Armonizzazione Energetica e Fisica Quantistica 1

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Armonizzazione Energetica e Fisica Quantistica 1

(l’osservazione di tre fenomeni descritti dalla fisica
nel trattamento individuale con il Metodo OPH®1)

(di Shivani Viviana Tonelli)

– Prima parte –

In questi anni, lavorando con l’energia, più portavo attenzione a
quello che accadeva a livello energetico, in me prima di tutto, e poi
nelle persone trattate con il metodo dell’Armonizzazione Energetica,
più mi capitava di sperimentare alcune costanti nel comportamento di
questa che non lasciavano adito a dubbi: l’energia ‘funziona’ così,
inspiegabilmente per la mente, forse, ma in maniera chiara e
ripetibile per chi ne fa esperienza!

Mi sono poi trovata immersa in alcune letture in cui si parlava
proprio di energia2 e con mia sorpresa ho assistito a descrizioni
diverse ma risonanti di fenomeni simili; finché ho cominciato a notare
anche, citati affianco ad alcune di queste descrizioni, nomi e
definizioni scientifiche: lo stupore iniziale è stato altissimo,
ammetto per via di un condizionamento personale (e non solo) che
vedeva tutto ciò che è scientifico come assolutamente separato e
diverso, se non contrastante, rispetto all’oggetto di osservazione del
mio attuale percorso di ricerca!

Eppure una sorta di curiosità fervida mi prese, in quel periodo, di
saperne di più, e ogni volta era un’espansione di meraviglia nello
scoprire come e quanto l’affermazione spesso ripetuta da insegnanti e
studiosi secondo la quale “in questo periodo epocale gli scienziati
stanno giungendo a conclusioni sulla natura del mondo dentro e fuori
di noi che si avvicinano incredibilmente a quello che i mistici di
tutti i tempi dicono da sempre” fosse reale, documentata e in qualche
modo vera su larga scala!

Fu un momento emozionante per me, ricordo che quello che provai fu
proprio una sorta di integrazione, di rilassamento e di ampliamento di
visione senza uguali, anche se questo non mi proveniva da una vera e
propria conoscenza analitica, ma dal solo fatto di veder cadere una
barriera fittizia e dolorosa creata, ancora una volta, dalla mia mente
nonché da secoli di mente collettiva.

In particolare, è la Fisica Quantistica la disciplina scientifica che
oggi più rappresenta la possibilità di integrazione fra pensiero
‘occidentale’ e ‘orientale’ e che si pone come ponte fra queste due
realtà, portando molti dei suoi studiosi nonché molti lettori alla
comprensione e all’avvicinamento a quelle caratteristiche della via
spirituale che tanto distante pareva fino a qualche decennio fa. E
viceversa: infatti, oggi sempre più persone interessate alla natura
delle cose e che si interrogano sulla totalità del reale, trovando
finora risposte nella via del tao, vengono affascinate e richiamate
dalle proposte sempre in movimento di questa disciplina e affini, e
dalle possibilità di fusione fra i diversi punti di vista, che con
ogni probabilità concorreranno a dare energia a questo salto
‘quantico’ in fieri, che (nonostante la proporzionale manifestazione
dell’opposto) sempre più consapevolmente caratterizza la realtà
collettiva. Per questo mi soffermerò sul tema in una breve panoramica.

Specialmente, alcune delle conseguenze che questa ‘rivoluzione’ ebbe
sul pensiero scientifico sono particolarmente interessanti e
rivelatrici se messe in relazione con le teorie e le esperienze con le
quali, avvicinandomi al mondo della meditazione e dell’energia, sono
venuta a contatto negli ultimi anni: perciò, nei prossimi capitoli,
dopo aver dato uno sguardo d’insieme al metodo di riequilibrio
energetico, analizzerò tre fenomeni considerati dalla fisica
quantistica mettendoli in relazione con alcuni comportamenti
dell’energia durante un trattamento OPH®, osservati direttamente nella
pratica del metodo e supportati quindi soltanto dall’esperienza
personale.

A questo proposito tengo a precisare fin d’ora che la mia è solo una
proposta, magari un punto di partenza per meglio comprendere, scartare
o modificare quello che, una volta espresso e analizzato, risulterà
corrispondere più o meno a verità.

Cinque anni fa ebbi una magnifica esperienza che mi avviò sulla strada
che doveva condurmi a scrivere questo libro. In un pomeriggio di fine
estate, seduto in riva all’oceano, osservavo il moto delle onde e
sentivo il ritmo del mio respiro, quando all’improvviso ebbi la
consapevolezza che tutto intorno a me prendeva parte ad una gigantesca
danza cosmica. Essendo un fisico, sapevo che la sabbia, le rocce,
l’acqua e l’aria che mi circondavano erano composte da molecole e
atomi in vibrazione…che l’atmosfera della Terra era continuamente
bombardata da ‘raggi cosmici’….ma fino a quel momento ne avevo avuto
esperienza solo attraverso grafici, diagrammi e teorie matematiche.
Sedendo su quella spiaggia, le mie esperienze precedenti presero vita:
‘vidi’ scendere dallo spazio esterno cascate di energia…‘vidi’ gli
atomi degli elementi e quelli del mio corpo partecipare a questa danza
cosmica di energia; percepii il suo ritmo e ne ‘sentii’ la musica; e
in quel momento seppi che questa era la danza di Shiva, il Dio dei
Danzatori adorato dagli Indù.

– Cosa si intende per Fisica Quantistica –

Secondo la definizione del Dizionario Enciclopedico Illustrato di
Fisica Quantistica, per quest’ultima s’intende “la fisica che descrive
il comportamento del mondo su scala estremamente piccola, ovvero a
livello di atomi, molecole e entità ancora più piccole […] inoltre
caratterizzata dalla non-località [e dalla non distinzione] fra
passato e futuro […]”4.

È contenuta già in questa breve sintesi la rivelazione che pare insita
in questo nuovo modo di osservare e interpretare il mondo, e cioè che,
se da una parte l’attenzione è sull’infinitamente piccolo, dall’altra
questo stesso atteggiamento ha portato come diretta conseguenza alla
non-spaziotemporalità, dimensione questa che ha a che fare con
l’infinitamente grande: già ad una prima osservazione pare che con la
fisica quantistica si recuperi quella concezione di origine
filosofico-mistica in cui il microcosmo si riflette nel macrocosmo,
dove l’essenziale si riversa nell’universale!

Nel 1975, il fisico americano F. Capra, nel noto saggio Il Tao della
fisica ricorda che il termine deriva dalla parola greca physis, cioè
la “natura essenziale”, la “costituzione reale” delle cose. Ed
effettivamente proprio la Fisica Quantistica, che della fisica è
l’evoluzione più recente, riporta oggi alle origini, secondo un
processo a spirale di cui parla lo stesso Capra: “la scienza
occidentale sta finalmente superando questa concezione
[meccanicistica] e sta ritornando nuovamente a quelle dei Greci più
antichi e delle filosofie orientali. Questa volta, tuttavia, essa non
si basa soltanto sull’intuizione, ma anche su esperimenti di grande
precisione e raffinatezza e su un formalismo matematico rigoroso e
coerente”.

Quello che accadde ad un certo punto nel mondo scientifico
occidentale, fino ad allora dominato dal meccanicismo e dal fondamento
logico-razionale che tanto si era adoperato per sostenere la
possibilità di descrivere la realtà circostante in termini di
strutture coerenti, determinate e governate da principi di certezza e
prevedibilità, fu che proprio mentre gli esperimenti si approfondivano
e specializzavano qualcosa cominciò a non tornare.

Quando a fine 1800 Faraday e Maxwell fecero delle forze elettriche e
elettromagnetiche il loro oggetto di osservazione, e sostituirono
infine il concetto di forza con quello di campo di forze, di fatto si
spinsero per primi oltre i confini della fisica newtoniana, seppur
cercassero ancora spiegazioni che facessero rientrare ciò che via via
scoprivano all’interno delle leggi meccanicistiche che fino ad allora
erano l’unico fondamento riconosciuto nell’interpretazione del reale.
Ma nessuna delle varie possibili interpretazioni proposte veniva presa
per valida dallo stesso Maxwell, che forse intuitivamente comprendeva
(come suggerisce Capra nel suo saggio illuminante, nel quale abilmente
stempera le barriere che di solito separano i non ‘addetti ai lavori’
dal mondo scientifico) che si stava assistendo ad una rivelazione
rispetto a ciò che era fino ad allora il conosciuto e il riconosciuto.

Fu Einstein a dichiarare cinquanta anni dopo che “i campi
elettromagnetici erano vere e proprie entità fisiche, che potevano
spostarsi attraverso lo spazio vuoto e non potevano essere spiegate
meccanicamente”5. A questo punto Einstein stesso si trova di fronte a
due modelli validi, capaci di spiegare fenomeni diversi: la meccanica
newtoniana, l’elettrodinamica di Maxwell. E proprio in nome della
convinzione di una intrinseca armonia insita nella natura delle cose,
si mette alla ricerca di una legge universale che le spiegasse e
unificasse entrambe: così, nel 1905 nasce la teoria della relatività
speciale, che di fatto innesca alcuni processi di cambiamento che si
riveleranno per il mondo di allora drastici e irreversibili.

Infatti, con essa, nonché attraverso le teorie che Einstein avanzò
rispetto ai fenomeni atomici, che porteranno in seguito alla
formulazione della meccanica quantistica, prendono vita nuovi concetti
quali:

1. la non linearità e la fondamentale unità di spazio e tempo

2. la presenza e l’influenza dell’osservatore

“Secondo la teoria della relatività, lo spazio non è tridimensionale e
il tempo non è un’entità separata. Essi sono strettamente connessi e
formano un continuo quadridimensionale, lo spazio-tempo. […] Inoltre
[…] osservatori differenti, che si muovono con differenti velocità
relative rispetto agli eventi osservati, ordineranno questi ultimi
secondo una diversa successione temporale”6.

Nel frattempo, negli ultimi anni dell’ottocento, si continuano a
studiare gli atomi e le loro radiazioni. Rutherford, bombardandoli con
particelle alfa, scopre le vaste regioni di spazio di cui sono
costituiti, nelle quali ‘orbitano’ piccole particelle, gli elettroni:
la fisica intera entra così nella vastità sconosciuta del mondo
subatomico, attraverso la quale, ad esempio, sarà possibile
comprendere tutta la chimica. Ma ciò non fu così immediato:

“Ogni volta che i fisici interrogavano la natura mediante un
esperimento atomico, la natura rispondeva con un paradosso […].
Occorse molto tempo perché i fisici accettassero l’idea che questi
paradossi appartengono alla struttura stessa della fisica atomica
[…]. Non appena compresero questo, essi cominciarono a imparare a
porre le domande giuste e a evitare le contraddizioni”7.

Infatti, una volta riconosciuta l’esistenza delle particelle
subatomiche, fu chiaro che esse non presentavano affatto le
caratteristiche attribuite fino ad allora agli ‘oggetti solidi’ della
fisica classica, che se continua ad essere un teoria utile nella “zona
delle medie dimensioni, vale a dire nel campo della nostra esperienza
quotidiana”8, non poteva essere già più utilizzata alla luce dei nuovi
e sempre più cospicui risultati. In particolare, le unità subatomiche
risultarono essere, a seconda di come venivano osservate, ora
particelle, ora onde, dove “questa contraddizione dette origine alla
maggior parte dei paradossi di tipo koan che infine condussero alla
formulazione della teoria dei quanti. L’intero processo ebbe inizio
quando Max Planck scoprì che l’energia della radiazione termica non è
emessa in maniera continua, ma si presenta sotto forma di pacchetti di
energia. Einstein chiamò quanti questi pacchetti di energia e
riconobbe in essi un aspetto fondamentale della natura”9.

Dall’osservazione di quello che veniva scoperto risultava che a
livello subatomico o quantistico, la materia non si trova in luoghi
precisi, ma piuttosto presenta una “tendenza a trovarsi”; e così gli
eventi atomici non avvengono con certezza in determinati tempi e
luoghi e modi, ma piuttosto presentano una “tendenza ad avvenire”:
probabilità e incertezza diventano realtà fisiche determinate!

Così, quando negli anni ’30 la maggior parte degli scienziati pensava
di aver finalmente trovato i “mattoni fondamentali” della materia, la
doppia natura delle unità subatomiche (particella/onda) e la gran
quantità che di queste si andava scoprendo in campo sperimentale (oggi
nell’ordine di centinaia!) impedivano di “scomporre il mondo in unità
minime dotate di esistenza indipendente”, mentre la materia appariva
sempre più “una complessa rete di relazioni fra le varie parti del
tutto”10. Si faceva avanti il concetto di dinamicità.

In quel momento, per una piena comprensione dell’universo dell’
infinitamente piccolo, fu chiaro che era necessaria una teoria che
incorporasse sia la teoria quantistica che quella relativistica.
Nonostante tutt’oggi vi siano diverse interpretazioni a riguardo,
nessuna assunta come valida e definitiva, come quella del ‘campo
unificato’ o ‘di grande unificazione’, o quella ‘dei molti mondi’ e
così via, da allora si incominciarono a considerare le particelle
scoperte dalla nuova fisica “come configurazioni dinamiche, o
processi, che coinvolgono una certa quantità di energia, la quale si
presenta a noi come la loro massa”11.

Scrive Capra nel 1975:

“Negli ultimi decenni, gli esperimenti di diffusione ad alta energia
ci hanno rivelato nel modo più straordinario la natura dinamica e
continuamente mutevole del mondo delle particelle; la materia si è
dimostrata capace di trasformazione totale. Tutte le particelle
possono essere trasformate in altre particelle, possono essere create
dall’energia e possono scomparire in energia. In questo contesto,
concetti classici come ‘particella elementare’, ‘sostanza materiale’ o
‘oggetto isolato’ hanno perso il loro significato: l’intero universo
appare come una rete dinamica di configurazioni di energia non
separabili”12.

Nel 2003, Giuliana Conforto, docente universitaria di fisica, commenta
così un’immagine pubblicata nel suo testo Universo Organico:

10 Ibidem, p. 81.

11 Ibidem, p. 94.

12 Ibidem, p. 96.

“Quella che chiamiamo realtà è l’insieme di immagini trasmesse dalla
luce elettromagnetica (elettroforte), luce riflessa dalla materia
luminosa, che è una piccola porzione di tutta la massa esistente oggi
calcolata e rappresenta un solo livello di realtà: il livello
visibile, non separato dalla massa oscura che compone la cospicua
regione invisibile. L’astrofisica, con i satelliti, osserva gli
effetti gravitazionali della massa oscura su quella luminosa e scopre
le rispettive proporzioni: il 70% è radiazione oscura […]; lo 0,5% è
materia luminosa visibile e solo lo 0,005% è luce elettromagnetica che
crea la trappola, l’illusione che l’universo sia deserto e privo di
vita”, laddove “questa luce è ‘il velo dell’illusione’ che nasconde la
vera Luce (elettrodebole), il 70% del tutto e l’ingente materia
‘oscura’ che compone infiniti universi, vivi, intelligenti e
consapevoli dell’unità organica”13.

Quanto ancora può espandersi la nostra comprensione e percezione di ciò che è?

– Cosa è l’Armonizzazione Energetica? –

L’Armonizzazione Energetica Metodo OPH® è una tecnica che agisce sul
campo energetico umano contribuendo a ristabilire l’armonia e il
naturale benessere della persona, intesa come un tutto organico.

Infatti, attraverso questo metodo non si porta attenzione alla singola
parte come malata o dissonante, né al solo aspetto fisico, ma,
considerando l’organismo come una totalità complessa e formata dai
diversi aspetti o qualità in cui l’energia si manifesta, se ne prende
in considerazione l’integrità, nonché i vari livelli, dal più materico
al più sottile, comprendendo la realtà fisica, emotiva, mentale e
spirituale di ogni singolo individuo in ogni singolo momento.

Le concezioni fondamentali da cui tale metodo origina sono pertanto
fondamentalmente due: l’olismo e la mappa energetica dei sette chakra
principali coi rispettivi corpi sottili.

Per olismo si intende una visione della salute (in questo caso) che
parte dall’essere umano come un olos, un tutto fatto di
corpo­mente-spirito-emozioni e interconnesso con il Tutto più grande
che lo circonda. In questa concezione nulla avviene ‘dentro’ che non
avvenga anche ‘fuori’, e viceversa; niente arriva dall’esterno
ex-abrupto, ma tutto può contribuire ad attivare e bilanciare la
salute e le capacità di auto-guarigione presenti in ciascun individuo,
dove la formula:

nessuno guarisce nessuno, ognuno guarisce se stesso è un principio essenziale.

Secondo la concezione mistica orientale, in sanscrito chakra significa
‘ruota’, ad indicare proprio questi punti situati nel campo energetico
umano in cui l’energia viene veicolata ed entra e esce girando su se
stessa quasi in forma di spirale. La mappa utilizzata
nell’Armonizzazione Energetica considera sette chakra situati lungo la
colonna vertebrale, ognuno dei quali in corrispondenza dei principali
centri nervosi in quel punto del corpo fisico: ciascuno di essi, dal
basso verso l’alto, veicola una qualità o vibrazione dell’energia,
informandone l’intero sistema.

Nel primo chakra, o muladhara, si muove l’energia che ognuno ha a
disposizione connessa principalmente con il radicamento, la
sopravvivenza, il denaro, la vita (nel senso fisico della riproduzione
e delle funzioni vitali primarie) e la morte (come cessazione di
queste ultime), nonché la paura come emozione e la zona sessuale,
perineale e tutto ciò che vi è al di sotto, a livello fisico.
L’elemento è terra. Genera il corpo fisico.

Nel secondo chakra, o svadhisthana, la qualità energetica è quella
connessa al sentire nel senso più ampio del termine, sensazioni,
emotività, sentimenti, sensualità, relazioni. Inoltre, l’intimità con
l’altro e l’appartenenza a un gruppo sono sempre collegate a questo
tipo di vibrazione, che include la percezione delle emozioni e, a
livello fisico, la zona della cavità addominale, comprese le ovaie
nelle donne e la prostata negli uomini. L’elemento è acqua. Genera il
corpo eterico.

Il terzo chakra, o manipura, presenta l’energia del fuoco, mentre ha
quella qualità che presiede alle relazioni col mondo esterno, del
lavoro, della società, il ‘posto nel mondo’, l’individualità, il
valore di sé, la propria verità e il proprio potere. A livello fisico
è collegato alla zona del plesso solare e quindi a stomaco, fegato,
pancreas, milza e cistifellea. Genera il corpo astrale.

Nel quarto chakra, o anahata, vibra l’energia del dare e del ricevere
amore, dell’accoglienza, dell’accettazione, della sincronicità e della
connessione con l’Amore universale; inoltre, la vibrazione dello
spazio, dove ogni cosa può semplicemente essere come è, e dove
l’altro, ogni individuo, è percepito come un essere integro, come un
buddha. A livello fisico ha a che fare con l’area del petto, cuore,
bronchi e polmoni. L’energia è quella dell’aria. Genera il corpo
mentale.

Il quinto chakra, o vishuddha, è connesso all’espressione, sia come
parola sia come manifestazione di sé, alla creatività, alle credenze e
ai condizionamenti che la inibiscono. Qui risiede la nostra capacità
di responsabilizzarci rispetto alle nostre necessità e alle nostre
azioni, oltre che di assimilare e apprendere ciò che ci viene proposto
per progredire; ha a che fare anche con la fiducia. A livello fisico
presiede all’area della gola, bocca, collo, spalle. L’elemento è
l’etere. Genera il corpo spirituale.

Nel sesto chakra, o ajna, si muove l’energia dei pensieri,
dell’analisi mentale ma anche dell’intuizione, dell’introspezione,
della visione; inoltre, la modalità di vedere e percepire la realtà e
il mondo circostante, nonché le possibili risposte che si avranno da
esso. È collegato alla testa (e alla ghiandola dell’ipofisi), compresi
gli organi di senso: occhi, naso, orecchie.

Nel settimo, o sahasrara, infine, sentiamo noi stessi come esseri
completi e partecipi della completezza della totalità dei piani di
esistenza; sperimentiamo l’energia della devozione, del contatto col
Tutto e con l’Universo (che lo si chiami Dio oppure no). A livello
fisico, presiede all’area della scatola cranica e del cervello.

Durante un trattamento di A.E., pertanto, l’operatore entra in
contatto con l’emanazione energetica dei vari chakra e dei vari strati
e punti del ‘campo’ che ha di fronte, ne percepisce (attraverso la sua
propria modalità e sensibilità, che può essere di tipo visivo,
auditivo o cinestesico)14 lo stato in quel preciso momento e ne
riceve, per così dire, utili informazioni. A quel punto, attraverso la
tecnica, che si avvale di strumenti (modalità di rilascio/carico
energetico, modalità di dispersione/concentrazione dell’energia,
modalità di raffreddamento, scavo, potenziamento, etc.), ma
soprattutto di una presenza e un ascolto particolari, anch’essi
insegnati e consolidati attraverso la pratica della meditazione, si
procede al riequilibrio energetico, facilitando e agevolando quei
processi e mutamenti, onde naturali dell’energia, che per qualche
motivo fossero impedite ma pronte a modificarsi in quel corpo-mente
nel momento della sessione, e che a lungo andare creerebbero un
qualche blocco o distorsione che inciderebbe prima a livello sottile
(mentale-emozionale) e poi anche a livello fisico sul sistema.
Infatti, si parte dalla consapevolezza che la naturale condizione
dell’energia è il movimento e qualsiasi cosa lo impedisca per
qualsiasi motivo va contro il naturale fluire della Vita, causando
potenzialmente la malattia.

La sola cosa che non muta nel mondo è il cambiamento stesso. La vita
muta continuamente, evolve, muore e rinasce. Tutti gli opposti giocano
una parte in questo vasto schema circolare. Se ti aggrappi al margine
esterno della ruota puoi provare un senso di vertigine! Muoviti verso
il centro del ciclone e rilassati, sapendo che anche questo passerà.

Per questo, all’interno del percorso formativo dell’operatore di A.E.
la meditazione ricopre un ruolo essenziale: per esperienza personale,
è proprio dal centro, dal silenzio, dal vuoto che è possibile entrare
in contatto con l’essenza eternamente mutevole del fluire della vita,
comprenderne la qualità e lasciare che sia senza più ostacolarla: è
sapere che c’è il centro vuoto e immobile che permette di non perdersi
e non vacillare nell’eterno movimento! Ed è proprio alla
sperimentazione personale del centro che la meditazione conduce.

Voglio riportare a questo proposito un brano tratto dal libro Tantra
di Daniel Odier che mi ha toccato moltissimo:

Compresi poco a poco che il vuoto era pieno, che il pieno era vuoto,
che il vuoto trovava la sua radice nell’argilla e che se l’argilla non
avesse conosciuto il vuoto, mai avrebbe potuto diventare un vaso o una
giara. …. Il vuoto non mi ossessionava più. Avevo concretizzato che
il vuoto è l’osso e il midollo di ogni essere e di ogni cosa. Senza il
vuoto, nulla sarebbe possibile. Se leggi bene il Vijianbhairava tantra
capirai che non parla che del vuoto.

Infine, la formazione si completa di una serie di corsi di base che
prevedono lo studio del corpo umano a livello anatomico e
bio-fisiologico. Un’attenzione particolare è poi data alla
consapevolezza dei campi e dei limiti entro cui è funzionale e
supportiva l’azione dell’Operatore del Benessere BioNaturale o, un
domani, del Naturopata (tali sono le figure professionali in cui si
inserisce il percorso dell’operatore di A.E.), e a tale proposito si
studiano anche materie come psicologia e psicopatologia, etica e
deontologia, la relazione col cliente nei suoi vari aspetti, fra cui
la comunicazione, esplorata in profondità con la PNL.

– Riflessioni alla luce di tre fenomeni considerati dalla fisica
quantistica: il principio di indeterminazione, il teorema di Bell, il
concetto di risonanza –

Il principio di indeterminazione e l’osservazione

Il principio di indeterminazione formalmente dichiarato da Heisenberg
nel 1927 dimostra sostanzialmente che l’osservazione di un fenomeno
condiziona e modifica il fenomeno stesso.

Heisenberg scoprì ed affermò che attraverso l’osservazione non è
possibile conoscere contemporaneamente sia la posizione sia la
direzione in cui si muove una particella subatomica.

“L’incertezza sulla [coppia] posizione/momento […] implica che
nessuna entità può avere nello stesso istante sia un momento
precisamente determinato (il che in pratica significa una velocità
determinata) sia una posizione precisamente determinata. Ciò […] significa che l’elettrone non ha una posizione e un momento preciso
nello stesso istante. In qualsiasi istante, l’elettrone stesso non può
sapere sia dove si trova sia dove sta andando. […] Quindi, più
preciso risulta uno dei parametri, meno accurato è l’altro”15.

Così cita il Dizionario Enciclopedico Illustrato di Fisica
Quantistica, che precisa come questo valga anche per ‘coppie’ diverse
da quelle prese in esame (ad es. energia/tempo) e come sia “correlato
alla tipica dualità onda-particella del mondo quantistico”: l’istante
presente non è dunque osservabile in maniera esaustiva proprio a causa
della doppia natura onda-particella attribuita ad ogni singola unità
subatomica. Si introduce quindi il concetto di incertezza, della quale
si dice: “in fisica quantistica, l’incertezza è qualcosa di preciso e
definito”. L’incertezza e la probabilità vengono studiate e
considerate le costanti nella manifestazione naturale delle cose in
questo nostro piano di esistenza, dove, pertanto, osservando,
l’osservatore compie sempre una scelta, che ne sia consapevole oppure
no.

Entra qui in gioco il concetto di osservatore cosciente, che
‘scegliendo’ crea inevitabilmente parte della realtà: cade il
principio di oggettività, e osservatore e realtà osservata si fondono
in una nuova relazione.

“Ciò che viene osservato o che ci si aspetta di osservare condiziona
quello che si pensa e quello che si pensa condiziona ciò che si
osserva: […] del resto, se il comportamento di una particella
subatomica cambia quando viene osservata, è ragionevole aspettarsi che
qualsiasi struttura della materia, costituita anche da un numero
estremamente grande di particelle subatomiche ‘aggregate’, sia a sua
volta soggetta alle influenze dell’osservazione esterna.”16

L’informazione che ci arriva, quindi, è che l’osservatore, con il suo
sistema o campo energetico, fatto anche di modalità percettive,
ricettività, emozioni, desideri, aspettative e forme pensiero,
quell’osservatore che entra in contatto con l’‘oggetto’ osservato, è
parte integrante del fenomeno e lo modifica anche solo per effetto
della sua osservazione.

Ciò è molto vero nella mia personale esperienza di meditatrice come in
quella di molti compagni di ricerca, nonché nel sistema che ho scelto
di seguire come facilitatore durante i trattamenti energetici: nel
percorso della Armonizzazione Energetica, infatti, ci viene trasmessa
quella dello ‘spazio del cuore’ come una modalità di interazione con
il ricevente nella quale fondamentalmente si porta osservazione e
accettazione a quello che c’è, modalità che personalmente adotto in
sede di sessione proprio poiché la ritengo particolarmente importante
ed efficace.

Ogni volta che durante la meditazione divento consapevole di una
situazione di compressione o di inquietudine dentro di me, ad esempio,
e mi permetto di lasciare che sia esattamente così com’è, osservandola
proprio con l’intento di darle spazio, posso notare che dopo un certo
tempo, che può variare anche molto a seconda di cosa sto osservando,
la compressione o la tensione si dissolvono come evaporando, oppure ad
un certo punto mi accorgo che semplicemente non sono più lì.

La sola presenza osservante modifica. La qualità del ‘cuore
metafisico’, corrispondente alla vibrazione del quarto chakra, posto
nel centro del petto, è quella di dare spazio a quello che c’è, in
un’espansione delicata, soffice e insieme potentemente alchemica,
trasformatrice e liberatoria. Le frasi tipiche che descrivono
l’atteggiamento del chakra del cuore sono let it be the way it is, let
it go. E, durante un trattamento, ci sono alcuni momenti in cui
l’operatore funziona ‘solamente’ come un osservatore esterno, che
osserva precisamente con l’intento di dare spazio, attenzione, ascolto
e possibilità di rivelarsi e di sciogliersi ad un qualche fenomeno
energetico: in quei momenti, il più delle volte, la sua presenza
permette al fenomeno di modificarsi, a qualcosa di accadere,
all’energia potenzialmente bloccata di fluire di nuovo, di liberarsi.

Porterò alcuni esempi.

Ricordo un esercizio che ci proposero all’inizio del percorso di
formazione proprio con l’intento di farci sperimentare in che modo la
pura osservazione modifica la struttura energetica di una situazione.
Si faceva a coppie. Per prima cosa, in una breve condivisione, si
portava all’attenzione del partner una tematica rispetto alla quale
c’era disarmonia e tensione nella nostra vita in quel momento. Il
disturbo doveva essere di una certa intensità. In secondo luogo, chi
esplorava si metteva sdraiato comodo e cercava di portare tutta la sua
attenzione alla tematica in questione, facendo questo non in modo
logico-razionale, ma piuttosto da uno spazio che le tradizioni
orientali hanno definito attraverso concetti di ‘ricettività,
‘spazio’, ‘pura presenza’: la parte yin del tao. Quindi, il partner si
metteva nella stessa condizione e semplicemente osservava dallo stesso
spazio la situazione energetica dell’altro. Quello che accadeva a
questo punto era sorprendente, e molto diverso da persona a persona,
ma nella maggior parte dei casi si trattava di un rilascio emozionale
o più in generale di un allentamento della tensione: per me ricordo
che fu una risata la spia che la consistenza energetica prodotta nel
mio sistema da quel problema che tanto mi appesantiva si era
trasformata, semplicemente osservandola!

Più recentemente, A.17 riceve da me un ciclo di dieci sessioni di
Armonizzazione Energetica. All’inizio, richiede l’intervento
energetico per un problema di logoramento dei tessuti articolari delle
ginocchia. In seguito, però, legata a quell’affaticamento sul corpo
fisico che rivelava la paura di andare avanti provata da A. in quel
preciso momento della sua vita, si manifesta un’idea ricorrente, una
frase che ha a che fare con la disillusione e la disperazione di
trovarsi da sola e senza aiuto e di soccombere senza possibilità di
farcela. Nella sessione successiva a questa realizzazione A. arriva
poi ad un culmine emotivo in cui ‘rivive’ quel sentirsi assolutamente
persa come fosse vivo e reale nel momento presente, pur sentendo che è
qualcosa che riconosce con spavento e che le ricorda il passato,
quando era bambina. In quel frangente il peso è molto doloroso proprio
perché le sembra che qualcosa che non potrà mai cambiare stia tornando
fuori. Le pare che non ci sia soluzione ed è visibilmente in reazione
con quanto sta vivendo: cerca di respingerlo, di negarlo, di
sconfiggerlo. In quel momento, in qualità di operatore creo con le
mani un cosiddetto ponte energetico fra secondo e quarto chakra a
livello del secondo corpo, che è quello del sentire e anche dei
bisogni primari, con il solo intento di osservare e dire di sì a
quello che sta accadendo.

Si rimane così per un po’, senza fare nient’altro che osservare il
dolore che c’è, dando così supporto a chi riceve per fare altrettanto.
Nella condivisione finale, A. dirà poi che in quel momento, per la
prima volta, aveva realizzato la situazione di quella bambina
disperata, riconoscendovi la paura e lo smarrimento che spesso
provava. E anche che era stato fortissimo e poi ad un certo punto si
era calmata inspiegabilmente, quasi aver osservato quel dolore
l’avesse rassicurata: ora sapeva che era lì ma non era lei, che era in
quello tanto quanto in colei che osservava.

C’è poi una tecnica di ‘lettura dei chakra’ che ci è stata insegnata
per permettere una sorta di ‘radiografia’ energetica all’inizio di un
ciclo di trattamenti: si tratta più che altro di un’osservazione volta
a prendere contatto con quello che c’è, ma nella mia esperienza ho
assistito con stupore ai processi che questa semplice ‘lettura’ può
mettere in atto. Si svolge in questo modo: l’operatore appoggia una
mano sul corpo fisico del ricevente in corrispondenza, inizialmente,
del primo chakra. Nel farlo, si mette in ascolto di tutto il campo
energetico che ha di fronte, entrando in sincronicità18 con esso. A
questo punto, mentre si invita chi riceve a respirare profondamente e
in maniera circolare dalla bocca aperta portando tutto il respiro
nella zona in questione (il che aumenta la consapevolezza dell’energia
in quella zona), gli si ricordano anche a voce le qualità presenti
nella vibrazione energetica che vibra in quel chakra, chiedendo poi al
diretto interessato di osservare e comunicare cosa sa di sé rispetto a
quelle qualità essenziali e le loro manifestazioni nella vita
quotidiana. In seguito, l’osservatore esterno aggiunge, se lo sente
necessario, quello che nella sua percezione si sta rivelando rispetto
a quel chakra, aumentandone la consapevolezza. Si procede poi allo
stesso modo sul secondo chakra, poi quando si sente di avere concluso,
si passa al terzo e così via, fino al settimo. Ricevevo una lettura
energetica una volta in cui, connettendo il respiro al mio terzo
chakra, visualizzai con chiarezza una situazione di sfiducia totale
rispetto al valore e alla possibilità di ‘farcela’. La voce che in
quel momento amplificava la mia osservazione mi rivelò altri aspetti
legati a quella tematica. Ricordo che restammo a lungo in silenzio ad
osservare la verità che sentivo arrivare dentro di me, e con essa il
dolore, la frustrazione, la disperazione, la rabbia. Respiravo e
rimanevo, e sentivo uno spazio nuovo in cui tutto poteva dilagare,
svelarsi, rendersi evidente. Poi arrivò un pianto, mentre sentivo
un’àncora affianco a me che non smetteva di osservare e dare spazio a
quanto mi accadeva. Poi la disperazione esplose del tutto e
improvvisamente si trasformò in stanchezza, in un tremito sottile
delle membra, e infine in calma e chiarezza della mente riguardo a
quello che avevo appena realizzato. Ripensando a momenti come quello
mi rendo conto che non necessariamente c’è stata una comprensione a
riguardo, che non c’è stato qualcosa che abbia alleggerito o
sostituito il dolore o la tensione, che non è stata trovata una
‘soluzione’, nemmeno interna, al conflitto: ma, mentre magari la mente
è ancora spaventata e vorrebbe nello stesso tempo attaccarsi a quella
verità appena riconosciuta e già familiare, se porto l’attenzione alle
manifestazioni energetiche qualcosa si è innegabilmente trasformato.
Semplicemente ‘leggendo’ e osservando, con l’intento di accogliere.

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