APPENA SI ENTRA NELL’ALDILA’. 1

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APPENA SI ENTRA NELL’ALDILA’… 1

della Dott.ssa Elisa Albano – psicologiaspirituale.it

Un nuovo risveglio spirituale si sta sviluppando in tutto il mondo abbracciando sempre più branche
del sapere umano, e non da ultima la psicologia.
Il termine stesso “Psicologia”, come forse molti già sapranno, deriva dal greco “Psyche” che vuol
dire “anima” e “logos” che significa “parola, conoscenza”.
La psicologia, quindi nell’accezione che le è propria dovrebbe stare ad indicare lo studio, la
scienza dell’anima o dello spirito. Ma troppo spesso tale significato è stato snaturato e ridotto
alla semplice osservazione e spiegazione dei comportamenti esteriori, della personalità e dei
processi mentali, intesi come prodotto di meccanismi neuro-biologici. La psicologia, sforzandosi di
assumere nel corso del tempo una veste sempre più “scientifica”, ha finito per perdere i contatti
con l’essenza profonda dell’essere e ha ristretto, anziché ampliare, la sua visione interpretativa
dei fenomeni psichici, normali o anormali che siano.

Se originariamente, a partire dai filosofi greci, la conoscenza dell’anima diveniva per l’individuo
la ricerca più importante che egli potesse compiere per penetrare i misteri sia della propria natura
che del mondo circonstante, dal XIX secolo in poi la psicologia, prendendo le distanze dalla
filosofia e accostandosi alle scienze maturali per fare propri i loro metodi, ha abbandonato il
concetto di anima e ha privilegiato lo studio della psiche, intesa come complesso di processi
esclusivamente osservabili.
L’anima, dunque, percepita come qualcosa di insondabile e indimostrabile viene relegata nell’ambito
della metafisica e perde la sua importanza in quei campi dove si tenta di analizzare e curare i
disagi dell’individuo.
Ma, oggi, grazie anche a numerose ricerche accreditate in campo di esperienze di pre-morte, l’anima
torna a rivestirsi di una propria autonomia e a proporsi con una nuova dignità che non può più
lasciare indifferenti.

Vecchi e nuovi interrogativi, dunque, s’impongono anche e soprattutto per la psicologia che tenta da
secoli di dare risposte esaustive alle problematiche dell’essere.
Viene da chiedersi se qualche tassello non sia andato perduto nel corso del tempo, offrendo una
visione distorta e incompleta delle psicopatologie. Lì dove la psicologia e la psichiatria hanno
registrato fallimenti forse urgeva una visione più globale dell’individuo che prendesse in
considerazione anche l’anima (intesa altresì come coscienza individuale, composta di energia pura
che continua a sopravvivere dopo aver interrotto il suo legame con il corpo fisico) e la sua storia
come possibili elementi causali di malattie, disagi, fobie e quant’altro. Ecco perché oggi sorge la
necessità di una psicologa che si occupi anche dello spirito guardando all’essere umano in modo
onnicomprensivo. La presa di consapevolezza dell’esistenza dell’anima, entità spirituale e
immortale, e che trasmigra di vita in vita con tutto il suo bagaglio esperienziale, accumulato nel
tempo, apre – oggi – nuove frontiere di guarigione e soluzione dei problemi fino ad ora mai
raggiunte dalle psicoterapie tradizionali.

Ma procediamo per tappe in questo lungo viaggio attraverso lo spirito che crediamo ci porterà
lontano.
Intorno agli anni ’70, il dottor Raymond A. Moody jr., nato nel 1944 in Georgia, fu uno dei primi
studiosi seri (altri se ne aggiunsero dopo di lui e insieme a lui) a raccogliere una serie di
testimonianze di esperienze vissute da individui dichiarati clinicamente morti e poi tornati in
vita. A tali esperienze egli dette il nome di “near death experiences”, ovvero esperienze di
pre-morte. L’aspetto più sconcertante, che dette poi la spinta giusta per uno studio più
approfondito sull’argomento, fu lo scoprire che tali resoconti presentavano tra loro forti
similitudini, indipendentemente dalle differenze culturali, etniche e religiose o di età e sesso
degli individui che ne erano stati protagonisti.
In sintesi, al momento del decesso, l’anima (o, se preferiamo, la coscienza individuale del
soggetto) abbandona il proprio involucro materiale e comincia a librarsi nell’aria, svincolandosi da
ogni legge di gravità, ma mantenendo piena consapevolezza di sé. In questo stato, il soggetto ha
l’opportunità di osservare il proprio corpo e quanto accade intorno ad esso.

Significativa la testimonianza di un giovane tratta da una delle prime raccolte di Moody:
<< … avevo appena compiuto diciannove anni. Stavo accompagnando a casa in macchina un amico e,
arrivato a un incrocio, mi fermai e guardai da tutte e due le parti, ma non vidi una macchina che
veniva verso di me. Rimisi in moto e sentii il mio amico che urlava con quanto fiato in gola aveva.
Guardai e vidi una luce accecante, i fari di una macchina che veniva di corsa verso di me. Sentii un
suono terribile – il fianco della macchina che si schiacciava – e per un istante mi parve di
attraversare uno spazio buio, chiuso. Fu tutto molto veloce. Poi mi sentii galleggiare a una ventina
di centimetri dalla strada, a cinque metri dalla macchina, mentre il rumore svaniva. Vidi molta
gente arrivare e radunarsi attorno alla macchina e il mio amico che ne usciva in evidente stato di
choc. Vedevo le gambe contorte, e c’era sangue dappertutto. >> [1]
Molto spesso un’errata, se non nulla, conoscenza e preparazione su quanto può verificarsi al momento
del trapasso produce nel soggetto uno stato confusionale di durata variabile. Non avendo
consapevolezza di essere morto egli si chiede con stupore: << Cosa mi sta succedendo? Perché mi
sento ancora vivo mentre il mio corpo giace lì inerme e tutti si danno un gran da fare per
rianimarlo? >>
I suoi successivi tentativi di comunicare con i propri cari o con quanti si muovono intorno al suo
involucro materiale falliscono. Ma ciò che in un primo momento viene percepito come limitazione, si
trasforma presto in assenza di limitazioni.

Lo spirito percepisce sensazioni e pensieri altrui in modo immediato; si rende conto di non provare
più alcun dolore fisico e di godere di uno stato di benessere assoluto; può spostarsi liberamente da
un luogo all’altro con la sola forza del pensiero; tutti i suoi sensi sono acuiti.
Successivamente, l’anima avverte una spinta verso il vuoto, generalmente accompagnata da un forte
suono, descritto a volte come “ronzio”, “sibilo”, “tinnito” o “clangore metallico”. A questo punto,
le impressioni individuali si differenziano, ma in minima parte. C’è chi si sente precipitare in “un
buco nero” o “passare attraverso una porta” o un “cancello”; altri hanno dovuto “inerpicarsi lungo
una scala” o “attraversare un fiume”; ma la stragrande maggioranza dei soggetti, tornati dallo stato
di pre-morte, ha dichiarato di aver percorso un lungo e stretto tunnel buio, o una galleria avvolta
nella nebbia che li ha condotti poi verso uno sbocco di luce potente e radiosa. Indipendentemente
dal tipo di civiltà a cui si appartiene e dalle credenze religiose, resta comunque forte per tutti
la sensazione di un passaggio e dell’arrivo in luoghi di pace infinita, con paesaggi fantastici e
dai colori molto accesi, dove si ritrovano entità spirituali di persone care decedute in precedenza.

Un uomo colpito improvvisamente da infarto, così racconta:
< somigliava molto al suono dei tam-tam nella giungla.
Di colpo mi sentii risucchiare entro un vortice di vento caldo che mi spingeva inesorabilmente verso
una galleria stretta, di cui non si intravedeva l’uscita, un passaggio appena rischiarato da una
luce biancastra e tenue che si fece sempre più luminosa man mano che procedevo. Dopo qualche
istante, camminavo su un prato verdissimo, sulla cui superficie sorgevano palazzi incredibilmente
alti e di una luminosità quasi accecante. Sembrava il paesaggio di una città uscita dal sogno di
qualche architetto avvenirista…

Una bambina bionda mi venne incontro, apostrofandomi con voce soave: “Ciao, Paolo, ti stavo
aspettando. La Luce mi aveva avvertito del tuo arrivo e sono venuta qui per incontrarti. Ora
rimarremo sempre insieme.” Non posso descrivere il sentimento di gioia e di commozione che invase il
mio animo rivedendo Giulia, la mia sorellina morta quando avevo quindici anni.>> [2] Il momento dell’arrivo alla fine del tunnel e dell’avvistamento di figure care già trapassate, in
genere coincide anche con l’incontro che il morente fa con un essere di luce, che, a seconda del
proprio credo religioso viene percepito come Dio, Allah, Buddha o altro ancora. Il dato interessante
è che anche per chi non professa alcuna fede, o addirittura si dice ateo, la descrizione di questa
luce splendente, che infonde comprensione e amore infinito, rimane la stessa.

Una ragazza di ventitré anni che aveva subìto un brutto incidente con la sua moto e che qui
chiameremo Maria, tempo fa casualmente ci rivelò quanto segue:
<< Tu non mi crederai, ma due anni fa al momento dell’incidente ho avuto una strana esperienza.
Quella sera pioveva e l’asfalto era scivoloso; io correvo come una matta per arrivare in fretta a
casa e ho sbagliato a fare quella curva. Insomma, sono scivolata e il mio corpo è stato sbalzato
dalla moto. Ho sentito l’urto della mia testa contro lo spigolo del marciapiede e immediatamente
sono precipitata nel nulla, ma un istante dopo mi sono vista da lontano. Ero viva e stavo benissimo,
ma non ero nel mio corpo. Il mio corpo si trovava per terra e mi dicevo: ”Che peccato, si è rotta la
mia moto e ho i pantaloni stracciati.” Provavo anche un senso di vergogna per quel corpo scomposto
che un sacco di gente si stava avvicinando per guardare. Poi improvvisamente mi sono sentita
sollevare ancora più in alto e sono entrata in una specie di galleria offuscata. Ho una paura
terribile del buio, ma in quel momento non temevo nulla. Mi sono diretta tranquillamente verso una
luce che intravedevo chiarissima e potentissima. Poteva accecare, ma non sentivo alcun fastidio.
Anzi, era meraviglioso stare al cospetto di questo essere. Non giudicarmi matta. Non ho mai creduto
in Dio e non mi sono mai interessata di questioni religiose. Studio informatica e ho ricevuto
un’educazione materialista. Eppure, quella luce aveva in sé qualcosa di straordinario, di
sovrannaturale. Non voglio chiamarlo in nessun modo, ma so che possedeva una vita propria e
infondeva sentimenti di amore e pace che non si possono descrivere. >>

Dopo la sua apparizione, l’essere sembra entrare in contatto mentale con la nuova anima; essa gli
chiede se è veramente pronto ad abbandonare definitivamente il proprio corpo e generalmente gli
propone una panoramica della sua vita, in modo da indurlo a riflessioni profonde sul senso
dell’esistenza che ha condotto sino ad allora. Le immagini e le sensazioni sono particolareggiate e
vividissime. Il soggetto si trova costretto a rivedere “come in un film”, ma a tre dimensioni, gli
episodi salienti della sua esistenza e a vivere personalmente gli stati d’animo, sia positivi che
negativi, che hanno esperito quanti lo circondavano a seguito dei suoi comportamenti.
Lo scopo dell’esame è quello di acquisire maggiore consapevolezza di sé e della portata delle
proprie azioni, per imparare ad amare in modo pieno e poter crescere spiritualmente.
Generalmente, in questa fase ci si rende conto di quanto futile e dannoso per la propria anima sia
stato l’attaccamento eccessivo alle cose materiali; l’aver dato poco spazio e poca importanza a
sentimenti quali la compassione, l’interesse per gli altri, la tolleranza e così via. Ci si accorge,
inoltre, indipendentemente dal proprio credo religioso e dalle paure personali, che non esiste
nessun luogo identificabile come “inferno”, “purgatorio” o “paradiso”, così come vengono comunemente
descritti dai testi sacri, ma solo un’unica e grande indulgenza, liberazione da ogni male e unione
perfetta con le altre anime.

(Fine I parte)

Dott.ssa Elisa Albano

(1) Raymond A.Moody jr. “La vita oltre la vita” (Studi e rivelazioni sul fenomeno della
sopravvivenza), Ed. Oscar Mondadori, collana Nuovi Misteri, Milano 2000, pag. 40.
(2) Lucia Pavesi “Oltre la vita” (Testimonianze di pre-morte), Ed. De Vecchi, Milano 1997, pagg.
119, 120.

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