Non dualità nella percezione e nella conoscenza

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Non dualità nella percezione e nella conoscenza

Secondo Rupert Spira non esistono oggetti “finiti”, di sola materia o dei “sè stessi” confinati in
corpi di carne che vivono in maniera dualistica e separata ogni esperienza

10/04/2013 – scienzaeconoscenza.it

Rupert Spira, autore e conferenziere internazionale, terrà il discorso di apertura alla conferenza
SAND che si terrà in Olanda dal 28 maggio al 2 giugno. Egli terrà inoltre un seminario Weekend a
Copenaghen dal 14-16 giugno e ad Amsterdam dal 27 settembre al 29 maggio. Per ulteriori
informazioni, consultare il suo sito web, www.rupertspira.com .

L’artista e poeta William Blake disse: “Se le porte della percezione fossero purificate ogni cosa
apparirebbe all’uomo così com’è, infinita. Per l’uomo queste porte saranno sempre chiuse, finchè
egli continuerà a vedere tutte le cose attraverso le strette fessure della caverna in cui vive”.
Che cosa voleva dire con questo? Come può un oggetto finito, come un albero, un tavolo, una stessa
persona, essere infinito? Esploriamo il punto di vista di Rupert Spira, da decenni un indagatore
della natura della realtà.

L’io e il mondo

Il termine “percezione” include tutti i cinque sensi: vista, udito, tatto, gusto e olfatto. Il
pensiero convenzionale ci dice che l’esperienza della percezione è suddivisa in due componenti
essenziali: un soggetto che percepisce e un oggetto che viene percepito. Questa comprensione è
sancita dalla struttura del linguaggio con frasi del tipo: “Vedo l’albero”, “Ho sentito il vento”,
“Tocco la persona”, “Assaggio la mela” e “Sento l’odore del fiore.”
In ogni caso, il soggetto – io o il sé – fa diventa cosciente di un oggetto o parte di esso –
l’albero, il vento, la persona, mela o fiore – attraverso l’atto del percepire cioè, con il vedere,
l’udire, il toccare, l’assaggiare o il sentire l’odore.

Secondo Rupert Spira, per comprendere la natura della percezione, è necessario esplorare entrambi
gli elementi che la compongono: l’io, il soggetto, e il mondo, l’oggetto. Tradizionalmente, i
mistici hanno da sempre esplorato la natura dell’io, il sé, mentre gli artisti e gli scienziati si
sono occupati di chiarire la natura dell’oggetto o del mondo. A prima vista può sembrare che mistici
e scienziati (assieme agli artisti) vadono in direzioni opposte. In realtà le loro conclusioni
tendon a essere differenti solo perchè ciascuna delle due parti non giunge mai ad una esplorazione
profonda e minuziosa del loro campo di ineteresse. La vera rivoluzione, per l’umanità, sarà la
convergenza dei due punti di vista e le implicazioni che questo avrà su tutti gli aspetti della
nostra vita.

La natura del Sé

Il pensiero convenzionale dice che il nostro “io”, inteso come unità corpo/mente, è consapevole di
tutto quanto lo circonda. Rupert Spira sottolinea che, in realtà, il nostro “io” è consapevole solo
di ciò che conosce e che, di conseguenza, appare e scompare sulla base di quanto noi conosciamo del
mondo.
In altre parole, l’unità corpo/mente di ogni essere umano non è il soggetto dell’esperienza di
conoscere ma è “oggetto”, tanto quanto tutto quello che attornia l’uomo. Il soggetto che è a
conoscenza di tutti gli oggetti percepiti, cioè il corpo, la stessa mente e il mondo è dunque quell’
”io” indicato anche come “consapevolezza” che significa semplicemente la presenza di ciò che si è a
conoscenza.
Questa consapevolezza è parte della nostra natura umana, è una conscia apertura sul vuoto in cui
ogni esperienza ha luogo ma non è in sé un’esperienza. La consapevolezza non si trova dunque nel
tempo, e quindi è eterna o sempre presente, non la si può trovare nemmeno nello spazio, ed è
pertanto infinita. Essa, cioè, non possiede qualità finite o osservabili.

La natura dell’oggetto, o Altro Mondo: dalla Materia alla Mente

Secondo il pensiero convenzionale un oggetto è fatto di sostanza inerte chiamata “materia”. Cosa
dice invece l’esperienza?
La nostra unica esperienza delle materia e del mondo che essa forma è la percezione che si ha di
questo mondo. Eppure, Rupert Spira precisa come non si può dire che conosciamo o percepiamo un mondo
che esiste di per sé, indipendentemente dalla nostra capacità di percezione. Tutto ciò che possiamo
legittimamente affermare, sulla base dell’esperienza reale, è che siamo a conoscenza della nostra
percezione del mondo.

Così, dopo aver scoperto che non sappiamo, in realtà, entrare in contatto con un oggetto o con il
mondo in quanto tale, è possibile però approfondire quella che è l’esperiena della percezione.
Ossia, capire che non vediamo gli oggetti ma proviamo l’esperienza del vedere; che non udiamo i
suoni ma viviamo l’esperienza del sentire; che non abbiamo mai gustato un cibo ma sperimentato
l’esperienza della degustazione.
Dobbiamo cioè, per Rupert Spira, renderci conto che l’esperienza non consiste nel venire a contatto
con materiali inerti che costituiscono un insieme di oggetti o parole, esplorate da un soggetto
indipendente e separato ma, piuttosto, è più come un flusso di vita in cui il soggetto apparente e
l’oggetto sono uno contenuto nell’altro. Ora, qual è la natura di percepire?

La natura del Percepire e il sapere puro

Rupert Spira ci pone una domanda profonda: “Qual è il rapporto tra l’esperienza di percepire e la
conoscenza di esso? Questi due elementi sono nettamente distinti oppure si compenetrano l’un
l’altro? Per Rupert Spira, la percezione (e, di fatto, l’esperienza del percepire) e la sua
conoscenza sono la stessa cosa. In altre parole, la percezione sarebbe costituita da sapere puro.

Tutto ciò che vediamo, tocchiamo, odoriamo, ascoltiamo e gustiamo, in una parola, sperimentiamo è di
fatto sia percezione che conoscenza. Questo atto di conoscere attrvaerso noi stessi ci trasporta in
una continuità assoluta, dove l’io fisico entra in unione con le esperienze sensoriali e uno può
assumere il ruolo dell’altro e viceversa. E questo è chiamato da Rupert Spira “sapere puro”, ossia
un sapere che non è contaminato dalla minima traccia di soggettività e oggettività, una conoscenza
che non vive l’assenza di separazione o la dualità. È bellezza e amore al tempo stesso.
Non riconoscere un oggetto apparente come “oggetto” in sè, di sola materia inerte, è un esempio di
esperienza della bellezza mentre non attribuire ad un uomo la sua natura di “sè” confinata in
un’unità corpo/mente è l’esperienza dell’amore.

Dunque, secondo Rupert Spira, dal punto di vista del sapere puro la bellezza e l’amore sono il
fuoco, l’energia che alimenta tutte le nostre esperienze.
Dal punto di vista del sapere puro, non esistono oggetti “finiti”, di sola materia o dei “sè stessi”
confinati in corpi di carne che vivono in maniera dualistica e separata ogni esperienza.

Quando ogni esperienza non sarà più interpretata dall’uomo come la presa di coscienza da parte del
“sè” di un oggetto posto ad una distanza fisica da noi stessi e fatto di materiale inerte, allora
essa sarà conosciuta per come veramente è, cioè infinita ed eterna. Solo così, ammette Robert Spira,
ogni uomo potrà vedere la luce della conoscenza pura che brilla in tutte le cose.
Perchè, come dicono i sufi, “Ovunque l’occhio cade, c’è il volto di Dio”.

VIENI A CONOSCERE RUPERT SPIRA
A SAND EUROPE 2013
www.scienceandnonduality.com/europe/

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