LA TEORIA DELLE APPARENZE O PSICOBIOFISICA 1

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LA TEORIA DELLE APPARENZE O PSICOBIOFISICA 1

Riassunto dell’opera di Marco TODESCHINI
(a cura di Fiorenzo Zampieri)

parte 1

Da quale ragionamento partì il Todeschini per sviluppare la sua teoria? Dapprima cercò i motivi per
cui la concezione fluido-dinamica dell’universo , che poteva spiegare tutti fenomeni, dal moto degli
elettroni nell’atomo a quello degli astri nel cosmo, dalle vibrazioni sonore a quelle
elettromagnetiche, fosse stata in ogni tempo, prima accolta, per poi essere successivamente
ripudiata. Eseguendo un’analisi storica che partiva dalle origini della scienza moderna, scoprì che
ciò avveniva a causa delle quattro obiezioni elevate da Newton contrarie alla concezione
fluido-dinamica dell’universo. Si avvide perciò che la crisi della scienza moderna risaliva fin dai
tempi di Cartesio e Newton poiché il primo ammetteva un universo pieno di fluido i cui vortici
muovevano gli astri, ed il secondo invece ammetteva un universo vuoto nel quale gli astri si
muovevano senza attrito, eternamente, spinti da misteriose forze di gravità da loro stessi emanate.

Todeschini ritenne quindi di dover esaminare se veramente le quattro obiezioni di Newton fossero
tali da infirmare la teoria dei vortici. Per fare ciò esaminò dapprima l’intima essenza del più
misterioso degli enti: il tempo. E scoprì che “esiste solo ciò che dura nel tempo”, cioè ogni tipo
di esistenza esiste solo se dura, sia pure per il più breve possibile degli istanti concepibile,
altrimenti non esiste. Considerando poi l’impossibilità del succedersi di istanti e della
misurazione del tempo se questo non variasse per quantità finite, lo portò ad un’altra scoperta
straordinaria e cioè che la durata dell’inafferrabile presente si identifica col tempo che occorre
per vincere l’inerzia degli organi di senso ed a metterli in moto. Svelò così l’insospettata
relatività delle esistenze e le loro varie specie, fra le quali scoprì quelle spirituali,
caratterizzate dal durare nel tempo ed essere irreperibili nello spazio. Posta così la prima base
per distinguere con sicurezza ciò che esiste da ciò che non esiste, ed altresì ciò che distingue
un’esistenza materiale, da un’esistenza spirituale, si addentrò nell’intricata questione della
materia per trovare spiegazione degli attributi basilari che la caratterizzano e cioè: volume,
massa, peso, inerzia ed attrazione.

Iniziando dal concetto di massa, dimostrò come le varie specie di essa a seconda delle diverse
espressioni fisico-matematiche attribuitegli dalla scienza, sono riducibili ed identificabili tutte
nel rapporto tra forza ed accelerazione, giungendo così alla sensazionale scoperta che la massa di
un corpo è proporzionale alla massa del volume di spazio fluido spostato dal movimento
roto-traslatorio dei suoi atomi. Oltre a questa scoperta che ricorda quella di Archimede sulla
spinta dei liquidi contro i corpi in essi immersi, scoprì tutte le relazioni relative alla massa,
spiegando come e perché essa varia con la velocità relativa dei corpi rispetto allo spazio
fluido-ponderale ambiente, pervenendo altresì a stabilire le equazioni che determinano la massa
trasversale e longitudinale alla direzione del movimento rispetto a quella che i corpi hanno quando
giacciono immobili, giungendo così a chiarire che la massa non è una qualità propria dei corpi,
indipendente dal mezzo in cui si muovono, ma bensì dipendente da esso, e precisamente dalla densità
e dalla velocità relativa di esso rispetto al corpo considerato.

Passando al secondo attributo della materia, il peso, scoprì che esso è un’apparenza della spinta
diretta verso il centro della Terra che lo spazio fluido rotante attorno al nostro pianeta esercita
sugli atomi disposti ai punti d’incrocio dei reticoli che costituiscono lo scheletro dei corpi, si
che ne consegue che il peso, come tutte le altre forze, sono di origine dinamica. Per meglio
chiarire il concetto: dove si risente una forza, vi è, visibile od invisibile, l’incontro, l’urto,
la decelerazione di un corpo o di un fluido, contro il corpo che manifesta la forza stessa.

Il terzo attributo della materia, l’inerzia, portò Todeschini a sfatare il fatto che nel vuoto
assoluto sia possibile produrre e mantenere il moto dei corpi, poiché il sorgere ed il mantenere
tale moto deve necessariamente essere spiegato ammettendo uno spazio fluido ponderale avente cioè
densità propria, anche se le sue masse costituenti sono così piccole da essere invisibili e da far
apparire lo spazio come vuoto. Giunse perciò, per la prima volta nella scienza, a concepire un vuoto
ponderale, cioè un vuoto costituito da uno spazio fluido avente densità propria, atto ad opporre
resistenza al moto dei corpi in esso immersi, od a provocare col suo moto quello dei corpi in esso
immersi ed il perdurare di questi nel movimento rettilineo ed uniforme della corrente spaziale
fluida che li spinge. Trovò che prove fisico-matematiche di tale scoperta erano contenute
nell’espressione della forza d’inerzia di Newton dimostrando che essa era valida solamente in uno
spazio ponderale, mentre nel vuoto assoluto essa risultava erronea. Risulta così che l’inerzia dei
corpi è un’apparenza della resistenza opposta al loro movimento dallo spazio fluido in cui sono
immersi. Da tale scoperta dedusse immediatamente un’altra di eccezionale importanza e precisamente
che la materia non è altro che spazio in movimento rispetto allo spazio ambiente e che gli atomi e
gli elettroni non sono altro che sfere limitate di spazio in rotazione attorno ad un proprio asse
polare, rispetto allo spazio che li circonda. Trovò così come nasce l’elemento primo costitutivo
della materia da una semplice rotazione di spazio, dimostrando come la sua velocità di rotazione
determina ad un tempo, sia i limiti dell’elettrone o dell’atomo, sia il loro volume, sia la loro
massa, sia il loro peso, sia la loro inerzia e sia , infine, la loro forza attraente (gravità).
Spiegò, con ciò, il meccanismo, il sorgere, il variare e l’estinguersi del moto di rotazione di
piccole sfere di spazio ponderale.

Svelata in tal modo l’essenza intima della massa, del peso, dell’inerzia e della gravità, nonché
quella della materia, non restava che provare la mobilità dello spazio, la sua fluidità e
ponderabilità. Si trattava di infrangere il vecchio mito di uno spazio immobile costituito dal
nulla, ma la soluzione era a portata di mano! Infatti, il peso, la massa, l’inerzia, la
gravitazione, la forza centrifuga, gli effetti giroscopici, la caduta dei gravi, il moto degli
astri, quello degli elettroni attorno al nucleo atomico, le vibrazioni luminose, quelle
elettromagnetiche, quelle termiche, ecc., non erano forse prove ben tangibili e manifeste del
movimento dello spazio?

Nonostante questa valanga di prove, Todeschini chiarì e dimostrò come i fenomeni di Bradley,
l’incurvamento dei raggi luminosi presso le masse celesti, la rifrazione della luce, gli esperimenti
di Michelson e Morley, quelli di Fizeau, quelli di Doppler, e quelli di Trouton e Rankine, non
contraddicano affatto la mobilità e ponderabilità dello spazio. La ricerca di tali prove lo portò a
fare un’altra stupenda scoperta e cioè a rivelare per la prima volta al mondo, l’identità dei
fenomeni giroscopici coi fenomeni di Magnus. Le misteriose reazioni del giroscopio sono state
spiegate come reazioni di una massa rotante entro una corrente di spazio fluido. Da ciò la
conseguenza che gli effetti giroscopici dimostrano direttamente l’esistenza di uno spazio fluido
ponderale, specie se essi si notano anche nel vuoto pneumatico.

Trovate così le prove inoppugnabili che lo spazio ha tutte le caratteristiche di un fluido
incompressibile, diventava possibile applicare ad esso le equazioni dell’idraulica e e controllare
se si potevano da esse dedurre le leggi che regolano tutti i fenomeni fisici conosciuti, spiegandoli
nella loro intima essenza come fenomeni fluido-dinamici, dovuti cioè alla mobilità e ponderabilità
dello spazio. Fu così che prese in considerazione il movimento particolare di spazio che più gli
interessava e cioè quello prodotto dalla rotazione di una sfera su se stessa nello spazio ad essa
circostante, movimento che accumunando gli atomi con gli astri, i pianeti ed i satelliti, assume un
carattere di universalità la cui importanza non poteva sfuggire.

Todeschini rilevò immediatamente che la sfera centrale ruotando attorno al suo asse polare, in base
ai principi dell’idraulica, doveva per attrito trascinare in rotazione superfici sferiche di spazio
fluido concentriche di spessore costante e con velocità di rotazione inversamente proporzionali al
loro raggio, in obbedienza alla legge delle aree valida nei fluidi. Analizzando tali campi rotanti
centro-mossi, scoprì che la velocità di rotazione, la velocità angolare, la frequenza di rotazione,
l’energia, la pressione dinamica e la forza, variano per salti da una falda all’altra del campo, e
che questa discontinuità è causata dallo spessore costante delle falde sferiche mobili e
concentriche alla sfera matrice originale. Il misterioso quanto d’azione, introdotto dalla fisica
teoretica per dar ragione del variare per salti dell’energia, viene cos’ identificato nelle sue
dimensioni, come una quantità di moto che si mantiene costante per qualsiasi falda considerata, ed
inoltre viene svelato che non solamente l’energia varia per salti ma anche le altre entità sopra
citate. Di tale discontinuità Todeschini svelava il mistero indicandone la causa nel movimento dei
fluidi per falde di spessore costante. Studiando poi gli effetti conseguiti dall’immersione di una
sfera planetaria in un campo centro-mosso, si avvide che essi dovevano essere identici agli effetti
Magnus. La sfera rotante planetaria investita dalla corrente circolare del campo doveva cioè essere
sollecitata da una spinta obliqua rispetto alla direzione della corrente investitrice, spinta che si
poteva scomporre in due: una diretta verso il centro del campo, ed un’altra diritta secondo la
perpendicolare al raggio che unisce il centro del campo alla sfera planetaria. La prima spinta,
centripeta, si poteva identificare così con la forza di gravitazione tra la massa centrale motrice e
quella planetaria, la seconda spinta tangenziale invece si poteva concepire come quella atta a
provocare la rivoluzione della sfera planetaria intorno al centro del campo. Senza ammettere
misteriose forze di gravitazione e senza ammettere movimenti rettilinei ed uniformi di origine
mitica veniva così a svelare il meccanismo del movimento degli astri e quello degli elettroni
intorno al nucleo atomico, con semplici azioni fluido-dinamiche.

Per controllare se le leggi del campo rotante di spazio erano o no uguali a quelle conosciute dei
campi di gravitazione astronomici ed ai campi coulombiani dell’atomo, doveva in primo luogo trovare
le leggi del campo rotante Todeschini.

Fu così che Todeschini determinò la serie completa delle leggi che regolano il movimento delle sfere
planetarie immerse in un campo di spazio rotante centro-mosso da una sfera solare, determinando
l’espressione analitica delle accelerazioni, della velocità e degli spazi, nelle loro componenti
radiali e trasversali, nonché nelle loro risultanti; determinando che le linee di forza, le linee di
velocità e le traiettorie sono spirali Todeschini, delle quali ha dato l’espressione matematica;
determinando i tempi di rivoluzione e le velocità di rotazione. Tutte le relazioni
fisico-matematiche sopra citate sono state espresse in funzione della distanza delle sfere
planetarie dal centro del campo, in modo da unificare la funzione di riferimento per i vantaggi
conseguenti. Scoprì infine anche una relazione assolutamente inattesa tra il rapporto delle masse di
due pianeti ed il prodotto dei rapporti dei loro raggi al quadrato e delle loro accelerazioni di
gravità. Infine chiarì che le sfere planetarie immerse in un campo rotante di spazio centro-mosso
potevano percorrere, in certi casi, i due rami simmetrici ed opposti di una spirale Todeschini, cioè
una curva chiusa sui punti di nodo di tali rami, curva che poteva essere stata confusa con le
traiettorie coniche dei pianeti del sistema solare. Svelò poi l’essenza intima della gravitazione
universale della materia come un’apparenza della spinta che i corpi risentono per effetto Magnus se
immersi in campi rotanti di spazio fluido reciproci generati dai loro nuclei atomici componenti, e
dimostrai che due campi rotanti equiversi si attraggono, mentre due campi controversi si respingono,
giungendo alla strabiliante scoperta che la forza di gravità può assumere valori positivi, nulli, o
negativi.

Restava da controllare se veramente tali leggi trovate analiticamente risultavano confermate
dall’esperimentazione.

Si doveva cioè controllare se in un campo di acqua centro-mosso, od un vortice equivalente, in cui
fossero state immerse delle sfere planetarie, quelle leggi teoricamente trovate, erano realizzate
anche praticamente. Così fece i sue esperimenti cruciali sui campi rotanti e sui vortici d’acqua, i
quali confermarono in pieno le leggi. E poiché tra quelle leggi vi erano anche tutte quelle che
Keplero ha trovato valide per il moto degli astri, risultava dimostrato matematicamente e
sperimentalmente che le leggi dei vortici e dei campi fluidi rotanti non contrastavano affatto con
quelle astronomiche, come erroneamente ha sostenuto Newton. Le quattro obiezioni da questi sollevate
contro la teoria fluido-dinamica dell’universo restavano perciò demolite in pieno.

La spazio-dinamica, basata sul calcolo e confermata dall’esperienza, non risultava, quindi, più
un’ipotesi, ma una concezione rispondente alla realtà fisica, ed il suo avvento diveniva fatale,
quale unica teoria possibile e valida a spiegare tutti i fenomeni dell’universo, nella loro intima
essenza, nel loro meccanismo, nelle loro apparenze, nelle loro leggi e persino nelle loro finalità
specifiche e d’insieme. Ma altri banchi di prova attendevano per controllare se la teoria del
Todeschini rispondeva o meno alla realtà fisica. Infatti per controllare se la sua teoria era valida
bastava vedere se con essa si poteva giungere a formulare le leggi che dominano l’atomo, quelle che
regolano i fenomeni chimici, l’astronomia, la dinamica, l’ottica, l’elettromagnetismo, l’acustica,
la termodinamica, la fisica ondulatoria, ecc.

Come primo banco di prova, Todeschini, volle la fisica atomica e la chimica, perché era naturale,
per ragioni d’ordine e di misura, cominciare dai più piccoli elementi che costituiscono la natura.
Per non incorrere nell’accusa di ammettere arbitrariamente l’esistenza di un etere o spazio fluido
ponderale, egli si attenne al sano concetto di controllare prima se tutte le leggi conosciute
dell’atomo corrispondevano a talune di quelle dei campi rotanti di spazio, ed in secondo luogo di
vedere se dalle leggi dell’atomo si potevano trarre tutte le altre sconosciute ad esso, ma proprie
dei campi rotanti, perché era evidente che se tutte le leggi conosciute e quelle sconosciute da esse
deducibili, corrispondevano a quelle dei campi rotanti, allora si deve convenire per forza che
l’atomo è un campo rotante di spazio centro-mosso, in base al concetto che solo uguali meccanismi
sono retti dalle stesse leggi e producono gli stessi effetti. Così svelò il mistero dell’atomo, ed
il suo campo di forze coulombiano è risultato un’apparenza del campo rotante Todeschini. Qui si
rivelò che la massa trasversale del nucleo e dell’elettrone si identificano con le loro rispettive
cariche elettriche trasversali. Queste risultano pertanto delle apparenze di quelle. Scoprì così che
anche le cariche elettriche, come le masse, variano con la velocità e che sono diverse nella
direzione trasversale e longitudinale del moto dell’elettrone.

Per la prima volta nella scienza poi, determinò le espressioni delle accelerazioni, delle velocità,
degli spazi radiale e longitudinale, nonché le loro risultanti, relative al moto di rivoluzione
dell’elettrone attorno al nucleo: determinò che le linee di forza, di velocità e le traiettorie
dell’elettrone sono spirali Todeschini e dimostravo che le leggi della discontinuità dell’energia
dell’atomo eccitato da radiazioni erano eguali a quelle dei campi rotanti di spazio e causate dallo
spessore costante delle falde sferiche di spazio fluido poste in rotazione attorno al nucleo.

Raggiunte queste scoperte, gli fu possibile violare anche il mistero del nucleo atomico, descriverne
chiaramente la costituzione, il meccanismo e le leggi, e svelare con ciò tutti i fattori
determinanti le varie proprietà degli atomi. Scoprì l’essenza intima dei numeri atomici, nucleari e
planetari, e le loro relazioni atte ad individuare i vari elementi chimici e le loro famiglia e
svelò il mistero del periodo chimico.

Un altro banco di prova per la spazio-dinamica prese l’astronomia. In questo campo sarebbero dovuti
cadere tutti i dubbi, perché a differenza della fisica atomica, l’astronomia, oltre alle leggi del
moto dei corpi celesti forniva delle misure rilevate dall’osservazione e quindi la possibilità di
controllare se i dati quantitativi di esse corrispondevano o meno a quelle deducibili da quelle
relazioni dei vortici trovate dal Todeschini.

Anche in questo caso per il controllo della teoria adottò il concetto di dimostrare che le leggi che
dominano il sistema solare e quelle da esse deducibili matematicamente, corrispondano a tutte quelle
del campo rotante di spazio centro-mosso nel quale siano state immerse o si siano formate le sfere
planetarie. Con opportuno procedimento matematico diede questa dimostrazione che assicura essere il
sistema solare un immenso campo rotante di spazio fluido ponderale centro mosso dal Sole e movente i
suoi pianeti e satelliti con la sensazionale scoperta che il moto di questi corpi rivoluenti e la
sua entità non è quella che ci appare ma bensì assai diverso. Infatti fino ad oggi si sono
considerati solamente moti relativi a noi, sulla Terra, e nella loro proiezione prospettica, il che
conduceva ad asserire che i pianeti descrivono delle ellissi intorno al Sole, mentre invece, come
dimostrato, essi descrivono due rami opposti della spirale Todeschini. Così ancora, sino ad oggi si
ritiene che la velocità istantanea dei pianeti, diretta secondo la tangente alla loro traiettoria,
sia quella espressa dalla legge delle aree, mentre invece questa legge esprime la velocità che è la
componente trasversale di quella diretta secondo la tangente alla spirale citata.

Nell’astronomia, oltre alla 2^ e la 3^ legge di Keplero, valgono quindi tutte le altre del campo
rotante di spazio Todeschini, le quali lo hanno portato a scoprire che oltre alla forza attraente
(gravità) diretta verso il Sole, che si identifica con la spinta fluido-dinamica centripeta del
campo, i pianeti sono sollecitati anche da una forza perpendicolare alla retta che li unisce al
centro solare, forza che è quella che li costringe a rivoluire attorno all’astro centrale. Sino ad
oggi tale forza, causa del moto di rivoluzione, era sconosciuta, e quel moto veniva spiegato come
risultante tra un moto rettilineo ed uniforme impresso per l’eternità, non si sa da chi, ed il moto
radiale dovuto alla forza di gravità. In conseguenza alla scoperta sopra citata, Todeschini, ne
dedusse immediatamente una conseguente e cioè che oltre all’accelerazione centripeta, i pianeti ne
hanno una ad essa normale, della quale trovò l’espressione analitica in funzione della loro distanza
dal Sole.

Sempre in funzione di tale distanza determinò le espressioni delle velocità e degli spazi percorsi
nelle loro componenti trasversali e longitudinali, nonché nella loro risultante. Ha poi trovato le
espressioni delle linee di forza, delle linee di velocità e delle traiettorie, che sono quelle della
spirale Todeschini, sia per i pianeti ed i satelliti, sia per i gravi cadenti a terra. Con ciò ha
eliminato il contrasto stridente che risultava dall’ammettere che i pianeti e satelliti
percorressero delle coniche, ed i gravi cadenti delle spirali, pur essendo tutti corpi che si
muovono in campi di gravitazione. Come verifiche sperimentali delle leggi nuove sconosciute sinora
all’astronomia, ma comuni ad essa ed ai campi rotanti di spazio fluido, Todeschini trovò con le
leggi in parola tutte le distanze dei pianeti dal Sole e dei satelliti dai pianeti; trovò il numero
di giri che compiono su se stessi i pianeti e la loro velocità di rotazione, le loro inclinazioni
sull’orbita e le loro masse. Sino ad oggi nessuna legge è stata trovata per determinare i dati ora
indicati, se si eccettuano due o tre formule empiriche per computare le distanze, le quali per altro
non risultano dedotte da un chiaro meccanismo come quelle date dal Todeschini. Di assoluta
originalità è stato poi il concetto da lui introdotto di calcolare moto e raggi astronomici in base
agli effetti giroscopici della Terra. Questa teoria parte dal concetto che tutte le sfere planetarie
roto-rivoluenti attorno al centro di un campo rotante di spazio fluido centro mosso, si potevano
considerare come dei giroscopi imperniati sull’asta di una bilancia giroscopica roto-rivoluenti
attorno all’asse medio verticale di essa, in modo che distanze, moto di rotazione e di rivoluzione
assumevano entità strettamente corrispondenti agli effetti giroscopici. Da questi si potevano
dedurre quelle e viceversa. Così trovate le relazioni matematiche basilari più utili all’astronomia,
alle quali aggiungeva quelle dei sistemi di rotismi, gli fu possibile determinare il raggio, la
velocità di rotazione, il periodo di rotazione e quello di rivoluzione dei vari campi rotanti di
spazio fluido interni ed esterni al sistema solare sino ai limiti delle stelle più lontane
percepibili con i più potenti telescopi moderni.

In base a tali scoperte gli fu possibile stabilire che l’universo è costituito da una serie
indefinita di spazi sferici roto-rivoluenti dei quali ciascuno è ad un tempo vortice solare rispetto
a quelli planetari di minor grandezza contenuti e vortice planetario rispetto a quello di grandezza
immediatamente superiore in cui è contenuto. Resta così dimostrato che anche sul banco di prova
dell’astronomia la concezione spazio-dinamica è confermata.

Resta allora da chiarire ancora gli altri movimento dello spazio non rotatori, ma vibranti, che si
manifestano a noi, non sotto forma di materia, ma di sensazioni.

Occorreva perciò approfondire l’indagine su tutti i fenomeni vibratori specie nel loro meccanismo
emittente, trasmittente e ricevente, con particolare studio sul mezzo di trasmissione al fine di
stabilire se questo era atto o meno a trasferire da un punto all’altro dello spazio delle speciali
forme di energia (luce, calore, elettricità, ecc.), oppure se solamente era atto trasferire
movimenti di se stesso. Anzitutto, secondo la sua teoria, essendo quel mezzo costituito di spazio
ponderale, bisognava che dimostrasse con quale meccanismo si poteva indurlo a vibrare, e bisognava
che dimostrasse altresì che le onde in esso prodotte erano trasversali alla direzione di
propagazione, e ciò perché sino ad oggi la scienza ha persistito nel ritenere che in un fluido so
possano generare solamente onde longitudinali come quelle che producono i suoni nell’atmosfera.
Scoprì così che si potevano generare onde trasversali nello spazio ponderale qualora si fosse
prodotto in esso una corrente alternata rettilinea od una corrente rotante alternata, poiché tali
correnti centrali motrici inducono il loro moto alterno alle falde di spazio fluido circoscritto
sino alla falda di sponda ove il moto si estingue. Determinò così in base alla fluidodinamica le
forze d’attrito che sollecitano al moto le varie falde concentriche alla corrente motrice, e da esse
pervenne a stabilire l’equazione che descrive la configurazione ondosa assunta dai punti delle
successive falde i quali giacciono su una linea retta quando le falde cessano di oscillare.

L’equazione trovata è simile a quella delle corde vibranti, o se si considera il moto nel piano è
simile a quella delle membrane vibranti. Potè così determinare la velocità di propagazione delle
onde di spazio fluido, in funzione della viscosità e densità di esso, ciò che lo portò alla conferma
che se lo spazio non ha massa, non può vibrare, cioè non può trasmettere azioni a distanza. Il fatto
poi che le onde originano da una sorgente di moto e si estinguono sulla falda di sponda, chiarisce
già che esse non possono assumere che determinate frequenze a secondo della lunghezza di tale
percorso. Dimostrò questo fatto matematicamente. Così la modalità di trasmissione del moto ondoso
nello spazio ponderale scoperto da Todeschini, non solamente dà consistenza materiale al mezzo ed
alle sue vibrazioni, non solo rende possibili onde traversali, ma anche dà completa spiegazione dei
valori saltuari che assume l’energia. Poiché tutti i fenomeni ondulatori sono retti dalla equazione
di Schrodinger, Todeschini doveva pervenire ad essa tramite la fluido-dinamica, se la sua teoria era
rispondente alla realtà fisica. Infatti raggiunse questo risultato, e venne così a scoprire che la
misteriosa funzione y di tale equazione non rappresenta un’onda di probabilità, bensì l’onda del
potenziale della velocità dello spazio fluido. Con ciò chiariva che tutti gli effetti di interazione
tra onde e corpuscoli non sono che apparenze di effetti fluido-dinamici tra lo spazio ponderale in
vibrazione e gli elementi primi costituenti della materia.

Questo studio lo portò ad una scoperta grandiosa è cioè che le radiazioni dello spettro
caratterizzate da onde trasversali, avendo la stessa velocità di propagazione sono prodotte tutte
nello stesso mezzo (spazio fluido-ponderale) e perciò esse pur producendo in noi sensazioni diverse
a seconda della loro frequenza, sono costituite tutte ed unicamente da movimenti di spazio aventi la
stessa densità. Scoperta questa che dà la certezza che fuori di noi vi è solo spazio in movimento,
privo cioè di quelle speciali forme di energia che percepiamo sotto forma di sensazioni, le quali
perciò devono sorgere nel nostro spirito. Ciò che viene trasmesso da un punto all’altro
dell’universo non è la luce né i suoi colori, non è l’elettricità, né il magnetismo, né il calore,
ecc., ma solamente il movimento dello spazio o di un fluido molecolare (aria) per le sensazioni
acustiche.

continua…

digilander.libero.it/Marisau/la_teoria_delle_apparenze.htm

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