Come affrontare la collera e le altre emozioni

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Come affrontare la collera e le altre emozioni

del Dalai Lama

La rabbia e l’odio sono fra i nostri amici più intimi. Da giovane avevo un rapporto
conflittuale con la rabbia, poi, utilizzando il buon senso e con l’aiuto della compassione e della
saggezza, mi sono reso conto di quanto l’ira fosse negativa e ora riesco a gestirla e dominarla in
modo positivo.
Poiché l’ho provato in prima persona, posso dire che chiunque di noi, sforzandosi e
impegnandosi, può cambiare. Naturalmente il cambiamento richiede un certo lasso di tempo e per
cambiare e imparare ad affrontare ogni sorta di emozioni é fondamentale analizzare quali pensieri
sono utili, costruttivi e benefici.
Da una parte individueremo i pensieri che ci rendono più calmi, rilassati, che ci consentono
di trovare una certa serenità mentale e dall’altra quelli che determinano stati di agitazione, paura
e frustrazione. Si tratta di un’analisi simile a quella che potremmo condurre nei confronti di
elementi esterni quali, per esempio, le piante. Alcune piante, fiori e frutti sono benefici per
l’uomo che li utilizza abitualmente; altri, velenosi o comunque dannosi per la nostra salute,
vengono invece accuratamente evitati, se non addirittura distrutti.
Fra quanto abbiamo appena affermato e il mondo interiore esiste una certa analogia. Parlare
del “corpo” e della “mente” e’ troppo semplicistico, poiché così come nell’organismo vi sono
miliardi di particelle diverse, così esistono innumerevoli pensieri e stati mentali. È quindi
importante imparare a distinguere gli stati mentali benefici da quelli dannosi.
 
Buddha ci ha trasmesso i principi delle Quattro Sante Verità, che formano la base del Dharma
del Buddha. La Terza Santa Verità è la cessazione, l’estinzione del desiderio e della passione
(nirvana).
Secondo Nagarjuna, con nirvana si intende lo stato mentale o la qualità mentale che,
attraverso la pratica e l’impegno, pone fine a tutte le emozioni negative. Nagarjuna definisce il
vero nirvana una condizione in cui l’individuo raggiunge un perfetto stato mentale, privo degli
influssi di pensieri ed emozioni negative. Secondo il buddhismo, tale stato di annullamento del
desiderio costituisce un autentico Dharma e pertanto rappresenta il rifugio agognato da tutti i
buddhisti. Buddha diventa meta di rifugio, degno di rispetto, poiché è riuscito a realizzare tale
stato. Il rispetto e l’adorazione per il Buddha non nascono quindi dal fatto che quest’ultimo è una
persona speciale, ma perché ha realizzato lo stato di vera estinzione del desiderio.
 
Allo stesso modo, la comunità spirituale, o sangha, viene considerata meta di rifugio, poiché
i suoi membri sono individui che si sono già incamminati, o sono in procinto di farlo, sul sentiero
che conduce al nirvana.
 
Lo stato di estinzione del desiderio deve essere inteso come uno stato mentale libero,
purificato daemozioni e pensieri negativi grazie all’applicazione di antidoti e forze opposte. Il
vero nirvana è uno stato mentale e i fattori che conducono ad esso sono anch’essi funzioni della
mente.
Inoltre, poiché la base sulla quale avviene la purificazione è un continuum mentale, la
comprensione della natura della mente è fondamentale per la pratica buddhista. Questo non significa
che tutto ciò che esiste è semplicemente una proiezione della mente e che esiste soltanto la mente.
Ciononostante, vista l’importanza della comprensione della natura della mente nella religione
buddhista, spesso il buddhismo viene descritto come “una scienza della mente”.
 
Generalmente, nella letteratura buddhista, un’emozione o un pensiero negativo viene definito
come “uno stato che provoca un turbamento mentale” e viene considerato come un fattore che determina
infelicità e agitazione. L’emozione in generale non è necessariamente qualcosa di negativo. Durante
una conferenza alla quale hanno preso parte numerosi psicologi e neuropsicologi, si è giunti alla
conclusione che persino i Buddha provano emozioni, intese secondo la definizione elaborata da
numerose discipline scientifiche. Perciò il karma (compassione o amore infinito) può essere definito
come una sorta di emozione.
 
Esistono naturalmente emozioni positive e negative; queste ultime sono quelle che fanno
insorgere un immediato senso di infelicità o disagio e che, alla lunga, determinano particolari
azioni, che colpiscono e fanno soffrire il nostro prossimo e, in ultima analisi, noi stessi.
Fra le emozioni negative figura la rabbia, di cui si possono distinguere due tipi, uno dei
quali potrebbe essere trasformato in un’emozione positiva. Per esempio, se una persona ha un
effettivo motivo di preoccupazione nei confronti di un altro individuo e quest’ultimo non bada ai
consigli e avvertimenti ricevuti, a quel punto l’unica soluzione possibile per fermare le malefatte
di quella persona è intervenire di prepotenza. Sulla base di una motivazione compassionevole, in
alcuni casi la collera può essere utile, poiché ci permette di sviluppare maggiore energia e di
agire prontamente.
Abitualmente, l’ira conduce però all’odio, sentimento sempre e comunque negativo. È mia
abitudine analizzare la rabbia su due livelli: quello umano e quello buddhista. Dal punto di vista
umano possiamo osservare le fonti della nostra felicità: il benessere fisico, il possesso di beni
materiali, la vicinanza di persone amiche.
Per quanto riguarda la salute fisica, le emozioni negative, quali l’odio, sono deleterie. Per
preservare il benessere fisico l’atteggiamento mentale é fondamentale. In qualsiasi situazione,
anche nelle peggiori, bisogna cercare di mantenere la calma. Restando calmi la pressione sanguigna
si mantiene a livelli normali e il fisico ne risente positivamente.
 
Sebbene non sappia spiegarlo scientificamente, posso affermare che, con il passare degli anni,
le mie condizioni fisiche migliorano. Poiché non ho cambiato medico, medicine e regime alimentare,
ne deduco che questo miglioramento è dovuto al mio stato mentale.
Come ho già detto, da ragazzo ero alquanto irascibile e tendevo ad attribuire tale difetto al fatto
che anche mio padre avesse un carattere focoso, come se l’ira facesse parte del patrimonio genetico
trasmesso dai genitori ai figli. Ma ora, con il passare del tempo, posso affermare con tutta onestà
di non provare odio contro nessuno, nemmeno contro i cinesi, responsabili della povertà e della
miseria del popolo tibetano.
 
Alcuni dei miei più cari amici hanno la pressione alta, eppure non hanno mai sofferto di
particolari disturbi e vivono sereni e tranquilli. Altri amici, che vivono circondati dal lusso e
dalle comodità della vita moderna, non fanno che lamentarsi. Nonostante la loro ricchezza materiale,
non sanno cosa sia la calma o la tranquillità mentale e trascorrono la loro esistenza a preoccuparsi
anche del più lieve “mal di pancia”. La tranquillità mentale è quindi un fattore fondamentale per il
benessere fisico.
Se non vi sentite in forma, prima di andare dal medico, guardate in voi stessi. Cercate di
utilizzare le vostre potenzialità. Oltretutto, costa decisamente meno!
 
La seconda fonte di felicità è rappresentata dai beni materiali. Quando mi sveglio con la luna
storta e do un’occhiata all’orologio, il mio umore non cambia. Quando invece aprendo gli occhi mi
sento allegro e felice, ecco che anche il mio orologio mi sembra bellissimo. Eppure è sempre lo
stesso! E chiaro che la differenza proviene dal mio atteggiamento mentale, dal quale dipende
quell’autentica soddisfazione che ci può derivare, o meno, dai beni materiali.
 
Se la nostra mente é dominata dalla collera, chi ne farà le spese saranno proprio i beni
materiali.
Quando ero giovane, mi divertivo a riparare orologi. Spesso mi capitava di non riuscire a
trovare il guasto e di dover provare e riprovare. A volte perdevo la pazienza e, al colmo della
rabbia, buttavo via l’orologio. In quei momenti, l’ira modificava il mio atteggiamento mentale e,
dopo aver agito d’impulso, mi pentivo amaramente per ciò che avevo fatto. Invece di riparare
l’orologio, lo avevo ulteriormente danneggiato. Tutto questo per evidenziare ancora una volta quanto
sia importante l’atteggiamento mentale per poter utilizzare i beni materiali e trarne soddisfazione
e beneficio.
 
La terza fonte di felicità è rappresentata dalle persone che ci sono vicine. È ovvio che
quando si è mentalmente calmi si é franchi e sinceri. Come esempio voglio raccontare un episodio
accadutomi circa quindici anni fa. Un certo Phillips, un inglese in ottimi rapporti con il governo
cinese ed estimatore di quel popolo, venne a trovarmi a Dharamsala. Mi fece vedere alcuni film sulla
Cina e mi illustrò tutti gli aspetti positivi di quel paese. Inizialmente fra noi regnava la più
aperta ostilità e disaccordo, poiché le nostre opinioni divergevano completamente. Secondo lui, la
presenza cinese in Tibet era un fatto positivo, mentre per me la situazione nel mio paese era
drammatica. Come sempre, non provavo emozioni particolarmente negative nei confronti di quell’uomo,
poiché attribuivo le sue opinioni all’ignoranza. Con franchezza, continuammo la nostra
conversazione. Gli feci notare che quei tibetani che nel 1930 erano entrati a far parte del Partito
Comunista Cinese, che avevano partecipato alla guerra cinogiapponese, che avevano salutato
gioiosamente l’invasione cinese e avevano collaborato entusiasticamente con i comunisti, lo avevano
fatto perché erano convinti si trattasse di un’opportunità unica per favorire lo sviluppo del Tibet,
secondo quanto insegnava l’ideologia marxista. Quegli uomini avevano collaborato con i cinesi
fiduciosi e speranzosi. Ma fra il 1956 e il 1957 la maggior parte di loro era stata privata degli
incarichi ottenuti dal governo cinese, alcuni erano stati imprigionati e altri erano scomparsi
misteriosamente. Spiegai a quell’inglese che i tibetani non sono anticinesi o anticomunisti; io
stesso a volte mi considero mezzo marxista e mezzo buddhista. Esposi le mie opinioni con franchezza
e lucidità e, lentamente, l’atteggiamento di quell’uomo cambiò in modo radicale. Quel lontano
episodio mi ha fatto capire che, sebbene esistano grandi divergenze a livello umano, é possibile
comunicare e far nascere così sentimenti positivi nella mente del nostro prossimo.
 
Personalmente considero sempre le altre persone da un punto di vista umano, siano essi re,
presidenti o mendicanti. A quel livello non esiste differenza fra loro, purché si condivida un
affetto autentico.
Ritengo abbia più valore un sentimento sincero che non la posizione sociale. Io sono semplicemente
un essere umano che, attraverso l’esperienza e una particolare disciplina mentale, ha sviluppato un
nuovo atteggiamento. Ma in ciò che ho fatto non c’è niente di speciale. In voi tutti, che avete
un’educazione migliore della mia e maggiore esperienza, esiste un grande potenziale per attuare
questo cambiamento interiore. Io vengo da un piccolo villaggio tagliato fuori dal mondo, privo di
ogni struttura scolastica. Eppure, da quando avevo quindici anni mi sono ritrovato a dover portare
sulle spalle un pesantissimo fardello. Ecco perché sono sicuro che in ognuno di voi è latente una
grande forza potenziale e che, con un po’ di fiducia in voi stessi e un piccolo sforzo, riuscirete
ad attuare qualsiasi cambiamento interiore.
Se ritenete la vostra vita priva di soddisfazioni, se vi trovate di fronte a delle difficoltà,
cercate di vedere il lato positivo di ogni cosa, il suo potenziale. Solo con un po’ di fiducia e
ottimismo e utilizzando la nostra energia positiva potremo superare le avversità dell’esistenza
mortale.
 
Per quanto riguarda i rapporti con i nostri simili, l’atteggiamento mentale è fondamentale per
tutti, anche per gli atei, proprio perché in esso è racchiusa la fonte della felicità. Felicità che
è all’interno della vita, ed è indipendente da ogni forma di ricchezza materiale. Chi possiede
grandi ricchezze è spesso sommerso dalle preoccupazioni e non desidera altro che aumentare
ulteriormente il proprio patrimonio, divenendo così schiavo del denaro. Denaro che, sebbene sia
utile e necessario, non è fonte di felicità.
 
Anche l’educazione, se non giustamente equilibrata, può creare problemi, ansia, avidità,
desideri, ambizione, in breve, una sorta di sofferenza mentale.
Le amicizie possono diventare, a volte, fonte di preoccupazioni e dispiaceri.
 
Per raggiungere la felicità è fondamentale minimizzare l’ira e l’odio. Per fare ciò è
estremamente importante realizzare la negatività di tali emozioni, soprattutto dell’odio, da me
considerato come il nemico per eccellenza. Con il termine “nemico” mi riferisco alla persona o
all’oggetto che distrugge direttamente o indirettamente il nostro interesse, fonte di felicità.
 
Esiste anche un nemico esterno. Per esempio, nel mio caso, il popolo cinese sta distruggendo i
diritti tibetani, causando ansietà e sofferenza. Ma per quanto tale nemico possa essere forte, non
può distruggere la fonte suprema della mia felicità: la serenità mentale. Il mio paese può essere
invaso, i miei averi confiscati, i miei amici uccisi, ma la mia felicità mentale resta inviolata.
Fonte suprema di tale felicità è la pace mentale che può essere distrutta solo dalla mia stessa
rabbia.
 
Se possiamo sfuggire o nasconderci a un nemico esterno, lasciando, per esempio, la stanza dove
un altro individuo disturba la nostra pace mentale, non possiamo comportarci allo stesso modo con la
nostra ira. Ovunque andiamo ci segue implacabile, resta dentro di noi. A meno che non si adotti un
metodo particolare, è impossibile sfuggirle. L’odio, o la rabbia, intesa in senso negativo, sono
quindi i veri demolitori della pace mentale e per questo rappresentano i nemici da combattere.
 
Molte persone sono convinte che non sia giusto sopprimere le proprie emozioni e che sia meglio
esternarle. A questo proposito ritengo sia necessario fare una distinzione fra le diverse emozioni
negative. Per esempio, esiste un tipo di frustrazione che si sviluppa come risultato di avvenimenti
passati e tenuti nascosti, come un abuso sessuale che, coscientemente o inconsciamente, a lungo
andare crea gravi problemi. In tal caso è sicuramente meglio esprimere la propria frustrazione.
Per quanto concerne invece l’ira, se non cerchiamo di combatterla, resterà in noi, giungendo
persino ad aumentare. A quel punto anche il più piccolo contrattempo ci renderà furiosi. Se invece
cerchiamo di controllarla, giungerà il giorno in cui riusciremo ad affrontare anche la peggiore
delle avversità con calma e tranquillità. Il cambiamento può avvenire con allenamento e disciplina.
 
Al sopraggiungere dell’ira, è necessario ricorrere a una particolare tecnica che ci aiuterà a
mantenere la pace mentale. Innanzitutto, non dobbiamo lasciarci sopraffare dall’insoddisfazione o
dalla frustrazione, poiché sono proprio queste ultime la causa di rabbia e odio. Esiste un legame
naturale fra causa ed effetto. Una volta verificatesi determinate cause e condizioni, è
incredibilmente difficile impedire lo svilupparsi del processo causale. Ciò che possiamo fare è
esaminare la situazione per cercare di bloccare il processo causale quando si trova ancora a uno
stadio iniziale.
 
Nel testo buddhista Guide to the Bodhisattva Way of Life (Guida al Bodhisattva, La Via della
Vita), il grande studioso Shantideva afferma quanto sia importante evitare di lasciarsi coinvolgere
in situazioni che conducono all’insoddisfazione, poiché proprio quest’ultima costituisce il seme da
cui erompe l’ira. Questo significa che dobbiamo considerare i nostri beni materiali, gli amici, i
parenti e le diverse situazioni da una particolare prospettiva.
 
Un caso particolare è rappresentato da un nemico, la cui presenza è sicuramente negativa in
quanto disturba la nostra serenità mentale. Tuttavia, sotto un altro punto di vista, l’esistenza di
una persona ostile ci dà la possibilità di sviluppare pazienza e tolleranza. Per esempio, come
buddhista, sono convinto che Buddha abbia sbagliato nel non concederci l’opportunità di utilizzare
la tolleranza e la pazienza. Poiché non conosciamo la maggior parte dei cinque miliardi di persone
che popolano la terra, abbiamo pochissime possibilità per mostrarci tolleranti e pazienti. Soltanto
chi conosciamo e ci è nemico ci offre veramente l’opportunità di esercitare tolleranza e pazienza.
 
In quest’ottica, il nemico è un ottimo maestro, che ci aiuta a esternare ciò che abbiamo
dentro di noi. Lo stesso Shantideva sostiene che i nemici, o chiunque voglia farci del male, sono
esseri degni di rispetto e devono essere giudicati come preziosi maestri di vita. A tale
affermazione si potrebbe obiettare che i nemici non possono essere considerati degni di rispetto,
perchè non hanno nessuna intenzione di giovarci e il fatto che invece ci siano di aiuto è frutto di
una pura coincidenza.
 
Shantideva si domanda inoltre perché noi, in veste di buddhisti praticanti, dovremmo, se
questa é la realtà, considerare lo stato di annullamento del desiderio come una meta da perseguire,
un rifugio, visto che il nirvana è un semplice stato mentale che non ha nessuna intenzione di
aiutarci?
Si potrebbe controbattere dicendo che, sebbene quanto affermato sia vero, nello stato di
nirvana non é insito alcun desiderio di ferirci, obiettivo che invece si pongono i nostri nemici,
esseri che perciò non sono degni di alcun rispetto.
 
Shantideva ritiene che è proprio quest’intenzione di ferirci che rende il nemico una figura
così speciale. Se tale persona non avesse cattive intenzioni nei nostri confronti non la
classificheremmo come nemico e il nostro atteggiamento nei suoi confronti sarebbe completamente
diverso. Quest’individuo vuole farci del male e proprio quest’intenzione lo trasforma in nemico, che
ci dà però l’opportunità di mettere in pratica la pazienza e la tolleranza che abbiamo in noi. Ecco
quindi dimostrato che un nemico è veramente un prezioso maestro.
 
Ragionando in questi termini, riusciremo a ridurre le emozioni mentali negative, in modo
particolare l’odio.
 
Conosco diverse persone convinte che l’ira sia utile perché porta con sé maggiore energia e
audacia. Sebbene tutto ciò corrisponda a verità, non ci sono garanzie perché tale ira ed energia non
si trasformino, diventando distruttive nei nostri stessi riguardi. È quindi giusto concludere
affermando che l’odio e la rabbia non sono emozioni utili.
 
Mi è stato chiesto se, restando umili, non si corra il rischio che gli altri ne approfittino
e, in tal caso, quale atteggiamento bisogna assumere. La risposta è molto semplice: è necessario
agire con saggezza e buon senso, senza ira, né odio. Se la situazione è tale da richiedere un’azione
da parte di chi è stato offeso, allora è possibile ricorrere a una contromisura, lasciando però
sempre da parte ogni sentimento di rabbia e odio. Infatti, chi agisce seguendo il buon senso
piuttosto che la collera ottiene risultati indubbiamente migliori.
Una contromisura presa in un momento di rabbia può spesso dare esiti negativi. In una società
competitiva come quella moderna, a volte è necessario ricorrere a manovre di “controffensiva”.
Prendiamo ancora una volta come esempio la situazione tibetana. Come ho già affermato, stiamo
seguendo la strada della nonviolenza, ma questo non significa che dobbiamo inchinarci all’invasore,
accettando il suo colpo di mano e rinunciando a combattere per la libertà. Possiamo raggiungere il
nostro obiettivo in modo più efficace, senza rabbia, né odio.
 
Esiste un altro tipo di tolleranza che consiste nell’addossarsi le sofferenze altrui. Mi
riferisco a situazioni in cui, impegnati in determinate attività, ci rendiamo conto delle difficoltà
e dei problemi a breve termine, ma siamo convinti che tali azioni avranno un benefico effetto a
lungo termine. A causa del nostro atteggiamento, del nostro impegno e desiderio affinché si realizzi
tale giovamento a lungo termine, a volte ci addossiamo, coscientemente e deliberatamente, le
difficoltà e i problemi a breve termine.
 
Per sconfiggere la forza di emozioni negative, quali rabbia e odio, uno dei metodi più
efficaci è quello di coltivare emozioni a loro opposte, e cioè amore e compassione.

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