C’era una volta il reiki. E c’è ancora.

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C’era una volta il reiki. E c’è ancora.

di Roberta Piliego e Stefano Fusi

L’energia vitale universale c’è sempre. Da sempre. Non è una moda. O meglio non lo è più: restano a
praticarlo e diffonderlo le persone valide, che l’hanno coltivato e approfondito senza rincorrere
facili guadagni né culti della personaità. C’è stata la moda del Reiki, è passata in quanto moda;
resta la realtà di una disciplina che aiuta a ripristinare la salute e l’equilibrio vitale con
effetti sorprendenti e convincenti.

Ecco la testimonianza di Gaetano Vivo, un maestro Reiki molto particolare, più attivo e noto
all’estero che in Italia, sua patria, dove ora sta però cominciando a operare: un uomo che spazia
fra i continenti e fra le discipline, insegna e pratica Reiki fra Usa, Londra e Spagna. E che ha
insegnato il Reiki a migliaia di persone in tutto il mondo.

Tornato in Italia, Vivo trovò il mondo del Reiki diviso in due: chi lo praticava come atto d’amore
incondizionato, e chi invece l’aveva preso come una fonte di guadagno immediato e spropositato.
Rischio insito in una disciplina energetica così efficace, antica e moderna insieme: affonda le sue
radici nella grande tradizione orientale delle discipline dell’energia (Ki è il nome dato in
Giappone all’energia individuale; Rei a quella “universale”), ma è stata messa a punto abbastanza di
recente in Giappone. E s’è diffusa in un battibaleno in tutto l’Occidente. Quasi fosse un prodotto
“miniaturizzato” classico del Sol Levante, così capace di prendere, trasformare, diffondere in tutto
il mondo prodotti piccoli, sofisticati, efficienti.

Ma il Reiki non è una macchinetta, neppure per far soldi. Così è stata fraintesa in Occidente, da
molti, e anche in Italia. Molti che l’hanno snaturato rendendolo una caricatura (“Reiki
occidentale”), vendendo “livelli” e Master a decine di milioni di lire, praticando “terapie” a caro
prezzo e immersi in un’aura di mistero che mal si addice a una disciplina che, in origine, vuole
mettere a disposizione di chiunque un modo per ritrovare la salute e l’equilibrio interiore.

Quando ci si mette “sul mercato”, si sa, il pubblico diventa arbitro severo. Tanto più in un campo
così delicato come questo, che non è medico ma ha a che fare con la salute. Un campo in cui la
disonestà e la mancanza di trasparenza, l’assenza di una deontologia professionale e di motivazioni
cristalline non pagano. Tant’è vero che negli ultimi anni l’interesse per il Reiki, vero e proprio
fenomeno di costume negli anni Novanta, è calato. Mentre, al contrario, è aumentato il suo utilizzo
anche negli ospedali e da parte di medici; che pur non dichiarandosi pubblicamente per ovvi motivi,
lo stanno valutando come una forma di aiuto alle terapie “ufficiali”.

Dopo un periodo di sbornia, insomma, il Reiki ha lasciato il campo a chi se ne occupa seriamente, lo
pratica con coscienza e rispetto di se stessi e degli altri, lo vede come un atto d’amore
incondizionato. Che ha bisogno di maestri, ma nel senso di istruttori che aprono la strada (e i
canali d’energia), non di autorità assolute che creano sette e dipendenza. Al di là delle
suggestioni spiritualiste o economiche.

Naturalmente, c’è chi ne ha fatto la propria professione e motivo di vita. Ciò rientra nel panorama
generale di grande crescita delle discipline energetiche per il riequilibrio psicofisico, che in
tutto il mondo si stanno affiancando alla medicina ufficiale convenzionale nell’aiutare il
ripristino della salute. Rispondendo alle necessità dell’uomo d’oggi, che sono in gran parte
spirituali: la mancanza di rapporti umani, di uno stile di vita sano e semplice, l’assenza di
comunicazione piena con se stessi e con la propria anima richiedono un lavoro che spesso deve
partire con l’aiuto di chi ha già intrapreso un percorso in questa direzione.

Ecco come Gaetano Vivo ci ha spiegato che cos’è per lui, oggi, il Reiki.

INTERVISTA A GAETANO VIVO

– Gaetano, come ti sei accostato al Reiki?

Attraverso una ricerca. Ad un certo punto della mia vita mi sono trovato davanti a un bivio. Non
sapevo dove andare e cosa fare. Negli anni Novanta vivevo a Londra dove avevo aperto il
Methaphisical Center, un centro dove era possibile acquistare libri, cristalli e oggetti
appartenenti alla sfera esoterica-vibrazionale. Con il tempo mi accorsi che le persone che entravano
in negozio avevano preso l’abitudine di sedersi in una delle poltrona messe a disposizione dal
centro per sprofondarsi nella lettura di qualche libro. Il luogo li rilassava e li induceva a
trattenersi. Quando se ne andavano, portavano con loro una maggiore serenità rispetto a quando erano
arrivati.

Spesso mi dicevano: “se sono vicino a lei sto meglio, mi sento più tranquillo”, ma ho sempre
dissentito quando sentivo dire che ero “un guaritore naturale”. È un termine che ho sempre rifiutato
perché si presta ad essere frainteso e perché sono sempre stato convinto che, a parte Dio, siamo noi
stessi, con la nostra intenzione, a provocare una eventuale guarigione.

Un giorno mi ritrovai in una fiera del benessere a Londra; vidi uno stand dedicato al Reiki e,
proprio in quel momento di crisi della mia vita, ebbi la sensazione che una porta si stava aprendo
davanti a me, qualcosa mi stava chiamando verso quella direzione. La signora dello stand si avvicinò
e mi propose subito un trattamento. Era il giugno del 1995. Quello stesso anno feci un viaggio con
dei miei amici in Arizona. A Sedona, una cittadina del deserto carica di energia proveniente dalle
montagne rocciose rosse da cui è circondata, ho incontrato la mia maestra di Reiki che mi invitò
alla sua classe di primo livello. Proseguì con il secondo livello e infine diventai maestro nel
febbraio del ’96. Da allora lo pratico e l’ho insegnato in tutto il mondo.

– Qual è la tua visione personale del reiki?

Amore puro e incondizionato, questo è il Reiki. Il Reiki è donare, è donarsi. Io ho scritto il primo
libro “Risveglia il tuo cuore con il Reiki” proprio perché donare il proprio cuore ad un’altra
persona è la cosa più bella e più in sintonia con il Reiki.

– A proposito del tuo libro “Risveglia il tuo cuore con il Reiki”, quando e come il nostro cuore può
“risvegliarsi”?

Quando senti il bisogno di poter donare qualche cosa a una persona incondizionatamente. Amare per
amare, senza un particolare motivo. Solo amare, solo donare l’amore. Durante il seminario del mio
primo livello, spiego sempre ai miei allievi di centrarsi sul cuore e di aprirlo per donarne
l’energia.

– Tu hai lavorato molto a New York e a Londra, in Spagna e alle Canarie. Qual è l’aspetto più
prezioso di questa tua esperienza internazionale?

Lavorare internazionalmente è stato per me molto importante perché mi ha permesso di confrontarmi
con persone provenienti da culture, razze e religioni diverse. La diversità è una ricchezza che
aiuta ogni essere umano a crescere. Naturalmente mi ha aiutato molto l’essere stato studioso di
lingue e traduttore per professione; ma anche l’avere avuto sempre una passione per l’esplorare
nuovi mondi. Una curiosità che m’ha portato a seguire i messaggi e gli stimoli più disparati. Spesso
invece ci si chiude, convinti di aver trovato tutto o di non aver più nulla da imparare.

Quando nel 2001 arrivai in Italia vidi quanta ignoranza, quanti preconcetti e quanta mancanza di
informazione circolavano sul Reiki. Il Reiki veniva equiparato ad una realtà simile ad una setta,
quasi contrapposta alla religione cristiana.

Ma il Reiki non è niente di tutto ciò; ribadisco che il Reiki è solo amore, energia d’amore che può
essere data e ricevuta per il benessere della persona, e che non ha nulla a che vedere con un
sistema di credenze. E quando parlo di “benessere della persona” mi riferisco alla capacità del
Reiki di intervenire, attraverso il rilassamento, sullo stato psicofisico della persona per
ritrovare uno stato di equilibrio ed armonia.

– Come può un patrimonio di conoscenze proprio della tradizione orientale essere importato e quindi
applicato qui in Occidente?

Grazie alla sua capacità di essere trasversale rispetto alle culture e ai paesi. L’aiuto alla salute
attraverso l’impiego del contatto con l’energia universale “canalizzata” e lasciata fluire nelle
persone che ne hanno bisogno per riequilibrarsi, è, appunto, universale, c’è in tutte le culture
antiche e tradizionali, dall’India alla Cina all’America precolombiana e altrove. Il terreno più
fertile è comunque l’Oriente, dove esistono tradizioni millenarie tuttora vive, che non sono state
messe in crisi dall’avanzata dell’Occidente.

In questa forma, tuttavia, e con questo nome, il Reiki è stato riscoperto dal giapponese dottor Usui
nell’ Ottocento. Solo nei primi anni del Novecento, grazie alla signara Takata, discendente diretta
di Haiachi a sua volta discendente di Usui, arrivò in Occidente. La signora Takata iniziò ventidue
maestri da cui provengono i vari maestri di Reiki. Ecco perché è sempre bene chiedere il lignaggio
del maestro che deve sempre ricondurre a uno di questi 22 maestri iniziati dalla signora Takata.

Il tempo e la circolazione del Reiki hanno prodotto anche una grande evoluzione, per esempio,
rispetto all’insegnamento e, in particolare, sull’utilizzo dei simboli. In molti affermano che i
simboli devono restare segreti, ma io su questo punto non sono per niente d’accordo. Ci sono maestri
che fanno vedere i simboli una sola volta e ti chiedono di disegnarli come li ricordi. Io sostengo
che i simboli, oltre ad dover essere usati in modo giusto, devono essere conosciuti e quindi
circolare liberamente. Cosa che ho fatto attraverso il mio libro che, a questo proposito, è stato
più volte attaccato.

– Si può parlare di terapia a proposito del Reiki?

No, direi che questo termine non è corretto. Non amo utilizzare, per quanto riguarda il Reiki, i
termini terapia, guaritore e guarigione che, soprattutto in Italia, riconducono a delle realtà poco
chiare. E che vengono fatti coincidere con un campo prettamente medico. Preferisco il termine
inglese Healer o Master Reiki. A mio avviso occorre essere molto cauti sull’aspetto della
guarigione, perché se la persona che riceve il Reiki non vuole guarire, non guarirà mai. Nel mio
cuore io so che a guarire è solo il Signore.

Io non parlo mai di terapia, quanto piuttosto di tecnica di rilassamento, di meditazione e di
benessere. Anche se, naturalmente, se ci si rilassa, si medita, si sta meglio grazie all’afflusso
dell’energia universale, si può più facilmente guarire. Ma è ciascuno di noi a guarirsi, grazie al
proprio affidarsi alla natura e alla divinità.

– Si può pensare al Reiki anche come ad un insegnamento di vita?

Certamente, il Reiki ci insegna a guardarci dentro e a seguire un percorso di crescita spirituale.
Per questo è molto importante che le persone che si avvicinano al Reiki sappiano che la sua
esperienza non può risolversi all’interno di un week-end. Il Reiki è una vera e propria forma di
educazione, un insegnamento di vita, un percorso di crescita interiore.

Il Reiki può insomma essere visto come un’accettazione dell’esistenza secondo una visione più ampia
e di conseguenza una guarigione a tutti i livelli. Non rappresenta però la creazioni di dogmi o
credenze né la necessità di seguire guru. È solo un modo per trovare punti di riferimento dentro e
non fuori di noi.

Non ci sono adesioni a pratiche o a discipline strane. Nonostante io abbia studenti e persone che si
rivolgono a me per i trattamenti in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in Italia, non voglio che si
pensi a me come a un guru. Sono una persona normale con le mie paure, i miei pensieri e i miei
problemi.

Anche sul Reiki stesso: ho visto spesso che il nome evoca perplessità e diffidenza, per via dello
sfruttamento spiacevole di cui è stato oggetto e che ne ha fatto allontanare molte persone. Siccome
però ho trovato nel Reiki un modo per aiutare la gente che soffre, cerco di praticarlo quanto più mi
è possibile e soprattutto di insegnarlo nel modo che mi sembra più appropriato, affinché altri come
me possano scoprire la gioia di alleviare le sofferenze altrui con una semplice carezza.

– Stiamo parlando di cammino spirituale e di educazione. Tutto ciò coinvolge il tema della
responsabilità e dell’etica che un master Reiki dovrebbe avere. Qual è la tua riflessione in
proposito?

Un maestro di Reiki deve possedere innanzitutto l’umiltà. Sto parlando di una persona non
egocentrica o egotistica, di una persona capace di dare per il gusto di dare. Tutte doti e
caratteristiche che vanno coltivate con decisione e perseveranza. Nel mio corso triennale, un terzo
livello particolarmente impegnativo, io insisto molto anche su questi aspetti.

Nella mia esperienza decennale ho insegnato il Reiki, di primo e secondo livello, a circa tremila
persone ma gli allievi da me promossi “maestri di Reiki” sono stati solo una trentina, proprio
perché non mi sento di approvare un terzo livello se non sono convinto che l’allievo, da me seguito,
sia stato non solo “formato” ma anche “educato” al Reiki.

– Qual è il tuo progetto per l’immediato futuro?

Fondare una scuola basata sul mio metodo di insegnamento, soprattutto per quanto riguarda il terzo
livello, ovvero la formazione dei maestri. E andare oltre al problema rappresentato dal nome Reiki:
è l’energia universale d’amore il campo del mio lavoro. Sto sperimentando e presto proporrò
l’integrazione del Reiki con la musica, che anch’essa ha effetti benefici su chi soffre; e con altre
forme di lavoro sull’energia vitale.

BIOGRAFIA
Gaetano Vivo, Reiki Master Teacher, è una delle figure più note del Reiki a livello internazionale.
Fondatore del Reiki Wellness Center con sedi a New York, Londra, Napoli, è socio della Complementary
Medical Association of Great Britain, della International Association of Reiki Professionals e della
Noetic Society of America.

Ha creato ReikiVivoInternational, speciale programma che coniuga il Reiki con il rieqilibrio dei
chakra (i centri energetici del corpo).

Ha scritto “Risveglia il tuo cuore con il Reiki” e “La poesia del Reiki” e prodotto una serie di CD
che uniscono musica a meditazioni guidate, per aiutare a praticarlo (disponibili presso le librerie
specializzate o richiedendoli all’autore attraverso il suo sito).

Info e contatti: www.gaetanovivo.com

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