Materialismo e Criminalità

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Materialismo e Criminalità

(da Movimento ISKCON di Marzo-Aprile 2005)

IN ITALIA ALL’APERTURA DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2005 SI È PRESENTATO NUOVAMENTE
UN PROBLEMA DI DRAMMATICA ATTUALITÀ, L’AUMENTO MASSICCIO DELLE ATTIVITÀ CRIMINOSE. UN’ANALISI
PROFONDA E SOLUZIONI PRATICHE IN QUESTO ARTICOLO DI
S.G. MATSYA AVATARA PRABHU.

Questa nostra società, malgrado numerosi successi in campo scientifico ed apprezzabili conquiste
sociali, non ha ancora saputo darsi un assetto civile tale da garantire una coesistenza serena. Al
contrario e a dispetto di quanto sembri progredire in campo tecnologico, sul piano dei rapporti
umani essa sta diventando sempre più sfiduciata, corrotta e violenta.
Con l’apertura dell’Anno Giudiziario 2005, il Procuratore generale della Cassazione informa che il
2004 si è chiuso con un pesante bilancio negativo: omicidi, violenze, truffe, estorsioni ed altri
atti criminosi sono in pericoloso aumento e oltre l’80% dei reati rimane ad oggi senza autore,
quindi impunito.

Pare che un numero sempre crescente di persone, anziché progredire ed evolvere, si degradi e
imbarbarisca sotto la spinta di istinti bestiali che generano inquietudini sempre più diffuse,
attraversando trasversalmente tutti gli strati sociali e culturali, nessuno escluso. Ad est come ad
ovest, a sud e a nord, tira aria gelida e putrida di decadenza morale e disfacimento istituzionale.
Criminalità, violenza, immagini di gesta delittuose di elevata pericolosità sociale vengono
regolarmente diffuse e amplificate dai potenti mezzi di comunicazione di massa. In nome dello
spettacolo o dell’informazione — non sempre utili e talvolta addirittura dannosi, in quanto
formidabili veicoli di modelli intensamente negativi e fuorvianti — criminali e crimini fanno ormai
la loro macabra apparizione nella nostra vita quotidiana. Direttamente e indirettamente, ciò genera
una diffusa nevrosi ossessiva, che influenza negativamente tutti gli individui, a vari livelli
dell’organizzazione sociale, in pubblico e in privato; in famiglia, a scuola, a lavoro, in politica
e nelle Istituzioni, producendo ansie, traumi e sgomenti devastanti nelle persone psichicamente più
fragili.

Gli onesti, o almeno i non troppo disonesti, sono più che preoccupati e profondamente insoddisfatti
della scarsa efficienza in cui versano al momento lo Stato in generale e l’istituzione della
Giustizia in particolare. Lo dimostra il fatto che un numero sempre maggiore di persone invoca a
gran voce pene più severe, inclusa la pena di morte, per gli scellerati autori degli innumerevoli,
agghiaccianti crimini.
Cos’è successo a questa povera umanità traviata? Il cosiddetto progresso di stampo laico non aveva
promesso libertà e benessere? Al contrario, si stanno raccogliendo i frutti velenosi di nevrosi e
delinquenza. Indubbiamente qualcosa non ha funzionato. Tentiamo una modesta analisi della società in
cui viviamo per capire cosa sia effettivamente avvenuto.

Sotto una superficiale e spesso ipocrita vernice di etica laica o, peggio ancora, di falsa
religiosità e bigottismo dogmatico e settario, la gente si è gravemente ammalata di materialismo e
di impersonalismo. I valori spirituali, trascendenti, vissuti con coerenza, conducono al naturale
sviluppo di armonia, pace, autentico appagamento e nei casi più fortunati a sentimenti di
gratitudine e amore verso il Divino, inesauribile sorgente di nobili ispirazioni, vite virtuose a
beneficio di tutti e liberazione da tutte le pene proprie dell’esistenza condizionata. Tali principi
universali, spirituali, sono stati gradualmente e progressivamente abbandonati e sostituiti con
pseudo-valori, effimeri e illusori. Da ciò il quasi incontrastato sviluppo della mala pianta
dell’invidia tra individuo e individuo, o tra gruppi di individui, talvolta in lotta spietata tra
loro per il possesso di centri di potere, per mezzo dei quali garantirsi il tanto agognato
“benessere”.

Questa dinamica porta innegabilmente alla formulazione di una tragica ma inevitabile relazione tra
desideri illeciti e delinquenza attiva. Materialismo e criminalità sono infatti direttamente
proporzionali: l’aumento dell’uno genera la crescita dell’altra. I due fenomeni sono correlati da
una perversa e sordida logica: impossessarsi di oggetti-strumenti (persone incluse), poterne
disporre a piacimento, senza restrizioni, nel vano tentativo di appagare quella bramosia insaziabile
generata dall’illusione di ottenere la felicità indipendentemente dall’etica, dall’aderenza a
principi sani e virtuosi, dal rispetto di quell’ordine cosmico e divino che i Veda chiamano dharma.

La materia è illusoria e illudente per sua stessa natura, in quanto effimera. Per questa ragione,
vivere tesi al raggiungimento di obiettivi materiali, conduce ben presto alla frustrazione e al
degrado morale, dopodiché all’uso della violenza e infine a sconfitta e disperazione. La lotta per
l’esistenza, nonostante le molte apparenti comodità offerte dalla cultura del superfluo, rimane più
dura che mai; rispetto al passato, si è inoltre aggiunto uno stress diffuso che a sua volta è
divenuto causa concomitante e scatenante di numerose gravi malattie psico-somatiche e
comportamentali.
Viviamo in un habitat fisicamente e moralmente inquinato, ammorbato e ostile, popolato in numero
crescente da pericolosi parassiti in forma umana. Gente malata, insoddisfatta e litigiosa,
irrispettosa anche verso quei capi che essa stessa ha eletto.

I leader, a loro volta, tradiscono la fiducia dei cittadini macchiandosi di vari crimini tra i
quali, specialmente in politica, spiccano per frequenza e vergognosa audacia le pratiche
dell’affarismo e della corruzione, ormai quasi istituzionalizzate. Si pensi a quanti politici,
autorità pubbliche e “onorevoli”, sono deviati psichici, tossicodipendenti e degenerati sessuali.
Ciononostante, dovuto al malcostume dilagante, per ignoranza, superficialità morale e lassismo, a
questi individui è consentito sedersi in Parlamento e rappresentare il Paese. Il comportamento
malavitoso è così diffuso che la gente onesta, rara specie in via di estinzione, si sente spesso
frustrata e scoraggiata perché non sa più in chi riporre la propria fiducia.

La società contemporanea è basata su una vertiginosa competitività: dai primi anni di scuola fino
alla vecchiaia, pone gli individui più deboli, e per natura già mal predisposti, in condizioni
psicologiche così precarie da non poter spesso resistere alle lusinghe delle molteplici, quotidiane
tentazioni.
La cultura materialista generalmente trascura un elemento inquinante di grande pericolosità, che
potremmo definire psichismo negativo. Porsi di fronte al mondo e agli altri con attitudine mentale
negativa significa muoversi seguendo spinte egoiche, disecologiche, nutrendo desideri illeciti di
predominio, gloria, potere, possesso e godimento. Tale attitudine sfocia nella frustrazione e nella
violenza, verso sé stessi e verso gli altri, violenza che si manifesta in modo bruto anche
sottoforma di sofferenza inferta giornalmente a milioni di animali innocenti, macellati nei “civici”
mattatoi.

I campi psichici positivi, creati dal pensiero virtuoso di individui singoli o in gruppo, i quali
potrebbero purificare l’energia negativa globale, sono purtroppo in netta minoranza, anche perché
oggi vige una quasi totale mancanza, a livello istituzionale, di educazione culturale e psicologica
di qualità — che dire spirituale — e di conseguenza la vita viene concepita quasi esclusivamente
sulla base del corpo fisico e sembra terminare con esso. Imperando questa illusione, meglio nota
come edonismo, tipica del materialismo vecchio e nuovo, la cura del corpo e delle sue “estensioni”
affettive diventano gli unici obiettivi da perseguire. Da qui il tentativo intenso, a volte
esasperato, spesso disonesto o addirittura violento, di ottenere tutto e subito, senza curarsi delle
non sempre visibili conseguenze a breve e lunga scadenza.

Dobbiamo onestamente ammettere che le religioni dogmatiche non aiutano a sconfiggere concezioni di
vita eminentemente materialiste e violente, anzi, per certi versi le appoggiano clamorosamente. Dio
è praticamente scomparso dalla scena, oppure, se c’è, appare come un personaggio iniquo, quasi
cinico, che agisce nell’ombra concedendo ad alcuni grandi opportunità e confinando altri in anguste
vite di sofferenza e privazioni. In effetti, a meno che non si spieghino su basi scientifiche le
leggi del karma e della reincarnazione cui sono soggetti tutti gli esseri viventi, nessuno potrà mai
capire, né tanto meno apprezzare, il supremo principio della giustizia divina che regola l’universo.

Servire il Supremo è il dharma dell’uomo, da cui derivano l’etica e il comportamento morale
autentico, a beneficio di tutti gli esseri viventi. Di fatto, parlare di moralità e immoralità ha
senso solo se abbiamo un preciso e autorevole punto di riferimento, e quel riferimento non può
essere altri che Dio, Unico e Sovrano. Viceversa chiunque può fabbricarsi la propria morale, magari
in contrasto aperto con quelle di altri, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. Chi
non riconosce l’esistenza di un Ordine Etico Cosmico, di un Principio divino onnipervadente, gesto
in sé che rivela insensibilità ancor prima che ingratitudine, si elaborerà un’etica accomodante, che
lascia libero sfogo alle proprie pulsioni egoiche.

D’altronde, anche la più avanzata e virtuosa delle etiche umane ha mostrato e continuerà a mostrare
limiti inaccettabili, incapaci di soddisfare la nostra insaziabile sete di verità, eternità,
conoscenza, felicità e amore, attributi spirituali per natura, quindi oltre la portata umana.
Potremmo quindi giungere alla conclusione che tutta una serie di problemi individuali e sociali, ben
incluso il comportamento criminale, derivano dall’abbandono da parte dell’uomo della religiosità e,
in particolar modo, della sua più genuina dimensione trascendente: la relazione eterna con Dio, la
Persona Suprema. Quando l’uomo esclude Dio dalla propria vita e si abbandona alla sua sola facoltà
logica o alle proprie sfrenate passioni, nella pratica opera una costante violazione delle leggi
cosmiche e una progressiva auto alienazione.

La soluzione al problema non è, ovviamente, una fuga dalla realtà nella quale siamo immersi.
Consiste piuttosto nel reinserire in ogni ambito della società, partendo dal singolo, quei valori
imperituri che sono scritti nel cuore di ognuno, operazione imprescindibile per vivere
armoniosamente e con reale, sana soddisfazione, per poter nuovamente intraprendere un percorso di
gioiosa evoluzione e di realizzazione del sé.
Del resto il dharma: rafforza la mente, riporta sotto controllo i sensi, affina l’intelligenza,
rende capaci di alzare la coscienza ad un livello più alto, dal quale si osserva un altro scenario:
la Realtà.

La tradizione vaishnava della bhakti si presenta particolarmente adatta a questa delicata quanto
importante impresa, in quanto, coniugando la scienza dell’agire con la coltivazione della conoscenza
e la suprema arte della contemplazione, consente all’uomo di oggi come a quello di ieri di compiere
un’azione piena e appagante nel mondo, senza per questo appiattirsi sulla dimensione secolare e
fuggevole dell’esistenza condizionata.
Disconoscendo la dimensione trascendente e la nostra eterna relazione col Divino, il primo e più
grave crimine lo abbiamo commesso, in verità, contro noi stessi, rendendoci ciechi alla nostra
natura superiore e quindi impedendoci di riacquisire consapevolezza delle nostre qualità
ontologiche, che sono sat, cit, ananda: eternità, consapevolezza e beatitudine.

Il processo parte dunque da una precisa indagine su chi siamo, su cos’è questo universo e qual è lo
scopo della vita. Allora retta conoscenza, conseguente condotta e una buona gestione delle risorse
umane per lo sviluppo delle latenti facoltà superiori ci avvicineranno concretamente alle famose tre
paci: con noi stessi, con gli altri e con Dio.
L’abbandono della coscienza di Dio e dalla mancanza di rispetto per le Sue leggi si può combattere
ed anche vittoriosamente sconfiggere solo reinserendo nella società, a tutti i livelli, i principi
attivi dei valori spirituali: primi tra tutti l’amore e la devozione a Dio, nel caso della bhakti
vaishnava, Bhagavan Shri Krishna. Introducendo l’educazione e la pratica del servizio di amore e
devozione al Signore Supremo, che consiste primariamente, nella nostra epoca, nel canto collettivo
dei Suoi santi nomi, si potrebbero sanare tutti gli innumerevoli contrasti della nostra società.

Per chi non ha approfondito le ricerche e non ha adeguate esperienze in merito, quanto detto può
suonare semplicistico e perfino ingenuo ma Dio, in quanto Essere assoluto e Supremo, non è
differente dai Suoi santi nomi, per cui l’invocazione di Nama ci mette direttamente in contatto con
Lui e con le Sue energie spirituali, concedendo purezza di cuore ed ampiezza di visione per
risolvere alla radice ogni problema esistenziale.

Le scritture Vedico-vaishnava in particolare raccomandano senza mezzi termini che in quest’era di
ipocrisia e discordia (Kali) ci si dedichi all’invocazione individuale e collettivo dei santi nomi
del Signore. Le sacre scritture vaishnava, i puri devoti e Dio stesso, disceso nella forma di Shri
Caitanya Mahaprabhu, raccomandano in particolare la meditazione sul maha-mantra: Hare Krishna Hare
Krishna, Krishna Krishna Hare Hare, Hare Rama Hare Rama, Rama Rama Hare Hare.

Vorrei terminare citando un concetto spesso usato dal mio Maestro spirituale ed eterno benefattore,
Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Svami Prabhupada: “Finché non si riconosce il Signore Supremo,
Shri Krishna, come proprietario di ogni cosa tutti i tentativi tesi a ottenere la felicità e la
prosperità saranno illegittimi. Una civiltà atea non può produrre pace”.

Matsya Avatara das

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