L’ Epilessìa secondo Sanihelp

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L’ Epilessìa secondo Sanihelp

Sindrome neurologica caratterizzata da alterazione dell’attività biolettrica del cervello,
che si manifesta con “crisi” di aspetto clinico diverso – sensitive, psichiche, neurovegetative,
motorie – e insorgenza improvvisa, con spiccata tendenza a ripetersi (una sola crisi, quindi, non
significa automaticamente epilessia). Tali crisi dipendono da una improvvisa e incontrollata
iperattività elettrica delle cellule cerebrali, dalla quale origina una “scarica” elettrica. La
scarica può restare confinata a un gruppo di cellule del cervello, oppure interessare inizialmente
solo un gruppo e successivamente diffondere all’insieme delle altre cellule, oppure interessare fin
dall’inizio e nello stesso tempo tutte le cellule del cervello. Nel primo caso (crisi focale o
parziale) le manifestazioni cliniche sono diverse a seconda della zona cerebrale interessata dalla
scarica abnorme (irrigidimento, scosse, allucinazioni, amaurosi transitoria, sensazioni di gusto e
odori strani ecc.).

Nel secondo caso, vi sono inizialmente manifestazioni come quelle ora descritte, cui seguono
manifestazioni generali motorie e perdita di coscienza (crisi parziale secondariamente
generalizzata). Nel terzo caso, infine, si ha fin dal principio una sintomatologia generalizzata con
manifestazioni motorie e completa perdita di coscienza (crisi tonico-clonica o convulsiva o crisi di
Grande male), o senza manifestazioni motorie e con compromissione della coscienza (assenze, Piccolo
male), o – ancora – con scosse localizzate prevalentemente agli arti superiori senza compromissione
della coscienza (Piccolo male mioclonico). Al termine della crisi (se questa è durata meno di 30
minuti – 1 ora) le cellule riprendono il loro normale funzionamento e non residua alcun deficit. Va
ricordato che in più occasioni possono verificarsi crisi cosiddette “occasionali” a seguito di danni
cerebrali acuti tossici, dismetabolici, ipertensivi, traumatici, infettivi o vascolari che possono
ripetersi anche a distanza ravvicinata di tempo: in questi casi – possibili sia nell’infanzia che
nell’età adulta – non si può tuttavia parlare propriamente di epilessia, ma solo di crisi
epilettiformi.

Le cause dell’epilessia

Le crisi epilettiche possono conseguire a una predisposizione genetica o a una lesione cerebrale. Le
prime esordiscono spesso nell’infanzia, sono l’unico sintomo presente e tendono alla guarigione
prima o nell’età adulta. Le seconde possono essere ascritte a una sofferenza cerebrale avvenuta
prima, durante o dopo la nascita (malformazioni, “cicatrici”, tumori cerebrali ecc.) e possono
essere accompagnate da altri sintomi neurologici; la tendenza alla guarigione spontanea è funzione
del danno cerebrale. Per quanto riguarda l’epilessìa cosiddetta temporale, molto frequente, oltre
alla particolare vulnerabilità delle strutture temporo-rinencefaliche, bisogna considerare che anche
durante il parto normale la compressione della testa del feto provoca ischemia a livello
dell’ippocampo. Pure nei traumi cranici importanti è frequente la compromissione di questa zona. Al
di là di queste cause, occorre in ogni caso una predisposizione all’abbassamento periodico della
soglia convulsiva.

Per quanto riguarda il problema dell’ereditarietà, solo per le famiglie in cui vi sono membri con
epilessìa essenziale si può parlare di un lieve aumento del rischio di epilessia. Le epilessìe
essenziali (Piccolo male puro, Piccolo male mioclonico, Grande male) hanno verosimilmente la stessa
sede di scarica iniziale, cioè la formazione reticolare, il cosiddetto centrencefalo, che proietta
in modo diffuso simmetrico sulla corteccia cerebrale. L’epilessìa parziale è sempre causata da una
lesione (la cicatrice o il tumore sono elettricamente inattivi, mentre la ipereccitabilità è propria
dei neuroni adiacenti). Esistono, poi, fattori che favoriscono l’insorgenza delle crisi epilettiche:
l’abuso di bevande alcoliche, l’irregolarità del ritmo sonno-veglia, le intense stimolazioni
sensoriali o quelle a ricco contenuto emozionale, stress emotivi, l’interruzione della terapia
antiepilettica e via discorrendo.

Tipi e sindromi dell’epilessia

Per le crisi grande male, vedi grande male. Per le crisi piccolo male, vedi assenza. Queste ultime
sono oggi comprese nella epilessìa generalizzata primaria, con predisposizione ereditaria, assenza
di lesioni anatomiche dimostrabili, centrencefalica, con prognosi buona. A essa si contrappone
l’epilessìa generalizzata secondaria, caratterizzata da crisi generalizzate dall’inizio, ma dovute a
una cerebropatia con lesione anatomica (la sindrome di West, gravissima forma che colpisce nei primi
mesi di vita, con il caratteristico spasmo in flessione, per curare la quale è molto importante la
diagnosi precoce; la sindrome di Lennox-Gastaut; le epilessìe miocloniche progressive familiari; la
dissinergia cerebellare progressiva o mioclonica di Hunt, con turbe cerebellari e crisi epilettiche
di tipo mioclonico). Gli attacchi tonici del neonato sono caratterizzati da irrigidimento
generalizzato e, pur essendo inclusi tra le epilessìe generalizzate primarie, sono dovuti a una
lesione di natura emorragica, anossica o malformativa.

Tra le crisi parziali si annoverano: le crisi somatomotorie jacksoniane, che si distinguono per la
mancanza di perdita di coscienza; le crisi visive; le crisi di afasia motoria o sensoriale; le crisi
toniche avversative, con deviazione coniugata degli occhi, della testa e del tronco, in genere verso
il lato opposto all’emisfero sede della scarica; le crisi parziali complesse, o crisi del lobo
temporale, le più frequenti crisi epilettiche in assoluto, dipendenti da lesioni delle strutture
temporo-rinencefaliche profonde. Tipiche sono le pseudoassenze temporali, con breve arresto della
coscienza, durante le quali il soggetto esegue atti automatici semplici, per esempio, il
succhiare-masticare-deglutire (pantomima alimentare). Altre volte si tratta di allucinazioni visive
complesse o di sensazioni spiacevoli, gastriche o intestinali (crisi viscerali), oppure di
sensazioni affettive (crisi affettive); in altre ancora il soggetto si mette a camminare o a correre
senza meta (fuga epilettica). Speciale crisi temporale è la crisi olfatto-gustativa. L’epilessìa
temporale può evolvere verso un quadro demenziale e può essere caratterizzata da episodi psicotici.

La diagnosi può essere raggiunta con una accurata anamnesi familiare e fisiologica, la valutazione
scrupolosa della manifestazione clinica e con l’ausilio di alcuni esami strumentali:
elettroencefalogramma (EEG) basale e dopo stimolazioni particolari (luminosa, privazione di sonno
ecc.), EEG dinamico, video-EEG, tomografia assiale computerizzata (TAC), risonanza magnetica
nucleare (RMN).

La terapia

Scopo della terapia è quello di evitare le crisi o ridurne la frequenza, con l’uso di farmaci che
diminuiscono l’ipereccitabilità delle cellule cerebrali. La dose efficace è variabilissima e deve
essere ricercata per i singoli pazienti, sorvegliando gli eventuali effetti collaterali. La terapia
richiede un lungo periodo di tempo (almeno 5 anni) e talora ottiene la guarigione, consentendo
l’interruzione graduale della terapia: l’assunzione dei farmaci – infatti – non va mai sospesa
bruscamente, né va effettuata al di fuori dello stretto controllo medico (solo dopo due o tre anni
senza crisi, con regolarizzazione del tracciato elettroencefalografico, si può incominciare a
diminuire lentamente i farmaci). Alcune forme di epilessia non guariscono e il loro trattamento va,
in questi casi, proseguito per tutta la vita. Nell’ambito della terapia, i farmaci più importanti
sono i barbiturici, gli idantoinici, la carbamazepina, l’acido valproico e le benzodiazepine
(diazepam e clonazepam): per la loro trattazione si rimanda alle singole voci. La terapia
chirurgica, con asportazione del focolaio epilettogeno, è indicata solo per gravi e frequenti crisi
parziali, resistenti a ogni terapia medica.

Un cenno particolare merita l’epilessia in gravidanza. Il decorso di questa non viene
sostanzialmente modificato dall’epilessia: non si registra, infatti, né un aumento di aborti
spontanei, né di parti prematuri, né di complicazioni quali diabete ed eclampsia; inoltre, gli studi
più recenti hanno confermato che la frequenza delle crisi rimane invariata in circa il 70-80% dei
casi. La problematica maggiore si pone riguardo al rischio
teratogeno dei farmaci antiepilettici: a tale proposito, è opportuno che le pazienti affette da
epilessia si affidino a un centro specialistico per i provvedimenti del caso. Le puerpere in terapia
con farmaci antiepilettici possono in linea di massima allattare i loro neonati; cautela va usata in
caso di terapia con alte dosi di barbiturici, perché in questo caso possono verificarsi problemi
quali eccessiva sonnolenza del neonato e ridotta suzione, reversibili con la sospensione
dell’allattamento al seno.

www.sanihelp.it/enciclopedia/scheda.php?ID=2671

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