I persuasori occulti e il neuro marketing

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I persuasori occulti e il neuro marketing

di Marcello Pamio – 27 novembre 2012

“La pubblicità può essere descritta come la scienza di fermare l’intelligenza umana abbastanza a
lungo da ricavarne denaro”, Stephen Leacock

Nel 1957 il giornalista Vance Packard scrisse “I persuasori occulti”, un libro che svelava i trucchi
psicologici e le tattiche usate dal marketing, per manipolare le nostre menti e convincerci a
comprare.
Libro inquietante per l’epoca. Oggi però, i pubblicitari sono diventati più bravi, furbi e spietati.
Grazie ai nuovi strumenti tecnologici, alle scoperte nel campo del comportamento, della psicologia
cognitiva e delle neuroscienze, sanno cosa ha effetto su di noi molto meglio di quanto noi stessi
possiamo immaginare.
Scansionano i nostri cervelli e mettono in luce le paure più nascoste, i sogni, i desideri;
ripercorrono le orme che lasciamo ogni volta che usiamo una tessera fedeltà o la carta di credito al
supermercato.
Sanno cosa ci ispira, ci spaventa e cosa ci seduce, e alla fine, usano queste informazioni per
celare la verità, manipolarci mentalmente e persuaderci a comprare.
Vediamo alcune strategie messe in atto dai “persuasori”.

Il Kids marketing

Gran parte del budget del marketing è impiegata per impiantare i brand (marchi) nel cervello dei
piccoli consumatori, perché le nostre preferenze per i prodotti attecchiscono dentro di noi ancora
prima di nascere. Il linguaggio materno è udibile dall’utero, ma quello che non si sapeva è che la
musica lascia nel feto un’impressione duratura in grado di plasmare i gusti che avranno da adulti.
Le ultime scoperte confermano che ascoltare reclame e jingle pubblicitari nell’utero ci predispone
favorevolmente nei confronti dei brand associati. Il marketing lo sa e ha iniziato ad escogitare
modi per capitalizzare tale spregiudicato fenomeno…

Con il kids marketing si coinvolgono i bambini nei giochi, monitorando il loro comportamento e
preferenze, il tutto per aggiornare gli assortimenti dei supermercati: ridisegnare forma e colore
degli scaffali, arricchire i totem posizionati di fianco alle casse, ecc. Non a caso giocattoli e
merendine sono disposti a circa un metro da terra, alla portata dei più piccoli.
I bambini sotto i tre anni (guardano 40.000 spot pubblicitari all’anno e conoscono più nomi di
personaggi pubblicitari che animali), solo negli Usa, rappresentano un mercato da 20 miliardi di
dollari!
A 6 mesi i bambini sono in grado di formarsi un’immagine mentale di loghi, e infatti i biberon e
passeggini vengono decorati con personaggi ad hoc. I loghi riconosciuti a 18 mesi saranno preferiti
anche da adulti.
Per finire, condizionando i bambini agli acquisti si condizionano anche i genitori: il 75% degli
acquisti spontanei può essere ricondotto a un bambino e una madre su due compra un alimento che è
stato chiesto dal figlio.

Marketing della paura e nostalgia

La paura è un’emozione che stimola la secrezione di adrenalina, scatenando il riflesso primordiale
del combatti o fuggi. Tale riflesso produce a sua volta un altro ormone, l’epinefrina che determina
un piacere estremo. Il sangue affluisce ad arti e muscoli, per cui il cervello ne sarà privato, e
questo ci rende incapaci di pensare con lucidità: la paura è persuasore molto efficace
(psicofarmaci, vaccini, ecc.). Le case farmaceutiche spendono decine di miliardi di dollari per
inventare nuove malattie e alimentare le nostre paure. Risultato? Le vendite di farmaci da ricetta
in America raggiungono i 235 miliardi di dollari all’anno.
Spesso l’approccio consiste nell’evocare emozioni negative, indi presentare l’acquisto del prodotto
come l’unico e veloce modo di liberarsi di quell’emozione. Pubblicità più sofisticate adoperano
invece l’umorismo come rinforzo positivo: far ridere è un ottimo mezzo per far simpatizzare con il
prodotto.
Viceversa, struggersi nei ricordi migliora l’umore, l’autostima e rafforza le relazioni.

La nostra predilezione per la nostalgia dipende dal fatto che il cervello è programmato per
ricordare le esperienze passate come più piacevoli di quanto le avessimo ritenute nel momento.
Tendiamo a valutare gli eventi passati in una luce più rosea.
Anche la nostra età percepita è un fattore cruciale nelle decisioni di acquisto: più invecchiamo e
più rimpiangiamo il passato. Il “marketing della nostalgia” è una strategia di grande efficacia, con
cui i pubblicitari riportano in vita immagini, suoni e spot del passato per venderci un brand.

Le dipendenze

I cibi ricchi di grassi e zuccheri (cioccolate, patatine, merendine…) sono tra i prodotti che
generano più dipendenza. Le aziende arricchiscono appositamente i loro prodotti con sostanze che
creano assuefazione (glutammato monosodico, caffeina, sciroppo di mais, aspartame, zucchero).
Uno studio pubblicato su “Nature Neuroscience”, dimostra che questi alimenti agiscono sul cervello
in modo quasi identico alla cocaina e all’eroina!
Lo zucchero stimola la secrezione della dopamina, il neurotrasmettitore del benessere, mentre la
caffeina ne inibisce il suo riassorbimento, facendoci sentire briosi e vivaci, e dall’altra stimola
l’adrenalina che ci fa sentire carichi.
Anche i giochi danno una dipendenza fisiologica fortissima, il cervello infatti reagisce rilasciando
più dopamina. Per questo le aziende cercano di aumentare le vendite di Playstation e Wii, anche
perché hanno scoperto che quando i giochi sono progettati a dovere, non fanno sviluppare soltanto
una dipendenza dal gioco stesso, ma possono riprogrammare il cervello rendendo dipendenti dall’atto
di comprare, dallo shopping.
Usano i videogiochi per trasformarci in drogati dello shopping: brandwashing.

Vanity sizing

E’ un bieco trucco con cui alcuni negozi vendono abiti più larghi per farci credere di indossare una
taglia più piccola.
Le taglie riportate nelle etichette di abbigliamento spesso non corrispondono a quelle reali: sono
di una taglia più bassa. Il neuromarketing sa benissimo che ambo i sessi comprano più volentieri un
prodotto che li fa sembrare più magri, anche se ciò non è vero.

Celebrity marketing

Sfruttano la fama delle celebrità (attori, sportivi, ecc.) per lavarci il cervello, perché un
prodotto associato a una persona famosa esercita un ascendente subliminale potentissimo.
Il “celebrity marketing” fa leva sul fatto che sogniamo di diventare famosi, belli e popolari,
vogliamo essere loro o almeno essere come loro.
Non a caso il numero delle persone famose si è moltiplicato negli ultimi anni, grazie a programmi
creati ad arte: reality show, intrattenimento, ecc. Aumentano i testimonial per poterli usare per la
pubblicità.

Data mining

Si tratta di un business enorme che consiste nel tracciare e analizzare il comportamento dei
consumatori, per poi categorizzare ed elaborare i dati e usarli per persuaderci a comprare e, a
volte, a manipolarci.
Le aziende possono conoscere le nostre abitudini, l’etnia, il sesso, l’indirizzo, il telefono, il
numero dei componenti della famiglia e molto altro ancora. Il nome tecnico è “Ricerca
motivazionale”, e in pratica vanno alla ricerca delle motivazioni che stanno alla base dei
comportamenti di acquisto dei consumatori.
Analizzando i dati delle carte fedeltà e incrociandoli con quelli delle carte di credito, è
possibile scoprire delle cose inquietanti su tutti noi.
I “programmi fedeltà” infatti esistono solo per persuaderci a comprare di più.
Ogni volta che usiamo tali carte, viene aggiunta al nostro archivio digitale l’indicazione di quello
che abbiamo comprato, le quantità, l’ora, il giorno e il prezzo. Quando usiamo le carte di credito,
l’azienda archivia la cifra e la tipologia merceologica: ad ogni transazione è assegnato un codice
di quattro cifre che indica la tipologia di acquisto.
Dove questi dati vadano a finire è facile da immaginare.

Percorsi e orientamento

Sapevate che si spende di più se ci muoviamo nel negozio in senso antiorario?
Il braccio destro ha più margine di movimento per afferrare i prodotti; la guida delle auto, tranne
alcuni paesi, è a destra e leggiamo da sinistra a destra, per cui i nostri occhi tendono a seguire
questo movimento anche quando si è davanti a uno scaffale.
I supermercati sono pensati per favorire la circolazione dei clienti da destra a sinistra, col
risultato che le cose più acquistate sono sempre sugli scaffali a destra. Le grosse industrie,
sapendo questo, posizionano i loro prodotti civetta sempre a destra.
La porta d’ingresso è sempre a destra, e questo è un modo subdolo nel determinare il flusso
d’acquisto antiorario.
Infine i percorsi contorti all’interno servono per farci camminare lentamente, e più lentamente ci
muoviamo, più prodotti vedremo…e saremo tentati di comprare.
I beni di prima necessità come sale, zucchero, ecc., sono posizionati lontanissimo dall’ingresso e
difficili da scovare, obbligandoci a ripercorrere più volte le corsie facendoci girare l’intero
supermercato. Addirittura in molti supermercati cambiano di posto i prodotti una volta al mese, per
impedirci di trovare facilmente quello che cerchiamo.
L’istituto ID Magasin, specializzato in ricerche comportamentali e di mercato, ha messo a punto un
dispositivo per registrare ciò che il cliente guarda da quando entra a quando esce, scoprendo che
l’area più osservata negli scaffali è a circa 20 centimetri al di sotto del nostro orizzonte visivo.
Un prodotto collocato a un metro e mezzo d’altezza ha la massima probabilità d’essere notato e
quindi di essere acquistato.

La musica è servita

Quale musica è meglio: rock, metallica, samba o sinfonica?
A questo ci pensano aziende come Muzak, gli “architetti audio”, che hanno progettato 74 programmi
musicali in 10 categorie diverse, che spaziano dal rock, alla classica, e tutte sortiscono un
effetto psicologico ben preciso e diverso.
Anche la velocità e il ritmo sono importanti. Nei supermercati la musica è lenta perché dobbiamo
muoverci più lentamente per comprare di più, mentre nei fast-food e ristoranti è più veloce allo
scopo di accelerare il ritmo della masticazione, in questo modo ci spingono ad andarcene prima per
servire più clienti.

I carrelli della spesa

Nel 60% dei carrelli si trovano batteri coliformi, gli stessi dei bagni pubblici. Uno studio ha
trovato più batteri di tutte le altre superfici analizzate, inclusi water e poggiatesta dei treni.
Il carrello è stato inventato nel 1938, con l’unico intento di stimolare gli acquisti, e nel corso
degli anni le dimensioni sono aumentate permettendo di contenere più prodotti.
Oggi si trovano carrelli di dimensione ridotta dedicati ai bambini, e in questa maniera da una parte
vengono abituati e indottrinati fin da piccoli a usarlo, dall’altra possono riempirlo con i prodotti
posizionati alla loro altezza.

Esposizioni

Le industrie pagano per posizionare i loro prodotti dove possono essere visti più facilmente dalle
persone: un metro e mezzo da terra, a destra e a fine corsia.
Posizionano a fine corsia, dove c’è anche più spazio, prodotti ad alto profitto, come le cioccolate
e che ispirano acquisti compulsivi.
Le persone comprano il 30% in più di prodotti che sono posizionati nelle esposizioni di fine corsia,
rispetto quelli a metà corridoio, perché si pensa che “il vero affare è alla fine”.

Attenzione agli amici

Paradossalmente il persuasore occulto più potente sono proprio gli amici. Il marketing e le aziende
non possono nulla in confronto all’influenza esercitata da un consumatore sull’altro. Nulla è più
persuasivo quanto osservare una persona che conosciamo e rispettiamo intenta a usare un prodotto.
Quando un brand ci è raccomandato da un’altra persona, nel nostro cervello le aree razionali e
procedurali si disattivano. Tali meccanismi spiegano come mai la pubblicità basata sul passaparola
ci resta in testa per settimane, mentre non ricordiamo gli spot televisivi visti alla mattina.

Conclusione

Aveva ragione Edward L. Bernay, padre della Propaganda, quando scrisse nel 1928 che “gli uomini
raramente sono consapevoli delle vere ragioni che stanno alla base delle loro azioni”.
Questo articolo è incompleto perché il materiale su tali argomenti è faraonico, ma dopo questa
lettura forse saremo un po’ più consapevoli del piano diabolico del neuromarketing.
La consapevolezza, assieme a un percorso di crescita evolutivo-spirituale, rimangono gli strumenti
più potenti per difendersi dalla persuasione….e non solo.
Partendo da hic et nunc, qui e ora, è molto importante essere presenti il più possibile nella nostra
vita. La tv, in quanto strumento prìncipe della manipolazione, meno la guardiamo e meglio è per
tutti, soprattutto per i bambini. Infine, evitare di fare la spesa durante gli orari di pranzo e
cena, perché lo stimolo della fame incentiva acquisti compulsivi, non usare il carrello e portarsi
sempre la lista della spesa.
Questi consigli sono banalità o possono far tremare i polsi alle multinazionali? Lo sapremo solo se
li metteremo in pratica…

Tratto da:

– “Neuroschiavi: tecniche e psicopatologia della manipolazione politica, economica e religiosa”,
Marco Della Luna e Paolo Ciono, ed. Macro
– “Le bugie del neuromarketing: come le aziende orientano i nostri consumi”, Martin Lindstrom, ed.
Hoepli
– “Neuromarketing”,Martin Lindstrom, ed. Apogeo
– “Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere”, ed. Tascabili Newton
– “Propaganda: dalla manipolazione dell’opinione pubblica in democrazia”, Edward Louis Bernays, ed.
Fausto Lupetti
– “I persuasori occulti”, Vance Packard, ed. Einaudi

www.muzak.com/

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