I LIMITI DELLA SCIENZA ED IL RICORSO ALLA FEDE

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I LIMITI DELLA SCIENZA ED IL RICORSO ALLA FEDE

di Paolo Manzelli

Settimana della Cultura Scientifica – Provveditorato di TERNI

La scienza deve gran parte del suo successo perché è sostanzialmente riduttiva, pertanto è
assiomatico capire che la scienza è gestibile entro i limiti cognitivi propri di ciascuna epoca.

La scienza infatti si pone domande e ricerca risposte entro un campo cognitivo ben delineato secondo
una regola che descrisse Guglelmo di Ockham (1350) nel suo trattato su “Potentia ordinata e potentia
Dei Absolutam”.

In tale regola del fare scienza che dopo di lui fu nota come RASOIO di OCKHAM, si riconosce la
necessita di semplificare ogni ragionamento scientifico nei suoi minimi termini.

Infatti OCKHAM descrisse la debolezza del ragionamento ipotetico (secundum immaginationem), proprio
della scienza di ogni epoca, in quanto l’immaginario scientifico può essere soltanto ordinato
logicamente sulla base di un numero limitato di esperimenti noti e quindi tramite il ricorso ad un
linguaggio, che per essere comprensibile è di per se stesso non oggettivo.

A tali conclusioni OCKHAM pervenne dal un confronto dell’immaginario creativo dell’uomo, con la
“divina potenzia creativa absoluta” quella che ha creato oggettivamente il mondo e noi stessi.

Pertanto a partire dalla chiara descrizione di Ockham sul metodo scientifico, la scienza ha avuto
ottimi risultati riducendo ad un modello la realtà tramite le concezioni congetturali, che pongono
un limite alle proprie possibili concettualizzazioni.

Mantenendo sostanzialmente tale metodologia riduzionista, nel suo progresso la scienza ha teso ad
allargare il numero di esperimenti validi sempre a conferma di un limitatissimo numero di postulati
a priori, quali ad esempio quello acquisito dalla scienza moderna, relativo al presupposto che la
Energia non si crea ne si distrugge ma si trasforma.

Ricordando Ockham, Isaac Newton (1642-1627), pur sapendo di limitarsi a descrivere solo la meccanica
del moto nel mondo esterno disse :”Hypotesis non fingo”, sostenendo che la sua formulazione del
moto, che dette origine alla “Meccanica Classica”, era assolutamente valida, sia per il moto dei
pianeti nel cielo, che di qualsiasi altro oggetto materiale del mondo terreno, in quanto ogni tipo
di sperimentazione del macro-cosmo era suscettibile di interpretazione e pronostico tramite la nota
equazione (F = ma; la forza equivale alla massa per l’accelerazione del moto).

In breve molti scienziati , anche di grande levatura scientifica quali il matematico Gottfried W.
Leibniz , assunsero un atteggiamento detto “scientista”, per il quale la scienza non adotta più il
carattere di un modello limitatamente valido, ma un valore limitato solo dal suo plausibile
perfezionamento.

A questa logica scientista si giunse infatti dopo l’applicazione della matematica infinitesimale, la
dove l’infinitesimo è una quantità evanescente applicabile ad un istante sfuggente del tempo, poiché
si assume che l’istante tempo sia una quantità numerabile senza alcuna intrinseca durata.

Con il calcolo infinitesimale del ricorso al limite, si perde pertanto la dimensione reale del
tempo, che diviene una successione numerica convenzionale, come già comprese per primo lo stesso
Newton, mentre al contempo lo spazio diviene un entità assolutamente misurabile.

Quanto sopra equivale alla accettazione della esistenza a priori di uno spazio vuoto presente di per
se stesso, in quanto indipendente dalle reali interazioni tra energia e materia, che avvengono in un
tempo altrettanto reale ed irrreversibile.

Il primo che si accorge della relatività delle misure a partire da uno studio più attento del lavoro
scientifico di Galileo Galilei (1564-1642), fu Albert Einstein, che ponendosi il problema della
relatività della osservazione in relazione alla costanza della velocità della luce, meditò a lungo
su ciò a cui tale riflessione conduceva; accetto infatti il così detto “Principio di
indeterminazione della Meccanica Quantistica” (1927) concludendo con il dire : ” as faras the laws
of physics-mathematics refer to reality, they are not certain; as far as they are certain, they do
not refers to reality……. of course …. God do not games of dices with nature”.

Con Einstein l’atteggiamento “scientista” a riguardo della modalità di costruzione della scienza fu
concettualmente superato, ma purtroppo esso era stato sostanzialmente ed ampiamente accettato dalla
comunità scientifica nel contesto della società industriale, poiché scienza e tecnologia sembravano
dare una potenza ed un progresso inarrestabile all’uomo.

Certamente dobbiamo osservare che con l’evolversi delle concezioni scientifiche anche il rapporto
tra scienza e religione si è modificato nel tempo.

Ricordiamo infatti che Tommaso D’Aquino (1270) partendo dalla rilettura degli scritti di Aritotele
(384-321 a.C), ritenne che il compito della scienza fosse quello di svelare e comprendere il piano
divino della creazione; … ma poi quando la Chiesa Cattolica Romana trovò contraddizioni tra la
scienza ed interpretazioni letterali della Bibbia, uso a causa del suo potere temporale, la mano
pesante giungendo a condannare per eresia gli studi scientifici.

La Sacra Inquisizione con le sue violente torture, macabre uccisioni, macchiò a volte
indelebilmente, la espressione della fiducia nella fede dell’uomo verso Dio; solo oggi vengono
riconosciuti apertamente dalla Chiesa di Roma i propri umani errori; in particolare è stato
importante il riconoscimento del Papa Giovanni Paolo II (1992) dell’errore commesso dalla Chiesa nel
decretare la condanna di Galileo Galilei.Dobbiamo riconoscere e non dimenticare che sia la Chiesa, e
con essa la Teologia, sia la Scienza e le sue scoperte, sono entrambe interpretate da uomini, che
come tali sono soggetti ad errori e putroppo con conseguenti nefandezze nei confronti dei propri
simili.

Ricordiamo in particolare che Hitler quando nel “MEIN KAMPF” , scrisse sulla purezza della razza
umana, egli fu sostenuto da un atteggiamento scientista del “Movimento Eugenetico” sostenuto da vari
scienziati evoluzionisti, che affermava la capacità dell’uomo di poter interagire nella storia per
migliorare l’evoluzione umana.

Francis Galton, cugino di primo grado di Robert Darwin (1809-1882),proseguendo gli studi
sull’evoluzione dal punto di vista Amtropologico, chiamò “Eugenetica” (1883) (da parole greche che
significano buona nascita), la strategia adatta per scientificamente l’uomo; sostenne infatti che i
caratteri positivi dell’uomo, quali l’intelligenza superiore a quella animale, potessero essere
accentuati eliminando dalla razza i caratteri negativi, esattamente come l’uomo, tramite il ricorso
alla riproduzione selettiva, aveva già sperimentato per migliorare alcune razze animali.

Anche il sociologo Herbert Spencer (1820-1903), che fu quello che diffuse la parola “evoluzione”,
(che Darvin in vero non utilizzò mai),arrivò a giustificare, sulla base del principio delle
selezione del migliore, le guerre imperialiste della Inghiterra e degli altri paesi industrializzati
per la colonizzazione dei paesi scientificamente arrettrati.

Fu proprio a causa di questa escalation scientista dei modelli interpretativi della evoluzione, che
Alfred Russel Wallace (1823-1913 – il quale con Darwin pubblicò per primo la teoria
evoluzionistica), dopo la morte di Darwin, si rese conto di non poter accettare la teoria della
evoluzione, a cui lui stesso aveva dato un iniziale contributo e la ripudiò per coscienza della sua
limitatezza interpretativa, rispetto alla evidente capacità creativa della natura.

Wallace sottolineò il fatto che se la teoria della selezione del migliore fosse stata esatta, allora
l’evoluzione naturale avrebbe dovuto condurre a diminuire il numero delle razze viventi, mentre
invece si ha la prova certa che proprio l’evoluzione, conduce alla crescita di nuove specie mutanti.

Purtroppo le riflessioni coscienti passano più facilmente nel dimenticatoio che non il sentimento di
dominio e di potere dell’uomo sull’uomo e sulla natura, così che la cultura scientista troppo spesso
ha cercato di trovare giustificazioni possibili e facilmente comunicabili a sostegno del suo
atteggiamento mentale, da ogni lato esse provengano, religioso o scientifico che esso sia; ad es.
HITLER e le famigerate SS, nell’attuare il genocidio sistematico degli ebrei, si ostinavano a
sostenere con convinzione nella loro azione inumana :”GOT MIT UNS”, ricordando come le crociate
cristiane fossero state condotte sotto il vessillo e la benedizione della Chiesa.

Concludendo queste mie sintetiche riflessioni sul tema I LIMITI DELLASCIENZA ED IL RICORSO ALLA
FEDE, personalmente ritengo che, anche in modo del tutto indipendente da ciò che è od è stata la
religione (qualsiasi essa sia), e pur ammettendo che la scienza potrà passare in futuro da una
metodologia analitica limitata a modelli riduzionisti del pensiero, per aprirsi a sistemi cognitivi
in grado di capire la evoluzione della natura e persino darle un nuovo corso di sviluppo decretato
dal libero arbitrio dell’uomo, sono certo del fatto che il ricorso alla FEDE sarà comunque
ineliminabile.

Infatti ,anche ammettendo che nel destino dell’uomo sia scritto che egli potrà scoprire tutto ciò
che è natura, compreso se stesso, ed anche se egli avrà l’abilità di alterare ogni fenomeno naturale
conosciuto, l’uomo non avrà mai alcuna risposta alla domanda PERCHE ,ciò è stato a lui possibile.

L’atto di FEDE sarà quindi sempre correlato al dubbio esistenziale; l’essere uomo oggi come domani
non potrà non riconoscere il fatto di non essersi creato da solo.

In questo dubbio scienza e fede si uniscono in ogni tempo, proprio perché sia la vera scienza, che
la vera fede, sono e saranno entrambe una doppia dimensione dello spirito umano, che tende ad
arginare quel profondo stimolo interiore, che spinge coscientemente o incoscientemente l’umanità
verso una comprensione profonda capace di rispondere al dubbio fondamentale della ragione della
propria esistenza….. quella…. che forse ognuno di noi avrà chiaro ed evidente dopo la morte.

LRE@blu.chim1.unifi.it www.chim1.unifi.it/group/education

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