Viaggio al Centro

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Viaggio al Centro

di Katyayani Dasi

Uno degli impegni più urgenti che abbiamo, secondo psicologi, psico-terapeuti, psico-dinamici e
psico-somatici, è sicuramente quello di affrontare i nostri drammi personali e guarire le nostre
ferite interiori. Se il primo trauma che ci riguarda risale al momento della nascita, possiamo
capire che, sommandolo non solo ai traumi dell’infanzia dell’adolescenza e dell’età adulta, ma anche
a quelli delle vite precedenti, la nostra situazione non è delle migliori.
Un’occhiata alle vetrine delle librerie è più che sufficiente per comprendere l’urgenza del momento
storico che stiamo vivendo: “Guarisci te stesso”, “Puoi guarire la tua vita”, “Pensieri positivi per
la guarigione interiore”, “Affrontare la paura di vivere”, “Affrontare la paura della paura”, e così
via. Una cosa è più che sicura (non possiamo più far finta di non sapere): dobbiamo guarire il
nostro bambino interiore.

Il bambino interiore è la parte più vulnerabile di noi stessi, coperto da uno spesso strato
protettivo. La maggior parte di noi in realtà vive, più o meno comodamente, tutta la vita situandosi
nello strato protettivo. Questo ci fa sentire sicuri ed invulnerabili, anche se lo scudo protettivo
alla fine trattiene la nostra energia, isolandoci dai nostri sentimenti ed impedendo alla nostra
vitalità di scorrere liberamente. Al di sotto della strato protettivo si nasconde il famoso “bambino
interiore”, con tutti i suoi ricordi e sensazioni di paura, tradimenti e delusioni. Molta della
nostra energia viene usata per rafforzare lo strato protettivo ed evitare di sentire l’ansia di quel
bambino indifeso ed intimorito, nascosto sotto la scorza di un adulto sicuro di sè. Uno dei modi che
abbiamo per tappare la bocca alle richieste ed alle pretese del bambino interiore è quello di
adottare un ruolo, darci un’immagine: come persona di potere, o vittima, persona pia, che si prende
cura degli altri, spirituale, intelligente: possiamo nasconderci dietro qualsiasi cosa serva a
rinforzare il nostro ego. Tuttavia dobbiamo prima o poi affrontare la paura ed il dolore racchiusi
nel nostro bambino interiore, poiché questo ci permette di andare oltre il consueto controllo
mentale ed aprire un varco alla compassione ed alla resa. Oltre lo strato di vulnerabilità, quello
del bambino interiore, esiste infatti un altro strato: il nucleo, il centro, l’essere. Per arrivare
a questo centro è necessario quindi muoversi dallo strato protettivo, sicuro e conosciuto, ed
attraversare lo strato infido e insicuro dei sentimenti, dei drammi irrisolti, delle ferite che ci
portiamo dietro addirittura dalle vite precedenti. Vorremmo vivere comodamente nel nostro bozzolo
impenetrabile, ma l’energia ristagna, angoscia e depressione ci attanagliano ed allora ci accorgiamo
che qualcosa non va. Iniziamo a sentire alle volte qualcosa che ci chiama dal centro e vorremmo
tuffarci lì e tornare a casa… ma dobbiamo prima attraversare la palude dello strato di
vulnerabilità.

Lo strato di vulnerabilità è quello in cui prendiamo coscienza dei nostri drammi interiori
principalmente attraverso la relazione e lo scambio con l’altro, e più l’altro ci è vicino, più i
drammi vengono a galla. Approfondendo però la consapevolezza di questo strato intermedio, percepiamo
un profondo desiderio spirituale che in realtà non potrà mai essere soddisfatto da un’altra persona,
poiché per soddisfarlo realmente dobbiamo muoverci verso il CENTRO. Lì tutto è esattamente come deve
essere, da quel luogo è possibile osservare tutto quello che accade dentro e fuori di noi con
ampiezza e distacco: “Il nucleo centrale è la nostra vera casa”- spiega Sridhara Maharaj – “Ciò che
viene da fuori non è così importante, tutto va e viene, è inutile dare peso al mondo e alle
circostanze esteriori, bisogna invece immergersi profondamente nella realtà: il sé interiore e il
mondo in cui esso vive. Cerca di trovare quella casa, torna a casa, torna a Dio. Utilizza la tua
energia solo per dirigerti verso casa, e non per vagare senza meta in terra straniera. Cerca di
evitare ad ogni costo la terra della morte e cerca sempre di trovare il luogo eterno. Cerca di
comprendere che cosa è casa tua, perché quella è la tua confortevole dimora. Cosa significa essere a
proprio agio in una casa? Significa che quella è per diritto di nascita il nostro posto naturale”.
Servire il Centro vuol dire servire il tutto, in un corpo sano ogni atomo deve lavorare per il
benessere dell’intero sistema: “Se tu servi il Centro, tutto è servito. Fare questo è possibile e
significa entrare nel piano della devozione. Evita il piano dello sfruttamento e anche quello della
rinuncia, cerca di entrare in quello della devozione. La tua atma, la tua propria anima, è un membro
di quel piano”… e lì siamo salvi per sempre: “Nella Bhagavad-gita Krishna dice: il luogo dal quale
non si fa ritorno a questo piano mortale è la Mia dimora suprema”.

da Isvara.org

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