondamento dell’essere. Anche il Buddha viene
a volte descritto come il fondamento dell’essere.

– Vedere la via è vedere me –

Si dice che incontrare un vero maestro o maestra valga quanto un secolo di studio della sua
dottrina, perché in una simile persona assistiamo a un esempio vivente di illuminazione Come
possiamo incontrare Gesù o il Buddha? Dipende da noi. Molti di coloro che guardano dritto negli
occhi del Buddha, o di Gesù, non sono capaci di vederli. Un uomo che voleva vedere il Buddha aveva
una tal fretta che finì per non occuparsi di una donna in condizioni di bisogno incontrata lungo la
via. Quando arrivò al monastero del Buddha, fu incapace di vederlo.

Che siate o meno in grado di vedere il Buddha dipende da voi, dallo stato del vostro essere.

– Sono comprensione, sono amore –

Al pari di molti grandi uomini il Buddha aveva il carisma di un santo. Quando vediamo persone simili
sentiamo in loro la pace, l’amore e la forza, e anche in noi stessi. I cinesi dicono: “Quando nasce
un saggio, l’acqua del fiume si fa più limpida e le piante e gli alberi dei monti diventano più
verdi”. Essi descrivono l’atmosfera che circonda un uomo santo, o una donna santa.

Quando una persona saggia è in mezzo a voi e sedete accanto a lei, percepite la pace e la luce. Se
doveste sedere accanto a Gesù e guardarLo negli occhi – anche senza vederLo – avreste una
opportunità molto più grande di essere salvati che non tramite la lettura delle Sue parole. Ma
quando Egli non è presente, i Suoi insegnamenti sono quanto c’è di meglio, soprattutto quelli della
Sua vita.

– Libertà dalle nozioni –

Leggendo qualsiasi scrittura, cristiana o buddhista, tengo sempre presente che qualunque cosa
abbiano detto Gesù o il Buddha era rivolta a una persona, o a un gruppo, particolari in una
circostanza particolare. Cerco di comprendere a fondo il contesto in cui essi parlano al fine di
intendere veramente il significato delle loro parole. Quanto dicono può essere meno importante di
come lo dicono. Quando capiamo questo, siamo prossimi a Gesù o al Buddha. Ma se analizziamo le loro
parole per scoprirne il significato più profondo senza comprendere le relazioni fra chi parla e chi
ascolta, forse mancheremo il bersaglio. A volte i teologi dimenticano ciò.

Quando leggiamo la Bibbia, osserviamo l’enorme coraggio di Gesù nel tentativo di trasformare la vita
della sua società. Quando leggiamo i sutra, notiamo che anche il Buddha era una persona molto forte.
La società indiana all’epoca del Buddha era meno violenta di quella in cui nacque Gesù, di
conseguenza si può ritenere che il Buddha manifestasse reazioni meno estreme, ma solo perché nel suo
ambiente era possibile un’altra via. La sua reazione alla corruzione fra i sacerdoti vedici, per
esempio, fu risoluta.

Il concetto di Atman, Sé, che era al centro delle credenze vediche, era in gran parte la causa
dell’ingiustizia sociale dell’epoca – il sistema delle caste, il terribile trattamento riservato
agli intoccabili e la monopolizzazione degli insegnamenti spirituali da parte di coloro che godevano
delle migliori condizioni materiali e tuttavia non erano praticamente per nulla religiosi. Per
reazione, il Buddha diede risalto alla dottrina del non-Atman (non-sé).

Egli affermava: “Le cose sono vuote di un sé separato e indipendente. Se cercate il sé di un fiore,
vedrete che è vuoto”. Ma quando i buddhisti cominciarono a venerare l’idea di vuoto, egli disse: “Se
vi fate prendere dal non-sé di un fiore è peggio che credere nel sé di un fiore”.

Il Buddha non presentò una dottrina assoluta. Il suo insegnamento del non-sé veniva impartito nel
contesto della sua epoca. Era uno strumento di meditazione. Ma, numerosi buddhisti da allora sono
stati attratti dall’idea di non-sé. Costoro confondono i mezzi e il fine, la zattera e la sponda, il
dito che indica la luna e la luna. C’è qualcosa di più importante del non-sé. È la libertà dalle
nozioni, sia di sé, sia di non-sé. Per un buddhista essere attaccato a una qualche dottrina, persino
a una dottrina buddhista, è tradire il Buddha. Importanti non sono le parole, o i concetti.
Importante è la nostra intuizione profonda della natura della realtà e il nostro modo di rispondere
alla realtà. Se il Buddha fosse nato nella società in cui nacque Gesù, credo che anch’egli sarebbe
stato crocifisso.

– Vedere la via, imboccare il sentiero –

Quando Gesù disse: “Io sono la via”, intendeva dire che per avere un’autentica relazione con Dio, è
necessario praticare la Sua via. Negli Atti degli Apostoli i cristiani delle origini parlavano della
propria fede chiamandola “la Via”. Secondo me, “Io sono la via” è un enunciato più significativo di
“Io conosco la via”. La via non è una strada asfaltata. Ma, dobbiamo distinguere fra l'”Io” detto da
Gesù e l'”Io” cui di solito pensano le persone. L'”Io” nel Suo enunciato è la vita stessa, la Sua
vita, che è la via. Se non guardate veramente alla Sua vita, non riuscirete a vedere la via. Se vi
accontentate di venerare un nome, foss’anche il nome di Gesù, questo non è praticare la vita di
Gesù. La nostra pratica deve consistere nel vivere profondamente, nell’amare e agire con carità se
davvero desideriamo onorare Gesù. La via è Gesù stesso e non semplicemente qualche idea di Lui.
Un’autentica dottrina non è statica, non consiste di pure parole, ma della realtà della vita. Molti
che non posseggono né la via, né la vita cercano di imporre agli altri ciò ch’essi credono sia la
via. Ma, queste sono solo parole che non hanno rapporto con la vita vera, o una vera via. Quando
comprendiamo e pratichiamo in modo profondo la vita e gli insegnamenti del Buddha, o la vita e gli
insegnamenti di Gesù, penetriamo per la porta ed entriamo nella dimora del Buddha vivente e del
Cristo vivente, e innanzi a noi si presenta la vita eterna.

– Il vostro corpo è il corpo di Cristo –

Nel buddhismo noi personifichiamo le caratteristiche cui aspiriamo, quali la consapevolezza
(Sakyamuni Buddha), la comprensione (Manjusri Bodhisattva) e l’amore (Maitreya Buddha), ma anche se
Sakyamuni, Manjusri e Maitreya non sono qui presenti, è ancora possibile raggiungere la
consapevolezza, la comprensione e l’amore. Gli stessi discepoli del Buddha sono una continuazione
del Buddha. Consapevolezza, comprensione e amore si possono manifestare attraverso le persone della
nostra stessa epoca, anche attraverso noi stessi. Non dobbiamo tanto credere alla resurrezione dei
Buddha e dei bodhisattva quanto alla generazione di consapevolezza, comprensione e amore in noi
stessi.

Il Cristo vivente è il Cristo dell’Amore, momento dopo momento. Quando la chiesa manifesta
comprensione, tolleranza e amorevolezza, Gesù è presente. I cristiani devono contribuire al
manifestarsi di Gesù Cristo con la loro condotta di vita, mostrando a coloro che stanno loro intorno
che amore, comprensione e tolleranza sono possibili. Ciò non si compirà soltanto grazie a libri e
sermoni; deve realizzarsi con il nostro modo di vivere. Nell’ambito del buddhismo anche noi
affermiamo che il Buddha vivente, colui che insegna l’amore e la compassione, deve manifestarsi
attraverso il nostro modo di vivere.

Grazie alla pratica di innumerevoli generazioni di buddhisti e di cristiani, l’energia del Buddha e
quella di Gesù Cristo sono giunte sino a noi. Noi possiamo entrare in contatto con il Buddha vivente
e con il Cristo vivente. Sappiamo che il nostro corpo è la continuazione del corpo del Buddha e che
è parte integrante del corpo mistico di Cristo. Abbiamo una stupenda occasione per contribuire alla
continuazione del Buddha e di Gesù Cristo: grazie ai nostri corpi e alle nostre vite, la pratica è
possibile. Se odiate il vostro corpo e pensate che sia soltanto una fonte di tormento, che contenga
soltanto le radici dell’ira, dell’odio e del desiderio, non comprendete che il vostro corpo è il
corpo del Buddha, che il vostro corpo è parte del corpo di Cristo.

– Godete d’essere vivi –

È meraviglioso respirare e sapere d’essere vivi. A cagione del fatto che siete vivi, ogni cosa è
possibile. Il Sangha, la comunità di pratica, può continuare.

La chiesa può continuare. Vedete di non sprecare un solo momento. Ogni momento è un’occasione per
infondere vita nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha.

Ogni momento è un’occasione per manifestare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

“C’è una persona la cui comparsa sulla terra è volta al benessere e alla felicità di tutti. Chi è
quella persona?”. Questo è un interrogativo tratto dall’Anguttara Nikaya. Per i buddhisti quella
persona è il Buddha. Per i cristiani quella persona è Gesù Cristo. Tramite la vostra vita quotidiana
potete contribuire alla continuazione di quella persona. Basta soltanto che camminiate nella
consapevolezza, che muoviate dei passi pacifici e felici sul nostro pianeta.

Respirate a fondo e godete del vostro respiro. Siate consapevoli che il cielo è azzurro e i canti
degli uccelli sono bellissimi. Godete d’esser vivi e contribuirete alla continuazione del Cristo
vivente e del Buddha vivente per molto tempo a venire.

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