The Divine Cosmos: capitolo 3.1

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The Divine Cosmos: capitolo 3.1

di David Wilcock

Capitolo Tre

GEOMETRIA SACRA NEL REGNO DEI QUANTI

di David Wilcock

3.1 – I SEGRETI DI ATLANTIDE RIVISITATI

Come illustrato nel nostro precedente lavoro, una gran parte del quadro cosmologico unificato che
stiamo descrivendo in questo libro è presentato con profusione di dettagli nelle scritture Vediche,
che si autodefiniscono vecchie di 18.000 anni. E’ altamente probabile che l’intera cosmologia di cui
stiamo ora trattando fosse già ben conosciuta nei tempi antichi sia dagli abitanti di Atlantide sia
da quelli di Rama. Poi, oltre 12.000 anni fa, un cataclisma globale causò la distruzione di entrambe
le civiltà. Col passare degli anni, coloro che hanno ereditato le conoscenze scientifiche hanno
avuto sempre maggiori difficoltà a comprendere il “quadro generale”.

Quasi tutte le tradizioni sacre, compresa quella dei Veda, insistevano sull’esistenza di un ordine
nascosto in grado di unificare tutti gli aspetti dell’Universo, e che, con sufficienti studi e
visualizzazioni delle forme geometriche implicite di questo ordine, la mente dell’iniziato potesse
essere connessa all’Unità dell’Universo, permettendo lo sviluppo di grandi abilità della coscienza e
della mente sovrasensibile. Alcune di queste visualizzazioni hanno preso forma nello studio dei
mandala come la formazione Sri Yantra. Altri hanno preferito dedicarsi a danze nelle quali il
movimento e la musica erano in sintonia con questi schemi geometrici. Altri ancora si sono orientati
sull’assemblare, scolpire e/o disegnare tali forme con un compasso e un righello, da cui
l’importanza del principale simbolo della fratellanza Massonica, composta da una “G”, che simbolizza
“Dio”[1], “Geometria e il “Grande Architetto dell’Universo”, racchiusa tra un compasso in alto e un
righello in basso. Gruppi Pre-Massonici come i Cavalieri Templari hanno scelto di nascondere queste
relazioni geometriche nelle loro strutture sacre, come le finestre in ferro e vetro delle
cattedrali.

3.2 – GEOMETRIA SACRA E I SOLIDI PLATONICI

Dunque, la chiave di volta della conoscenza per le scuole misteriche segrete riguardo questo ordine
nascosto nell’Universo è sempre stata la geometria sacra. Abbiamo parlato molto di questo argomento
in entrambi i nostri precedenti libri, e incoraggiamo il lettore a fare riferimento ad essi per una
più ampia comprensione. In breve, la geometria sacra è semplicemente un’altra forma di vibrazione, o
“musica cristallizzata”. Consideriamo il seguente esempio:

Dapprima facciamo vibrare la corda di una chitarra. Questo crea “onde stazionarie”, cioè onde che
non si muovono avanti e indietro attraverso la corda ma rimangono stabili in un posto. Vedremo
alcune aree dove ci sono dei movimenti verticali estremi, che rappresentano i picchi alti e bassi
dell’onda, e altre aree dove non c’è nessun movimento verticale, noti come nodi. I nodi che si
formano in ogni tipo di onda stazionaria saranno sempre distanziati uniformemente l’uno dall’altro,
e la velocità della vibrazione determinerà quanti nodi si formeranno. Questo significa che più alta
la vibrazione sale, maggiore sarà il numero di nodi che vedremo.

In due dimensioni, possiamo sia usare un oscilloscopio sia far vibrare un “ Piatto Chladni”
circolare e piano e osservare come i nodi, se uniti insieme, sviluppino forme geometriche comuni
come il quadrato, il triangolo e l’esagono. Questo esperimento è stato ripetuto molte volte dai Dr.
Hans Jenny, Gerald Hawkins e altri.

– Se il cerchio ha tre nodi equamente distribuiti, allora possono essere uniti per formare
un triangolo.

– Se il cerchio ha quattro nodi equamente distribuiti, si può formare un quadrato.

– Se ha cinque nodi, si forma un pentagono.

– Sei nodi, un esagono, eccetera.

Sebbene sia un concetto molto semplice in termini di meccanica delle onde, Gerald Hawkins è stato il
primo a stabilire matematicamente che tali forme geometriche inscritte nei cerchi fossero proprio
relazioni musicali. Possiamo rimanere sorpresi nel comprendere come egli sia stato guidato a questa
scoperta analizzando varie formazioni geometriche nel grano apparse nottetempo nelle campagne
britanniche. Ciò è stato trattato nei nostri precedenti due libri.

Le più profonde, riverite forme di geometria sacra sono tridimensionali, e sono conosciute come
Solidi Platonici. Ci sono solo cinque formazioni esistenti che seguono tutte le regole necessarie
per essere considerate tali, vale a dire l’ottaedro a otto facce, il tetraedro a quattro facce, il
cubo a sei facce, il dodecaedro a dodici facce e l’icosaedro a venti facce. Qui, il tetraedro è
illustrato come un “tetraedro a stella” o tetraedro intrecciato, cioè due tetraedri uniti insieme a
formare una perfetta simmetria.

Ecco alcune delle regole principali per questi solidi geometrici:

– Ogni formazione avrà la stessa forma per ogni faccia:

o Facce a triangolo equilatero nell’ottaedro, tetraedro e icosaedro

o Facce quadrate nel cubo

o Facce pentagonali nel dodecaedro

– Ogni linea di ogni formazione deve essere della stessa lunghezza

– Ogni angolo interno di ogni formazione deve essere uguale

E, cosa più importante di tutte,

– Ogni forma deve essere perfettamente inscritta in una sfera, e tutti i punti devono
toccare la superficie della sfera senza sovrapposizioni.

Similmente ai casi bidimensionali riguardanti il triangolo, il quadrato, il pentagono e l’esagono
inscritti nel cerchio, i Solidi Platonici sono semplicemente rappresentazioni di formazioni d’onda
in tre dimensioni. Questo punto non è stato sottolineato abbastanza. Ogni punto di vertice dei
Solidi Platonici tocca la superficie di una sfera nella zona dove le vibrazioni si fermano per
formare un nodo. Quindi, quello che stiamo vedendo è un’immagine geometrica tridimensionale di
vibrazione/pulsazione.

Entrambi gli allievi di Buckminster Fuller e del suo prediletto prof. Hans Jenny hanno escogitato
esperimenti ingegnosi per mezzo dei quali mostrare come i Solidi Platonici si formino all’interno di
una sfera vibrante/pulsante. Nell’esperimento condotto dagli studenti di Fuller, un palloncino
sferico viene immerso nella tintura e fatto pulsare con frequenze sonore pure, conosciute come
rapporti sonori “Diatonici” [2]. Un piccolo numero di nodi equidistanti si formano sulla superficie
della sfera, così come le sottili linee che li connettono l’uno all’altro. Se appaiono quattro nodi
equidistanti, vedremo un tetraedro. Sei nodi equidistanti formano un ottaedro. Otto nodi
equidistanti formano un cubo. Venti nodi equidistanti formano un dodecaedro, e dodici nodi
equidistanti formano un icosaedro. Le linee rette che vediamo su questi oggetti geometrici
rappresentano semplicemente la tensione creata dalla “ distanza più breve tra due punti” nel momento
in cui ognuno dei nodi si distribuisce sull’intera superficie della sfera.

Il prof. Hans Jenny ha condotto un esperimento simile, una piccola parte del quale è raffigurata qui
in figura 3.2, nel quale una gocciolina d’acqua contiene una sospensione molto fine di particelle
colorate di chiaro, conosciuta come una “sospensione colloidale”. Quando questa gocciolina d’acqua
pesantemente riempita di particelle viene fatta vibrare a varie frequenze musicali “Diatoniche”,
all’interno compaiono i Solidi Platonici, circondati da linee curve ellittiche che uniscono tali
nodi insieme, come vediamo in figura, dove appaiono evidenti due tetraedri nell’area centrale. Se la
goccia fosse una sfera perfetta anziché una sfera appiattita, le formazioni sarebbero visibili ancor
più chiaramente.

3.3 – SOLIDI PLATONICI E SIMMETRIA IN FISICA

Il mistero ed il significato dei Solidi Platonici non è ancora stato del tutto perduto dalla scienza
moderna, dal momento che queste forme si adeguano a tutti i criteri necessari per creare “simmetria”
in fisica in molti modi differenti. Per questa ragione, si ritrovano spesso nelle teorie che
trattano della multi-dimensionalità, dove molti “piani” hanno necessità di intersecarsi
simmetricamente in modo da poter essere ruotati in numerosi modi e rimanere sempre nelle stesse
posizioni relative l’uno all’altro. Queste teorie multi-dimensionali includono la “group theory”
(“teoria del gruppo”), conosciuta anche come “gauge theory” (“teoria del calibro”), che utilizza
coerentemente vari modelli Platonici per lo spazio iperdimensionale ripiegato.

Queste stesse “funzioni modulari” sono considerate i più avanzati strumenti matematici disponibili
per studiare e comprendere le “dimensioni superiori”, e la teoria delle “Superstringhe” è
interamente costruita su di esse. In breve, i Solidi Platonici sono già stati riconosciuti come la
chiave maestra per sbloccare il mondo delle “dimensioni superiori”. Ricordiamo che i punti
precedenti sono stati menzionati in breve, essendo già stati ben trattati nei nostri precedenti
libri, e che la chiave di tutto ciò è la simmetria. Quando teniamo in mente le qualità di simmetria
dei Solidi di cui abbiamo parlato, le parole del Dr. Wolffs tratte dal capitolo 5 intitolato On the
Importance of Living in Three Dimensions (Sull’Importanza del Vivere in Tre Dimensioni) dovrebbero
assumere un particolare significato per noi:

Pag. 71 – Come vostro consigliere in esplorazione, posso dirvi che “ Ogni volta che vedete una
situazione di simmetria in un problema di fisica, fermatevi e riflettete! Perché quasi sempre
troverete una via più semplice per risolvere il problema usando la proprietà della simmetria”.
Questa è una delle ricompense del giocare con le simmetrie. L’impressione è netta…

In matematica e geometria, c’è la necessità di essere precisi; per definizione la simmetria
significa che una funzione o una figura geometrica rimane la stessa, nonostante: 1) una rotazione di
coordinate, 2) una traslazione lungo un asse, o 3) uno scambio di variabili.

Nella scienza della fisica, che è il nostro argomento principale, la presenza della simmetria
solitamente significa che una legge di Natura non cambia, nonostante: 1) una rotazione delle
coordinate nello spazio, 2) una traslazione lungo un asse nello spazio, 3) la trasformazione del
passato nel futuro quando t diventa –t, 4) uno scambio di due coordinate come per esempio x con y, z
con –z, ecc., 5) lo scambio di ogni variabile data. (grassetto aggiunto)

I Solidi Platonici manifestano la più grande simmetria geometrica tra tutte le forme esistenti,
sebbene qui il Dr. Wolff non le chiami per nome. Nel prossimo estratto dal dr. Aspden, egli si
riferisce alle forme dei Solidi Platonici nell’etere come “cristalli fluidi”, e spiega come essi
possano avere un effetto simile ad un solido, anche se compaiono in un mezzo simil-fluido:

… i fisici del 19° secolo erano in imbarazzo di fronte all’etere perché esso mostra alcune proprietà
che ci dicono che è un fluido e altre che ci dicono che è un solido. Questa era la percezione in un’
epoca in cui poco o niente si conosceva dei “cristalli fluidi”. I display di molte calcolatrici
tascabili usano segnali elettrici e fanno affidamento sulle proprietà di una sostanza che, come
l’etere, mostra proprietà caratteristiche di entrambi gli stati liquido e solido in risposta a
un’alterazione del campo elettrico.

Questo ci dà una “valida” spiegazione del perché Tesla diceva che l’etere “ si comporti come un
liquido di fatto, e come un solido per luce e calore. I Solidi Platonici in realtà si comportano
come fossero strutture consolidate dell’etere, organizzando i flussi energetici in schemi specifici.

Dunque: i Solidi Platonici sono semplici forme geometriche di “musica cristallizzata” che si formano
spontaneamente nell’etere quando questo pulsa. Un altro punto importante da ricordare è che quando
una gerarchia di Solidi Platonici evolve in un’altra, il moto avverrà sempre lungo un percorso a
spirale, prevalentemente secondo il classico rapporto “phi”. E’ stato osservato che anche le Onde
Torsionali seguono lo schema “phi”, cosa che sarà discussa più approfonditamente quando affronteremo
il sottostimato fenomeno del “potere della piramide” e l’ “effetto della cavità strutturale”
esplorato dal dr. Victor Grebennikov nel settimo capitolo.

3.4 – FISICA DEI MICROCLUSTER

Dopo aver terminato la prima metà di questo libro, un nuovo associato ci ha segnalato il germogliare
del nuovo campo della “fisica dei microcluster”, che cambia interamente il nostro punto di vista sul
mondo quantico, presentandoci un intero nuovo stato della materia che non obbedisce alle “regole”
comunemente accettate. I Microcluster sono minuscole particelle che presentano chiare ed
inequivocabili prove che gli atomi sono vortici nell’etere che si assemblano naturalmente in forma
di Solidi Platonici tramite la loro vibrazione/pulsazione. Inoltre, queste nuove scoperte sono state
un duro colpo per coloro che ancora credono all’esistenza di singoli elettroni orbitanti intorno ad
un nucleo anziché nuvole di elettroni in forma di onde stazionarie di energia eterica assemblate in
schemi geometrici. La storia dei “microcluster” irrompe per la prima volta nel mondo ufficiale
nell’edizione del Dicembre del 1989 dello Scientific American, nell’articolo scritto da Michael A..
Duncan e Dennis H. Rouvray.

Dividi e suddividi un solido e i tratti caratteristici della sua solidità scompariranno uno per uno,
come i tratti somatici dello Stregatto, per essere rimpiazzati da caratteristiche che comunque non
sono quelle dei liquidi o dei gas. Essi appartengono invece ad un nuovo stato della materia, i
microcluster… Essi pongono questioni che risiedono nel cuore della fisica e della chimica dello
stato solido, e nel relativo campo della scienza materiale. Quanto piccolo deve diventare un
aggregato di particelle prima che si perda il carattere della sostanza d’origine? Come possono
riconfigurarsi gli atomi se liberati dall’influenza della materia che li circonda? Se la sostanza è
un metallo, quanto piccolo dev’essere un gruppo (=cluster) di atomi per perdere la caratteristica
condivisione di elettroni liberi che soggiace alla conduttività? (corsivo aggiunto)

Meno di due anni dopo dell’irruzione di questa storia nel mondo ufficiale, la fisica dei
microcluster è stata perfezionata in un apposito testo universitario scritto da Satoru Sugano e
Hiroyasu Koizumi. Microcluster Physics (Fisica dei Microcluster) è stato pubblicato dalla
rispettabile, ufficiale corporazione Sprinter-Verlag come il 21° volume di una serie di testi nel
campo delle scienze materiali. Tutte le citazioni tratte da questo testo che proporremo, provengono
dalla seconda edizione, edita nel 1998. Nel testo di Sugano e Koizumi, ci viene detto che, con le
nuove scoperte sui microcluster, possiamo ora assemblare raggruppamenti di atomi in quattro
categorie base di grandezza, ognuna delle quali con differenti proprietà:

– Molecole: 1-10 atomi.

– Microcluster: 10-1000 atomi

– Particelle fini: 1000-100.000 atomi

– Massa: più di 100.000 atomi.

Studiando questa lista, ci aspetteremmo inizialmente che i microcluster posseggano tratti in comune
sia con le molecole sia con le particelle fini, ma di fatto hanno proprietà che né le une né le
altre mostrano, come Sugano e altri spiegano in questo passo:

I Microcluster composti dai 10 ai 103 atomi non esibiscono né le proprietà della massa
corrispondente né quelle delle corrispondenti molecole di pochi atomi. Si può dire che i
microcluster formino un nuovo stato della materia che è una via di mezzo tra i solidi microscopici e
le particelle microscopiche come atomi e molecole, e che essi mostrino sia le caratteristiche
macroscopiche sia quelle microscopiche. Comunque, le ricerche in direzione di questo nuovo stato
della materia sono state lasciate intatte dallo sviluppo della teoria dei quanti della materia fino
a pochi anni fa. (grassetto aggiunto)

Continuando a leggere, comprendiamo che non tutti i gruppi composti da un numero casuale di atomi
compreso tra 10 e 1000 formano dei microcluster; solo alcuni “numeri magici” di atomi, unendosi,
diventano effettivamente dei microcluster. Nel prossimo passo si descrive come ciò è stato scoperto
per la prima volta, e mentre lo leggiamo dobbiamo tenere a mente che lo spettro di massa menzionato
descrive analisi spettroscopiche, cosa che abbiamo affrontato nel capitolo precedente. Quando si
parla di “strisce di cluster”, significa che atomi (come il sodio, Na) vengono estrusi attraverso un
sottile becco per formare una “striscia” che viene poi analizzata. Più importante: non appena gli
atomi vengono estrusi dal becco, alcuni di essi si raccolgono spontaneamente in microcluster, i
quali dimostrano proprietà anomale:

Le caratteristiche microscopiche dei microcluster sono state scoperte per la prima volta osservando
delle anomalie nello spettro di massa di una “striscia di cluster” di sodio (Na) di determinate
dimensioni, chiamate numeri magici. Quindi è stato confermato sperimentalmente che i numeri magici
provengono dalla struttura a conchiglia degli elettroni di valenza. Stimolati da queste scoperte
epocali nei microcluster di metalli, e aiutati dal progresso delle tecniche sperimentali in grado di
produrre microcluster relativamente densi e non interattivi[3] di varie dimensioni, in forma di
strisce di microcluster, il campo di ricerca dei microcluster si è sviluppato rapidamente negli
ultimi 5/7 anni [dalla prima edizione del 1991 del libro]. Il progresso si deve anche allo sviluppo
dei computer e delle tecniche di calcolo computerizzato…

Il campo dei microcluster sta attirando l’attenzione di molti fisici e chimici (e anche biologi!)
impegnati in ricerche sia applicate che pure, dal momento che non interessa solo i punti di vista
fondamentali ma anche quelli delle applicazioni in elettronica, catalisi, ingegneria ionica,
ingegneria carbon-chimica, fotografia e così via. Giunti a questo punto dello sviluppo, è stata
avvertita sentita l’esigenza di un libro introduttivo per i novizi del settore, per chiarire i
concetti fisici fondamentali per lo studio dei microcluster. Questo libro è destinato proprio a
soddisfare tale esigenza. Ed è basato su una serie di letture fatte ai laureandi (principalmente di
Fisica) dell’Università di Tokio, Università di Kyoto, Università Metropolitana di Tokyo, Tokyo
Institute of Technology e Università di Kyushu, nel periodo tra il 1987 e il 1990.

La nostra prossima citazione proviene dalla prima parte del libro di Sugano e Koizumi, dove vengono
presentati dettagli specifici a proposito delle proprietà altamente anomale dei microcluster.
Sebbene in termini di quantità di atomi siano di poco più piccoli delle particelle fini, essi sono
molto più stabili. In questo caso, la maggiore stabilità si riferisce al fatto che i microcluster
bruciano a una temperatura molto maggiore delle molecole o delle particelle fini dello stesso
elemento. Secondo David Hudson (del quale parleremo più avanti), gli scienziati russi furono i primi
a scoprire che i microcluster dovevano essere bruciati per più di 200 secondi per far apparire uno
spettro di colori analizzabile, laddove tutte gli altri composti molecolari conosciuti si consumano
in un massimo di 70 secondi:

Quando dall’ulteriore divisione delle particelle fini giungiamo ad avere un frammento chiamato
microcluster con un raggio dell’ordine dei 10 angstrom, osserviamo che dobbiamo prendere in
considerazione una fisica differente da quella delle particelle fini. La differenza sostanziale
deriva dal postulato teorico, parzialmente supportato dagli esperimenti, che, in linea di principio,
sia possibile estrarre microcluster di forma e grandezza volute e che le loro proprietà possano
essere misurate, mentre questo genere di misurazioni sono impossibili per le particelle fini. Questo
postulato potrebbe essere giustificato considerando il fatto che gruppi di una data forma regolare
sono molto stabili se comparati con quelli di altre forme, il numero dei quali è piuttosto esiguo.
In contrasto con questo fatto, le particelle fini di forme differenti e di grandezza fissa che
formano un grande agglomerato da permettere un trattamento statistico sono energeticamente pressoché
degenerate. Ciò rende impossibile l’estrazione di particelle fini della forma voluta.

Prova definitiva si è ottenuta dal fatto che microcluster di metalli alcalini [1.8] e nobili [1.9] in forma di striscia di cluster, quando sono della grandezza dei cosiddetti numeri magici hanno una
forma pressoché sferica. Un numero magico è una specifica grandezza N [cioè il numero di atomi nel
cluster] dove si verificano anomalie di abbondanza negli spettri della massa. Questo indica che i
microcluster di quelle dimensioni sono relativamente stabili se comparati con quelli di grandezze
vicine. (grassetto aggiunto)

Nelle prossime citazioni si vedrà che le forme “pressoché sferiche” sopra citate sono proprio i
Solidi Platonici e le relative geometrie. Il prossimo passaggio è probabilmente troppo tecnico per
la gran parte dei lettori e può essere saltato, ma è una descrizione esaustiva di come le “strisce
di cluster” vengano create e analizzate, nonché quali specifici “numeri magici” di atomi siano
emersi. Inoltre, dobbiamo far notare che i cluster formati diventano elettricamente neutri, la qual
cosa costituisce un altro risultato anomalo ed inatteso:

Come esempio mostriamo lo spettro di massa della striscia di cluster di Sodio della Fig. 1.5. La
striscia è prodotta mediante l’espansione adiabatica di una mistura di gas di Sodio e Argon
attraverso un becco. I cluster di sodio nella striscia vengono foto-ionizzati, ne viene analizzata
la massa con un analizzatore di massa quadripolare, e vengono infine individuati tramite un sistema
di rilevazione di ioni. Esami dettagliati dell’esperimento verificano che lo spettro di massa così
osservato rispecchia i cluster [elettricamente] neutri prodotti originariamente dall’estrusione. Le
anomalie di abbondanza osservate nella grandezza N, quando questa è 8, 20, 40, 58 e 93 (Fig. 1.5),
fanno sì che questi vengano indentificati come i numeri magici dei cluster di Sodio neutro.
(grassetto aggiunto)

Ora riponete molta attenzione alla prossima frase, perché il suo significato può essere facilmente
frainteso:

In quanto segue, mostreremo che questi numeri magici sono associati con la struttura intrinseca
degli elettroni di valenza che si muovono indipendentemente in un efficace potenziale a simmetria
sferica…

Quello che ci viene detto è che nel microcluster gli ipotetici “elettroni” non sono più confinati
nei singoli atomi di appartenenza, ma piuttosto che si muovono indipendentemente attraverso l’intero
cluster stesso! Ricordate che nel nostro nuovo modello quantico, non ci sono elettroni, ma solo
nuvole di energia eterica che scorrono dentro, verso il nucleo in conseguenza dell’effetto
Biefield-Brown. In questo caso, il microcluster agisce come un singolo atomo, con il centro del
cluster che diventa simile al nucleo atomico caricato positivamente, all’interno del quale scorre
l’energia caricata negativamente. In modo interessante, tenendo a mente i comportamenti similfluidi
dell’etere, il prossimo passaggio suggerisce che i microcluster possano avere proprietà simili sia
ad un fluido che ad un solido:

[La simmetria dei] microcluster di metalli sembra rivelare che i microcluster appartengano al mondo
microscopico come gli atomi e le molecole, laddove invece le particelle fini appartengono al mondo
macroscopico. Questo è vero per certi aspetti, ma non per tutti. Nel 2° capitolo vedremo che, a
temperature interne finite, i microcluster possono apparire allo stato liquido quando vengono
osservati nel mondo macroscopico… (grassetto aggiunto)

Il prossimo passaggio proviene da uno studio completamente diverso di Besley ed altri, a cui si fa
riferimento alla fine del capitolo, intitolato Theoretical Study of the Structures and Stabilities
of Iron Clusters (“Studio Teoretico sulle Strutture e sulla Stabilità dei Cluster di Ferro”).
Ovviamente, il loro lavoro si fonda direttamente sul testo di Sugano e Koizumi e sulle scoperte
occorse durante la sua stesura. Qui, la chiave è che la ricerca di Besley ed altri punta sulle
proprietà elettriche e magnetiche anomale possedute dai microcluster, che non si trovano né nelle
molecole né nella materia condensata:

I cluster sono a buon diritto interessanti, dal momento che per piccoli cluster c’è la possibilità,
nella piccola dimensione, di effetti che riconducono a proprietà elettriche, magnetiche o altro, che
sono piuttosto differenti da quelle delle molecole o della materia condensata. Da un punto di vista
teoretico, c’è stato anche un considerevole sforzo in direzione della ricerca per la comprensione di
geometrie, stabilità e reattività di cluster di metalli puri allo stato gassoso. (grassetto
aggiunto)

E ora, se saltiamo direttamente alla pag. 11 del testo di fisica dei microcluster di Sugano e altri,
arriviamo alla sezione 1.3.1 intitolata Fundamental Polyhedra (=Poliedri Fondamentali). E’ qui che
il collegamento tra i microcluster e la geometria della fisica di Johnson diviene chiaramente
evidente:

Recentemente, si è discusso [1.12] del fatto che le forme stabili dei microcluster siano date dai 5
poliedri di Platone: tetraedro, cubo, ottaedro, dodecaedro a pentagoni, icosaedro [cioè i Solidi
Platonici]; e da due poliedri di Keplero a facce romboidali; il dodecaedro e il triacontaedro
romboidali…

E’ molto importante notare che i tetraedri non riempiono completamente lo spazio, come mostra la
fig. 1.9, e che gli icosaedri, i decaedri trigonali e i dodecaedri pentagonali con simmetria
rotazionale a cinque assi non sono strutture cristalline: essi non crescono secondo la struttura
periodica della massa. Se il poliedro è una struttura non-cristallina, allora il microcluster, sulla
via per diventare massa, deve sottostare a una fase di transizione verso una struttura cristallina
(grassetto aggiunto)

Per chi ha studiato geometria sacra per molti anni, è sorprendente considerare che, ad un livello
decisamente troppo piccolo per l’occhio nudo, gli atomi si raggruppano insieme in formazioni di
Solidi Platonici perfetti. E’ anche interessante considerare che alcuni di questi microcluster
possiedono anche qualità simil-fluide, per mezzo delle quali essi sono in grado di fluire da un tipo
di struttura geometrica ad un’altra. Nel loro testo, Sugano e Koizumi prendono per assunto che certi
poliedri come l’icosaedro e dodecaedro sono non-cristallini, e devono quindi sottostare a una fase
di trasformazione prima di poter diventare un oggetto cristallizzato più grande. Comunque, più
avanti in questo capitolo, presenteremo una prova forte e inconfutabile del fatto che l’intero
modello della cristallografia è incompleto e che, in determinate circostanze, si possono ottenere
formazioni molto simili ai microcluster a ordini di grandezza più elevati, da due o più elementi di
atomi raggruppati insieme.

Se il lettore sfoglia rapidamente il resto del testo di Sugano e altri, è notevole come riesca a
vedere una gran quantità di diagrammi di atomi raggruppati in Solidi Platonici. Impariamo che il
raggrupparsi di un “numero magico” di atomi crea sempre una delle strutture geometriche sopra
menzionate. Se prendiamo il tetraedro, per esempio, e lo smembriamo in un certo numero di sferette
aventi tutte la stessa dimensione, allora avremo bisogno di un esatto “numero magico” di sferette
per costruire un tetraedro di una data grandezza. E’ lo stesso modello delle “sfere chiuse” di
Buckminster Fuller, e la sua forma più semplice si esprime nel fatto che se si mettono insieme tre
sfere in un triangolo e poi si posiziona sopra un quarta sfera nel mezzo si otterrà un tetraedro.

Ancor più degno di nota è che alla pagina 18 del libro Microcluster Physics (Fisica dei
Microcluster), Sugano riporta una fotografia di un cluster d’oro costituito da “circa 460” atomi,
all’interno del quale possiamo chiaramente osservare la struttura a sfera chiusa di atomi, che forma
una geometria inconfondibile. Queste immagini sono state scattate al microscopio elettronico ad alta
risoluzione, e in esse è chiaramente visibile la struttura di geometria ‘cubottaedrica’ da una
varietà di angolazioni diverse. Rimarchevole il fatto che si veda il cluster, immagine dopo
immagine, procedere a differenti trasformazioni geometriche della propria struttura dal
‘cubottaedro’ ad altre forme, suggerendo ancora una volta qualità simil-fluide e invisibili linee di
tensione dell’etere all’opera. La figura 3.3 è un diagramma che riproduce artisticamente come il
numero magico di 459 atomi sferici si compattino per formare un cluster di forma ‘cubottaedrica’,
mentre 561 atomi si raggruppino in forma di icosaedro.

La prossima citazione proviene dalla sezione 3 dello studio di Besley ed altri, e propone il modello
“gelatinoso” rendendo estremamente chiaro il fatto che in un microcluster la natura individuale
dell’atomo si perda in favore di un comportamento di gruppo. Vedremo ancora menzionati i numeri
magici e gli elettroni che si muovono attraverso l’intera struttura invece che attraverso i loro
atomi di appartenenza; vedremo anche l’ipotesi che in qualche modo nei microcluster si formino
“gusci geometrici” di elettroni.

Per piccoli cluster di metalli semplici, come quelli alcalini, studi spettroscopici della massa
hanno indicato la presenza di nuclearità (=condizioni del nucleo) preferenziali o “numeri magici”
corrispondenti a picchi particolarmente intensi. Questi esperimenti portano allo sviluppo di un
modello “gelatinoso” (sferico), nel quale la geometria attuale del cluster (cioè le coordinate
nucleari) sono sconosciute e irrilevanti (forse perché i cluster sono fluidi e in rapida evoluzione)
e si presume che gli elettroni di valenza del cluster si muovano in un potenziale centro medio
sferico. Il modello gelatinoso, perciò, spiega i numeri magici dei cluster in termini di riempimento
di gusci di elettroni nei cluster, che sono analoghi ai gusci di elettroni negli atomi. Per
nuclearità molto più grandi (N ~ 100-1500 [atomi totali nel cluster]) ci sono oscillazioni
periodiche nell’intensità dei picchi degli spettri di massa che sono stati attribuiti
all’agglomerarsi dei gusci di elettroni in supergusci.

L’osservazione di lunghi tempi di oscillazione nelle intensità dei picchi negli spettri di massa di
cluster molto grandi di metalli (con più di 100.000 atomi) ha portato alla conclusione che tali
cluster si evolvono attraverso la formazione di gusci geometrici tridimensionali di atomi e che per
tali nuclearità è più il riempimento di gusci geometrici che non di quelli atomici che conferisce
ulteriore stabilità al cluster.

Certamente, l’idea di “supergusci” di elettroni suggerisce una fusione fluida di atomi a livello
quantico. Inoltre, emerge che l’idea stessa di elettroni sia fallace, dal momento che il prossimo
passo di Besley e altri ci dice che il modello “gelatinoso”, nel quale elettroni “materiali”
riempiono “gusci geometrici”, non funziona per quelli che sono conosciuti come metalli di
transizione. Dal momento che a questo punto non possono esistere elettroni individuali, Besley e C.
ipotizzano l’esistenza di “esplicite forze multi-corpo angolo-dipendenti”. In breve, un modello
quantico di un “cristallo fluido” etereo è essenzialmente necessario per spiegare le forze che
creano i microcluster:

Per i metalli di transizione non c’è prova a livello nucleare che il modello gelatinoso regga, anche
per piccole nuclearità… speriamo che un modello che introduce esplicite forze multi-corpo
angolo-dipendenti (come nel modello MM [Murrell-Mottram] che abbiamo adottato) abbia miglior
successo nello spiegare le preferenze strutturali dei cluster.

Se ripensiamo ai risultati di questi studi sui microcluster, non dobbiamo dimenticare che i Solidi
Platonici si formano molto facilmente facendo vibrare un regione sferica di un fluido. E’ piuttosto
sorprendente che gli studiosi dei microcluster non sembrano aver notato questo collegamento. La
visione prevalente della meccanica quantica come un fenomeno di particelle ha una così forte presa
nelle menti dei ricercatori scientifici da richiedere una dimostrazione esaustiva a proposito dei
“gusci geometrici” di elettroni. La domanda chiave che deve essere posta è come e perché questa
geometria si formi, e l’idea di un mezzo quantico vibrante e simil-fluido costituisce di fatto la
risposta più semplice. Un microcluster è semplicemente un più grande “atomo di etere” in una forma
geometrica perfetta.

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