Varna Pranayama: autoterapia con il colore

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Varna Pranayama: autoterapia con il colore

di Amadio Bianchi

La parola sanscrita sukha indica qualcosa di attinente al piacere alla gioia o alla felicità. La
traduzione corretta di Sukha pranayama potrebbe essere: controllo (ayama) del soffio vitale (prana)
in modo piacevole o anche facile (sukha), mentre correntemente sono utilizzati i termini
“respirazione” piacevole o facile.

Premetto allora che questi esercizi devono essere eseguiti senza sforzo eccessivo e con dolcezza.
Per praticare il pranayama durante le sedute di yoga, in generale, si sceglie una posizione di
meditazione come il loto (padma-asana) o la postura del perfetto yogin (siddha-asana) in caso di
difficoltà, tuttavia, piuttosto che non praticare, si può stare seduti normalmente, anche su una
sedia. Importante però è di avere colonna vertebrale, collo e testa ben allineati in verticale e una
volta ottenuta la migliore posizione possibile è bene rimanere immobili fino al termine della
pratica.

Un atto respiratorio completo consta di tre fasi: inspirazione (puraka), ritenzione (kumbhaka) ed
espirazione (recaka). La ritenzione poi può avvenire al termine di un’inspirazione (antara-kumbhaka)
o a conclusione di un’espirazione (bahya-kumbhaka).
Prima di iniziare l’esercizio vero e proprio è bene, per qualche minuto prendere confidenza con
questi aspetti attraverso un breve allenamento. Cercare di scoprire un’agevole durata ideale valida
per tutte e tre le fasi e adottarla come unità di misura. Si può fare contando mentalmente ad
esempio: inspiro per sei secondi, trattengo sei, espiro sei e trattengo anche a polmoni vuoti sei.

Il sukha-pranayama prevede quattro precise fasi della stessa durata (esempio nove respirazioni per
ogni tipo) ciascuna in grado di sviluppare una qualità:
nella prima fase si tende a sviluppare solo l’inspiro e l’espiro bilanciandoli tra loro (esempio:
inspiro sei, espiro sei) ed è questa la fase comunemente chiamata sukha che sviluppa armonia ed
equilibrio.
Nella seconda, la fase loma, s’inspira, si trattiene a polmoni pieni e si espira (inspiro sei,
trattengo a polmoni pieni sei ed espiro sei). La parola sanscrita loma “può” significare positivo,
assimilante, convesso, riscaldante ecc. Tale fase, proprio per la ritenzione a polmoni pieni, tende,
infatti, a far immagazzinare energia.

La terza fase viloma prevede il seguente svolgimento: inspiro sei (sempre ammesso che tale unità di
misura sia l’ideale), espiro sei e trattengo a polmoni vuoti sei. Viloma sta per negativo,
ossidante, concavo, rinfrescante ecc. Infatti, questa respirazione è assai calmante.
Nell’ultima fase catur (catur è il numero quattro in sanscrito) si sviluppa la respirazione
“quadrata” dove tutte e quattro le fasi: inspiro, trattengo a polmoni pieni, espiro, trattengo a
polmoni vuoti, risultano perfettamente bilanciate tra loro in relazione all’unità di misura. Qui si
sviluppa l’autocontrollo.

Vorrei concludere affermando che ognuna di queste quattro fasi, in caso di necessità potrebbe essere
usata separatamente per sviluppare le rispettive qualità. In questo caso il numero delle
respirazioni da effettuare potrebbe essere deciso in seguito all’obiettivo da raggiungere. Meglio,
tuttavia, per non incorrere in spiacevoli sbilanciamenti, farsi consigliare da un maestro esperto.
Sarebbe inoltre consigliabile, al termine delle pratiche, rilassarsi per qualche minuto sul
pavimento in totale stato d’abbandono, favorendo la ripresa della respirazione spontanea e naturale.

Amadio Bianchi da www.isvara.org

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