Scienza e paranormale: a che punto è la notte?
di Mario Bruschi
Università “La Sapienza” – Roma
La mia personale posizione sul cosiddetto paranormale e in particolare sui fenomeni psi, cioè di
percezione extrasensoriale (ESP) o di psicocinesi (PK), è stata nel passato così sintetizzabile: o
tali fenomeni sono illusori e quindi il problema non si pone, o se ne può provare sperimentalmente
lesistenza e allora è compito della Scienza e in particolare modo della Fisica studiarli.
Ero comunque meravigliato dalla quasi generale mancanza di curiosità dei miei colleghi fisici per un
possibile rivoluzionario campo di indagine scientifica; sapevo naturalmente che esperimenti erano
stati fatti dai parapsicologi, tuttavia occasionali scambi di vedute con colleghi bene informati
mi avevano instillato forti dubbi sulla consistenza dei risultati ottenuti sulla correttezza, sia
delle procedure sperimentali, sia del trattamento statistico dei dati effettuato da questi
outsider della scienza.
Insomma: la diffusa opinione nella comunità scientifica ufficiale era (ed è) che in realtà in tale
campo non ci sia niente da studiare.
Eppure… eppure non potevo fare a meno di constatare, per esperienza personale e dai resoconti di
conoscenti a me affidabili, che tali fenomeni non sono poi così poco diffusi, anzi sembra che
dopotutto, in media, ogni persona almeno una volta nella vita sia venuta a contatto col
paranormale, per lo più nella forma più blanda della ESP (sogni precognitivi, telepatia,
chiaroveggenza, coincidenze significative, etc.).
Inoltre, benché su tali cose si preferisca tacere nelle biografie ufficiali, numerosi e importanti
scienziati (e anche noti filosofi) hanno mostrato positivo interesse in tali campi alternativi a
cominciare da I. Newton passando per W. Pauli per finire al premio Nobel B. Josephson (la lista è
lunga anche senza tener conto di quanti, per timore della più che probabile opinione sfavorevole dei
colleghi, hanno preferito autocensurarsi).
Un ulteriore motivo di sconcerto (ma pungolo per la curiosità scientifica) era la consapevolezza, da
Fisico, che tali fenomeni (ESP e PK), che non avrebbero trovato alcuna possibilità di inquadramento
o di spiegazione nella Fisica classica, non sono poi così in contraddizione con il framework
concettuale della Fisica moderna: anzi, in connessione con il fondamentale problema della misura in
Meccanica Quantistica, quasi tutti i fondatori di tale teoria (Plank, Einstein, Pauli, Schroedinger,
de Broglie etc.) hanno sviscerato a fondo il problema dellinterazione tra mente- coscienza e
materia-realtà e la discussione è ancora quanto mai attuale.
Tuttavia, ancora inspiegabilmente, le speculazioni teoriche ed epistemologiche in un campo così
fondamentale non si sono mai tradotte in ricerche sperimentali (salvo tre eccezioni, vedi ).
Un blando e saltuario e tuttavia faticoso excursus della letteratura sul paranormale accessibile
ad un profano, scartando il palesemente inverosimile e/o fraudolento, navigando perigliosamente
tra nebulosi esoterismi e resoconti aneddotici inverificabili e infalsificabili, mi aveva tuttavia
convinto che lo stato dellarte, per così dire, era pre-scientifico, assomigliava stranamente alla
congerie di fatti e osservazioni, alcune rivelatesi poi proficue e gravide di conseguenze, altre
irrilevanti, altre ancora semplicemente fantasiose, che possiamo rinvenire negli scritti di autori
prescientifici diciamo fino al tardo rinascimento o, usando un limite certo convenzionale ma
comunemente accettato, fino a Galileo.
Quello che mancava era un punto fermo su cui innestare quel fruttuoso processo di accumulazione
tipico della scienza che (senza la necessità di ripartire sempre da zero) potesse portare a una
comprensione più profonda e possibilmente a una spiegazione teorica dei fenomeni stessi.
Mosso da questo insieme di motivazioni, sei anni fa tentai di verificare (propria manu) quei dati
statistici riportati in altri studi (e ritenuti inaffidabili dai colleghi) con un esperimento basato
su test classici si telepatia e chiaroveggenza, avendo in più lopportunità di usare un gruppo di
soggetti che, per il particolare training ricevuto, fosse sperabilmente sopra la norma ma tuttavia
lontano dalla professionalità (con i pericoli connessi).
I risultati di tale esperimento in sé altamente significativi furono per me ancora più significativi
in un modo inaspettato: infatti un resoconto dellesperimento , fatto circolare tra amici e colleghi
ed inviato al CICAP, mi ha procurato una sequenza di polemiche e arroventate discussioni
costringendomi a passare da un impegno ed interesse amatoriale, come era stato il mio nel campo
paranormale fino ad allora, ad un approfondimento e a uno studio più professionale.
E così, con mia grande sorpresa, ho scoperto che in realtà il punto fermo che stavo cercando già
esiste: lesistenza di fenomeni ESP e PK è stata provata sperimentalmente al di sopra di ogni
ragionevole dubbio. La prova non riiede in un particolare eclatante esperimento ma nella rigorosa
analisi statistica di dati sperimentali pazientemente accumulati negli ultimi 50 anni.
A quanti cominciassero a questo punto a mostrare segni di insoddisfazione ed insofferenza, devo
ricordare che ogni prova scientifica di carattere sperimentale, a causa del non eliminabile margine
di errore proprio di ogni tipo di misura, anche macroscopica (classica), è intrinsecamente di
carattere statistico, senza contare poi che nella Fisica microscopica moderna le leggi della
probabilità e quindi della statistica sono parte integrante e fondamentale dello stesso apparato
logico e teorico.
In altre parole, la meccanica quantistica è intrinsecamente probabilistica, ma anche in
termodinamica, parte fondamentale della fisica classica, le leggi (o princìpi) sono di carattere
statistico; detto in parole ancora più povere, se affermo che l acqua in una pentola posta sul
fuoco dopo un po di tempo inizia a bollire, certo affermo una banale verità scientifica facilmente
verificabile nella esperienza giornaliera, eppure anche tale effetto ha carattere statistico: in
verità niente nelle leggi della fisica impedirebbe alla medesima acqua di congelare anziché di
bollire (!): solo che la probabilità di questultimo evento è così piccola che (è stato calcolato)
ragionevolmente ci si aspetta che esso si verifichi più una volta in tutta la vita dell Universo!
Potrei fare numerosissimi altri esempi, anzi potrei portare ad esempio praticamente ogni effetto
verificabile sperimentalmente nella scienza, ma il mio intento principale finora era di chiarire che
la scienza ha necessariamente sviluppato potenti e sofisticati strumenti matematici per il
trattamento statistico dei dati e in particolare per riconoscere se un qualche riscontro
sperimentale e/o strumentale (una oscillazione anomala dellago del vostro strumento, un particolare
conteggio, una particolare sequenza di tracce nella vostra lastra fotografica…) corrisponde (o non
corrisponde) ad un effettivo fenomeno o è un effetto spurio dovuto a fluttuazioni della
strumentazione, errori sistematici d impostazione o altre possibili fonti di disturbo (rumore).
In effetti ogni misurazione sperimentale si può concettualmente pensare come il riconoscimento o
meno di un segnale dal (sopra il) cosiddetto rumore di fondo; tanto più piccolo è il segnale,
tanto maggiore deve essere il numero dei dati su cui poggiare una analisi statistica capace di
riconoscerlo (e tanto più sofisticata diventa lanalisi stessa).
È opportuno precisare che segnale e rumore di fondo nono intesi in senso analogico e mutuati dal
linguaggio comune e dal mondo delle telecomunicazioni: in realtà il segnale potrebbe essere di
volta in volta ad es. lemissione neutronica nella fusione fredda, la particolare catena di
eccitazione dei contatori che segnala un decadimento del bosone intermedio o la particolare sequenza
di righe spettrografiche che ci indica la presenza di aminoacidi nella polvere interstellare.
Tuttavia lesempio più comprensibile, e quindi comunemente usato, è tratto effettivamente dalle
radiotrasmissioni: ognuno sa per propria esperienza che è facile e richiede poco tempo sintonizzarsi
su un segnale forte (una stazione vicina o una particolarmente potente) mentre diventa sempre più
frustrante e laborioso se il segnale è debole e/o le condizioni non sono opportune (temporali,
montagne, troppe emittenti su una stretta banda di frequenze: tutte circostanze che aumentano il
rumore di fondo).
Come caso limite, immaginate di essere uno di quei radioamatori che cercano contatti con stazioni
particolarmente lontane (e devono poi provare il contatto riferendo la sigla in codice del
trasmittente): spostate delicatamente la manopola di sintonia tra statica, sibili e immancabili
cracra (rumore di fondo), ed ecco: su questa frequenza sembra esserci qualcosa, ma sarà vero?
È chiaro che se ascoltate per pochi secondi probabilmente quello che vi sarà parso un flebile suono
sopra il rumore non riapparirà, bisogna armarsi di pazienza, ascoltare più a lungo (cioè accumulare
più dati statistici!) per poter sentire occasionalmente ripetersi un suono intelligibile e ancora
più a lungo prima di poter mettere insieme un numero sufficientemente alto di suoni da poter
riconoscere almeno la lingua e possibilmente la sigla del trasmittente.
Bene, in parapsicologia il problema principale e di vedere se nei vari esperimenti (tipo prevedere
quale sarà la prossima carta estratta dal mazzo, alterare una serie di bip emessi da un generatore
random, riconoscere una località lontana con le tecniche ganzfeld) cè un segnale (ESP, PK)o
tutto è solo rumore di fondo che in questo caso è essenzialmente dovuto al caso.
In termini semplici ed espliciti, se in un esperimento indovino, diciamo, 600 volte su 1000
tentativi con che faccia (tasta o croce) cade una moneta, posso dire di possedere poteri extra o ho
indovinato solo per caso (diciamo pure, eufemisticamente, fortuna).
Notate che anche se una analisi statistica mi convincesse che i miei risultati non sono dovuti
solamente al caso (che pure sarà una componente importante) non potrei poi dire che si trattato di
precognizione, cioè se in qualche modo sapevo prima cosa sarebbe uscito, oppure di telecinesi,
per cui avendo detto testa , con i miei poteri mentali di controllo sulla materia faccio sì che esca
effettivamente testa.
Questo è un punto importante da sottolineare: non sappiamo se la telepatia o la precognizione o la
telecinesi esistono (né tantomeno come funzionano); ciò che è stato provato è che sicuramente i
risultati ottenuti nellinsieme degli esperimenti esaminati non sono spiegabili ammettendo lazione
delle sole leggi del caso [(dove sicuramente è ovviamente usato in senso statistico e quindi
significa che è estremamente, estremamente (questo lo vedremo dopo) improbabile il contrario, ciò
che gli stessi risultati siano realmente ottenuti per caso (come l acqua che riscaldata diventa
ghiaccio…)]
Ergo: deve esserci in opera un altro fattore (possiamo tranquillamente chiamarlo ESP o PK ma finora
sono solo nomi!).
In altre parole quello che è stato provato è di nuovo linequivocabile presenza di un segnale ben
sopra il rumore di fondo.
La natura e le caratteristiche del segnale sono ancora largamente sconosciute, a parte il fatto
che si tratta di un segnale debole (spesso molto debole): ad esempio negli esperimenti PK condotti
per più di un decennio presso la School of Engeneering and Applied Science della Princeton
University (nellambito del programma PEAR = Princeton Engeneering Anomalies Research) solo un bit
su 500, in media, è risultato influenzato dai soggetti esaminati (spero comunque che la precedente
chiacchierata sia servita almeno a rendere chiaro anche a un profano che la debolezza del segnale
non mette in discussione la certezza che ci sia un segnale).
Evidentemente non posso qui inoltrarmi nei dettagli e negli esperimenti e nella trattazione
statistica dei dati sperimentali e neppure riportare in dettaglio la ormai copiosa bibliografia¸ mi
limiterò a segnalare per gli interessati pochi riferimenti che contengono essi stessi esaurienti
riferimenti bibliografici (vedi note 1,3,4). Tuttavia in qualche modo devo, pur se succintamente,
riferire e in parte spiegare i principali risultati. Il primo e forse anche il più comprensibile
indicatore per vedere se un certo effetto è dovuto o meno al caso è di calcolarne a priori (se
possibile) o di valutarne a posteriori sperimentalmente (cioè dai dati stessi: è possibile!) la
cosiddetta probabilità di casualità.
Forse è bene fare un esempio.
Supponiamo di giocare a testa e croce e che il nostro amico avversario Pippo vinca 6 volte su 10
lanci chiamando sempre testa (questo è ininfluente ma facilita lesposizione); vogliamo calcolare la
probabilità di casualità di questo evento, anche per rassicurarci che la vincita di Pippo sia
onesta.
Bene, una semplice formula matematica ci dice che, se la moneta non è truccata e il lanciatore non
ha barato in qualche modo (cioè se solo il caso è in azione), la probabilità di ottenere 6 successi
su 10 tentativi è pari a 2.05*10-2, cioè il 20,5%. Tuttavia non è ancora questa la probabilità di
casualità perché devo tenere in conto che Pippo avrebbe potuto vincere anche più di 6 volte, quindi
si deve sommare anche questa probabilità alla precedente, ottenendo 3.75*10-2 cioè il 37,5% che è
quasi il doppio della precedente ed è così alta da farci dubitare (finora) della correttezza del
gioco [per inciso abbiamo imparato che la probabilità di casualità (che chiameremo da ora pc) è
dunque la probabilità a priori di avere almeno il numero di successi conseguiti o in altre parole la
probabilità di avere m o più di m successi su N tentativi].
Ma supponiamo di continuare a giocare e che Pippo continui a vincere con lo stesso ritmo, cioè
mantenendo la stessa percentuale.
Così su 100 lanci saranno venute 60 teste e su 1000 lanci 600 teste invece delle 500 (circa) che ci
aspetteremo.
Fermiamoci al centesimo lancio e calcoliamo di nuovo la probabilità di causalità ottenendo
pc=2.84*10-2 cioè meno del 3%: la cosa comincia ad essere sospetta! calcoliamo tuttavia ancora al
millesimo lancio la probabilità di 600 teste e abbiamo pc=1.36*10-11, vale a dire un risultato che
ci aspetteremmo di trovare per caso una o due volte su cento miliardi di sfide fra noi e Pippo!.
Certo può essere ancora un caso, ma ragionevolmente credo che ognuno sospetterebbe a questo punto o
che la moneta sia leggermente più leggera dalla parte testa o che Pippo sia un abile e infido
prestigiatore: non sappiamo cosa sia successo ma siamo convinti che non è stato un caso!
Lesempio mostra anche limportanza di ampliare sufficientemente la base-dati ovvero di ripetere un
numero sufficientemente grande di volte lesperimento: se ci fossimo fermati ai primi 10 lanci o
anche ai primi 100 non avremmo scoperto linganno! e questo è tanto più importante quando leffetto
è piccolo, come usualmente accade in parapsicologia: i singoli esperimenti possono essere anche poco
significativi o con risultato nullo o addirittura negativo, è linsieme degli esperimenti che
acquista una dimensione tale da avere la forza statistica necessaria a rivelare il segnale
(lesistenza della PSI: sfortunatamente molti ricercatori in questo campo facilmente se lo
dimenticano nel progettare un esperimento così e pure, purtroppo, molti -sedicenti- controllori).
Diamo solo un esempio riportando i grafici dei dati via via accumulatisi dellesperimento RMC alla
Princeton University .
Per mostrare un effetto PK le tre linee BL, PK+ e PK- dovrebbero divergere, con PK+ sopra la
baseline BL, a sua volta sopra PK-; in verità è proprio quello che le curve fanno, ma lo fanno in
modo ondivago e soprattutto lo fanno chiaramente solo al crescere dei runs (singole prove): per un
basso numero di prove leffetto h è poco visibile, quando non temporaneamente invertito; eppure la
probabilità di casualità finale dellesperimento RMC è dellordine di una su un milione e quindi ben
significativa.
Ma quali sono in definitiva i dati globali della ricerca PSI? Partiamo dal PK: D.Radin e R.Nelson,
entrambi della Princeton University, in un articolo pubblicato sul Foundations of Physics (!), hanno
analizzato 152 reports di 68 diversi investigatori descriventi 597 (recenti) studi sperimentali e
235 di controllo riguardanti la influenza diretta della coscienza su sistemi microelettronici (il
cosiddetto micro-PK).
La probabilità di casualità calcolate è pari a pc=10-35 cioè una su cento milioni di miliardi di
miliardi di miliardi! per capirci è la stessa possibilità che il rosso esca 115 volte di seguito
alla roulette o lo zero 22 volte di seguito: di nuovo, se questo accadesse in una sala da gioco
diremmo che la roulette è truccata; in questo caso diciamo che tali risultati non possono essere
frutto del caso, un altro fattore (che chiamiamo micro-PK) è in azione, un forte segnale PSI è stato
captato ben al di sopra del rumore di fondo!
Veniamo quindi alla macro-PK dove le eventuali modificazioni dovute alla coscienza e alla volontà
delloperatore opera su oggetti macroscopici e quindi non coinvolgono (almeno direttamente) effetti
quantistici. In questo campo gli unici esperimenti di cui abbiamo documentazione attendibile e
sufficientemente rumorosa riguardano il lancio di dadi ove il soggetto (loperatore) tenta o di far
cadere dei dadi in apposite griglie (vedi RMC del PEAR – nota 3) o di far uscire una particolare
faccia del dado. Riguardo questo ultimo tipo di esperimenti, D:Radin e D:Ferrari hanno analizzato
148 studi sperimentali condotti da 39 diversi ricercatori con il concorso di circa 2500 soggetti
operatori per un totale di quasi 2.5 milioni di lanci (di dado); la relativa probabilità di
casualità risulta essere (sorprendentemente) ancora più piccola (migliore) di quella già
stupefacente del micro-PK: pc=10-70 (!!!). Per chi non ha feeling con la matematica esporrò di nuovo
a parole il significato di tale numero: per ottenere per caso lo stesso risultato di questi
esperimenti, dovrei ripeterli circa dieci milioni di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di
miliardi di miliardi di miliardi di volte; è più o meno la (famosa) probabilità che una scimmia
battendo a casaccio sui tasti di una macchina da scrivete riscriva, per caso, la Divina Commedia!
E per quanto riguarda lESP?
Una analisi dei soli studi in lingua Inglese sulla precognizione, condotti comunque da 69 diversi
ricercatori con la partecipazione di 50000 soggetti per un considerevole database di due milioni di
tentativi porta ad una probabilità di casualità pari a pc=10-24 mentre i soli recentissimi studi su
telepatia & chiaroveggenza condotti con tecniche ganzfeld danno una probabilità di casualità di
pc=10-12 .
Per ovvie ragioni in questa relazione mi sono limitato a riportare il più semplice indicatore (la
probabilità di casualità) evitando per semplicità di parlare di altri e più potenti strumenti
statistici; epperò farò brevemente due eccezioni. Primo, esiste un utile indicatore statistico che
misura la relativa debolezza o forza del segnale rispetto al fondo con un numero, detto in inglese
effect size, che va da 0 a 1; ebbene, gli effect sizes calcolati negli studi già citati variano da
un basso 0.0003 per la micro-PK a 0.01 per i dadi a 0.002 per la precognizione ad un alto 0.29 per
le tecniche ganzfeld.
Benché intrinsecamente piccoli (a parte il ganzfeld) questi numeri sono paragonabili a quelli
ottenuti in ricerche accademicamente accettate e spesso acclamate specialmente in campo sociologico,
psicologico e/o psicoterapeutico, medico e/o farmacologico. Possiamo ad esempio ricordare uno studio
che ebbe grande risalto e pubblicità perché dimostrava che la comune aspirina previene efficacemente
linfarto : eppure il suo relativo effect size è di appena 0.03 cioè di poco più grande di quello
della precognizione ma di molto inferiore a quello relativo al ganzfeld!
Ma cè di più: proprio la necessità di avere sicure valutazioni in aree come la ricerca sociologica
o psicologica in cui i presunti effetti sono deboli, controversi e difficili da ripetere, ha portato
alla fine degli anni 70 allo sviluppo di nuove procedure e metodi statistici che ora sono
conosciuti con il nome complessivo di meta-analisi: e proprio le ormai ben collaudate tecniche della
meta-analisi applicate recentemente in campo parapsicologico hanno posto un alt definitivo a una
serie di critiche e di merito e di metodo che usualmente vengono fatte alle indagini sul
paranormale; è stato infatti provato che nessuna di queste critiche usuali, spesso pedissequamente
riportate come decisive e scientifiche dai mass media, è più sostenibile alla luce della
meta-analisi dei dati sperimentali (come ha ammesso lo stesso R.Hyman, acuto e duro critico della
ricerca PSI, dopo la lunga e ormai celebre querelle con C.Honorton, il padre delle tecniche ganzfeld
(4).
In particolare è risultato che:
non è vero che la bontà dei risultati dipende dal ricercatore (demolendo la sottintesa insinuazione
di frode, cosciente o meno, da parte dei ricercatori fortunati);
non è vero che i risultati sono irripetibili e che in particolare i risultati positivi tendono a
scomparire con laumentare della sicurezza dei protocolli e la severità dei controlli;
non è vero che gli stessi risultati positivi possono essere vanificati da altrettanti negativi o
nulli che i ricercatori si sono ben guardati dal rendere pubblici (questa è a priori una accusa
molto seria e molto insidiosa: è il cosiddetto problema dei files nel cassetto; ma solo per dare un
esempio, nella nota 1 è stato calcolato che a fronte dei 597 studi esaminati, ci vorrebbero ben
54000 studi sconosciuti e negativi per riportare i dati della normalità (leggasi casualità)!
In definitiva e per concludere parafrasando Galileo, con la ricerca sperimentale sulla psi abbiamo
posto una domanda (inusuale) alla Natura; possiamo ora affermare che la risposta della Natura è
chiara e inequivocabile: si, i fenomeni PSI esistono. È tempo quindi, anche e specialmente per noi
scienziati, di accettare tale risposta e dalla stessa ripartire con nuove domande e nuovi
esperimenti. Le prossime ricerche non possono, non devono ripetere ad infinitum le esperienze del
passato; quello di cui abbiamo bisogno adesso è di cominciare a capire non se gli effetti psi
esistono ma come funzionano: abbiamo bisogno ora un minimo di teoria, di un nuovo paradigma,
necessariamente tentativo agli inizi, che serva comunque da guida per gli esperimenti futuri.
Qualche timido passo in questa direzione è già stato fatto (3) avendo quasi sempre come base e/o
riferimento la meccanica quantistica; del resto è proprio in questa teoria che la Fisica, partita
nel 1600 dallo studio del mondo esterno, della cruda materia come altro completamente separato dal
mondo interno coscienziose, è giunta ora al confine ove Io e non-Io si toccano. Certo, io credo, i
fenomeni psi si trovano al di là di quel confine, ben dentro il campo della coscienza e forse la
fisica non è ancora pronta e può anche darsi che non abbia neppure gli strumenti adatti per
addentrarsi in tale campo.
Eppure, con molta fantasia e pazienza, questi strumenti devono essere inventati: è necessario ed
anche inevitabile che questa esplorazione abbia inizio.
Tuttavia la storia, anche recente, ci insegna che in ogni settore della ricerca scientifica la
rapidità e lentità dei progressi dipende sì dallingegno dei singoli, ma molto di più al numero dei
ricercatori e della consistenza delle risorse impegnate nella ricerca stessa.
Purtroppo sotto questo riguardo la situazione attuale è miserrima in generale e lo è particolarmente
in Italia… e non si intravedono cambiamenti nellimmediato futuro né da parte delle strutture
pubbliche né da parte dei sempre auspicati, ma finora fantasmatici privati mecenati.
Mario Bruschi
Dipartimento di Fisica
Università “La Sapienza” – Roma
Fonte: metapsichica.it
Lascia un commento