Dal Bardo alla fisica quantistica

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Dal Bardo alla fisica quantistica

di Annalisa Faliva

Il Libro tibetano dei morti è l’antico testo della tradizione tibetana che spiega il percorso della
coscienza tra la morte e la rinascita successiva, e mette in luce il ruolo della consapevolezza
nella creazione della realtà – un’antica verità che oggi viene confermata dalle ultime frontiere
della fisica quantistica…

Seguo un insegnamento spirituale da quasi trent’anni. Quello che mi ha spinto a questa scelta è
stato il desiderio di nascere veramente. I miei condizionamenti mi spingevano infatti a negare la
vita e a scegliere la morte. L’incontro con il Maestro Spirituale Osho mi chiarì che la mia
sofferenza era il confronto con l’ego, e che era necessario sviluppare il contatto col mio centro e
imparare a trovare distanza dai programmi della mente.

Questa ricerca mi ha condotto ad approfondire l’Ipnosi e la Programmazione NeuroLinguistica,
diventati per me strumenti di lavoro. Ho così avuto modo di conoscere sempre meglio la mente e
comprendere quanto sia importante creare un’alleanza con l’inconscio, quella parte profonda che
detiene la chiave per il cambiamento. Per progredire è molto importante infatti poter contare su una
mente positiva, orientata all’apertura, che permetta l’esperienza. Una mente sofferente è governata
dal passato, è troppo preoccupata di proteggere e preservare la persona e questo di solito si
traduce nel blocco dell’energia.

La mente fondamentalmente usa la paura per tenerci sotto controllo, e di base ogni paura si fonda
sulla paura che l’ego ha della morte. Questo è il filo che mi ha condotto al “Libro tibetano dei
morti”, antico testo della tradizione tibetana che spiega il percorso della coscienza nello spazio
di sospensione (o “Bardo”) tra la morte e la rinascita successiva. Da sempre l’uomo ha avuto la
curiosità di sapere cosa succede dopo la morte e questo antico insegnamento della tradizione
Dzochen, frutto delle esperienze in meditazione del Maestro Padmasambhava (VIII secolo), spiega ogni
cosa con grande precisione.

Il mio primo incontro con questo insegnamento risale ai primi anni ’80, poco dopo l’incontro con il
mio Maestro. Mi accostai a questo testo con emozione e grande aspettativa ma dovetti ammettere
che…non ci avevo capito granché. Come libro iniziatico infatti il “Bardo” presenta tutta una serie
di simbologie della tradizione buddista difficili da decifrare, e così il suo messaggio è rimasto a
lungo comprensibile solo per pochi. Quando Osho affidò all’Osho Healing Institute for Living and
Dying l’indicazione di semplificare e modernizzare il linguaggio del “Libro tibetano dei morti” per
rendere questo messaggio così importante accessibile a tutti, mi sembrò molto bello.

Io mi sono occupata della versione italiana: è stato fatto un lavoro di consultazione e
approfondimento su diverse fonti per verificare il significato sottostante a ogni simbolo, che è
stato presentato direttamente, con semplicità e immediatezza. Ciò che emerge è molto potente e
significativo: la circolarità e interdipendenza tra la vita e il processo chiamato morte,
l’impossibilità di fuggire da quello che non è stato integrato nella consapevolezza. Quest’opera
risponde a quesiti che sono con l’uomo da sempre: perché siamo qui…chi siamo..dove andiamo?…

In pratica, il “Bardo” dice che dopo la morte ci ritroviamo a fare esperienza esattamente delle
stesse beghe che ci fanno uscire dai gangheri ora, ci confrontiamo con le stesse cose che ci fanno
paura e che hanno il potere di farci perdere la centratura adesso, nella nostra vita di tutti i
giorni.

Qualche tempo fa ho visto su internet il film “What the bleep do we know? ” (“Ma che ..bip..
sappiamo veramente?”), che riporta l’interpretazione della fisica quantistica sulla nostra
percezione del mondo, e mi ha molto colpito la sintonia con il “Libro tibetano dei morti” – la
visione più recente per spiegare la realtà supportata dalle ultime scoperte della fisica e quella
antica di secoli che coincidono.

Continuiamo a credere che il mondo esterno sia più vero del nostro mondo interiore, ma non è così.
Pensiamo che le cose e l’ambiente intorno a noi ci siano come qualcosa che esiste per suo conto a
prescindere da noi, ma secondo la fisica quantistica è più corretto invece considerare tutto ciò che
ci circonda, anche le cose materiali come sedie, tavoli, frigoriferi ecc. come i possibili movimenti
della coscienza, scelti momento per momento per attuare la materializzazione della nostra
esperienza. Si è scoperto che il cervello non distingue tra ciò che vedono gli occhi realmente e le
immagini create dai pensieri e dalle fantasie perché sono le stesse reti neuronali che si attivano,
quindi il cervello non distingue la differenza tra ciò che succede “dentro” e “fuori”.

Ora la scienza quantistica è in grado di affermare che non esiste un “là fuori” indipendentemente da
quello che succede “qui dentro”, esattamente come dice il “Bardo”. Dei miliardi di informazioni che
arrivano ai nostri sensi possiamo cogliere solo quello che il nostro cervello è in grado di
decodificare. Ciò significa che usiamo costantemente il passato per interpretare il presente e che
non siamo in grado di riconoscere tutto ciò che giudichiamo e rifiutiamo – possiamo vedere solo
quello che consideriamo possibile.

In assenza di una struttura interna di riferimento il nostro cervello è letteralmente incapace di
decodificare quello che incontriamo. Un insegnamento che ci spiega cosa accadrà dopo la morte è
quindi doppiamente utile perché, oltre a prepararci a comprendere cosa accadrà, predispone in noi
delle griglie di riferimento inconsce per poter riconoscere ora che siamo nel corpo, che cosa
significa per la mente perdere il suo involucro, fare esperienza del suo contenuto in quello spazio
di sospensione immateriale prima di poter ritornare ad avere un corpo.

Questo può darci la possibilità di utilizzare bene quell’opportunità. Il “Libro tibetano dei morti”
ci spiega infatti che il momento della morte è molto importante, è come un trampolino che può
permetterci di saltare nella verità della nostra reale natura e giungere così al risveglio, allo
stato di unità. Anche il periodo che segue la morte fisica è altrettanto cruciale per realizzare
questa possibilità, a patto che abbiamo utilizzato bene il tempo della vita. La vita è una palestra
per allenare la coscienza ad acquisire consapevolezza. E’ necessario imparare a lasciar andare,
comprendere la natura illusoria delle cose, dei fenomeni. Chi vorrebbe restare aggrappato a ciò che
in realtà non esiste, chi vorrebbe investire tanto in una vacua apparenza? Ma tutto ciò che
sperimentiamo come la nostra realtà è proprio questo: nient’altro che una proiezione della mente.

Ora anche la fisica afferma che la materia non è quello che abbiamo sempre creduto – statica e
prevedibile. Nell’atomo lo spazio che occupano le particelle è insignificante, tutto il resto è
vuoto. Inoltre anche le particelle mostrano di apparire e scomparire tutto il tempo. La materia è in
realtà insostanziale, vuota, tale e quale ad un pensiero. Le cose non sono costituite da altre cose
ma da concetti, idee. Ne consegue che niente in realtà può toccarci, a parte quello a cui noi stessi
riconosciamo questo potere.

L’antico insegnamento del Libro tibetano dei morti è più attuale che mai, tanto che anche la
scienza, nel suo indagare all’interno della materia, sta riscoprendo le connessioni con il mondo
invisibile: il messaggio comune, infatti, è che ogni creazione avviene prima di tutto dentro di noi.

Il mondo è un insieme di potenziali realtà tra cui scegliere in ogni istante. Se non diventiamo
individui più consapevoli e capaci di vivere il presente sono i nostri condizionamenti inconsci a
materializzare la nostra realtà. E anche questa è una scelta, anche se meno consapevole.

Questi concetti della fisica quantistica coincidono esattamente con quanto il “Bardo” afferma.
Questo insegnamento ci dice che in realtà non dobbiamo temere nulla perché ciò che siamo veramente è
un “vuoto luminoso”. Se in vita avrò allenato la mia coscienza a riconoscere come creo la mia
realtà, a prendermi la responsabilità di ciò che mi confronta, a portare luce alle mie parti oscure
allora saprò recuperare la distanza e la presenza per svegliarmi da quel sogno che per tanti e tanti
cicli di inconsapevolezza mi ha spinto a rinascere. Più restiamo inconsapevoli di ciò che accade
dentro di noi, dei nostri processi inconsci, più nello spazio dopo la morte verremo governati e
sospinti dal “vento karmico”, la tempesta delle pulsioni e degli attaccamenti che viene dal passato.
Chi è rimasto identificato con l’ego e con l’idea che il mondo sia “reale” vorrà solo tornare a
incontrare le cose e le persone a cui è rimasto attaccato.

Il “Bardo” parla di come il pensiero crei costantemente la realtà. Recentemente sono stati fatti
esperimenti che comprovano questo. Negli anni ’90, 48 diversi esperimenti condotti in America hanno
mostrato che la criminalità diminuiva del 25% in città per tutto il periodo in cui un gruppo
abbastanza numeroso di persone si riuniva per meditare sulla pace.

Abbiamo visto le suggestive foto delle molecole dell’acqua di Masaru Emoto, che assumono forme
diverse a seconda dei messaggi o musiche a cui vengono esposte, e il nostro corpo è composto da
acqua per l’80%. Non ci soffermiamo abbastanza sul fatto che il nostro pensiero crea quello che
siamo e il mondo attorno a noi. Trascuriamo il buio che c’è nel nostro inconscio e così abbiamo
bisogno di vederlo materializzato per riconoscerlo: “Tu sei tutto ciò che vedi, tutto ciò che crei”
dice il “Bardo”.

Se la realtà è una possibilità come possiamo renderla migliore? Il “Bardo” ci indica di prendere la
responsabilità di tutto ciò che ci succede, ad esempio trattare le persone che ci infastidiscono
come la proiezione di una parte rifiutata e giudicata di noi stessi. In realtà, ci dice, siamo tutti
lì gli uni per gli altri per aiutarci al risveglio. La vecchia via è pensare che basterà troncare
con quella persona, e così il problema sparirà.

Ma il “Bardo” è lì a sottolineare che tutto ciò che ci infastidisce, ci colpisce, ci turba, è la
proiezione di qualcosa che ci appartiene. Nostra è la scelta se rifiutare l’altro, allontanarlo o
tentare di eliminarlo oppure riconoscerlo come una parte di noi. Nel primo caso quella stessa
tematica accadrà di nuovo e di nuovo per darci altre opportunità di risveglio. I nostri
condizionamenti ricreeranno la stessa realtà, fino a che non saranno riconosciuti, fino a che non
saremo liberi dall’identificazione.

Anche la fisica quantistica afferma che creiamo tutto ciò che va a comporre la nostra realtà. Lo
stiamo facendo tutto il tempo, aprendoci a riconoscere le nostre proiezioni, o respingendo
l’esperienza e quindi perpetuando il livello di inconsapevolezza. Ci sono centri associativi nel
nostro cervello che riaffermano continuamente la nostra identità e personalità, ma non siamo
obbligati ad identificarci con questo livello.

Se la maggior parte delle persone considera la sua vita noiosa e priva di ispirazione è perché
rimangono nell’ipnosi dei condizionamenti e del proprio ambiente. Cambiando dentro si cambia fuori.
La trasformazione della consapevolezza può permetterci di apprendere, cambiare, trascendere paure e
limiti, salire ad un livello di esistenza più alto dove percepire il mondo più profondamente – le
persone, le esperienze e anche noi stessi. Secondo la fisica quantistica siamo continuamente i
co-creatori del nostro futuro. Se restiamo concentrati su ciò che per noi è importante, su ciò che
desideriamo realizzare con totalità (senza conflitti inconsci) fino a diventare l’esperienza, essa
si materializzerà.

Siamo creatori qui, nel livello dell’esistenza nel corpo fisico così come nell’altro, quando la
coscienza perde l’involucro che le ha permesso di fare esperienza nel mondo materiale e affrontiamo
un riesame di quanto appreso.

E’ affascinante per me quanto un messaggio così antico come il “Libro tibetano dei morti” si riveli
così attuale e prezioso per i tempi che stiamo vivendo e possa favorire quel faticoso passaggio dal
vecchio al nuovo che proprio ora l’intero Pianeta sta cercando. I temi che ci indica di approfondire
infatti sono proprio quelli che abbisognano di una nuova prospettiva in questo momento storico:
diventare più consapevoli delle proiezioni e dell’identificazione con la mente per creare un mondo
migliore.

Questo messaggio ci dice che gli altri non sono altro da noi, ma stanno solo drammatizzando, come su
un palcoscenico, parti di noi che non siamo in grado di riconoscere, e questo si ripeterà fino a che
non saremo pronti a riaccoglierle ed integrarle. Ci dice che l’ostacolo più grande al risveglio è
l’identificazione: le mie ragioni, le mie abitudini, le mie istanze, i miei desideri, i miei
attaccamenti … questo io separato che è così difficile lasciare andare e che ci mantiene
nell’illusione della dimensione dualistica dell’esistenza, dove esiste “bene” e “male”,”luce” e
“ombra”, dove tutto ciò che inizia deve necessariamente finire!…

Mi sembrano temi di grandissima attualità per questo momento di transizione che la Terra sta
attraversando: questo passaggio dalla dimensione del potere e dello sfruttamento indiscriminato a
quella dell’amore e della condivisione di cui parlano profezie e mistici di tante tradizioni
diverse. Il nemico non è fuori di noi, la guerra la stiamo facendo sempre e solo a noi stessi!

Che cos’è l’ ”uomo nuovo” di cui speriamo l’avvento se non una persona che guarda dentro di sé per
trovare soluzione ai conflitti con il suo prossimo, che è sinceramente interessato alle conseguenze
del suo agire, e in questo modo crea un mondo in cui regnano la pace e l’armonia? E questi sono
proprio i contenuti che emergono dal “Bardo”; penso che questo insegnamento offra delle concrete
indicazioni per la nascita di una nuova coscienza.

E questo è ciò di cui mi occupo abitualmente, anche al di fuori del contesto del “Bardo”, nel mio
lavoro con l’Ipnosi e la Programmazione Neuro-Linguistica: motivare l’inconscio delle persone a
riorganizzare l’infinita quantità delle risorse inconsce per permettere così una nuova percezione di
sé, ed essere finalmente il protagonista del proprio presente.

Nel corso del mio lavoro con l’Ipnosi ho visto accadere tanti cambiamenti sorprendenti, anche in
aree difficili da trasformare. Per me è importante soprattutto che le persone arrivino a
riconoscersi il diritto di ricoprire il loro posto nel mondo e si autorizzino a vivere la loro vita,
non per quello che saranno, ma per quello che sono ora. Quando accade è un “miracolo” che mi tocca
sempre molto.

Sono grata a tutte le persone che mi hanno contattato in questi anni per ringraziare di quanto il
processo del “Bardo” sia stato utile a loro e ai loro cari nella vicinanza della morte, di quanto
abbia aiutato l’atmosfera di quei momenti difficili ad alleggerirsi e a volte anche favorito la
percezione della grandiosità di quel Viaggio. Vorrei sottolineare quanto nella tradizione
occidentale manchi completamente la comprensione che la morte è un momento di grandissima apertura
che può offrirci la possibilità di un salto straordinario oltre i nostri limiti abituali.

Ciò che il “Bardo” mi ha portato è lo stimolo a lasciare andare l’attaccamento alla mia storia
personale e a esplorare l’oltre nel mio quotidiano, in quella grande avventura che è vivere e morire
ogni giorno. Non c’è niente di più appassionante per me dell’espandersi della consapevolezza e della
libertà che questo rende possibile.

Per approfondire:
Bardo il risveglio dal sogno
Anand Annalisa
Edizioni Cerchio della luna
Libro + 2 cd da 75′

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