Sperimentare la Coscienza Cosmica – di Guido Da Todi

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– SPERIMENTARE LA COSCIENZA COSMICA –

(di Guido Da Todi)

Quanto dovrà trascorrere, miei cari amici, prima che le nostre predilette
teorie spirituali – o, almeno, parte di esse – divengano riscontro
quotidiano all’individuale esperienza di figli di Dio?

Quanto, prima che si possa vivere nella medesima dimensione in cui, stabili
come Pietre Angolari, i Guru divini dell’umanità radiano la loro sacra
onnipresenza?

Penso che sia necessario, allora, iniziare con un fondamentale passo di
scelta soggettiva.

Esso costituirà una prova per colui che deciderà di compierlo, ed una
adatta a valutarne la giusta maturità soggettiva.

Si tratta del ribaltamento di quell’ottica chiamata .

Immaginiamo di tenere un’allegorica lente di ingrandimento puntata su di un
frammento della vita universale, che provoca quel fenomeno di focalizzazione
che siamo abituati a chiamare < io >.

In questa nervatura infuocata e accentuata dell’essere universale; in questa
piega della vita cosmica; in tale palese tiraggio dell’onda universale l’
individuo imprigiona, tuttavia, i confini di un’infinita natura cosmica.

Egli, abusivamente, determina le sue logiche di frontiera e di priorità all’
autodeterminazione.

Crea le radici dell’illusione e dell’egoismo. E lo fa proprio come i primi
pionieri del West che, nella corsa al territorio vergine, ponevano i paletti
attorno a pochi acri di terra, in cui identificavano i propri diritti alla
proprietà. A differenza degli indiani liberi della prateria che, privi del
senso di possesso, vivevano, invece, in un mondo senza demarcazioni
personali, assimilati all’universale senso di fusione con la natura vasta
che li circondava.

L’uomo, quindi, possiede un corpo; con i suoi dolori, gli acciacchi, i
limiti sensoriali e di sofferenza. Vive le sue emozioni, la cui parabola
torna sempre a rintanarsi nell’io che la emanò; e produce dei pensieri che
gravitano attorno e nel baricentro del suo sé, illuminato costantemente dal
fuoco di quella lente di cui parlammo.

Tutto avviene all’interno di quella radiazione crepuscolare che l’uomo
chiama . Ogni cosa è riferita ad esso.

Una pellicola turgida e trasparente circonda l’illusione di un nocciolo
chiamato < individualità >, o < ego > e li separa, severamente, da ogni
estensione della vera realtà soggiacente ad essa. È come se l’oceano avesse
cristallizzato e congelato una delle sue onde e si specchiasse in quella,
considerandola interamente sé stesso.

In una simile, dolente callosità del fluido inafferrabile cosmico il senso
della vita continua a figgere i chiodi della crocifissione temporale e
spaziale, chiamandola < io > e < me >.

Ma, ciò, alle origini, è naturale. Il movimento universale delle cose
procede ad ampie spirali metafisiche, risvegliando e sommuovendo gli < anu >
(atomi di vita primordiale) ed introducendoli in un risveglio galattico,
cadenzato dalla legge dei cicli.

Essi subiscono, primo fra tutti, il processo della < cristallizzazione >, per
poi trascenderlo e librarsi nell’aromatizzazione della consapevolezza di
esistere. La farfalla diventa tale solo dopo avere strisciato nella mota del
verme.

Oggi, le sue variegate ali si dibattono nel corpo spirituale dell’uomo; ma,
sono ancora soffocate dal bozzolo della pupa primordiale: il suo io
illusorio.

Una dei panorami caratteristici che si osservano dalle sbarre di questa
prigione archetipica è < il senso dell'esterno e del separato >.

Ogni realtà della vita appare < esterna > a noi. Ogni cosa, < separata > da noi.

Ed ecco, di conseguenza, la creazione costante e l’alimentazione indefessa
del dolore.

Chi amiamo è fuori della nostra natura intima. Ciò che desideriamo è lontano
dalla nostra portata di mano. Qui, da una parte, siamo noi; là, all’esterno
dei nostri moduli e delle nostre radici, il resto dell’universo.

Di conseguenza, l’intera vita consiste nel raggiungere quanto non
possediamo; e nel tornare a perderlo, visto l’inesistenza di una stabilità
fondamentale di lunghezze d’onda.

Cosa ci dicono, allora, le grandi Guide dell’umanità, in proposito?

Di gettare la < lente > che esalta un frammento dell’essere, e lo separa
illusoriamente dal resto, lontano da noi; e di riconoscerci nella natura
priva di limiti, che è la vita stessa..

Forse, molti di coloro che leggono potrebbero pensare che quanto suggerito
sia il sofisticato frutto di teorie filosofiche, oppure il sunto di dettami
morali, privi di un concreto ritorno empirico.

Assicuriamo di no!

Si tratta semplicemente di voler sperimentare un semplice < cambiamento di
lunghezza d’onda > nel proprio modo quotidiano di vedere le cose.

Soltanto polarizzando, sulle prime, la propria attenzione verso l’esterno;
privilegiando la ricchezza di vita e di pluralismi, fuori di noi, e
dimenticando l’angosciante tensione e focalizzazione in quella < sentinella
vigile > del nostro io potremo iniziare un viaggio verso delle percezioni di
gioia e di libertà mai previste sino a quel momento.

Intanto, proseguendo con fedeltà nella decentralizzazione, quel senso di
< esterno e di separato > inizierà, molto presto, a sfaldarsi lentamente.

Verificheremo, in modo impossibile a spiegarsi razionalmente, che il nostro
vero sé non < è contenuto > dalla vita, ma < contiene >, alla lettera, ogni cosa
esistente.

Questo è il primo dono che il < risvegliato > inizia a ricevere.

Il tempo e lo spazio saranno due semplici costanti energetiche della nostra
mente, dissolta nelle sue analisi di separatività.

Il sacro Guru – che molti di coloro che leggono queste righe amano
intensamente – non apparirà più come l’emblema di una promessa futura e di
una dolorosa mancanza di rapporti, ma sarà annidato, integralmente, nella
pienezza della nostra aura illimitata, identificata con l’universo.

Ogni palpito di vita dell’essere pulserà direttamente nell’ambito del nostro
io, e costituirà uno dei suoi infiniti aspetti, sconosciuti sino ad allora.

Non più differenza alcuna tra me e fuori di me. Il peccatore (ma, chi ha il
coraggio, qui, di lanciare la < prima pietra >?..) costituirà, allora, una
< ferita > del nostro corpo [universale]; così, come il santo profumerà, nella
sua percettibile essenza d’amore, all’interno della nostra nuova mutazione
biologica e cosmica.

Lo stesso senso di identificazione che, oggi, il neofita non realizzato
prova nell’immergersi in uno dei suoi moti mentali, o emotivi, oppure nel
percepire il delle sue pulsioni fisiche, e nel fraintenderli quali
, questo stesso senso è costantemente
sentito dall’< illuminato > mentre vive l’esperienza della sua coscienza
cosmica, e riflette in sé il vasto corpo del tutto, assimilandosi
completamente con ogni aspetto di quello.

Quel che importa intuire è che noi stiamo parlando di un profondo aspetto
genetico dell’uomo, mentre assicuriamo l’estrema e facile naturalezza insita
nella possibilità che egli ha di recuperare la visione e la qualità di
questo suo potenziale Io Cosmico.

Osserviamo la ricchezza infinita delle persone che occupano il nostro
panorama visivo, o mentale; scopriamo la natura celata dell’unità delle cose
e sforziamoci, alle prime, di rapire il senso nascosto della loro identità
con noi. Ben presto verrà il dono della realizzazione. E vivremo l’
esperienza divina che ci farà < assorbire > l’umanità, e tutto ciò che esiste,
all’interno della nostra aura: con un’identificazione simile al modo in cui
esprimiamo un sorriso d’amore.

Una persona che cammina sul marciapiede di fronte a noi sarà –
misteriosamente, ma concretamente – un’estensione del nostro io; ed i suoi
problemi, le sue gioie si ripercuoteranno nel tempio della nostra anima,
privata dei suoi confini, come nuovi attributi del nostro organismo
universale.

A questo punto, cessano le possibilità di descrizione dell’esperienza
cosmica: “Ogni lingua deve rimanere, tremando, muta..”.
“Il Tutto è Uno, e l’Uno è Tutto”.

“Tratto dalla mailing list Sadhana

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