Meditate durate il vostro lavoro – (di Swami Ashokananda) – Prima parte

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< Meditate durate il vostro lavoro >

(di Swami Ashokananda)

Dal sito www.vidya.org vi propongo le parole di Swami Ashokananda,
discepolo di Shivananda.

Swami Ashokananda
MEDITATE DURANTE IL VOSTRO LAVORO

(1° Parte)

Una nuova via per la nuova era

Estratto dal libro: Meditazione, Estasi e Illuminazione, Advaita Ashrama,
Calcutta. Swami Ashokananda (1893-1969) fu discepolo di Swami Shivananda,
secondo Presidente dell’Ordine di Ramakrishna. Fu, dal 1932 sino alla sua
morte, lo Swami responsabile della Vedanta Società of Northen California, a
San Francisco (fondata da Swami Vivekananda nel 1900)

– 1 –

Esistono certe pratiche spirituali universalmente riconosciute come tali.
La meditazione, la preghiera, il culto rituale, il canto delle lodi a Dio –
sono tutte attivita’ che ogni religione ha raccomandato, sotto una forma o
l’altra, per ottenere la spiritualita’; per l’ effettiva realizzazione, per
l’esperienza diretta di Dio medesimo.

Naturalmente non sono numerosi gli aspiranti spirituali capaci di impegnarsi
in queste pratiche durante gran parte della loro giornata; e’ concesso solo
a pochi tra di essi di meditare a lungo ogni giorno, oppure di trascorrere
molto tempo in pratiche religiose esterne, come il culto rituale.

Per quanto pensate che un individuo possa cantare degli inni devozionali?
Anche se una persona e’ incline a cantare per l’intera giornata, i suoi
vicini glielo proibiranno. Il fatto e’ che nessun seguace medio puo’
affrontare una pratica spirituale per delle ore di seguito. A riguardo della
meditazione propriamente detta, ossia del posizionarsi in un certo assetto
stabile, escludendosi dal mondo esteriore affinche’ non invada i sensi e la
mente per concentrarsi sul Signore, ben sappiamo che cio’ risulta
impossibile senza la fissita’ dello spirito. Di conseguenza, non e’ facile
pervenirvi. Malgrado ci abbiano insegnato durante l’infanzia a fare
attenzione ad ogni azione che eseguiamo – un attenzione che ricompensa, e
che altro non e’ se non un atto di concentrazione, questo non e’ stato ben
appreso da noi.

Ci accorgiamo che la nostra mente sfugge di continuo dalla cosa, o dalle
cose sulle quali vogliamo mantenerla. E quando gli oggetti che debbono
occupare la mente sono di natura delicata e sottile – come le verita’, o le
realta’ spirituali – una tale concentrazione diviene estremamente difficile.

Tuttavia, se manchiamo di concentrazione, anche se assisi nella postura
meditativa, con gli occhi chiusi, in un luogo tranquillo, senza dare
apparentemente alcuna attenzione al mondo esterno, la nostra mente saltera’
con velocita’ in numerose e differenti direzioni.

Ammetto pure che questo tentativo di meditare puo’ recare qualche profitto,
ma esso non ci portera’ lontano. Gli anni si avvicenderanno ed alla fine
scopriremo che non ci siamo avvicinati a Dio in alcuna maniera. Ho
conosciuto individui simili. Ho ammirazione per loro. Anche essere capaci di
sedersi in tranquillita’ senza badare alle cose esterne e’ una bella
pratica. Noi, comunque, vogliamo raggiungere qualche successo nei nostri
tentativi spirituali; quindi, non ci dovrebbe accontentare il compito
formale di restare seduti calmamente per delle ore. Giungo addirittura a
pensare che una simile abitudine alla lunga possa divenire nociva, essere un
impedimento allo sviluppo spirituale. Questa non è meditazione.

Come ho gia’ detto, la meditazione e’ impossibile senza concentrazione. Se
affermate di poter raggiungere la concentrazione attraverso un determinato
sforzo della volonta’ debbo avvisarvi che se una tale decisione puo’
mostrarsi feconda per un certo periodo, scoprirete, prima o poi, che i
vostri nervi soffriranno di una tensione esagerata nello spingere il mentale
alla concentrazione, e di conseguenza non riuscirete, poi, a compiere alcuna
attivita’ concentrativa senza contrarre qualche malessere fisico

Questa pratica dovra’ essere, di conseguenza, misurata con grande cura.
Quanto tempo dovreste meditare? Personalmente, siamo impreparati a dare
indicazioni in merito. Prima di aver raggiunto la rigenerazione interiore
noi siamo persone avide fisicamente, mentalmente e spiritualmente. In altri
termini, si cela una grande impazienza dietro le nostre attività. Vogliamo
terminare presto ogni cosa che intraprendiamo. Beninteso, non pensiamo di
essere impazienti; solo e semplicemente di essere troppo ardenti.

Bene, quando le persone mostrano tale ardore in mia presenza io domando
loro, a volte, cosa faranno dopo aver realizzato Iddio. Avranno qualche cosa
d’altro da compiere? Dopo aver realizzato Iddio, tutto cio’ che farete sara’
di pensare a Lui, d’eternita’ in eternita’. Non ci restera’ null’altro da
compiere.

Ed allora, perche’ quest’impazienza? Non ve n’e’ alcuna necessita’.

Realizzo che esiste una scappatoia a questo argomento. Potreste affermare:

” Quindi, voi ci suggerite di divenire pigri e di non iniziare uno sforzo
determinato?”

No, non dico questo. Semplicemente so che se riuscirete a fare vostro il
punto di vista che, d’ora in avanti, tutto cio’ che vi resta da concludere
e’ consacrarvi a Dio, che non vi rimarranno altre azioni da esaurire nel
futuro, allora nascera’ in voi una certa serenita’ dello spirito.

Sri Ramakrishna aveva l’abitudine di narrare che un corvo, una volta, si era
posato sull’albero di una nave di lungo corso. La nave lascio’ il porto e si
allontano’ nel mare. Appena il corvo si avvide che il sole stava per
tramontare realizzo’ che era giunto il momento di cercarsi un comodo
trespolo, e prese il volo. Però, in quel momento la nave era talmente
lontana dalla riva che esso non pote’ scorgere alcun lembo di terra.
Ritorno’ sull’albero. Stette a riposarsi per un po’ e riparti’ verso
un’altra direzione: di nuovo, alcuna traccia di terra. E cosi’, dopo aver
tentato ogni direzione senza vedere terra, ritorno’ e si poso’
tranquillamente sull’albero.

La mente raggiunge queste condizioni. Poco a poco realizziamo che non v’e’
altro da scoprire nell’intero universo se non Dio; ed allora l’impazienza
scompare. A meno che un frammento di questa realizzazione non nasca nel
nostro spirito, immagino che non saremo inclini ad accettare il consiglio
che ho dato: cioe’, di essere pazienti.

Ma, se la realizzazione non nasce in noi spontaneamente, possiamo, allora,
richiamarla pensando, ragionando. Allora, lo spirito raggiunge la calma, e
noi la nostra misura; sapremo quanta meditazione e concentrazione potremo
fare ogni giorno, o in quali momenti. Ma, prima di aver raggiunto da soli
questo senso interiore e’ necessario che si accettino i consigli di coloro
che possono donarcelo. Pero’, ricordate quanto sto per dirvi: io parlo della
pazienza riferendomi a coloro che intendono seguire una pratica spirituale,
non a chi non abbia interesse a praticarla. Questi consigli non riguardano
questi ultimi, e io raccomanderei loro di non tenere in alcun conto quanto
dico in proposito. Per chi non vuole seguire la spiritualita’, tutto sembra
cospirare contro tale pratica, e sarebbe auspicabile un piccolo sforzo
determinato da parte sua, in proposito.

– 2 –

Come dicevo, la maggior parte delle religioni sostiene che la meditazione,
la preghiera, il culto, i canti devozionali ed altre attivita’ simili sono
delle valide pratiche spirituali. Ciononostante, sono apparsi anche degli
istruttori religiosi che hanno aggiunto altre pratiche a quelle generalmente
conosciute. Penso, in proposito ed in particolar modo, a Sri Krishna ed a
Swami Vivekananda, i quale insegnarono, ambedue, che il karma yoga risulta
egualmente valido.

Tutti pensano – lo so – che il karma yoga, la via dell’azione, non e’ in
realta’ un’attivita’ spirituale di gran classe. Se consiglio a qualcuno di
praticare il karma yoga, costui rimuginerà:” Swami non suppone che io possa
meditare, ed ecco perche’ mi chiede di fare questo. Ma io sapro’
dimostrargli il contrario!” .

E me lo dimostra, eccome se me lo dimostra! Ma non tuttavia nel modo che
immaginava potesse essere fatto.

Vedete, nessuno pensa che il karma yoga e’ veramente una pratica
spirituale.Anche il nostro grande Shankara, nel suo commentario sulla
Bhagavad Gita, che incorpora gli insegnamenti di Sri Krishna e che
rappresenta il primo grande scritto sul karma yoga, afferma che la pratica
del karma yoga riesce soltanto a purificare il mentale e che solo in
seguito, quando il mentale e’ purificato, iniziano altri momenti spirituali.

Le pratiche essenziali sono, secondo lui, upasana, o adorazione mentale;
contemplazione e meditazione. Cioe’, solo attraverso inana – nata dalla
contemplazione – un uomo riesce a realizzare Dio. E’ la sua interpretazione.
E anche coloro che non hanno assunto un tale punto di vista estremo a
riguardo della pratica spirituale come Shankara, e ne’ hanno intepretato la
Gita come fa lui, sentono che il karma, o l’azione, non rappresenta in se’
una via di realizzazione spirituale.

Ad esempio, Ramanuja, al contrario di Shankara, afferma che la via della
realizzazione di Dio e’ una miscela di Karma e di Jnana. Dice che si tratta
di jnana-karma-samuccaya:” la coordinazione della conoscenza e dell’azione”.
Qui, tuttavia, Ramanuja intepreta l’azione nello stretto senso di compiere
le pratiche rituali, come il culto esteriore e, prima di cio’, di fare il
proprio dovere secondo i codici enunciati dai grandi saggi.

Non intendeva riferirsi a tutte le azioni come tali.

Esisteva questa restrizione nel suo concetto di karma. In effetti,
constaterete che anche quando gli istruttori non vogliono esprimere i loro
punti di vista in forma estremamente filosofica, diranno quasi tutti:” Si’,
compite qualche azione: fate delle buone azioni, adorate il Signore, andate
in pellegrinaggio, servite i santi esseri. eseguite qualche nobile
attivita’, e cosi’ di seguito. Il vostro mentale sara’ purificato, la
devozione crescera’ nel vostro cuore e, in definitiva, imparerete con cio’ a
meditare e, attraverso la meditazione, diverrete capaci di realizzare Dio.”

Ma supponete che non vi interessi ne’ Dio, ne’ meditare su di Lui. Non
esistono altre possibilita’ per voi di raggiungere la verita’?

Se noi leggiamo la Gita, senza farci influenzare dall’intepretazione dei
commentatori, scopriremo che viene chiaramente affermato che e’ attraverso
il compimento della sola azione che si diviene capaci di realizzare la
vetta. Sri Krishna dice: ” Janaka ed altri pervennero alla verita’
attraverso l’azione pura; e’ tramite essa che Mi raggiunsero (B.G. 3/20).”

Chiaramente, gli interpreti non colsero di primo acchito questo
significato; dettero una leggera pressione qui, un’altra là, fino a farvi
scoprire che ora non esiste piu’ quanto venne insegnato nella Gita.

Debbo dire che, dopo Sri Krishna, l’altro grande istruttore spirituale che
segui’ questa via fu Swami Vivekananda. Il suo libro – karma Yoga – e’ ben
noto. Non cercate in esso una grazia letteraria, o una buona presentazione
della materia, come se fosse stato scritto a scopo letterario. Se aveste
direttamente ascoltato dei grandi istruttori, quali Cristo e Budda, avreste,
con probabilita’, colto un considerevole numero di errori grammaticali, ed
altro, nelle loro parole.

Ma, i discepoli divengono estremamente sensibili verso la minima
imperfezione dei loro istruttori; di conseguenza, cominciano a limarne la
persona e le parole, e quando questi concetti vi pervengono voi leggerete,
allora, delle graziose piccole frasi scorrevoli. I discepoli hanno pagato il
loro debito all’istruttore. Ma se aveste l’occasione di capitare sulle
parole originali di un grande istruttore, di sicuro non troverete mai tutte
queste cose: una buona grammatica, una buona presentazione, e così via.

Sforzatevi di capire cio’ che essi vi dicono; si tratta veramente di parole
ispirate nel senso più letterale. Ed il Karma Yoga di Vivekananda e’ un
libro del genere. Non dubito minimamente che, con il trascorrere del tempo,
divenga sempre piu’ un vangelo dell’umanità. L’autore e’ giunto cosi’
lontano con questo testo da fare dire che non vi e’ la necessita’ di avere
alcuna fede in Dio per realizzare il sommo; e, per illustrare il suo ideale
di karma yoghi, egli scelse il Signore Budda: Budda, che non credeva in Dio
e in alcuna cosa.

In altre parole, Swami Vivekananda fece risaltare che la pratica del Karma
Yoga non richiede alcuna sorta di ottiche religiose, ne’ alcuna consuetudine
di vita speciale, o di azione. Il fatto e’ che un puro karma yoghi puo’ non
venire assolutamente riconosciuto come uno yoghi. Potrebbe essere visto come
una tra milioni di altre persone, senza che si noti la minima differenza tra
lui ed esse.

Talvolta, tuttavia, riuscirete a riconoscerla, questa differenza; egli non
vive per se’ stesso, vive per gli altri; vive in modo non egoista. Ma,
spesso, non noterete neppure cio’, poiche’ i karma yoghi esistono nel quadro
dei loro doveri normali; i doveri della famiglia, ad esempio.

Abbiamo letto di uno di questi yoghi nella storia del macellaio di Swami
Vivekananda, che originariamente appare sul Mahabharata, alla sezione
intitolata Vyadha Gita: ossia: ” Il Canto del Macellaio”.

Non che il beccaio cantasse…Semplicemente, dava un insegnamento.

Vi ricorderete della narrazione: un giovane bramino aveva lasciato la
propria casa per vivere nei boschi, e divenne un grande asceta. Egli
acquisi’ dei poteri miracolosi grazie ai suoi austeri esercizi, ed un
mattino fisso’ con aria contrariata un corvo; con questo solo sguardo lo
ridusse in cenere. Senti’, di conseguenza, di aver raggiunto i propri scopi
e se ne ritorno’ nel mondo. La sera medesima si affaccio’ alla porta di
un’abitazione, aspettandosi di venire bene accolto, di essere invitato a
cena, e cosi’ di seguito.

Dopo alcuni momenti apparve sulla porta la padrona di casa. ” Signore – gli
disse – sono occupata a curare mio marito che e’ malato. Quando avro’ finito
vi daro’ ospitalità. E non serve a nulla che mi guardiate in quel modo: non
sono un corvo da potere essere ridotto in cenere.”

Ovviamente, il giovane rimase stordito. Egli non aveva parlato a nessuno di
quanto era successo nei boschi. Questa donna come poteva saperlo? Cosi’
attese e, dopo un po’, la donna lo fece cenare. Allora, egli chiese: ” Come
sapevate che avevo ridotto in cenere un corvo?” E lei rispose: ” Vedete, ho
un istruttore. Fa di mestiere il macellaio. E mi ha insegnato che se io
avessi compiuto i miei doveri senza alcun attaccamento nel cuore avrei
raggiunto l’illuminazione. Faccio i miei compiti proprio come mi e’ stato
assegnato, al mio posto nella vita; e’ tutto qui lo yoga che pratico. Ma non
aspiro ai suoi frutti. Mi sforzo di fare il mio dovere quanto meglio mi sia
possibile. E’ proprio in tal modo che ho raggiunto l’illuminazione.”

Di conseguenza, il giovane bramino divenne molto impaziente di saperne e di
piu’, e cosi’ lei lo mando’ a conoscere il suo istruttore. Gli disse:”
Camminate per quei chilometri li’ e raggiungerete un mercato. Lo troverete
mentre e’ intento al suo lavoro di vendere carne. Ditegli che andate da
parte mia.”

Egli si reco’ al mercato ed incontrò un macellaio grasso e corpulento, molto
occupato a tagliare delle fette di carne, che contrattava e vendeva. Era
coperto di sangue (Vyadha significa letteralmente “cacciatore”, non beccaio;
ma, vedete, negli antichi tempi, la persona che vendeva la carne doveva
andare nella foresta per cacciare la selvaggina e, quindi, portarla con se’
per commerciarne la carne. Di conseguenza, i termini beccaio e cacciatore si
sono identificati l’un l’altro).

Questo macellaio disse al giovane:” Vi prego di aspettare, lasciatemi
terminare il lavoro.”

La sera, quando ebbe finito, prese la sua cesta e disse:” Venite”, e
andarono tutti e due a casa sua: ” Adesso, attendete ancora, vi prego: devo
occuparmi dei miei vecchi genitori.” Quindi, si lavo’ e si prese cura dei
genitori. Fece loro il bagno, dette loro da mangiare, li sistemo’ con cura
nel letto e, quando ebbe terminato, esclamo’:” E’ il momento”.

Il giovane gli pose qualche domanda spirituale e il macellaio gli dette un
insegnamento elevato sul karma yoga.

Pensateci, non esisteva alcun segno evidente che questo beccaio fosse un
uomo spirituale; tuttavia, era divenuto un’anima illuminata. Esternamente,
uccideva ancora degli animali, ne tagliava le carni e le vendeva; e, ancora,
accudiva ai doveri generali di un capo famiglia: prendersi cura dei
genitori, e cosi’ di seguito. Potreste chiamare tutto cio’ una pratica
spirituale?

La maggioranza delle persone non lo ha fatto. Anche se io divenissi molto
eloquente e vi facessi comprendere che quanto egli faceva era tanto valido
quanto la meditazione ed il culto, o qualunque altra pratica spirituale
generalmente riconosciuta, voi potreste, per un attimo, rimanere scossi.

Ma, appena usciti da questo stato, comincereste a dire:

” Oh!sì, ma la vera pratica e’ la meditazione. Oh! se solo potessi ottenere
la concentrazione! Ecco cosa si deve fare. Come posso ottenere la
concentrazione?”

Attenzione, io non sono contro la meditazione, o la concentrazione. Non dico
che voi non dovreste far altro che lavorare, senza meditare. Cio’ che
intendo esprimere e’ che lavorare in tale maniera puo’ divenire altrettanto
valido quanto la meditazione; altrettanto efficace e profittevole. Non mi
oppongo a che seguiate egualmente altre pratiche spirituali. Ma, come ho
gia’ detto, poche persone possono trascorrere un’intera giornata nelle
differenti esperienze spirituali, una dopo l’altra. Colui che ci prova
scoprira’, in breve, che ne’ il suo corpo, ne’ la sua mente potranno
sopportarlo.

Beninteso, ognuno deve fare quanto gli e’ possibile; se ama meditare un po’,
mattina e sera, che mediti. Se vuole praticare il culto rituale, che lo
pratichi. Se vuole cantare dei canti devozionali, o pregare il Signore, che
canti e che preghi. O, anche, se il suo istruttore dice che tale o tal’altra
pratica sono quanto gli conviene, egli deve seguire il consiglio.

Ciononostante, restano ancora ore ed ore nella giornata in cui egli non ha
nulla da fare. Beninteso se egli, o lei, deve guadagnarsi da vivere, o
riempire ogni sorta di doveri casalinghi, o fuori di casa, il tempo verra’
colmato. Ma allora, il problema sara’ quello ci convertire i doveri, o le
attivita’ secolari in qualcosa di spirituale.

Se ci fate caso, scoprirete che nella vostra vita voi consacrate alla
spiritualita’ soltanto una piccola parte della giornata. Con tale devozione
al mondo, come potete sperare allora di acquistare una vera conoscenza
spirituale se consacrate solo una minima parte della vostra vita ad essa ed
il resto della giornata al mondo?

Voi siete un devoto del mondo, e continuerete a restarlo.

(continua)

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