La Crisi del Giorno Dopo

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La Crisi del Giorno Dopo

Da una lezione di Shriman Matsyavatara Prabhu tenuta il 26-07-04

Voglio descrivervi un fenomeno della coscienza che ho visto in atto più volte e di cui ho dovuto
occuparmi spesso nel corso del tempo. È un fenomeno rilevante, al quale dovreste prestare molta
attenzione. Se non vi ponete la giusta attenzione infatti neppure sarete in grado di scorgerlo,
soprattutto nel caso in cui voi stessi ne siate vittima, come avviene per tutti i condizionamenti,
che tanto più condizionano quanto più sono inconsci. Vi ho già parlato altre volte di questo
fenomeno, che io chiamo “la crisi del giorno dopo”.

E’ la crisi che può sopravvenire dopo che una persona ha sperimentato un momento di successo
spirituale. Qualcuno potrebbe sorprendersi e chiedersi come e perché, a seguito di un successo
spirituale, si possa entrare in crisi; io vi suggerisco di non sorprendervi ma cercar di capire.
La cosiddetta “crisi del dopo successo” ha un suo corrispondente, seppur per ragioni ben diverse,
anche nel mondo materiale: ci sono ad esempio persone che, dopo aver ricevuto un’eredita inaspettata
o aver fatto grosse vincite alla lotteria, superato l’iniziale periodo di eccitazione, entusiasmo ed
euforia, piombano nell’ansietà ed entrano in crisi. Altri lavorano a lungo e con molti sforzi,
impegnando e sacrificando tutto quel che hanno per fare carriera, spesso a costo anche di pesanti
compromessi ed umiliazioni e, dopo aver ottenuto il posto di lavoro tanto agognato, magari dopo anni
e anni di pene e fatiche, vengono improvvisamente colti, proprio mentre sperimentano il successo,
da rimorsi, inibizioni, paure, emozioni e pensieri distruttivi.
Fino a che si tratta di fenomenologia della prakriti, di successi mondani, vissuti sul piano
relativo e fugace dell’immanenza, voi giustamente penserete: “E’ normale, è evidente che non si
possa trarre duratura e reale soddisfazione da tali apparenti successi, concepiti come fini a se
stessi, relegati al mondo dell’impermanenza ed esperiti senza vera consapevolezza spirituale”.

Ciò che intendo spiegarvi ora è che questo fenomeno, seppur con altre modalità e per ragioni
totalmente diverse, può verificarsi anche nella vita spirituale: può capitare esattamente quando, in
un percorso di ricerca, la persona non si è ancora liberata da componenti fortemente condizionate
della personalità, come è nel caso del kanishta adhikari o prakrita bhakta, cioè quando non si è
totalmente sganciata da alcune pesanti tendenze egoiche, che tornano per ciò ad emergere nei momenti
più inaspettati.

Dopo l’iniziazione spirituale (la sacra diksha) per solito si sperimenta una gioia intensa,
consapevolezza, realizzazione, pace profonda e leggerezza. Accade però che, benché la persona si
senta sollevata, ispirata e felice, anche dopo l’iniziazione, che rappresenta appunto l’inizio di un
percorso di purificazione, non raramente tornino all’attacco i fantasmi delle proprie
sub-personalità, con quelle caratteristiche e tendenze involute del carattere che ancora non sono
state totalmente superate, con energie affettive, emotive e psichiche non ancora ben canalizzate e
sublimate.
Queste tendenze negative infatti non scompaiono del tutto e definitivamente nel momento della Diksha
ma permangono in potenza, come semi nell’inconscio. Allora cosa intendono i testi della Tradizione
quando spiegano che il Guru si fa carico del karma del discepolo? Significa proprio ciò che dicono:
che il Guru si fa carico di tutte le reazioni karmiche del proprio discepolo, solo che, nel momento
in cui questi torna a produrre nuovo karma negativo, anche il vecchio torna ad essere di nuovo
attivo, mentre prima i suoi effetti risultavano come sospesi e neutralizzati in forza della sacra
Diksha.

Quanto alla fenomenologia del successo, la si può spiegare anche dal punto di vista della
psicologia sociale, analizzando aspetti per molti versi più facilmente comprensibili rispetto a
quelli esoterici sopra accennati.
Determinante e fondamentale è l’immagine che un individuo ha di se stesso: spesso accade che, dopo
aver conseguito un successo, l’individuo manchi di reinterpretare e di modificare, sulla base di
tale successo, l’immagine che egli ha di sé. Se le esperienze di successo non trasformano la
percezione di noi stessi, sarà quest’ultima a prevalere nel trasformare la realtà delle cose attorno
a noi e la natura degli eventi, specie di quelli in corso.

Possiamo studiare il caso di una persona che attribuiva tutti gli insuccessi e le sfortune della
propria vita ad una sua menomazione fisica, un suo incedere claudicante. Decise di sottoporsi ad
operazioni chirurgiche costosissime e dolorose a seguito delle quali, dopo circa quattro anni di
interventi ravvicinati in vari ospedali europei, l’arto venne perfettamente riabilitato. Passati i
primi momenti di euforia, la persona venne però nuovamente colta da un senso profondo di solitudine
e depressione, ancora più nero e greve del precedente. Questo perché l’immagine mentale che lui
aveva di sé stesso era ancora claudicante e sappiamo che lo stato interiore, ovvero l’immagine
inconscia che uno ha di sé è molto più forte, molto più potente e carica di energia di quella
esteriore così come percepita dagli altri o dal soggetto stesso allo specchio. Non è facile riuscire
a modificare l’immagine inconscia che abbiamo di noi stessi, in quanto quest’ultima si nutre di
samskara, di cicatrici emotive profonde, e spesso di complessi che tendono a radicarsi e a permanere
nel tempo. Se una persona ha tendenza a mentire e si è fatta quest’immagine di sé, anche dopo che
sarà riuscita ad abbandonare quella cattiva abitudine, continuerà a vedersi come bugiarda,
nonostante quel che potranno dirle gli altri. Per portare un altro esempio: l’idea di essere una
persona inaffidabile può permanere anche dopo che il soggetto abbia acquisito maggior senso di
responsabilità e del dovere, cioè anche quando agli occhi degli altri sarà reputato affidabile;
occorre che sia lui stesso a realizzarlo intimamente, nel profondo.

Studio da anni i fenomeni della coscienza e del comportamento e posso dire che per questo fenomeno
ci sono rarissimi rimedi, a meno che il soggetto non attivi una forza superiore derivata della
consapevolezza spirituale e della Grazia divina, che possono trasformare e riarmonizzare anche
l’immagine interiore.
Senza una disciplina etica e spirituale (sadhana bhakti), senza un impegno serio e continuativo
sotto la guida di un Maestro esperto e competente, attento anche agli aspetti apparentemente più
marginali della coscienza e del comportamento, quest’immagine interiore non si riesce neppure a
scalfire, tanto meno a modificare. Può modificarla solo una potenza superiore, divina, quella che
proviene da Guru Prasada, da Krishna Prasada.

La sacra Diksha contribuisce molto a trasformare questa immagine ma, per modificarla
definitivamente, attraverso la sublimazione di tutte le cariche psichiche negative, il lavoro sul
carattere deve continuare anche dopo la Diksha. Tutte le qualità dell’anima vanno rievocate e devono
diventare il nostro stile di vita. In ogni momento la persona dovrebbe nutrirsi di immagini elevate,
legate alla sua identità profonda, imparare a percepirsi in quella identità, trascendendo i tratti
vincolanti della personalità egoica.

Come dovrebbe vedersi allora una persona? Certo non dovrebbe valutarsi dall’immagine di sé stessa
che vede riflessa nello specchio, un’immagine non ha niente a che fare con il sé, che è solo una
percezione temporanea, un’identificazione effimera, un’immagine che non permane nel tempo, e che non
sarà più la stessa dopo vent’anni. E nemmeno la persona dovrebbe valutarsi sulla base dell’immagine
inconscia che ha di sé, la quale è l’esito di superfetazioni egoiche e di condizionamenti che si
sono stratificati sull’identità vera, la nitya svarupa, la natura eterna e spirituale dell’essere,
luminosa e legata in amore a Dio.

Dobbiamo comunque ricercare la nostra identità a livello profondo; e i nostri strumenti principali
di ricerca e di elevazione saranno la sacra Diksha, la compagnia di persone sagge e devote a Dio
(sat-sanga), la guida e gli insegnamenti del Maestro spirituale, l’impegno nella sadhana bhakti, la
meditazione sui Nomi divini e il servizio offerto con sincerità e devozione a Guru e a Krishna.
Senza questi strumenti, che ricollegano al Divino ed operano trasformazioni supremamente benefiche e
profonde nella coscienza, risulterebbe quasi impossibile modificare definitivamente quell’immagine
condizionata ed inconscia che abbiamo sviluppato di noi stessi, gravida di paure, di complessi di
colpa, di cicatrici emotive, di rancori e rimorsi, di tutti gli esiti cioè molteplici esperienze
fatte nella vita.
Le immagini interiori sono la matrice dell’azione, sono il seme di quel che si manifesta
all’esterno. Se uno intimamente pensa: “E’ inutile, non ce la farò mai, Maya è più forte di me, sono
fatto così, quando mai riuscirò a vincere le mie tendenze!” inevitabilmente andrà incontro ad un
fallimento: il fallimento immaginato diventa reale, perché siamo noi che modifichiamo e creiamo la
nostra realtà con i nostri pensieri, con la potenza della visualizzazione, con l’energetica del
desiderio o della paura, con l’immagine che ci saremo fatta di noi stessi.

Pensiamo a coloro che vivono esperienze di grande successo spirituale. Queste esperienze talvolta
possono risultare contrastanti con l’immagine che un individuo ha di sé, magari di persona insicura,
debole, troppo dipendente dalle opinioni altrui. Se questa immagine di sè non cambia, il successo
esterno sarà seguito da crisi e scompensi a livello interiore, perché i nuovi superiori equilibri
sono tali solo quando sono raggiunti armoniosamente e stabilmente. Per evitare queste crisi, prima
andrebbe creata ed affermata l’immagine interiore di come uno vorrebbe e dovrebbe essere. Se il
lavoro sul carattere verrà fatto in profondità, allora la persona si troverà psicologicamente pronta
quando un successo o una posizione migliore verranno raggiunti. Ci sono invece individui che
s’impauriscono del proprio successo, perché interiormente non hanno ancora ben strutturato
un’obiettiva e positiva immagine di se stessi.

I desideri intensi muovono le cose e trasformano la realtà. Come la persona desidera essere, così
diventa. Chi però ha ambizioni meramente egoiche non attingerà un successo reale: il suo apparente
successo prima o poi si trasformerà in disgrazia.
La gestione non matura delle risorse e della potente energetica del desiderio, produce squilibri e
crisi profonde. Ogni uso improprio, ogni spreco, è causa di fallimento personale.
Tutto quel che abbiamo: cose, affetti, talenti, va posto al servizio di Guru e Krishna, allo scopo
di favorire il nostro riconnettersi alla matrice profonda di origine divina, senso e fondamento del
nostro esistere; se ciò non avviene, spiega Shrila Rupa Gosvami, tutto s’inquina e si trasforma in
veleno.

Mettere tutte le nostre risorse al servizio di Krishna fa la perfezione dell’esistenza (yukta
vairagya). Ambarisha Maharaja era padrone del mondo, però non lo guardava per il proprio godimento
egoistico ma come strumento per servire Dio. Per svolgere bene quella funzione occorrevano maturità
e consapevolezza, poiché chi dispone di così tante energie può fare grandi opere di bene ma, se non
ha cura e motivazione pura nel loro utilizzo, può provocare grossi danni ed arrecare molto male al
prossimo e a sé stesso.
Le risorse più preziose, da mai trascurare e di cui mai dobbiamo abusare, sono le persone, con i
loro desideri di progresso, con i loro aneliti di bene, con i loro progetti, con la loro ricerca di
realizzazione. Non dovremmo permetterci di sprecare neanche la minima parte delle loro energie,
favorendo invece concretamente e in ogni momento la loro convergenza, canalizzazione e sublimazione,
verso motivazioni elevate di vero bene, di vero successo; sublimazione è possibile se le ispiriamo
ad un impegno concreto in attività spirituali, in un servizio attivo e vigoroso offerto con
consapevolezza e dedizione a Guru e Krishna. Secondo una delle più importanti e ricorrenti
affermazioni di Shrila Prabhupada: Bhakti Yoga is not idle meditation. “Lo Yoga della Bhakti non è
pigra meditazione”.
Né meditazione vuol dire evasione dal mondo. La meditazione autentica ispira e motiva azioni nel
mondo ed è in grado di risolvere problemi reali, di sciogliere i nodi che si sono creati nella
mente. La meditazione autentica risolve i problemi in pratica, non li evade, non li rimuove. Si
nutre della consapevolezza della matrice spirituale di tutte le cose e della comprensione dei
fenomeni più sottili della psiche, di come si aggrovigliano o si inceppano le menti e di come è
possibile farle ripartire, riattivarle, purificarle.

Ogni emozione, ogni pensiero, ogni esperienza vissuta, crea una nuova immagine di sé perché la
struttura psicologica si modifica: si accendono nuove luci, nuove sinapsi modificano la chimica
cerebrale. Le esperienze spirituali lasciano potenti tracce che trasformano la personalità in
maniera supremamente benefica. Ma la persona è sempre posta di fronte ad una scelta: interiorizzare
e far sempre più sua la nuova immagine di sé, oppure ripiegarsi, riappiattirsi sulla vecchia, con la
quale ormai ha acquisito una malata familiarità. Ci sono detenuti che, usciti dal penitenziario e
messi nuovamente in libertà, si spaventano e rimpiangono la loro cella, perché si sentono
disorientati nel mondo dei liberi; sono confusi, non trovano appigli e non sanno dove andare. Sono
intimoriti dal mondo delle responsabilità, dove si debbono assumere ruoli, doveri, dove occorrono
impegno e creatività. Questa è una realtà poco raccontata, ma è ciò che veramente accade, altrimenti
non esisterebbero persone che continuano a vivere in famiglie infernali o che svolgono lavori
abbruttenti. Perché ci sono? Perché molte persone hanno paura del nuovo e preferiscono sviluppare
una nevrosi pur di rimanere nella situazione cui oramai sono abituati.

Solo in virtù di una protezione superiore e di un’ispirazione divina possiamo riuscire a modificare
i nostri paradigmi e a sottrarci alle reti dell’illusione. Allora la persona sente che non può più
vivere come ha vissuto a quel momento, sente che deve dedicarsi con il cuore, con l’anima, con tutta
sé stessa, a realizzare la propria natura profonda, spirituale, e ciò le permette di non ritornare
schiava della vecchia immagine di sé, che persiste e si ostina ad allungare i suoi tentacoli per
insinuarsi in ogni modo. I tentacoli sono le vecchie abitudini, gli scheletri del passato, i
fantasmi della memoria. Ad essi dobbiamo contrapporre, con la pratica del potere creativo ed
illuminante della meditazione e con la forza della visualizzazione interiore, immagini ed
impressioni positive, che ci ricollegano a dimensioni elevate della coscienza.
La prima protezione, il primo aiuto è costituito dagli insegnamenti, perché il primo problema da
risolvere è sempre quello della conoscenza. La via per il successo è quella illuminata dalla
conoscenza, quel sapere supremo che ci riconduce alla nostra natura spirituale e ci svela gli
aspetti più sottili della realtà, i fenomeni più arcani e delicati della coscienza.

Per Grazia divina abbiamo a disposizione gli strumenti per modificare l’immagine che ci siamo fatta
di noi nel corso di anni, di decenni, di vite passate. Ciascuno di noi è un mondo, con le sue
memorie, le sue qualità, le sue bellezze, ma anche con le sue tragedie, i suoi orrori, ma con il
potere di trasformare le immagini negative in positive. Non rimanete prigionieri del passato, non
fatevi riagganciare da quelle immagini di voi che sono esito di vecchi errori commessi. La vita è
rinnovamento continuo, è continua crescita. Contemplate la vostra immagine presente e miglioratela
attimo dopo attimo, forgiatela con l’arte della conoscenza, attraverso gli insegnamenti di Guru,
Shastra e Sadhu. La soluzione è sempre nel presente, perché passato e futuro non sono che mere
astrazioni. Guardate al presente, nel presente ricercate le cause dei vostri successi e mettetevi
al riparo da ciò che produce il fallimento, la tragedia.
E’ fondamentale aver ben chiaro quali sono le attività che ci pongono in salvo, che ci fanno
sperimentare il successo vero, non quello effimero, non quello che si trasforma in trappola mortale.
Tale chiarezza di visione garantisce anche il mantenimento e l’espansione del successo, sia per i
singoli che per i gruppi o le istituzioni.

Occorre un cambio di paradigma nella coscienza: l’immagine dell’io deve pian piano armonizzarsi con
quella del sé, attraverso una migliore realizzazione della realtà, una nuova e più matura presa di
coscienza e assunzione di responsabilità. Più la consapevolezza del sé diventa forte, più questo
cambio di paradigma diventa stabile e permanente. Abhyasa (pratica spirituale costante) e vairagya
(distacco emotivo dal fenomenico) sono strumenti fondamentali per effettuare quest’opera di
trasformazione e ricostruttiva interiore. Essi hanno una risonanza profonda nella coscienza e
permettono un processo di evoluzione che nel tempo diventa sempre più consapevole e sempre più
spontaneo.
Ad ogni passo occorre stare all’erta, perché anche un piccolo errore o una minima distrazione, se
non risolti o curati in tempo, possono aggravarsi e compromettere la nostra crescita e realizzazione
spirituale. Il successo di oggi non garantisce il successo di domani: lo favorisce ma non lo
garantisce. Ogni giorno dobbiamo cominciare da capo, con ancora più entusiasmo di ieri, a lavorare
sul nostro carattere, migliorando e perfezionando le qualità che già abbiamo e sviluppando le
facoltà carenti. Non partiremo ogni volta da zero: ogni giorno ritroveremo il capitale messo da
parte il giorno precedente, un capitale che però va custodito, incrementato, rinnovato. Ogni giorno,
prima dell’alba, i brahamani cantano inni e celebrano il sacrificio al deva del sole; questo
sacrificio rinnova nell’universo il sorgere della luce. I testi vedici spiegano che tutto quel che
di positivo avviene, è possibile in forza del sacrificio, attraverso il quale l’uomo si ricollega al
Divino. Se vogliamo che tutti i giorni sorga nuovamente il sole della nostra coscienza, tutti i
giorni dobbiamo rinnovare e portare avanti il nostro impegno nel dharma, nel bene, verso le vette
luminose dello Spirito. Se abbiamo questa consapevolezza e visione del mondo sperimenteremo il
successo, quello vero, e saremo anche in grado di mantenerlo nel tempo, senza il rischio di cadere
vittime di euforie, di eccitazioni egoiche o di altri pericolosi trabocchetti della mente
condizionata.

Shrila Prabhupada e i saggi vedici hanno spiegato che la realizzazione, la felicità e il successo
sono nostre caratteristiche naturali, intrinseche; in un certo senso infatti, l’anima è già
proprietaria di tutto perché è tutt’uno con Dio, con il Creatore, Bhagavan, in qualità non
differente da Lui anche se in shakti incommensurabilmente meno potente. La consapevolezza di ciò è
di per sé una garanzia di successo, con l’impegno imprescindibile di fare ottimo uso di tutte le
risorse a nostra disposizione. Se ne abusiamo il disastro è sicuro, in particolar modo se abusiamo
di persone, della fiducia degli altri o addirittura del Maestro spirituale. Le leggi del Dharma ci
distruggerebbero. Non dobbiamo abusare neanche degli alberi o di un fiore; non dobbiamo abusare di
niente, ma vedere tutto come parte di Krishna e porre ogni cosa al Suo servizio.

Se avremo questa coscienza, anche se arrivassero risorse enormi sapremo impegnarle totalmente e con
pieno successo al servizio di Dio, offrendole in sacrificio per il bene di tutti gli esseri. Pensate
invece ai danni che arrecano coloro che hanno mezzi ma non hanno una coscienza elevata: vengono in
possesso di qualcosa e pensano di esserne i proprietari assoluti, egoisticamente vogliono sfruttare
quella sopravvenienza attiva a loro esclusivo vantaggio, magari anche a scapito degli altri. A causa
delle loro motivazioni contaminate, non conoscendo la scienza dell’azione, essi producono sofferenza
e fallimenti, prima di tutto a se stessi, e poi la morte irrimediabilmente arriva e porta via tutto,
anche gli apparenti successi mondani e le vane e fugaci illusioni.

Le comodità, così come il possesso di mezzi o di risorse, non sono di per sé negative o positive:
tutto dipende dall’uso che se ne fa, che ovviamente dovrebbe essere finalizzato all’evoluzione
spirituale. Ma nemmeno carichiamoci artificiosamente di privazioni o di ascesi inutili: Krishna
desidera la nostra felicità e noi possiamo essere felici senza dipendere in modo egoico da oggetti o
circostanze esterne. Possiamo essere sempre felici interiormente, nel sé, utilizzando gli oggetti
che abbiamo, per il servizio a Dio e per portare felicità agli altri.

E’ importante saperci preparare e predisporre al successo, così non ci capiterà di ritrovarci a
viverlo da sprovveduti, magari semplicemente perché altri ci hanno permesso di salire su di un
vascello che conduce al successo; se così fosse non potremmo rimanere a lungo a bordo; la prima
ondata di Maya ci tirerebbe giù, ci spazzerebbe fuori bordo. Maya è potentissima e, nei momenti di
successo, sembra attivarsi ancora di più, diventando più potente, mettendoci alla prova nelle nostre
motivazioni più profonde. Il successo ci consente di avere più risorse e mezzi a disposizione, più
energie da spendere e da gestire: se però non si é ancora sufficientemente maturi, è facile in quei
momenti fare investimenti sbagliati, puntando ad obiettivi fasulli e così, con un’energia potente
mal utilizzata, andiamo veloci verso una meta che però non è quella giusta, quella che noi
intimamente cerchiamo; meglio sarebbe stata non averla mai avuta. Per mantenere qualcosa stabilmente
occorre prima maturare le condizioni coerenti e necessarie.
Il successo stabile infatti non è mai frutto di un colpo di fortuna, é infatti l’esito di una serie
di sforzi coscienti e coordinati, mirati alla realizzazione spirituale. Del resto voi sapete che
nella vita le opportunità ci sono per tutti ma solo chi é pronto riesce a coglierle.

Il segreto per ottenere il successo è poi anche desiderare e attivarsi per favorire il successo
altrui. La compassione, la benevolenza, la generosità, il desiderio di vedere gli altri realizzati e
felici nelle loro aspirazioni elevate è la via più rapida per il nostro successo. E’ segno che
stiamo procedendo nella direzione giusta quando il successo degli altri ci é caro quanto il nostro.
Fino ad allora dobbiamo lavorare duro sul nostro carattere per vincere le tendenze egoiche
autodistruttive, quelle proiezioni illusorie della mente che ci fanno sentire separati e diversi
dagli altri. Il nostro successo è portare altri al successo, ecco perché il sentimento della
compassione è così importante, potente, prezioso, quanto lo è quello della gratitudine nei confronti
di chi ci guida con i suoi insegnamenti e con il suo esempio verso l’elevazione e la luce.

Adesso meditate, riflettete: se avete ascoltato con attenzione, con cuore aperto, molti di questi
concetti si scolpiranno vividi nella nostra memoria e diventeranno vostro patrimonio eterno, che
potrete condividere con gioia con tutti coloro che vorranno.

Da una lezione di Shriman Matsyavatara Prabhu tenuta il 26-07-04

Centro Studi Bhaktivedanta >> www.c-s-b.org

(C) 2004 by Marco Ferrini – CSB

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