Sapienza Antica 4

pubblicato in: AltroBlog 0

Sapienza Antica 4

di Annie Besant

COMPENDIO DEGLI INSEGNAMENTI TEOSOFICI

DEDICATO
CON GRATITUDINE RIVERENZA ED AMORE
A
H. P. BLAVATSKY
CHE MI MOSTRÒ LA LUCE

Parte Quarta

Con questo costante passaggio di vibrazioni il corpo astrale si evolve, poiché codeste correnti agiscono su di lui dall’interno e dall’esterno favorendo la sua organizzazione ed il suo sviluppo generale. Esso diventa più grande, più delicato di struttura, più definito nelle sue linee e più organizzato interiormente. Educato così a rispondere alla coscienza, acquisisce poco alla volta l’attitudine a funzionare come suo veicolo particolare ed a trasmetterle chiaramente le vibrazioni ricevute in via diretta dal mondo astrale. La maggior parte dei lettori avrà senza dubbio avuto qualche piccola esperienza di impressioni pervenute alla coscienza dall’esterno, non derivanti da alcun contatto fisico e che si trovano presto confermate da qualche avvenimento. Spesso queste impressioni hanno per lo più la natura di previsioni che presto si rivelano esatte. Quando l’uomo è molto sviluppato, sebbene il grado di avanzamento varii assai secondo altre circostanze, si formano dei legami tra il corpo fisico e l’astrale, tra l’astrale ed il mentale, in modo che la coscienza lavora ininterrottamente da uno stato all’altro, senza stasi di incoscienza nel passaggio da un piano all’altro. L’uomo può allora anche esercitare liberamente i sensi astrali, mentre la coscienza è attiva nel corpo fisico, così che queste nuove vie di conoscenza diventano proprietà della sua coscienza allo stato di veglia. Oggetti che prima erano materia di fede, diventano materia di cognizione, ed egli può personalmente verificare la veridicità di gran parte degli
insegnamenti teosofici relativi alle regioni inferiori del mondo invisibile.

***
Quando l’uomo è analizzato in “princìpi”, cioè in modi di vita in via di manifestazione, si dice che i suoi quattro princìpi inferiori, denominati “quaternario inferiore”, funzionano nei piani astrale e fisico. Il quarto principio, Kama o desiderio, è la vita che si manifesta nel corpo astrale e che è da esso condizionata; è
caratterizzato dall’attributo del sentimento, sia nella forma rudimentale di sensazione, sia nella forma complessa di emozione o in qualsiasi forma intermedia. Tutto ciò è compendiato come desiderio, il quale è attrazione o repulsione per gli oggetti a seconda che portino piacere o dolore al sé personale. Il terzo principio è Prâna, la vita specializzata per il mantenimento dell’organismo fisico; il secondo è il doppio eterico ed il primo è il corpo denso. Questi tre funzionano sul piano fisico. Nelle ultime sue classificazioni H. P. Blavatsky tolse dalla categoria dei princìpi Prâna ed il corpo fisico denso, considerando Prâna come la vita universale e il corpo fisico denso come la semplice controparte dell’eterico fatta di materiali continuamente mutevoli immessi nella matrice eterica. Accettando questo modo di vedere, abbiamo la grande concezione filosofica della Vita Una, dell’Unico Sé, che si manifesta come uomo e che presenta differenze variabili e transitorie a seconda delle condizioni impostegli dai corpi che vivifica, rimanendo lo stesso nel centro, ma mostrando diversi aspetti, se considerato dal di fuori, secondo i generi di materia di un corpo o dell’altro. Nel corpo fisico è Prâna, che dà le energie, che dirige, che coordina. Nel corpo astrale è Kâma, che sente, che gode, che soffre. Lo troveremo anche sotto altri aspetti quando passeremo ai piani superiori: ma l’idea fondamentale è la stessa dappertutto, ed è un’altra di quelle idee basilari della Teosofia che, ben comprese, servono di guida in questo intricatissimo mondo.

CAP. III
KÂMALOKA

Kâmaloka, letteralmente il luogo o soggiorno del desiderio, è, come si è già accennato, una parte del piano astrale dal quale è separato non come località, ma per lo stato speciale di coscienza delle entità che vi appartengono. 1 Queste entità sono esseri umani che hanno perduto con la morte il loro corpo fisico e devono sottostare a certi cambiamenti purificativi prima di poter entrare nella vita di pace e di felicità che appartiene all’uomo vero, all’anima umana 2. La regione del Kâmaloka rappresenta ed include le condizioni attribuite ai diversi stati intermedi, inferni o purgatori, che tutte le grandi religioni considerano come dimora temporanea dell’uomo dopo l’abbandono del corpo fisico e prima del suo arrivo al “Cielo”. Non vi è alcun luogo di tortura eterna, poiché l’inferno a cui credono ancora alcuni fedeli di mente ristretta non è altro che uno spaventoso sogno d’ignoranza, d’odio e di paura; ma include delle condizioni di sofferenza transitoria e purificativa quali effetti delle cause messe in moto dall’uomo durante la sua vita terrena. Tali sofferenze sono naturali ed inevitabili, come lo sono in questo mondo le conseguenze del nostro mal fare, poiché noi viviamo in un mondo retto da leggi, ed ogni seme deve dare il suo frutto. La morte non porta alcun mutamento nella natura morale e mentale dell’uomo, ed il cambiamento di stato col passare da un mondo ad un altro lo spoglia bensì del corpo fisico, ma lo lascia in sostanza qual’era.
La condizione di Kâmaloka si ritrova in ciascuna suddivisione del piano astrale, così che il Kâmaloka ha sette regioni, che chiameremo prima, seconda, terza e via via fino alla settima, salendo dal basso in alto 3. Sappiamo già che nella struttura del corpo astrale entrano a far parte materiali di ogni suddivisione del piano astrale, ed ora aggiungiamo che è uno speciale riordinamento di tali materiali, (riordinamento di cui parleremo fra breve), quello che divide gli abitanti di una regione da quelli di un’altra, mentre gli abitanti di una stessa regione possono comunicare tra loro. Le regioni del Kâmaloka, essendo suddivisioni del piano astrale, differiscono in densità; e la densità della forma esterna dell’entità kâmalochica determina la regione nella quale essa viene a trovarsi. Queste differenze nella materia formano le barriere che chiudono il passaggio da una regione all’altra, e gli abitanti dell’una non possono venire a contatto con gli abitanti dell’altra più di quanto un pesce delle acque profonde del mare non possa mettersi a conversare con un’aquila; l’elemento necessario alla conservazione dell’uno sarebbe elemento di distruzione per l’altra.

Quando il corpo fisico è colpito dalla morte, il corpo eterico portando con sé Pràna ed accompagnato dagli altri princìpi (cioè tutto l’uomo, eccettuato il corpo denso), si ritira dal “tabernacolo di carne”, come assai propriamente viene chiamato il corpo esterno. Tutte le energie vitali si riuniscono nell’interno e vengono raccolte da Prâna; il loro dipartirsi è segnalato dall’insensibilità che pervade gli organi fisici dei sensi. Questi organi sono tuttora intatti, fisicamente completi e pronti ad agire come lo furono sempre, ma il “Reggitore interno”, colui che per mezzo loro vedeva, udiva, sentiva, odorava, gustava, se ne allontana ed essi sono per se stessi semplici aggregati di materia, viventi sì, ma senza facoltà di azione percettiva.
Lentamente il signore del corpo si ritira, avvolto nel doppio eterico grigio-violaceo ed assorto nella contemplazione della propria vita passata, che nell’ora della morte si svolge davanti a lui completa in ogni particolare. In quel quadro egli rivede tutti gli eventi, piccoli e grandi, della sua vita: rivede tutte le ambizioni coi loro successi o insuccessi, i suoi sforzi, i suoi trionfi, le sue sconfitte, i suoi amori, i suoi odi; la tendenza predominante di tutto l’insieme si manifesta chiaramente, il pensiero direttivo della vita si afferma con sicurezza e si imprime profondamente nell’anima, segnando così la regione ove passerà la maggior parte della sua esistenza post mortem. Solenne è l’ora in cui l’uomo si trova faccia a faccia con la propria vita, e dal suo passato ode il presagio del suo futuro! Per un breve momento egli si vede quale realmente è, riconosce lo scopo della vita, comprende che la Legge è forte, giusta, buona: poi il legame magnetico tra il corpo denso ed il corpo eterico si spezza, i due compagni di una vita si disgiungono e, salvo casi eccezionali, l’uomo cade in una pacifica incoscienza.

Quiete e devozione dovrebbero caratterizzare la condotta di tutti coloro che si raccolgono attorno al letto di un morente, affinché un religioso silenzio possa permettergli di continuare ininterrotta la rassegna del suo passato. I pianti clamorosi, gli alti lamenti non fanno che distogliere l’attenzione concentrata dell’anima
comunicandole un’impressione penosa; ed il turbare con l’angoscia di una perdita personale la calma che aiuta e conforta il morente è, al tempo stesso, egoistico e molesto. La religione ha saggiamente ordinato le preghiere per i
moribondi: esse infatti, mentre mantengono la quiete, stimolano le aspirazioni altruistiche dirette ad aiutarli, e queste, come tutti i pensieri d’amore, proteggono e difendono.

Alcune ore dopo la morte (generalmente non più di trentasei, si dice), l’uomo si ritira dal corpo eterico, che abbandonato a sua volta come cadavere insensibile, resta vicino alla sua controparte densa, della quale condivide la sorte. Se il corpo di carne è sotterrato, il doppio eterico aleggia sulla fossa, disintegrandosi lentamente; le spiacevoli sensazioni che molti provano in un cimitero, sono in gran parte dovute alla presenza di cadaveri eterici in decomposizione. Se il corpo viene cremato, il doppio eterico se ne distacca subito, avendo perduto il suo nido, il suo centro fisico di attrazione; questa è una delle molte ragioni per cui la cremazione è preferibile al seppellimento dei cadaveri.

Il ritirarsi dell’uomo dal doppio eterico, è seguito dal ritirarsi di Prâna dal doppio eterico; così Prâna ritorna al grande serbatoio della vita universale, mentre l’uomo stesso, ora pronto a passare in Kâmaloka, subisce un riordinamento del suo corpo astrale che si adatta a sostenere i cambiamenti purificativi necessari alla liberazione dell’Ego 1. Per tutto il periodo della vita terrena i vari tipi di materia astrale si fondono insieme nella composizione del corpo astrale, appunto come avviene per i solidi, i liquidi, i gas e gli eteri in quello fisico. Il suddetto riordinamento dopo la morte consiste nel fatto che questi materiali si separano, secondo la loro rispettiva densità, in una serie di gusci concentrici (dei quali il più sottile sta nel centro e il più denso alla circonferenza), composto ciascuno di materiali presi da una sola suddivisione del piano astrale. Il corpo astrale diventa così una serie di sette strati sovrapposti, o un involucro di sette gusci di materia astrale, dove non senza ragione si può dire che l’uomo è imprigionato, poiché solo col loro disintegrarsi egli acquista la sua libertà.
Ora si potrà comprendere l’immensa importanza della purificazione del corpo astrale durante la vita terrena, perché l’uomo è trattenuto in ciascuna suddivisione del Kâmaloka finché il guscio di materia appartenente a quella suddivisione non si sia tanto disintegrato da permettergli di passare nella regione successiva. Inoltre la misura in cui la sua coscienza avrà lavorato in ciascun genere di materia, determina in quale regione egli si serberà sveglio e cosciente ed in quali altre resterà incosciente, come rapito in sogni rosei, per tutto il periodo di tempo richiesto dal processo di disintegrazione meccanica.

Un uomo spiritualmente avanzato, che abbia così purificato il suo corpo astrale da renderlo costituito solo dei materiali più sottili di ciascuna divisione della materia astrale, non fa che attraversare il Kâmaloka senza indugiarvisi, poiché il suo corpo astrale si disintegra con estrema rapidità ed egli prosegue verso il suo destino, che — qualunque esso sia — è determinato dal grado raggiunto
nell’evoluzione. Un uomo meno sviluppato, ma che sia vissuto puro, sobrio e noncurante delle cose terrene, farà un meno rapido volo attraverso il Kâmaloka, ma vi sognerà in pace, inconscio di ciò che lo circonda, per risvegliarsi soltanto nelle regioni celesti, allorché il suo corpo mentale si sarà liberato uno dopo l’altro dai suoi gusci astrali. Altri meno sviluppati ancora, dopo essere passati per le regioni inferiori, si risveglieranno e diventeranno coscienti nella divisione corrispondente alla loro attività esplicata durante la vita terrena, poiché in quella regione essi saranno scossi dalle
impressioni loro familiari, sebbene ivi le ricevano direttamente dal corpo astrale senza l’aiuto dei sensi fisici. Infine, quelli che si saranno abbandonati alle passioni animali si sveglieranno nella regione adatta per loro, giacché ognuno va proprio “al posto che gli spetta”.

Le condizioni degli uomini cui fu improvvisamente troncata la vita per un incidente, per suicidio, per assassinio o per morte subitanea di qualunque forma, differiscono da quelle di chi muore per mancanza di energie vitali causata da malattia o da vecchiaia. Gli uomini strappati violentemente alla vita, se sono puri e spiritualmente elevati, vengono protetti in modo speciale e dormono felicemente fino al termine naturale della loro esistenza fisica normale; ma in altri casi restano coscienti (spesso per un certo tempo implicati nella scena finale della loro vita ed ignari di aver perduto il corpo fisico), trattenuti nella regione a cui sono legati per mezzo del guscio più esterno del corpo astrale. La loro vita normale in Kâmaloka non comincia finché la tela di quella terrena non sia tutta tessuta, ed intanto sono vivamente coscienti del loro ambiente, sia astrale che fisico. Un uomo condannato alla pena capitale per aver commesso un assassinio, vive (secondo le parole di un Maestro di H. P. Blavatsky) in Kâmaloka in mezzo alle scene del terribile dramma e degli eventi successivi, ripetendo continuamente il suo diabolico atto e ripassando per i terrori del suo arresto e della sua morte. Così un suicida riprodurrà automaticamente, con ostinata persistenza, non solo la serie dei sentimenti di disperazione e di paura che precedettero la propria uccisione, ma anche l’atto e la lotta mortale. Una donna che perì nelle fiamme in preda al più pazzo terrore e facendo i più violenti sforzi per salvarsi, suscitò un turbine tale di passioni che, cinque giorni dopo, continuava a lottare disperatamente, credendosi ancora nel fuoco e selvaggiamente rifiutando ogni tentativo di aiuto; un’altra invece che in una terribile tempesta annegò insieme con la sua creatura e che morì serena e piena d’amore, si addormentò tranquillamente al di là della morte, sognando del marito e dei figli come in una felice visione della vita terrena.

In casi più comuni la morte per accidente è un danno proveniente da qualche grave colpa commessa , poiché il possesso della piena coscienza nelle regioni inferiori del Kâmaloka, le quali sono in stretta relazione con la terra, ha molti inconvenienti e pericoli. In queste condizioni l’uomo è tutto preso dai progetti e dagli interessi che costituivano la sua vita, ed avverte la presenza delle persone e delle cose con essi connesse; un desiderio quasi irresistibile lo spinge a provare di influire su tutto quanto ancora lo attira a causa delle sue passioni e dei suoi sentimenti, ed egli resta così legato alla terra mentre ha perduto tutti i relativi organi fisici. La sua sola speranza di pace sta nel rinunziare risolutamente alla terra e nel fissare la mente su cose più elevate; ma ben pochi, in
proporzione, sono abbastanza, forti per compiere tale sforzo, nonostante l’immancabile aiuto di quei lavoratori del piano astrale il cui dovere è di venire in soccorso di coloro che hanno lasciato questo mondo e di guidarli .

Troppo spesso invece questi sofferenti, impazientiti della loro impotente inazione, cercano il concorso di persone sensitive con le quali possano comunicare, allo scopo di immischiarsi ancora negli affari terreni; e qualche volta ricorrono perfino all’ossessione di medium adatti onde utilizzare così i corpi altrui per i propri scopi, incorrendo in tal modo in gravi responsabilità. Non è senza una ragione occulta che agli ecclesiastici inglesi fu insegnata la preghiera: “Dalla guerra, dall’assassinio e da morte subitanea liberaci, o Signore”.
Possiamo ora studiare ad una ad una le divisioni del Kâmaloka e farci così un’idea delle condizioni che l’uomo si è preparato per questo stato intermedio coi desideri che ha coltivati durante la vita fisica; si ricordi però che la somma di vitalità racchiusa in un dato “guscio” — e per conseguenza l’imprigionamento dell’Uomo in esso — dipende dalla quantità di energia immessa durante la vita terrena
dall’individuo nel genere di materia di cui quel guscio è composto. Se sono state attive le passioni più basse, la materia più rozza sarà fortemente vitalizzata e la sua quantità sarà anche relativamente grande. Questo è il principio regolatore in tutte le regioni del Kâmaloka, così che un uomo può benissimo giudicare da sé, mentre ancora vive fisicamente, quale sarà l’avvenire che egli stesso si prepara per l’immediato oltre tomba.

La prima divisione, o più bassa, è quella che contiene le condizioni descritte in molte Scritture Sacre degli Indù e dei Buddhisti sotto il nome di “inferni” di vario genere. Bisogna aver chiaro in mente che un uomo, passando in uno di questi stati, non si spoglia delle passioni dei desideri bassi che ve lo hanno condotto; le une e gli altri rimangono come parte del suo carattere, latenti nella mente, allo stato germinale, per manifestarsi di nuovo e formare la sua natura passionale quando ritornerà a rinascere sulla terra 1. La sua presenza nella regione inferiore di Kâmaloka è dovuta all’esistenza nel suo corpo kamico di materia appartenente alla stessa regione: e qui è tenuto prigioniero finché la maggior parte di quella materia non si sia dispersa, sino a quando cioè il guscio composto da essa non si sia tanto disintegrato da permettergli di venire a contatto con la regione immediatamente superiore.

L’atmosfera di questo luogo è tetra, pesante e deprimente in grado inconcepibile; pare che da essa emanino tutte le influenze più nemiche del bene, e così è infatti a causa della presenza delle persone le cui cattive passioni le hanno condotte in codesta lugubre regione. Tutti i desideri ed i sentimenti che ci fanno rabbrividire, vi trovano i materiali per la loro espressione; è invero la zona più lurida nella quale si palesano, nella loro ripugnante nudità, tutti gli orrori provvidenzialmente celati alla vista fisica. Tale ripugnanza poi è molto accresciuta dal fatto che nel mondo astrale il carattere si esprime nelle forme e che quindi l’individuo pieno di basse passioni presenta l’aspetto del loro insieme; gli appetiti bestiali danno al corpo astrale forme bestiali; forme ributtanti umano-animali sono la veste appropriata ad anime umane abbrutite.

Nel mondo astrale nessuno può essere ipocrita e coprire pensieri osceni col velo di un’apparente virtù; l’uomo vi appare qual’è in realtà: raggiante di bellezza, se dotato di mente nobile ed elevata; ributtante di bruttezza, se di natura bassa e vile. Si comprenderà dunque facilmente come dei Maestri quale il Buddha — alla cui infallibile visione tutti i mondi erano aperti — descrivessero ciò che si vede in questi inferni con un linguaggio vivido e pieno di terribili immagini, che pur sembra incredibile ai moderni lettori, perché più non si ricorda che le anime, appena sfuggite alla materia pesante e non plastica di questo mondo, si mostrano nelle loro vere sembianze. Se anche sulla terra un degenerato perverso ed imbecillito rivela nel suo aspetto esteriore qualcosa di oltremodo ripulsivo, nel mondo astrale, dove la materia plasticissima si foggia ad ogni impulso dei desideri criminosi, egli vi assumerà i più ripugnanti aspetti ed i più svariati elementi di bruttezza.
Non bisogna infatti dimenticare che la popolazione, se così può esser chiamata, di questa infima regione è composta della feccia
dell’umanità: di assassini, di tipi criminali di ogni genere, di ubriaconi e di abietti libertini. Nessuno vi è conscio del suo ambiente, salvo i rei di delitti brutali o di crudeltà volontaria e persistente, o quelli posseduti da qualche ignobile brama. Le sole persone di una classe meno bassa, che vi si possono trovare e che vi devono rimanere per un certo tempo, sono i suicidi, individui che col togliersi la vita hanno cercato di sfuggire alla punizione terrena dei reati commessi, senza riuscire ad altro che a peggiorare col cambiamento la loro situazione. Non tutti i suicidi però si trovano in questa regione, essendo molte le cause che possono spingere a tale atto, ma solamente quelli che vi ricorsero per evitare le conseguenze dei loro delitti.

Fatta eccezione dell’ambiente tenebroso e dell’espressione ripugnante dei compagni, ognuno è qui il creatore immediato delle proprie miserie. Mutati solo per aver perduto il velo corporeo, gli uomini mostrano qui tutte le loro passioni nella congenita bruttezza e tutta la loro nuda brutalità. Feroci e insaziabili nei loro appetiti, frementi di vendetta e di odio, smaniosi dei godimenti terreni a cui non possono più abbandonarsi per la mancanza degli organi fisici, errano rabbiosi ed avidi per la regione tenebrosa, affollandosi nei sudici locali della terra e nelle case di corruzione, stimolando coloro che vi si trovano ad atti vergognosi e violenti e cercando l’opportunità di ossessionarli e di spingerli ad eccessi ancora peggiori. L’aria morbosa che si sente in vicinanza di tali località è prodotta in parte da questi esseri astrali legati alla terra, saturi di passioni basse e di desideri impuri. I medium, salvo quelli di carattere molto puro ed elevato, sono specialmente soggetti ai loro attacchi, ed i più deboli fra essi, menomati dalla cessione passiva del loro corpo per la temporanea dimora di altre anime disincarnate, vengono invasi e trascinati all’intemperanza o alla pazzia.

Gli assassini giustiziati, furenti di terrore e di odio vendicativo, riproducendo di continuo, come già dicemmo, il dramma del loro delitto e ripetendone mentalmente le terribili conseguenze, si circondano di selvagge forme-pensiero, e attratti verso qualcuno che stia maturando malvagi propositi di vendetta e di violenza, lo istigano a metterli effettivamente in esecuzione. Alle volte se ne vede uno perseguitato continuamente dalla sua vittima e incapace di liberarsi da quella ossessione che, nonostante tutti i suoi sforzi, lo perseguita con una sorda persistenza; la persona uccisa, se non è essa stessa di un tipo molto basso, è immersa nell’incoscienza, ed è appunto questa incoscienza che accresce nuovo orrore alla persecuzione meccanica.

Qui è anche l’inferno del vivisezionista, perché la crudeltà attira nel corpo astrale i più rozzi materiali e le più ripugnanti
combinazioni di materia astrale; egli vive perciò tra la folla delle sue vittime mutilate, che tremano, gemono, urlano e che, vivificate non dalle anime animali, ma dalla vita elementale, fremono di odio per il loro carnefice. Costui con regolarità automatica ripete
continuamente i suoi crudeli esperimenti, conscio di tutto il loro orrore, ma imperiosamente spinto all’azione, per lui ora tormentosa, dall’abitudine contratta sulla terra.

Prima di lasciare questa lugubre regione, è bene insistere ancora sul fatto che abbiamo qui non delle arbitrarie punizioni inflitte dal di fuori, ma delle sofferenze che sono l’inevitabile effetto di cause generate dall’individuo. Col cedere ai bassi istinti durante la vita fisica, l’uomo attira ed intesse nel proprio corpo astrale materiali che vibrano solamente sotto l’impulso di quelli, ed il corpo fabbricato da lui stesso diventa la prigione dell’anima, la quale non può uscirne finché esso non sia completamente disintegrato. Nello stesso modo che un ubriacone è costretto a vivere sulla terra in un corpo fisico ripugnante, così nel mondo astrale egli deve trovarsi in un corpo astrale egualmente ripugnante. Come si semina, così si raccoglie: questa è la legge di tutti i mondi, alla quale non è possibile sottrarsi. Né si può dire che il corpo astrale di un uomo sia nel piano astrale più ributtante ed orribile di quello che fosse mentre egli viveva ancora sulla terra, dove ammorbava l’atmosfera con le sue emanazioni astrali. Ma sulla terra l’umanità non ne riconosce in generale la bruttezza, essendo astralmente cieca.

Considerando le sofferenze di questi nostri infelici fratelli, noi possiamo tuttavia rallegrarci al pensiero che esse non sono che temporanee e che danno una lezione assai utile alla vita dell’anima. Con la tremenda pressione delle leggi della natura che hanno violato essi imparano a conoscere l’esistenza di quelle ed i dolori che derivano dall’ignorarle nella vita e nella condotta. La lezione che non vollero imparare mentre erano sulla terra, travolti dal torrente delle voglie e dei desideri, viene loro imposta qui, e lo sarà nelle vite successive, finché i mali non siano sradicati e l’uomo non sia diventato migliore. Le lezioni della Natura sono dure, ma nel lungo cammino misericordiose, perché esse assicurano la nostra evoluzione e guidano l’anima alla conquista dell’immortalità.
Passiamo ad una regione meno cupa. La seconda divisione del mondo astrale potrebbe dirsi il duplicato astrale del mondo fisico, perché i corpi astrali di tutte le cose e di molte persone sono in gran parte composti di materia appartenente a questa divisione; perciò essa è più delle altre in stretto rapporto col nostro mondo. La grande
maggioranza degli uomini soggiorna qui un certo tempo, e per lo più vi è coscientemente sveglia. A questi ultimi appartengono coloro che sulla terra fondano i loro interessi su cose meschine e triviali, e che riempiono il cuore di futilità, come pure coloro che si lasciano governare dalla loro natura inferiore e muoiono con appetiti ancora vivi, desiderosi di godimenti terreni. Avendo dato a gran parte della loro vita un simile indirizzo, costruendo così i loro corpi astrali quasi totalmente di materia adatta solo a rispondere agli impulsi materiali, essi sono tenuti da questi corpi in vicinanza delle loro attrazioni fisiche. Ordinariamente sono malcontenti, insoddisfatti, irrequieti e più o meno sofferenti, secondo la forza degli appetiti che non possono appagare; ve ne ha persino di quelli che risentono un dolore positivo a cagione di ciò, e che restano a lungo in questa seconda regione prima che le loro aspirazioni terrene siano esaurite.

Molti vi prolungano senza necessità la loro permanenza per cercare di avere comunicazione coi viventi, nei cui interessi sono immischiati, per mezzo dei medium, dai quali si fanno cedere temporaneamente il corpo fisico in mancanza del proprio. Da essi provengono in massima parte le ciarle ben note a chiunque abbia pratica di pubbliche sedute spiritiche, i pettegolezzi e la trita morale di nessun valore. Siccome queste anime legate alla terra sono generalmente di scarsa
intelligenza, le loro comunicazioni (per quelli già convinti dell’esistenza dell’anima dopo morte) non hanno maggior valore dei loro discorsi sulla terra e, appunto come sulla terra, esse sono affermative in proporzione della loro ignoranza, rappresentando tutto il mondo astrale secondo la ristrettissima parte che conoscono. Anche lì, come quaggiù, esse pensano che le

“Rustiche ciance del natio villaggio
Siano dell’universo il mormorio”.

È da questa regione che le persone morte con qualche preoccupazione cercano di comunicare con gli amici per sistemare le faccende terrene che le tormentano; e se non riescono a mostrarsi o a far comprendere i propri desideri a qualche amico per mezzo di sogni, spesso arrecano non poche noie con colpi e con altri rumori, intesi ad attirare direttamente l’attenzione, ovvero prodotti inconsciamente dai loro sforzi irrequieti. In questi casi una persona competente adempie a un dovere di carità mettendosi in comunicazione con l’essere sofferente, per conoscerne i desideri e liberarlo così dall’ansietà che ne impedisce il progresso.

Le anime che si trovano in questa regione possono pure con molta facilità essere richiamate alla terra, anche se non lo farebbero spontaneamente: e questo cattivo servizio è loro reso troppo spesso dai pianti appassionati degli amici e dei parenti lasciati quaggiù, che ne invocano l’amata presenza. Le forme-pensiero create da questi desideri s’affollano intorno a quelle anime, le urtano e spesso, se dormono pacificamente, le risvegliano, oppure se sono già coscienti attirano con violenza i loro pensieri alla terra. Specialmente nel primo caso avviene che questo sciocco egoismo da parte degli amici rimasti sulla terra produca ai loro cari del danno che essi stessi sarebbero i primi a lamentare; e può darsi che la cognizione dell’inutile sofferenza cagionata così ai defunti riesca a ribadire in alcuni tutta la serietà della forza contenuta nei precetti religiosi, che ingiungono di sottomettersi alla legge divina e di frenare il dolore eccessivo e ribelle.

La terza e la quarta regione del Kâmaloka differiscono ben poco dalla seconda, tanto che potrebbero essere considerate quasi come
riproduzioni più eteree di essa: la quarta naturalmente è più raffinata della terza, ma le caratteristiche generali delle due suddivisioni sono molto simili tra loro. Nella terza e quarta regione si trovano delle anime di un ordine alquanto più progredito, che — sebbene vi siano trattenute dall’involucro che l’attività dei loro interessi terreni ha costruito — hanno però la loro attenzione diretta di preferenza verso l’alto, e se non sono richiamate a forza verso le cose della vita terrena passano oltre senza molto indugio. Pure sono ancora suscettibili agli stimoli fisici, ed il loro interesse per le cose terrene che va sempre più affievolendosi, può essere nuovamente ridestato dai pianti di quaggiù. In queste regioni sono coscienti in gran numero le persone colte e riflessive, che durante la vita fisica si occuparono principalmente di affari mondani: esse possono essere indotte a comunicare per mezzo di medium, e qualche rara volta cercano esse stesse un tal mezzo di comunicazione. Le loro affermazioni sono naturalmente di un tipo più elevato di quelle che ci vengono dalla seconda regione, ma non contengono nessuna caratteristica speciale che le renda di maggior valore di quelle dello stesso genere fatte dalle persone ancora fisicamente viventi. L’illuminazione spirituale non viene dal Kamaloca.

La quinta suddivisione del K~maloca presenta molte caratteristiche nuove. Ha una spiccata apparenza luminosa e raggiante, che esercita una grandissima attrattiva su coloro che sono abituati solo alle tinte appannate della terra e codesta apparenza giustifica l’epiteto di astrale, o stellare, dato a tutto il piano. È questo il posto di tutti i cieli materiali che hanno tanta parte nelle religioni popolari di tutto il mondo: le cacce celesti dei Pelli Rosse, il Valhalla degli Scandinavi, il paradiso popolato di Uri dei Maomettani, la Nuova Gerusalemme dalle porte dorate e tempestate di pietre preziose dei Cristiani, il cielo sovrabbondante di scuole dei riformatori materialisti, tutti hanno qui la loro sede. Uomini e donne che si attennero con disperata ostinazione alla “lettera che uccide”, vi godono il letterale esaudimento delle loro aspirazioni, costruendo inconsciamente nella materia astrale coi poteri dell’immaginazione, nutriti dalla scorza sterile delle Sacre Scritture del Mondo, i castelli in aria di cui sognarono. Le più disparate credenze religiose vi sono temporaneamente e confusamente appagate, ed i seguaci della lettera di ogni religione che si occuparono egoisticamente solo della propria salvezza nel più materialistico dei cieli, vi trovano una dimora adatta piena di godimenti per essi, circondati dalle condizioni che vagheggiarono.
I faccendoni religiosi e filantropi, che pensarono più a soddisfare i loro capricci e a far prevalere i loro metodi che a lavorare altruisticamente per il trionfo della virtù e della felicità umana, si mettono qui in evidenza dirigendo, a loro grande soddisfazione, riformatorii, asili e scuole, deliziandosi immensamente quando riescono a mettere un dito astrale in un intrigo terreno con l’aiuto di un medium adatto che proteggono con alta condiscendenza. Fabbricano chiese, scuole e case astrali, riproducendo i cieli materialistici a cui aspirarono; e si sentono ben soddisfatti del loro lavoro, nonostante che ad una vista più acuta questi edifici appaiono imperfetti e pateticamente grotteschi.

Persone di una stessa religione si riuniscono e cooperano in maniere diverse, così da formare delle comunità che differiscono tra loro come differiscono simili corporazioni sulla terra. Quando si sentono attratte verso la terra, cercano per lo più uomini della stessa fede e dello stesso paese, sopratutto per la naturale affinità che hanno con essi, ma anche perché le barriere del linguaggio esistono ancora in K~maloca, come si può dedurre dai messaggi che si ricevono nei circoli spiritici. Vi sono anime che da questa regione favoriscono spesso e con vivo interesse i tentativi di stabilire una comunicazione tra questo mondo e quello seguente, e gli “spiriti guide” dei medium comuni ci vengono per la maggior parte da essa e dalla regione immediatamente superiore. In generale tali anime sanno che vi sono molte possibilità di vita più alta innanzi a loro, e che presto o tardi passeranno in mondi dai quali una comunicazione con questa terra non sarà più possibile.

La sesta regione del Kâmaloka somiglia alla quinta, ma è molto più raffinata, ed è in gran parte abitata da anime più avanzate, che si vanno spogliando a poco a poco dell’abito astrale nel quale molta parte delle loro energie mentali lavorò quando erano sulla terra. Il loro soggiorno in questo luogo è dovuto alla larga parte che ebbe l’egoismo nella loro vita intellettuale ed artistica, e alla prostituzione dei loro talenti al soddisfacimento della natura del desiderio in un modo delicato e raffinato. L’ambiente che le circonda è dei più felici del K~maloca, poiché il loro pensiero creatore plasma la materia luminosa del piano astrale in paesaggi splendidi ed oceani scintillanti, in montagne nevose, in fertili piani e in scene di una bellezza così fantastica, da oltrepassare di gran lunga anche le più squisite che la natura fisica ci possa offrire. Vi hanno dimora anche quei credenti religiosi di vedute alquanto più larghe di quelli della divisione immediatamente inferiore e dotati di una nozione più chiara delle proprie limitazioni. Essi aspirano più chiaramente ad uscire dalla loro presente sfera e ad innalzarsi a un livello più alto.

La settima e più alta suddivisione di K~maloca è abitata quasi interamente da persone intellettuali, che sulla terra furono o di idee spiccatamente materialiste, o così tenacemente legate ai metodi per mezzo dei quali la mente inferiore acquista le cognizioni nel corpo fisico, che continuano le loro investigazioni nella stessa maniera, sebbene con facoltà più ampie. A questo proposito si ricordi l’avversione provata da Carlo Lamb all’idea che in cielo si debbano acquisire le cognizioni piuttosto “per mezzo di un goffo processo di intuizione”, che per mezzo dei suoi amati libri. Molti studiosi vivono per lunghi anni, e qualche volta anche per

61
secoli, secondo H. P. Blavatsky, letteralmente racchiusi in una libreria astrale, imparando avidamente a memoria tutti i libri che trattano del loro soggetto favorito e pienamente felici della loro sorte. Altri che hanno seguito con acume una data linea di
investigazione intellettuale e che sono morti con la sete d’imparare, continuano a studiare la loro materia con zelo infaticabile, inceppati dal loro stesso attaccamento ai metodi fisici di ricerca.
Spesso tali uomini sono tuttavia scettici per ciò che riguarda le più alte possibilità che hanno innanzi a sé, e rifuggono dal pensiero di ciò che è praticamente una seconda morte, ossia l’immergersi nell’incoscienza, prima che l’anima nasca alla vita più elevata del cielo. Uomini politici, statisti, scienziati, dimorano per un certo tempo in questa regione, liberandosi lentamente dal corpo astrale, ma trattenuti ancora alla vita inferiore dal loro acuto e vivo interesse per quei movimenti nei quali avevano preso una così grande parte, e dallo sforzo di eseguire astralmente alcuni di quei progetti che lasciarono incompiuti quando li colse la morte.

Più o meno presto giunge per tutti, salvo per quella piccola minoranza che durante la vita terrena non ebbe mai neppure un sentimento di amore altruistico, di aspirazione intellettuale, o di riconoscimento di qualche cosa o di qualcuno superiore a sé, il momento in cui i legami del corpo astrale finalmente si spezzano e l’anima cade in un breve stato di incoscienza del proprio ambiente (simile quello che segue alla morte del corpo fisico) per essere risvegliata da una sensazione di felicità intensa, immensa, inconcepibile, non mai sognata: la felicità del mondo celeste, di quel mondo a cui per sua natura l’anima appartiene. Basse e vili possono essere state molte sue passioni, triviali e sordidi molti suoi appetiti, ma essa ebbe pure qualche barlume di una natura superiore, qualche luce di una regione più pura la colpì di quando in quando, e questi semi devono ora essere maturati in una messe, scarsa sì, ma sempre immancabile. E così l’uomo passa a raccogliere questa messe celeste, a cibarsi dei suoi frutti e ad assimilarli.
Il cadavere astrale, come qualche volta è chiamato, o il “guscio” già abitato dall’entità, è costituito dai frammenti dei sette involucri concentrici sopra descritti, tenuti insieme dai residui di magnetismo dell’anima stessa. Ciascun involucro è successivamente disintegrato, finché ne rimangono solo dei frammenti sparsi, i quali per attrazione magnetica si attaccano agli involucri rimasti; e quando a uno a uno questi pure si sono ridotti al medesimo stato e anche il settimo o più interno si disintegra, l’uomo stesso se ne esce, lasciandosi dietro questi avanzi. Il guscio vaga allora per K~maloca, ripetendo automaticamente e debolmente le sue vibrazioni abituali, e man mano che il magnetismo residuo si disperde, cade in uno stato di
decomposizione sempre maggiore, finché si disintegra del tutto, restituendo i suoi materiali alla massa generale di materia astrale, precisamente come fa il corpo fisico.

62
Questo guscio vaga ovunque le correnti astrali lo portano e, se non è ancora troppo decomposto, può essere vivificato dal magnetismo di anime tuttora incarnate sulla terra, riacquistando così qualche attività. Codesto cadavere astrale assorbe il magnetismo come una spugna assorbe l’acqua, e prende allora un’apparenza illusoria di vitalità, rinvigorendo alcune vibrazioni che erano abituali in lui e che vengono spesso risvegliate dallo stimolo di pensieri comuni all’anima che l’abitava ed ai suoi amici e parenti ancora vivi. Un guscio astrale così vitalizzato può rappresentare abbastanza bene la parte di un’intelligenza che si manifesta attraverso un medium, sebbene sia possibile riconoscerne il vero valore (quand’anche non si possegga la visione astrale) dalle ripetizioni automatiche di pensieri familiari, ed alla totale assenza di originalità e di qualsiasi traccia di cognizioni acquisite dopo la morte fisica.

Come il progresso delle anime può essere ritardato dall’opera di amici ignoranti e sconsiderati, così può essere aiutato per mezzo di sforzi sapienti e ben diretti. È per questo che tutte le religioni che conservano qualche traccia della sapienza occulta dei loro Fondatori ingiungono l’uso delle “preghiere per i morti”. Queste preghiere, con le cerimonie che le accompagnano, riescono più o meno utili secondo la cognizione, l’amore e la forza di volontà che le animano; esse riposano su quella verità universale della vibrazione, mediante la quale l’universo è costruito, modificato e mantenuto. Il suono della voce dà origine a vibrazioni che dispongono la materia astrale in forme definite, animate dai pensieri racchiusi nelle parole. Codeste forme, dirette all’entità che si trova in K~maloca, colpiscono il corpo astrale e ne affrettano la disintegrazione.

Col decadere delle conoscenze occulte queste cerimonie divennero sempre meno efficaci, finché il loro valore svanì quasi del tutto. Tuttavia esse sono ancora talvolta compiute da chi sa, e allora riacquistano il loro valore. Inoltre tutti possono aiutare i loro cari defunti dirigendo loro pensieri di amore e di pace, facendo voti per il loro rapido progresso attraverso il mondo di K~maloca e per la loro liberazione dai ceppi astrali; e nessuno dovrebbe lasciare i propri “morti” senza la scorta amorosa di forme-pensiero, che come angeli custodi li guidino verso la felicità.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *