I poteri spirituali (siddhi) appartengono solo ai santi? di Guido Da Todi

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I POTERI SPIRITUALI (SIDDHI) APPARTENGONO SOLO AI SANTI?

di Guido Da Todi

Una delle responsabilità che la vita spirituale inizia a delegare all’uomo è quella di dovere
avvicinare a sé – gradatamente e con buon senso – la natura delle realtà superiori, e di assimilarne
le qualità nella propria sfera quotidiana e soggettiva.

Cosa vuol dire il concetto:” Fatti a somiglianza di Dio”?..

Di sicuro non si pretende che lo spiritualista debba compiere un balzo squilibrato ed iniziare ad
immaginare (perché solo di immaginazione si tratterebbe) una propria effettiva santificazione, o una
libertà dalle pesanti catene materiali, da parte sua.

Ma cominciamo ad analizzarne la vita, sul sentiero.

Da quanto tempo egli si sente attratto e segue con passione i codici della verità metafisica?

Cosa ha imparato dalle sue letture ispirate e dalle sue meditazioni quotidiane?

Cosa ha messo in pratica, sia dal punto di vista dell’amore all’umanità, della gentilezza, della
simpatia; oppure, quali attenzioni pone alle energie che emette, e di cui è un indiscutibile
creatore?

Pur se l’argomento metafisico contiene rivelazioni che è sinceramente difficile, o impossibile,
riscontrare nell’immediatezza delle nostre logiche abituali, esso ne propone, comunque, delle altre
che sono alla portata di tutti noi.

Nessuno può negare che indicazioni come quella del potere della visualizzazione, della necessità di
mutare le condizioni della nostra esistenza con un atteggiamento costruttivo ed ottimistico
costante, del rifiuto all’odio e alla discriminazione, della ricerca in noi di una “radiazione
rivelatrice del nostro Io Superiore” non siano mere illusioni ed obiettivi al di fuori della nostra
portata di mano.

È proprio possibile che i confratelli più avanzati sul sentiero stiano sostenendo una costante e
faticosa messa in scena inconscia, nel manifestare una loro più o meno serena padronanza di quel
territorio che ancora sembra tanto ostico e lontano alla vista del ricercatore?

Sovente, l’attardarsi per anni nel rifiuto ad assimilare la teoria delle rivelazioni trascendentali
e nel diniego a sperimentarne i suggerimenti costanti alla pratica crea delle zone soggettive
interiori di forti tensioni subconsce e un senso di vuoto esistenziale generale.

Di solito, il mondo privilegiato che il soggetto di cui parliamo crea nella sua mente come riflesso
dei suoi studi e delle sue prime motivazioni è ben distante dalla realtà quotidiana che egli vive
giorno per giorno.

Spesso, egli si immagina in colloquio radioso nell’Ashram del proprio Guru, oppure si compiace nella
soddisfazione costante del feticcio dorato delle sue conoscenze; o comunque si aggira stabilmente
tra le vette di un mondo a lui compiacente, caratterizzato da un atmosfera
indisturbata di forte assenso alle sue azioni.

In rapporto all’obiettivo finale della ricerca spirituale si hanno, spesso, idee confuse.

È un dato costante il concetto di che attende la fine di ogni sforzo sul sentiero.

Ma, cos’è questa libertà?.

Vanno, di conseguenza, indicate alcune sue caratteristiche.

Intanto, la pratica della meditazione, della yoga, dell’introspezione fedele e benevola verso ogni
cosa e verso se stessi provoca il sottile fenomeno, in crescita costante, dell’attività radiante e
vibratoria del proprio essere.

Questo fenomeno riguarda tutti, nessuno escluso, i sinceri discepoli delle verità universali.

Che essi si esprimano come dirigenti d’azienda, o come casalinghe, o come operai, o in qualunque
altra attività esistenziale, ognuno di loro , in minore o maggiore misura, quella
caratteristica serenità di chi è e ne emana il profumo indefinibile.

Purtroppo, quando Patanjali, oppure le Sacre Scritture dei Veda parlarono dei < siddhi > che sono
destinati ad apparire lungo il sentiero vennero male, o frettolosamente, interpretati.

I < siddhi > sono un esteso fenomeno contemporaneo ed imprescindibile allo sviluppo dell’intera
umanità.

Essi rappresentano la vastissima e naturale eredità di tutti noi, non appena penetriamo in quella
dimensione di attività vibrante e radiante del nostro essere.

E vanno, appunto, dall’intraducibile e soggettiva dei ricercatori che
sperimentano la dilatazione del sé nell’amore all’umanità, nel riscontro dell’unità delle cose
tutte, allo sbalorditivo ed elegante atto quotidiano di potere cosmico di Sai Baba (l’Incarnazione
dell’assoluto in terra), mentre con il miracolo della creazione.

Come al solito, Vita e Forma si accompagnano, sempre, lungo l’evoluzione degli universi.

L’energia e la materia, nella loro danza e nei loro intrecci, creano un caleidoscopio di mutazioni
sublimi che costituiscono una caratteristica dell ‘uomo, non appena egli si eleva nella
consapevolezza vissuta della loro intercambiabilità.

È, di conseguenza, un’imprescindibile necessità non procrastinabile che il ricercatore delle cose
metafisiche affronti e sperimenti il messaggio che esse di continuo gli propongono.

Oltre a quella precisa caratteristica che la gente vede nelle azioni e nella presenza
dello spiritualista sincero e devoto, e che costituisce sempre un benefico influsso globale e
rigenerante su tutti coloro che quest’ultimo avvicina, un altro aspetto di quei siddhi naturali e
primordiali prende a germogliare in lui.

Si tratta dell’ispirata rivelazione di quanto viene solitamente chiamato: “La Voce del Silenzio”
soggettiva.

Un flusso costante di Luce, in rapporto alle buone azioni, allo studio elevato, alla pratica
dell’amore universale dello spiritualista prende a riscaldargli il cammino ed a caratterizzare le
sue scelte e le sue azioni.

È ovvio che non si tratta di un elemento di fantasia; questo, lo spiritualista lo sa bene! La in lui è troppo ardente, oramai, perché possa venire messa in discussione da colui
che la ospita.

Solo che ben raramente la modulazione di tanta armonica sublime verrà messa in evidenza da chi ne è
lo strumento, proprio per le qualità di pudore e di totale impersonalità che ne hanno caratterizzato
la faticosa ricerca sino a quei momenti.

Mano a mano, la ben nota, istintiva negazione all’abbandono sperimentale all ‘amore, alla natura
trascendente universale, alla fede nelle spinte interiori di una superiore intuizione viene
abbandonata.

La mente, che sottilizzava (“uccidendo il Reale”) tra i vari monismi e dualismi, aspetti personali e
impersonali di Dio, tra Essere e non Essere, tra possesso dell’ego e sua distruzione si ammorbidisce
e si fonde nella visione unitaria dell’universo, liquefatta e disciolta da quel lago d’amore per
tutto ciò che esiste.

E tutto ciò avviene, comunque, nella vita , oppure socialmente
dell’uomo e della donna di oggi.

Siamo entrati nella Nuova Era!

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