L’esperienza Akashica – Leggere il campo di memoria e informazione del Cosmo

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L’esperienza Akashica – Leggere il campo di memoria e informazione del Cosmo

di Ervin Laszlo

da scienzaeconoscenza.it

Campi informati

L’esperienza akashica

Ciò che per Sheldrake funziona al livello dei sistemi viventi si allarga con l’indagine di Laszlo al
micro e macrocosmo ovvero a tutto il campo cosmico – quantistico, o campo unificato, che nel
trasmettere e conservare informazioni si dimostra sorprendentemente simile all’antico concetto di
Akasha, i cui “annali” sono la registrazione duratura di tutto ciò che accade ed è mai accaduto
nell’universo intero.

L’universo non è composto soltanto di materia che obbedisce alle classiche leggi meccaniche di causa
ed effetto in uno spazio vuoto e passivo. Negli ultimi anni sono state fatte molte scoperte
sorprendenti. Gli scienziati più avanzati di oggi vedono nell’universo incredibili relazioni
quantiche generali: ogni particella che abbia assunto lo stesso stato quantico di un’altra resta
collegata a quest’ultima in maniera non-locale.
-Sembra che a livello cosmologico esistano gli stessi collegamenti sottili, di là dallo spazio e
del tempo, osservati in campo quantico.
-Legami altrettanto sorprendenti emergono all’interno degli organismi viventi e tra l’organismo e
il suo ambiente.
-“Connessioni transpersonali” collegano la consapevolezza degli individui alla consapevolezza e al
corpo di altre persone, a prescindere dal tempo e dalla distanza.

La nuova realtà
La “nonlocalità” dei quanti, la coerenza del cosmo, la connessione istantanea tra organismi e
ambienti, e i legami transpersonali tra la consapevolezza di diversi esseri umani, ci dicono tutti
che non esistono soltanto configurazioni di materia ed energia evolventisi nello spazio-tempo, ma
anche elementi più sottili: le informazioni. Queste ultime connettono tutte le entità nello spazio e
nel tempo, anzi le connettono attraverso lo spazio e il tempo. Come avevano supposto molti
scienziati all’avanguardia – tra cui Nicolas Tesla, David Bohm e più recentemente Harold Puthoff –
le interazioni nel campo della natura e della mente sono mediate da un fondamentale campo
d’informazioni presente nell’universo.

Già agli inizi del ventesimo secolo Nikola Tesla, padre della moderna tecnologia delle
comunicazioni, parlava di un “medium originale” che riempiva lo spazio, paragonandolo all’Akasha,
l’etere portatore di luce. Nel suo articolo inedito del 1907, “La più grande conquista dell’uomo”,
egli scriveva che questo medium originale, una sorta di campo di forze, diventava materia quando il
Prana – l’energia cosmica – agiva su di esso, mentre quando l’azione cessava, la materia svaniva e
avveniva il ritorno all’Akasha. Poiché questo medium riempiva tutto lo spazio, ogni cosa che
accadeva nello spazio poteva essere riferita a esso. Lo spazio curvo proposto da Einstein, sosteneva
Tesla, non era la risposta.

Tuttavia, alla fine del primo decennio del ventesimo secolo, i fisici adottarono il
quadridimensionale spazio-tempo matematico di Einstein – con l’eccezione di pochi teorici
anticonformisti – rifiutandosi di prendere in considerazione qualsiasi idea di etere, medium o campo
di forze che riempiva lo spazio. L’ipotesi di Tesla cadde in discredito e fu abbandonata. Oggi è
tornata a nuova vita. Bohm, Puthoff, Stapp e un piccolo, ma crescente, gruppo di scienziati hanno
riscoperto il ruolo delle informazioni nella natura, localizzando il campo di informazioni della
natura nel vuoto quantistico, quel “mare di energia” molto discusso, e poco compreso, che riempie lo
spazio cosmico.

Secondo l’astronauta dell’Apollo Edgar Mitchell, le informazioni fanno parte della sostanza stessa
dell’universo: sono parte di una “diade” di cui l’altra metà è l’energia. Le informazioni sono
presenti ovunque e sono esistite sin dalla nascita dell’universo. Il vuoto quantistico, diceva
Mitchell, è il meccanismo olografico di informazioni che registra le esperienze storiche della
materia. In che modo il vuoto quantistico può trasmettere “l’esperienza storica della materia”? La
risposta a questa domanda, apparentemente complessa, può essere esemplificata da una semplice
metafora.

Consideriamo le interconnessioni create dal mare. Una veloce riflessione è sufficiente per capire
che le onde che si propagano nel mare producono un legame reale, benché temporaneo, tra le navi, i
pesci e altri oggetti che le hanno create. Quando una nave solca il mare, sulla sua scia si formano
delle onde. Tali onde hanno effetti sul moto di altre navi (come ha drammaticamente imparato
chiunque si sia trovato a pilotare una piccola barca accanto a un transatlantico). Le navi
profondamente immerse nel mare esercitano effetti non solo alla superficie, ma anche sopra e sotto
di essa. Un sottomarino, per esempio, crea onde di superficie che si propagano in ogni direzione. Un
altro sottomarino – e ogni pesce, balena od oggetto sui mari – è esposto a queste onde e quindi in
un certo senso plasmato, “in-formato” da esse. Allo stesso modo, un secondo sottomarino “crea onde”
che influenzano, “in-formano”, il primo sottomarino e tutte le altre entità in quel tratto di mare.

Quando molte cose si muovono simultaneamente sul mare, o in qualsiasi medium plastico, quest’ultimo
si modula, ovvero si riempie di onde che interferiscono l’una con l’altra. Questo è ciò che accade
quando molte navi percorrono la superficie del mare. Se guardiamo il mare dall’alto (da una
scogliera o un aeroplano), in un giorno calmo, potremmo vedere le tracce di navi passate in quelle
acque anche varie ore prima. Potremmo anche vedere che queste tracce si intersecano creando
complicati disegni. La modulazione della superficie marina creata dalle navi che la disturbano
contiene informazioni sulle navi che hanno creato tale disturbo. Tutto ciò ha applicazioni pratiche:
è possibile dedurre l’ubicazione, la velocità e persino la stazza delle navi, analizzando i modelli
d’interferenza delle onde.

Quando onde più recenti si sovrappongono ad altre più vecchie, il mare diventa più modulato, ovvero
contiene un numero maggiore d’informazioni. Nei giorni calmi, la sua superficie resta modulata per
ore, talvolta per giorni. I modelli ondulatori che persistono sono il ricordo delle navi che hanno
attraversato quel tratto di mare. Se il vento, la gravità e le linee costiere non cancellassero
queste forme, questi ricordi resterebbero all’infinito. Invece, per l’azione del vento, della
gravità e delle linee costiere, prima o poi la memoria del mare si cancella.

Il mare è una buona analogia del campo cosmico alla base di tutto lo spazio-tempo: il campo
unificato. Il campo unificato è il concetto integrale del vuoto quantistico, emergente dalle ultime
teorie grand-unificate e super grand-unificate. Si tratta del campo che include non solo le
misteriose energie del punto zero, ma anche tutte le forze e i campi della natura. Ogni oggetto
nello spazio e nel tempo emette radiazioni, e le radiazioni emesse si propagano (o, per dirla con i
fisici, “disturbano il livello base”) nel campo cosmico che le contiene. Le onde emesse dagli
oggetti si propagano nel campo unificato, creando modelli complessi d’interferenze. Tali modelli,
come quelli d’interferenza di due raggi laser nei comuni ologrammi, contengono informazioni. Quando
le onde s’incontrano, le informazioni in esse contenute non si sovrascrivono, in quanto le onde si
sovrappongono l’una all’altra. Come in un ologramma, le informazioni contenute dalle onde
sovrapposte sono presenti in tutto il medium di registrazione, il quale nel caso del campo unificato
si espande in tutto lo spazio cosmico. Dunque, il campo unificato trasporta informazioni, ovvero
connette tutte le cose tra loro.

William James, il padre della psicologia americana, percepiva tali interconnessioni. Egli scrisse:
“Dalla mia esperienza… emerge dogmaticamente una conclusione… che noi, con le nostre vite, siamo
come isole nel mare, o alberi nella foresta. L’acero sussurra al pino con le sue foglie, e
viceversa… Inoltre, gli alberi intrecciano le radici nell’oscurità sotterranea e le isole si saldano
tra loro nei fondali oceanici. Allo stesso modo, esiste un continuum di consapevolezza cosmica,
contro la quale la nostra individualità non erige altro che recinzioni temporanee e in cui le nostre
menti si tuffano come in un mare materno o in un serbatoio…”.

La scoperta che il campo unificato non è soltanto un campo superdenso di energie incessantemente
fluttuanti, ma anche un campo cosmico d’informazioni, richiama alla mente l’antico concetto di
Akasha. Nella filosofia indiana, con questo termine (che originariamente significava “radiazione” o
“brillantezza”) si indicava il primo e più importante dei cinque elementi (gli altri erano vata,
aria; agni, fuoco; ap, acqua; prithivi, terra). Akasha contiene le proprietà di tutti i cinque
elementi: è l’utero da cui è emerso tutto ciò che percepiamo con i nostri sensi e nel quale ogni
cosa alla fine tornerà. “Il registro akashico” (o “cronaca akashica”) costituisce la registrazione
duratura di tutto ciò che accade ed è mai accaduto nell’universo intero.

Nei miei libri e studi recenti ho evidenziato come il campo unificato che trasmette e conserva
informazioni sia sorprendentemente simile all’antico concetto di Akasha, e quindi meriti la
definizione di campo akashico (campo-A, per brevità). Il campo-A, a mio parere, è il più
fondamentale dei campi fondamentali della natura, implicando il campo-G (il campo gravitazionale),
il campo EM (il campo elettromagnetico) e i campi nucleare e quantistico.
Il campo-A non è un’astrazione teorica, ma una realtà fisica. Di più, è una realtà di cui si può
fare esperienza diretta. Il nostro cervello è capace di ricevere le informazioni trasmesse dalle
onde che si intersecano tra loro nel campo unificato, il Campo Akashico cosmico.

La mia esperienza del campo-A
Molte persone hanno avuto, e stanno avendo, esperienza diretta di questo campo: si tratta delle
cosiddette “esperienze akashiche”. Nel mio ultimo libro (The Akasha experience: Science and the
Cosmic Memory Field. Inner Traditions, Marzo 2009) riporto venti resoconti di prima mano da parte
di scienziati, studiosi e artisti noti e stimati, sulle esperienze akashiche che hanno trasformato
la loro mente e la loro vita. Tali resoconti sono seguiti da uno studio dei processi fisici che
rendono possibili queste esperienze “extra-sensoriali”. Di seguito illustrerò brevemente alcune
delle mie “esperienze akashiche”.
Le mie esperienze del campo-A, pur meno sensazionali e incredibili di quelle di tante altre persone,
sono state – e continuano a essere – costanti e notevolmente illuminanti.

Cominciai ad avere esperienze akashiche prima dei trenta anni, quando facevo il pianista
professionista. Mentre suonavo, la mia mente era libera di esplorare tutto ciò che affiorava alla
coscienza. Le visioni spontanee arrivavano ogni tanto mentre mi esercitavo a casa, ma più spesso
quando suonavo in pubblico. È però dagli anni Settanta, da quando cioè ho cominciato a studiare
sistematicamente la natura fondamentale della realtà, che le mie esperienze akashiche hanno
cominciato a riguardare le questioni che occupavano la mia mente. Alcune idee che fluivano
spontaneamente nella mia consapevolezza confermavano quanto stavo pensando, mentre altre mi davano
la sensazione che nei miei ragionamenti c’era qualcosa di sbagliato. Altre ancora costituivano idee
nuove, punti di vista inediti su questioni delle quali mi stavo occupando.

Gradualmente, anno dopo anno, le idee che sembravano giuste e vere andarono a formare una nuova
concezione del mondo. Era la concezione di un mondo organico e dinamico, in cui ogni cosa era
collegata con le altre e tutto si evolveva verso forme di complessità, armonia e integrità più
elevate.
Le esperienze akashiche che cominciarono circa cinquanta anni fa suonando il pianoforte sono
continuate per tutti questi anni, e tuttora avvengono. Purtroppo di questi tempi suono raramente il
pianoforte e le mie giornate sono riempite da altre attività, ma ci sono ancora momenti in cui
accedo a quello stato calmo e contemplativo che genera un flusso spontaneo di idee. Nel cosiddetto
stato “del sogno bianco” che precede il risveglio completo, un riesame dei problemi che hanno
occupato la mia mente durante il giorno può farmi intuire che alcune delle mie teorie e ipotesi sono
corrette, mentre altre no. Inoltre, compaiono idee nuove che suggeriscono soluzioni originali ai
problemi sui quali mi sto interrogando. Ma la sensazione che la realtà sia un tutto organico in
dinamica evoluzione non è mai cambiata né diminuita.
Nel presente articolo non posso elencare tutte le idee che ho avuto in questo modo intuitivo: ne
menzionerò solo alcune che mi sembrano particolarmente importanti.

[continua su Scienza e Conoscenza N°27, pag: 34]

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