Religioni e filosofie nell’estremo Oriente

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Religioni e filosofie nell’estremo Oriente

di Leonella Cardarelli

“L’Asia è come un grande contenitore in cui noi inseriamo tutto ciò che è diverso da noi” disse a
lezione il mio docente di storia dell’Asia. Per noi l’Asia è diversità, non solo somatica (rispetto
a noi) ma soprattutto culturale. Le loro concezioni filosofiche e religiose potrebbero essere per
noi un completamento e si fondano su un rapporto olistico dell’universo in cui uomo e cosmo fanno
parte di un unico essere. Ad esempio per gli orientali la medicina non è rivolta solo al corpo ma a
tutto l’essere: in Cina non si può parlare di medicina senza parlare di filosofia.

Esaminiamo ora le varie correnti religiose e filosofiche dell’estremo oriente.

CINA

In Cina, oggi, abbiamo 240 milioni di buddisti e 240 milioni di taoisti; 40 milioni di cristiani e
20 milioni di musulmani. Il taoismo in realtà non è proprio una religione ma è più una filosofia. A
dire il vero in tutto l’Oriente bisognerebbe parlare più di filosofie che di sistemi religiosi
poiché la religione come la intendiamo noi non trova un suo preciso corrispettivo nell’Oriente
stesso. Un tempo in Cina c’erano solo il confucianesimo, che via via ha perso importanza, e il
taoismo.
Esaminiamo meglio queste correnti.

Confucianesimo

Si sostiene che i cinesi siano “geneticamente confuciani” e che siano confuciani in pubblico e
taoisti nel privato.
Il confucianesimo è una filosofia morale, non una religione. Fu fondato da Confucio (vero nome Kong
Fuzi) nato nel 551 a.C. Il confucianesimo si è sviluppato in Cina nel periodo degli stati
combattenti (476-221 a.C.). Confucio è stato il primo maestro cinese. Nacque nel principato di Lu
(odierno Shandong). Ricevette un’educazione nobiliare e si occupò della revisione di antichi testi.
Fu colui che disse: “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te.”

L’obiettivo di Confucio era far rivivere il passato, recuperando le antiche istituzioni e gli
antichi valori. In questo modo, secondo lui, si poteva arrivare ad un’armonia universale, cioè a ciò
che i taoisti chiamano Tao. Per i confuciani il Tao è l’obiettivo; per i taoisti è il punto di
partenza. Confucio, quindi, non si è presentato come il fondatore di una corrente di pensiero bensì
come un mediatore tra gli antichi e il popolo cinese.

Per Confucio l’uomo è essenzialmente buono e per far sviluppare appieno questa bontà esso va educato
con il buon esempio (il buon esempio per Confucio era quello degli antichi). Da ciò si evince anche
il motivo per cui i cinesi sono così abili nel copiare ed abbiano poco sviluppato la loro
originalità: perché il confucianesimo li portava a copiare i modelli del passato.

Il confucianesimo si basa quindi sul rispetto della famiglia e dei superiori e sull’insegnamento a
coloro che gerarchicamente sono “inferiori” a noi. Così Confucio dichiarò che esistono cinque tipi
di relazioni: padre-figlio, re-suddito, marito-moglie, fratello maggiore-fratello minore,
amico-amica. Di queste relazioni solo l’ultima è paritaria, tutte le altre sono gerarchiche.
Il confucianesimo non si è mai interessato molto all’individuo in sé e per sé: per questa filosofia
infatti l’individuo ha importanza solo perché fa parte di una società, cioè è la società che conta.

Il confucianesimo ha perso molta della sua importanza ma i cinesi restano comunque confuciani.

Taoismo

Il taoismo è la più antica religione propriamente cinese e si originò dallo sciamanesimo. Non è
considerata una religione in senso stretto in quanto non c’è un dio da adorare e non vi è alcuna
subalternità. La parola TAO significa via, cammino ideale e questo cammino è dato dall’equilibrio di
due energie opposte: yin e yang. Lo yin è l’energia femminile, lo yang quella maschile. Da questa
distinzione ne partono altre:

YIN (energia femminile)
Luna
Passività (nel senso di ricezione, con cui si intende anche la ricezione in ambito sessuale)
Polarità negativa

YANG (energia maschile)
Sole
Attività
Polarità positiva

Se c’è eccesso di yin o di yang si crea un danno, ad esempio troppo Sole (quindi troppo yang) porta
a una siccità.

I cinesi ricercano ovunque l’equilibrio tra yin e yang, ad esempio anche in cucina loro dividono i
cibi in yin e yang, li cuociono con metodi yin o yang ed iniziano i pasti con cibi yang terminandoli
con cibi yin. Anche la bellezza artistica è data dall’equilibrio tra yin e yang.
Questa complementarietà è per i cinesi la legge stessa della natura. Per i taoisti non c’è nulla di
veramente assoluto, tutto è collegato, tutto è uno, tutto è interdipendente. Perciò i cinesi non
hanno mai sviluppato una religione monoteistica come quella occidentale e per loro il cristianesimo
era difficile da concepire. Questa loro non comprensione del messaggio cristiano è data anche dal
fatto che i cinesi hanno una visione CICLICA della storia (mentre nel cristianesimo c’è un inizio e
una fine) I taoisti osservano i fenomeni della natura e sono molto vicino al buddismo infatti queste
due religioni non si sono mai combattute. Come per i cristiani “Dio è Dio”, per i cinesi “Il Tao è
il Tao”.

Il taoismo ha un testo sacro scritto da Lao Tze: il Tao Te Ching (che significa libro della via e
della virtù). E’ un libro di aforismi e prescrive dei comportamenti da seguire. I principi del
taoismo, secondo Lao Tze erano i seguenti:

1)agire e non agire
2)essere e non essere
3)non interferire in nulla

Questi tre precetti si riassumono in un’unica formula: non deviare il corso naturale della natura.
Ad esempio secondo il taoismo le costruzioni artificiali danneggiano la natura e il corso naturale
di essa. Il taoismo propone un ritorno alla natura e una via in totale armonia con essa.

Buddismo

Il buddismo ha origini indiane ed è entrato in Cina nel I millennio d.C. Il suo fondatore è
Siddharta Guatama, meglio conosciuto come Buddha, termine che significa “risvegliato”. Si dice che
Buddha e Lao Tze si siano incontrati. Esistono due tipi di buddismo: il Grande Veicolo (Mahayana) ed
il Piccolo veicolo (Hinayana o Theravada, la via degli anziani). Quest’ultimo è praticato nello Sri
Lanka, in Birmania, Thailandia, Cambogia, Nepal (India Settentrionale, ove ebbe origine), Tibet,
Cina, Giappone, Mongolia. Il Theravada è più rigoroso, è una via per monaci e non per persone
laiche. Tali monaci vivono in povertà, in meditazione. Il Mahayana, al contrario, ritiene che sia
invece essenziale vivere nel mondo (nel “qui e ora”).

Per presentare il buddismo occorre riallacciarsi alla visione induista del mondo. L’induismo vede
l’intera manifestazione cosmica come espressione di un piano divino, in cui l’anima individuale è
per così dire intrappolata. Ogni essere umano è dunque la divinità che si trastulla in quel gioco,
inserito nella ruota delle reincaranazioni (kala chakra). Il Buddha (il risvegliato) è colui che
riesce a liberarsi dalle catene del divenire, ossia dalla ruota delle reincarnazioni.

Liberarsi dalla catena delle reincarnazioni non è semplice perché ogni nostro pensiero negativo o
azione negativa (anche involontaria) crea nuovo karma (il karma è il debito che dobbiamo “scontare”
nella vita successiva). Tuttavia i buddisti ritengono che tramite una costante meditazione si può
giungere al nirvana, ossia alla liberazione, all’illuminazione.

I buddisti hanno basato la loro dottrina sull’ottuplice sentiero, cioè otto precetti da seguire che
formano la “retta via” Questi principi sono: retta vita, retta consapevolezza, retto pensiero, retto
sforzo, retta parola, retta azione, retta meditazione. Il buddismo è induismo puro, sfrondato di
concetti e rituali obsoleti. La sostanziale differenza con l’induismo è che il buddismo non ha un
concetto preciso di Dio poiché è unicamente interessato all’esperienza e l’esperienza sola può
portare a cogliere la coesione e la connessione dell’intero esistente. Una religione in sé non è
necessaria, può anzi essere di impedimento al fine di raggiungere la meta.
Molti autori hanno inteso l’idea buddista del nirvana come annientamento. Ma le cose sono davvero
poste in questi termini? Sembra invece che la dottrina del Buddha sia stata fortemente fraintesa dai
suoi seguaci, in particolare da Nagasena, il quale mise in evidenza la concezione del nirvana inteso
come estinzione.

Fondamenti della medicina tradizionale cinese

La medicina tradizionale cinese (MTC) non è una filosofia ma si fonda su una concezione olistica:
l’uomo è tutt’uno con il cosmo, non ne è separato. L’uomo è tutt’uno con il suo corpo.
Questa concezione si rifà al taoismo, secondo il quale tutto è uno e l’unità dipende dall’equilibrio
tra yin e yang. Ad esempio per indicare la morte imminente di una persona si dice che l’yin e lo
yang si stanno separando. Un disturbo fisico deriva -ed è collegato- da un problema interiore perciò
bisogna guarire l’uno e l’altro. Questa concezione è tipica anche della cultura indiana e delle
discipline orientali in generale in cui non c’è una separazione tra corpo e personalità, infatti la
medicina cinese è stata influenzata dal buddismo. La fitoterapia invece era praticata in Cina già
dal 2000 a.C.! In Cina fino al 221 a.C. medico e sciamano corrispondevano alla stessa persona, poi
le due figure si sono separate.

Secondo i cinesi la nostra energia vitale (detta ch’i) scorre in particolari punti del corpo, i
meridiani. Questi meridiani, per fare una diagnosi, vengono stimolati con l’agopuntura. Anche il
massaggio è molto praticato come strumento di diagnosi, ma questi non sono che i metodi più noti.
L’agopuntura è nata in Cina verso il 1100-1200 ed è tuttora fortemente considerata anche in Europa.
Sempre nell’anno 1000 vi era già, in Cina, un elenco di medicine periodicamente revisionato e
pubblicato in un apposito ufficio centrale. Secondo la medicina tradizionale cinese gli organi
fondamentali del corpo sono cinque: cuore, fegato, milza, polmoni e reni. Questi organi sono
collegati ai cinque elementi: legno, fuoco, terra, metallo, acqua e ai sette orifizi: occhi,
orecchie, narici, bocca.
I cinesi tendono a prevenire le malattie attraverso la cura dell’alimentazione. E anche il loro modo
di cuocere e bollire gli alimenti (che talvolta noi riteniamo “strano”) è volto al mantenimento di
una buona salute.

GIAPPONE

Shintoismo

Lo shintoismo è una religione poco studiata ma molto affascinante.

Il nome di questa religione proviene dal termine shinto che significa ‘via degli esseri di luce’,
‘via degli dei’. Questi esseri di luce sono chiamati kami. I kami possono esseri locali se sono gli
spiriti di un luogo specifico oppure possono rappresentare degli specifici aspetti dell’universo, ad
esempio il Sole. I kami sono tantissimi poiché tantissime sono le manifestazioni della natura. Lo
shintoismo ha avuto questo nome solo allorché fu necessario distinguerlo dal buddismo. Bisogna
sottolineare che il buddismo fu di grande aiuto alla consolidazione dello shintoismo. Lo shintoismo
può essere considerato una forma organizzata di animismo oppure, avendo una mitologia specifica, può
essere considerato altresì una religione politeista con basi sciamaniche. E’ comunque una religione
ciclica e cosmica che vede tutto il creato come una manifestazione del divino, quindi è un sistema
molto più complesso di come potrebbe apparire ad una prima lettura.

Più che sulla vita dopo la morte (su cui si concentra molto il buddismo) lo shintoismo si preoccupa
della vita in questo mondo.
Anche nello shintoismo, così come nel taoismo, non c’è una gerarchia da rispettare, non c’è un kami
superiore agli altri. Non a caso la parola shinto è di origine cinese e queste due culture hanno
avuto contatti fra loro. Mentre il taoismo si basa sull’equilibrio tra yin e yang, lo shintoismo si
basa su tre elementi: in, yo e yuan. I primi due sono i corrispettivi dello yin e dello yang cinesi,
il terzo è la forza che si scatena dall’incontro di questi due elementi, cioè la manifestazione
dell’energia cosmica. L’insieme di questi tre elementi viene raffigurato con un simbolo chiamato
Tomoe.

Fino alla seconda guerra mondiale lo Shintoismo è stato la religione di stato del Giappone. Oggi ci
sono cinque forme di culto dello shintoismo:
1)Shintoismo imperiale
2)Shintoismo templare
3)Shintoismo settario
4)Shintoismo popolare
5)Shintoismo di stato

Nonostante le differenze, l’obiettivo è sempre il medesimo (raggiungere la verità), cambiano solo
alcune forme di culto. Ad esempio nello shintoismo popolare sono incluse pratiche di divinazione,
esorcismo e guarigioni sciamaniche; lo shintoismo templare è invece molto organizzato e rappresenta
il perno di tutte le attività religiose.
Lo shintoismo è una religione organizzata, con templi, riti di purificazione, sacerdoti e seminari.
I sacerdoti possono sposarsi e condurre una vita familiare al di fuori di quella religiosa. Si
diventa sacerdoti dopo aver seguito un sistema di seminari.
Il precetto fondante dello shintoismo è vivere una vita semplice e in armonia con la natura e le
persone. Lo shintoismo consiglia di condurre una vita serena in famiglia poiché quest’ultima
rappresenta il principale nucleo vitale di ognuno di noi. Consiglia altresì di rispettare e venerare
la natura. Lo shintoismo si basa molto anche sulla pulizia, sia personale che dei luoghi
(soprattutto dei templi) per favorire la massima purificazione e richiede di festeggiare le
divinità: le feste per le divinità sono molte e comprendono banchetti e processioni.

Gli shintoisti sostengono che l’uccisione di un essere vivente è un atto impuro e deve essere
praticata solo se strettamente necessario. La non purezza non è considerata peccaminosa in sé e per
sé ma andrebbe semplicemente evitata. Un aspetto importante su cui insistono gli shintoisti è il
concetto di gratitudine verso tutto ciò che di bello riceviamo dalla vita. Si fanno quindi varie
offerte agli dei, per chieder loro favori e benedizioni, o anche solo per ringraziare. Si offrono
origami oppure ema, cioè rappresentazioni di un cavallo o di altri elementi; il cavallo è il più
diffuso.

INDIA

Oggi l’India ci appare come una sorta di museo storico… tutte le ere dell’umanità sembrano
coesistere in un unico eterno presente. Questo fenomeno così eccezionale è sicuramente il risultato
di una lunga tradizione di tolleranza nei confronti dei diversi sentieri che ogni uomo si trova a
percorrere: sentieri diversi, variabili, difficili da standardizzare.

Induismo

Poste queste premesse è facile arguire che l’induismo non è solo una religione, quanto uno stile di
vita che si basa sul rispetto assoluto della vita stessa.
Il nucleo dell’induismo è la dottrina mistica secondo la quale la realtà è unità ed armonia, la
diversità è solo frutto del piano divino (a cui abbiamo già accennato nel buddismo).

L’immane patrimonio culturale dell’India è stato ed è veicolato dalla letteratura vedica. I quattro
Veda (Rig Veda- Sama Veda- Yajur Veda- Atharva Veda), cioè i testi sacri indiani, sono ritenuti
fonte di ogni ispirazione fisica e metafisica. Il termine veda deriva dal sanscrito vid che
significa vedere, conoscere, e sta ad indicare una conoscenza acquisita tramite intuizione.
L’induismo comunque produce effetti anche nella vita quotidiana, elevando il livello di
consapevolezza e migliorando l’esistenza sul piano pratico. Gli scritti sacri dell’induismo
riempiono antiche biblioteche ma il Rig-veda, le Upanishad, la Baghavad-Gita costituiscono i testi
fondamentali. Tali scritture non riportano una dottrina statica, sempre uguale a se stessa o
dogmatica, ma un sapere estremamente fluido, vivo, dinamico, continuamente rinnovato (non nel senso
di “cambiato” ma adattato all’uomo, alle esigenze di un dato periodo storico, di un popolo o di una
generazione in particolare). Una prima rapida lettura potrebbe senz’altro connotare la religione
induista come politeista. Tale concetto è superficiale, essendo l’India portatrice di un pensiero
religioso monoteista di tipo polimorfo poiché le diverse divinità non sono altro che aspetti,
manifestazioni, princìpi, dunque espressioni del Divino e non mere personificazioni di fenomeni
naturali, come affermato da studiosi eurocentrici.

Il fondamento dell’ induismo è il Brahman, l’unica realtà, mentre l’essenza di ogni persona è
l’atman. L’atman è manifestazione del Brahman. Alla domanda di cosa fosse l’induismo, così rispose
Gandhi: “Il valore principale dell’induismo sta nell’effettiva convinzione che tutta la vita (non
solo gli esseri umani ma ogni creatura sensibile) sia una sola, ossia che tutta la vita derivi da
un’unica sorgente universale, comunque la si chiami”.

Scopo dell’uomo, senso della vita, è conoscere l’atman dentro di sé, in quanto ciò equivale a
conoscere Brahman. Ma per raggiungere questo scopo l’uomo deve liberarsi dalle catene dell’ego.
Potrà così immergersi nella totalità di cui fa parte.
Dai Veda hanno attinto pensatori occidentali quali Schopenauer, Hegel, Nietzsche, Emerson, Jung. La
stessa filosofia greca sembra simile alla filosofia vedica. Alcuni autorevoli studiosi sono giunti
alla conclusione che la filosofia platonica è sostanzialmente affine alle correnti principali della
filosofia extra-europea, in particolare al Vedanta Advaita di Shankara. Nella filosofia occidentale
si registra spesso una posizione di chiusura e di esclusivismo tant’è che Hegel affermò che in
oriente non si può incontrare alcuna conoscenza filosofica ma poi lui stesso prese in prestito uno
dei concetti fondamentali della filosofia indiana, quello di Mente universale (Mahat).

Occorre comunque evidenziare che il contenuto dei Veda, pur se perfettamente conservato, si è
comunque svuotato di significato a causa della nostra sostanziale incapacità di comprenderli e in
seguito alle diverse mistificazioni operate fin dai primi dell’Ottocento in ambito colonialistico e
fortemente eurocentrico. Qui si pone, infatti, il problema dell’interpretazione. Non è facile
decodificare la lingua di una cultura lontana. Esistono differenze abissali fra la visio mundi di un
orientale e quella di un occidentale. Accade che alcune parole non trovino il termine nella nostra
lingua solo perché non abbiamo il corrispettivo concettuale, manca cioè una corrispondenza
culturale. In breve, le categorie di pensiero non possono essere tradotte nella lingua di una
cultura che non le possiede.

Giainismo

Il termine giaina significa vittorioso ed indica colui che ha riportato vittoria sugli attaccamenti,
sulle avversioni, sull’egoismo, sul materialismo, sulle passioni. Attualmente il giainismo conta
circa dieci milioni di aderenti: laici, monaci e asceti in India e negli Stati Uniti d’America;
gruppi di giaina iniziano a esistere anche in Inghilterra e Nord Europa. L’origine del giainismo si
perde nella notte dei tempi ma solitamente la dottrina viene fatta risalire a Mahavira, al quale si
riconosce personalità storica (600 a.C). Mahavira era contemporaneo di Siddhartha Gautama, il
Buddha. Il giainismo è una dottrina spirituale ateista, essa rifiuta l’idea di un creatore da cui
ogni cosa ha avuto origine. Ognuno può aspirare alla deità, alla liberazione, grazie al proprio
intento, al proprio sforzo personale. Nel giainismo, come nel Buddismo, non esistono sacerdoti,
gerarchie, ognuno è responsabile di ciò che fa. Il giainismo si basa sulla regola della non
violenza, ahimsa, cioè il rispetto verso tutte le forme di vita, siano esse umane, animali o
vegetali; esse contengono un’anima che aspira a liberarsi dai vincoli della materia. I giaina sono
quindi vegetariani, pacifici, altruisti, tolleranti. Il rispetto attivo per gli animali è di
fondamentale importanza. Spesso i giaina acquistano animali da macello unicamente per salvarli. Per
i giaina il sacro è ovunque. Sia Buddha che Mahavira si opposero infatti al vedismo a causa della
divisione in caste e dei sacrifici animali. Generalmente i monaci giaina non si cibano neppure di
quei vegetali che contengono princìpi vitali: bulbi, germogli, radici, patate. I monaci e le monache
possiedono solo un abito bianco, una scopa per rimuovere gli insetti dal loro cammino e una pezzuola
sulla bocca per non nuocere ai batteri dell’aria. Vivono di elemosine. Oltre all’ahimsa, i giaina
cercano anche di superare la soggettività del proprio punto di vista e vedere la verità, o almeno
una parte di essa, in ogni affermazione. I giaina sono oggi un valido esempio di come si possa
vivere senza arrecare danno alle altre creature anche se le loro posizioni sono spesso considerate
estremiste.

Riporto qui di seguito alcuni significativi versetti tratti dal SAMAN SUTTAM, il Canone della
Spiritualità giainista, pubblicato nel maggio 2001 da Mondadori:
Uccidere un Essere Vivente è come uccidere se stessi; mostrare compassione ad un Essere Vivente è
come mostrarla a se stessi. Colui che desidera il proprio bene, dovrebbe evitare di causare
qualsiasi tipo di danno ad un altro Essere Vivente!
Anche la sola intenzione di uccidere causa la schiavitù del karma, sia che tu uccida sia che tu non
uccida; dal punto di vista reale, la natura di chi manifesta l’intenzione di uccidere è schiava del
karma.
Sia il non astenersi dalla violenza, che l’intenzione di commetterla, è himsa (violenza). Anche il
comportamento non costantemente vigile a causa delle passioni equivale a himsa.

Fondamenti di ayurveda

Il termine ayurveda significa scienza della vita. L’ayurveda è l’antica scienza medica indiana.

Il Rig-Veda, testo più antico e principale delle quattro raccolte dei Veda, contiene molti
riferimenti a tale scienza, anche se è soprattutto nell’Atharva Veda che ne rinveniamo i tratti
principali. Proprio perché scienza della vita l’ayurveda coinvolge tutte le creature. Lo Spirito
Divino è presente ovunque nell’Universo e permea tutto. La Terra, le stelle, i pianeti, gli animali,
ogni cosa è pervasa dallo Spirito. Tutto il pensiero vedico si basa sull’assunto che ogni ente è
pervaso dal Sé ed il microcosmo è in diretta connessione con l’Assoluto, lo richiama in ogni sua
parte; così nel corpo umano ritroveremo gli stessi ritmi, la stessa geometria che esiste
nell’universo. Come in basso così in alto, per fare la meraviglia di una cosa sola (Tavola
Smeraldina), in una corrispondenza che i testi indiani hanno sempre ben evidenziato.

Secondo il samkhya, uno dei sei sistemi filosofici indiani, ogni cosa nell’universo è costituita dai
cinque grandi elementi dai quali deriveranno poi gli elementi veri e propri così come noi li
conosciamo. I cinque grandi elementi sono: etere, fuoco, aria, terra, acqua. I cinque elementi
compongono il corpo umano. Charaka, illustre medico indiano, definì l’uomo come l’insieme dei cinque
elementi, più il Sé immateriale (cioè la coscienza). Dall’interazione fra i cinque elementi e la
coscienza, da cui ogni cosa origina, si avrà la salute o la malattia. La malattia è frutto di un
errore, di uno squilibrio -fra questi cinque elementi e la coscienza- che si materializza sotto
forma di disturbo fisico. L’ayurveda riconosce inoltre la presenza di tre dosha cioè tre forze della
natura che vanno dal positivo al negativo ed esse determinano la gravità della malattia.

Bibliografia:

Daniélou, A. (1992), Miti e dei dell’India, Bur, Novara
Ferrini, M (2001), Contesto e fonti della letteratura vedica, Centro Studi Bahktivedanta, Perignano
(PI)
Gandhi (1992), L’Induismo, Newton, Roma
Lavier, J.A. (1976) Médechine chinoise médechine totale, Editions Grasset & Fasquelle, Paris; ed.
it. Medicina cinese. Medicina totale, Garzanti, Torino
Sabattini, M; Santangelo, P. (2007) Storia della Cina, Laterza, Roma-Bari
Svoboda, R. (1999), Ayurveda, Armenia, Milano
Tiwari, M. (2002), I segreti della guarigione ayurvedica, Il Punto d’incontro, Vicenza

Webgrafia:

Medicina tradizionale cinese in www.wikipedia.org
it.wikipedia.org/wiki/Shintoismo
www.claudiapastorino.it/giainismo.html

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