I cinque esercizi di Rudolf Steiner

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I cinque esercizi di Rudolf Steiner

Verranno qui descritte le condizioni fondamentali per la crescita
interiore. Pur con l’ausilio di talune misure prese nella vita
esteriore e interiore, nessuno può pensare di progredire se non
assolve a queste condizioni. Tutti gli esercizi di meditazione, di
concentrazione o altro saranno privi di valore e anche in qualche modo
nocivi se la vita non si attiene al senso di queste prescrizioni. Non
si possono dare facoltà a un essere umano: si possono soltanto far
sviluppare quelle che già ci sono in lui e che non si sviluppano
spontaneamente a causa degli ostacoli esteriori e interiori che
incontrano. Gli ostacoli esteriori si superano attenendosi alle regole
di vita che seguono, invece gli ostacoli interiori si superano
attraverso le particolari indicazioni date sulla meditazione, la
concentrazione eccetera.

[1/a] La prima condizione consiste nel conquistare un pensiero
perfettamente chiaro. A questo scopo bisogna liberarsi – almeno per un
breve momento della giornata, anche per cinque minuti (ma più il tempo
è lungo, meglio è) – dei pensieri che si muovono come fuochi fatui.
Bisogna diventare padroni del mondo dei propri pensieri. Non se n’è
padroni fin quando un condizionamento esteriore (la professione, una
tradizione qualsiasi, le condizioni sociali, il fatto stesso di
appartenere a un certo popolo, il momento della giornata, certi gesti
che noi compiamo) ci detta un determinato pensiero e il modo stesso di
svolgerlo. Durante quel breve momento di cui si è detto, con una
volontà del tutto libera, dobbiamo svuotare la nostra anima del corso
abituale e quotidiano dei pensieri e – di nostra propria iniziativa –
porre un pensiero al centro della nostra anima. Non è necessario
credere che debba essere un pensiero eccezionale o di particolare
interesse. Il risultato interiore che ci si propone di raggiungere si
ottiene meglio se, all’inizio, ci si sforza di scegliere un pensiero
anche non interessante e il più insignificante possibile. La forza
dell’attività propria del pensare – che è ciò che importa – viene da
ciò maggiormente stimolata, mentre un pensiero che è interessante
trascina da sé il pensare. E’ preferibile eseguire questo esercizio di
controllo dei pensieri concentrandosi su uno spillo piuttosto che su
Napoleone. Ci si dice: “Parto ora da questo pensiero e di mia
personale iniziativa gli associo tutto ci. che gli si può ricollegare
obiettivamente”. Alla fine dell’esercizio quel pensiero deve permanere
nell’anima altrettanto vivo e colorito che all’inizio. Bisogna
eseguire questo esercizio ogni giorno, almeno per un mese. Si può ogni
giorno scegliere un nuovo pensiero ma anche conservare lo stesso
pensiero per diversi giorni.

[1/b] Alla fine di un esercizio di questo genere bisogna cercare di
prendere pienamente coscienza del sentimento interiore di fermezza e
sicurezza che la sottile attenzione portata alla nostra anima ci farà
presto rilevare.

[1/c] Poi si termina l’esercizio immaginando la propria testa e la
linea mediana della schiena, come se si volesse riversare questo
sentimento in tali parti del corpo.

[2/a] Dopo essersi esercitati così per un mese circa, ci si ponga un
ulteriore proposito. Si tenti di immaginare una qualsiasi azione, che
secondo il corso abituale delle proprie occupazioni non ci si sarebbe
certamente mai proposti di compiere. Di questa azione si faccia di per
sé un dovere quotidiano. Come azione da eseguire sarà bene scegliersi
un’azione che possa essere compiuta ogni giorno per una durata più
lunga possibile. Anche qui è meglio cominciare con un’azione
insignificante, che occorre, per così dire, sforzarsi di compiere: per
esempio, ci si può proporre di andare ad innaffiare in un preciso
momento del giorno una pianta che si è acquistata. Dopo un certo
periodo, a questa prima azione se ne deve aggiungere una seconda, poi
una terza, eccetera, sempre che il compimento di tutti gli altri
doveri ne offri la possibilità. Anche quest’esercizio deve essere
eseguito per un mese. Durante questo secondo mese, tuttavia, bisogna
il più possibile perseverare nell’esecuzione del primo esercizio, pur
non facendone un dovere quasi esclusivo come nel primo mese. Non
bisogna perderlo di vista: altrimenti ci si accorgerebbe ben presto
che i frutti del primo mese si sono persi e che è ricominciato il
solito vagare dei pensieri non controllati. Una volta acquisiti questi
frutti, bisogna pertanto badare a non perderli.

[2/b] Dopo aver fatto esperienza di una tale azione scelta di propria
iniziativa e compiuta come secondo esercizio, si prenda coscienza,
attraverso un’attenzione sottile, del sentimento di impulso interiore
verso l’agire, destatosi nell’anima

[2/c] e lo si riversi, per così dire, nel proprio corpo in modo da
farlo discendere o fluire dalla testa al cuore.

[3/a] Il nuovo esercizio che va posto al centro della vita durante il
terzo mese è l’educazione a una certa equanimità di fronte alle
oscillazioni tra piacere e dolore, gioia e sofferenza; la
contrapposizione “esultanti di gioia e tristi fino alla morte” deve
far posto, attraverso uno sforzo cosciente, a un’equanimità
dell’anima. Si faccia attenzione al fatto che nessuna gioia ci faccia
perdere la testa, che nessuna sofferenza ci schiacci, che nessuna
esperienza vissuta ci trascini verso l’eccitazione o la collera
smisurate, che nessuna attesa ci riempia di timore e di angoscia, che
nessuna situazione ci faccia perdere il nostro equilibrio, eccetera.

[3/b] Non si tema, con questo esercizio, di far inaridire o impoverire
l’anima; si noterà, al contrario, che grazie a questo esercizio, al
posto di ciò che di solito si avverte sorgono qualità pure;
soprattutto, attraverso un’attenzione sottile, si potrà scoprire in
sé, nel proprio corpo, una condizione di calma interiore;

[3/c] si riversa questa calma nell’ organismo – come nei due casi
precedenti – facendola irraggiare dal cuore verso le mani, i piedi e
infine la testa. E’ evidente che, riguardo a quest’ultimo caso, non si
può far ciò dopo ogni esercizio, perché non si tratta in fondo di un
esercizio isolato, bensì di una attenzione costante diretta verso la
vita interiore. Occorre però, almeno una volta al giorno, evocare
dinanzi all’anima questa calma interiore ed esercitarsi a riversare, a
far fluire questo sentimento dal cuore verso le mani, poi i piedi,
infine la testa. Si continuerà a eseguire il primo e il secondo
esercizio durante il terzo mese, come si è continuato il primo
esercizio nel secondo mese.

[4/a] Nel quarto mese occorre seguire come nuovo esercizio quello
chiamato “della positività”. Esso consiste nel ricercare costantemente
in tutti gli esseri, in tutte le cose, in tutte le esperienze, ciò che
di buono, di bello, di eccellente vi è contenuto. Ciò che meglio
definisce questa qualità dell’anima è una leggenda persiana sul Cristo
Gesù. Camminava lungo una via con i suoi discepoli, quando videro sul
ciglio della strada, il cadavere di un cane in uno stato già avanzato
di decomposizione. Di fronte a quel raccapricciante spettacolo i
discepoli volsero lo sguardo dall’altra parte; solo il Cristo si
fermò, guardò il cane con aria pensosa e disse:”Che bei denti aveva
questo animale!”. Dove gli altri avevano visto soltanto una realtà
ripugnante e sgradevole, egli vedeva il bello. Così il discepolo
dell’esoterismo deve sforzarsi di cercare in ogni fenomeno e in ogni
essere ciò che vi è di positivo. Noterà ben presto che sotto la coltre
della ripugnanza si nasconde una certa bellezza; che sotto le
sembianze di un criminale si nasconde qualcosa di buono; sotto le
sembianze di un pazzo si cela in qualche modo un’anima divina. Questo
esercizio si accosta a ciò che si chiama “astenersi dalla critica”.
Non bisogna interpretare ciò come se si dovesse denominare nero il
bianco e bianco il nero. Ma c’è una differenza tra un giudizio che
nasce soltanto dalla reazione personale o dall’impressione personale
di simpatia o antipatia e una tutt’altra attitudine secondo la quale
ci si immerge con amore nel fenomeno o nell’essere che ci è dinanzi,
chiedendosi ogni volta:”Com’è giunto a essere ciò che è, a fare quel
che ha fatto?”. Questa attitudine spinge, del tutto spontaneamente, a
sforzarsi di aiutare ciò che è imperfetto, piuttosto che biasimarlo o
criticarlo soltanto. E’ priva di valore l’obiezione che, in molte
circostanze della vita umana, è necessario biasimare e giudicare,
perché in ogni caso queste condizioni di vita sono tali da impedire di
seguire una vera disciplina occulta. Esistono, in effetti, numerose
condizioni di vita che non consentono di seguire correttamente questa
disciplina. In questo caso non bisogna voler conseguire con
impazienza, nonostante tutto, quei progressi che si possono realizzare
soltanto in certe condizioni.

[4/b] Chiunque abbia rivolto per un intero mese la sua attenzione al
lato positivo di tutto ciò che incontra noterà a poco a poco che nella
sua interiorità affiora un sentimento che gli dà l’impressione che la
sua pelle divenga permeabile in tutte le direzioni e che la sua anima
si apra vastamente a tutti quei fatti segreti e sottili che gli si
svolgono attorno e che prima fuggivano del tutto alla sua attenzione.
Si tratta proprio di combattere contro la mancanza di attenzione che
esiste in tutti di fronte a questi fatti sottili.

[4/c] Una volta osservato che questo sentimento si manifesta
nell’anima sotto forma di felicità, si cerchi di dirigere questo
sentimento, come fosse un pensiero, verso il cuore, di farlo fluire di
là verso gli occhi e da questi ultimi verso l’esterno, nello spazio di
fronte a sé e attorno a sé. Si noterà che si acquista così un’intima
relazione con lo spazio. Si va oltre se stessi, ci si dilata, per così
dire. Si impara a considerare una parte del proprio ambiente come
qualcosa che fa anche parte di se stessi. Questo esercizio richiede
una buona dose di concentrazione e soprattutto il riconoscimento di un
fatto: ogni moto passionale dell’anima, ogni tempesta emotiva,
distrugge da cima a fondo questa attitudine dell’anima. Si ripetano
gli esercizi già praticati come si è indicato per i mesi precedenti.

[5/a] Al quinto mese si cerchi di coltivare in sé il sentimento di
“spregiudicata apertura” nell’affrontare ogni nuova esperienza.
Generalmente la reazione è la seguente:”Ecco qualcosa che io non ho
ancora inteso dire, che non ho mai visto: non ci credo, è
un’illusione”. Il discepolo dell’esoterismo deve decisamente desistere
da questa attitudine. Deve essere pronto in ogni momento ad accettare
di fare un’ esperienza nuova. Ci. che in precedenza ha riconosciuto
come normativo o che gli si presentava come possibile non deve essere
un ostacolo che gli impedisca di accogliere una nuova verit.. Se gli
si viene a dire (benché questo esempio sia un po’ forzato, è valido):
“Senti, da ieri sera il campanile di San XXX si è inclinato”, il
discepolo dell’esoterismo deve lasciare la porta aperta alla
possibilità di credere che la conoscenza delle leggi naturali da lui
finora acquisita possa, nonostante tutto, arricchirsi di un fatto di
questo genere, apparentemente inaudito.

[5/b] Chi durante il quinto mese rivolga la sua attenzione a una tal
modo di essere noter. che nella sua anima affiora un sentimento che
gli dà l’impressione che nello spazio – quello di cui si è parlato per
l’esercizio del quarto mese – qualcosa divenga vivente, che qualcosa
in questo spazio si metta in movimento. Questo sentimento è
straordinariamente sottile e delicato.

[5/c] Occorre tentare di cogliere attentamente questa sottile
vibrazione nello spazio circostante e farne, per così dire, penetrare
il flusso attraverso i cinque sensi, soprattutto attraverso gli occhi,
le orecchie e la pelle, nella misura in cui questa possiede il senso
del calore. A questo gradino del cammino esoterico, si applica minore
attenzione alle impressioni destate dai fenomeni sui sensi inferiori,
cioè il gusto, l’odorato e il tatto. Non è ancora possibile, a questo
gradino, discernere le influenze positive che si incontrano in questo
ambito dalle numerose influenze negative che vi si mescolano. Meglio
rimandare questo lavoro a un gradino più avanzato.

[6] Nel sesto mese si tenti di fare e di rifare sempre i cinque
esercizi in modo sistematico, secondo un ritmo, una regolare
alternanza. Il risultato sarà che a poco a poco un bell’equilibrio si
forma nell’anima. Si noter. soprattutto che il malcontento che si
provava forse di fronte a certi fatti o a certi esseri scompare del
tutto. In noi viene a regnare una disposizione interiore che concilia
tutte le esperienze, che armonizza tutti gli eventi; questa
disposizione non ha assolutamente nulla in comune con l’indifferenza,
al contrario, essa consente di operare nel mondo per migliorarlo e
farlo evolvere. Nell’anima si fa strada una calma comprensione verso
cose che prima le erano completamente impenetrabili. Anche l’andatura
e i gesti dell’uomo si trasformano sotto l’influenza di questi
esercizi; e se un giorno si nota che anche la scrittura ha assunto un
altro stile, allora si può dire che si . sul punto di raggiungere il
primo gradino del cammino verso l’alto.

Insistiamo ancora una volta su due punti essenziali:

innanzitutto sul fatto che i sei esercizi appena descritti hanno il
potere di paralizzare le influenze nocive che potrebbero avere altri
esercizi occulti, così che non se ne conservino soltanto gli elementi
favorevoli;

in secondo luogo, che essi soli in realtà possono assicurare un
risultato positivo al lavoro di meditazione e di concentrazione. Al
discepolo dell’esoterismo, per coscienzioso che sia, non basta
l’osservanza della morale comune, perché questa morale può essere
molto egoistica in colui che dice a se stesso:”Voglio essere buono
perché si possa pensare di me che sono buono”. Il discepolo
dell’esoterismo non fa del bene perché vuole che si pensi bene di lui,
ma perché a poco a poco egli riconosce che soltanto il bene fa
procedere l’evoluzione, mentre il male, l’azione cattiva o disordinata
pongono ostacoli sul cammino di questa evoluzione.

Da: spazioinwind.libero.it/gburrini/percresc/eserciz5.html

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