Le coincidenze 2

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Le coincidenze 2

Tratto da:
“Le coincidenze”
(di Deepak Chopra)
Edizione Sperling Paperback settembre 2006

(seconda parte)

DALL’ATTIMO stesso in cui diventiamo consapevoli del mondo che ci circonda, tutti noi iniziamo a interrogarci circa il posto che vi occupiamo. Le domande che ci poniamo sono eterne: Per quale motivo mi trovo qui? In che modo mi inserisco nello schema globale delle cose? Qual è il mio destino? Da bambini pensiamo al futuro come a un foglio bianco su cui possiamo scrivere la nostra storia personale. Le possibilità ci appaiono infinite, e l’attesa della scoperta e il puro piacere di vivere immersi in tanto potenziale ci fanno sentire carichi di energia. Quando cresciamo e diventiamo adulti, imparando a conoscere i nostri limiti riduciamo la nostra visione del futuro. Ciò che un tempo stimolava la nostra immaginazione ci opprime ora con l’ansia e la paura, e quello che ci sembrava infinito è adesso oscuro e soffocante.

Per fortuna, recuperare la gioia del potenziale illimitato è possibile. Basta solo comprendere la vera natura della realtà ed essere disposti a riconoscere il legame indissolubile che unisce fra loro tutte le cose. Grazie all’aiuto di tecniche specifiche il mondo si aprirà così di nuovo davanti ai nostri occhi, e la fortuna e le opportunità che si presentavano in maniera sporadica diventeranno molto più frequenti. Per comprendere il potere del sincrodestino, immaginate di essere in una stanza buia e con una torcia in mano. Accendendola, magari vi appare un bellissimo quadro, appeso alla parete davanti a voi. Sì, certo, questa è una splendida opera d’arte, ma… è tutto qui? Non c’è nient’altro? potrebbe essere il vostro pensiero. E all’improvviso il locale viene illuminato dall’alto, voi vi guardate intorno e scoprite di trovarvi nella sala di un museo, circondati da magnifici capolavori. Mentre osservate questa
esposizione di possibilità, vi rendete conto di avere a disposizione l’intero mondo dell’arte da studiare e amare. Non siete più costretti a limitare la vostra visione a un unico dipinto, malamente illuminato dal chiarore di una torcia. E’ questa la promessa del sincrodestino, che accende per noi la luce, ci consente di prendere decisioni concrete ed efficaci invece di vivere avanzando alla cieca, ci aiuta a trovare il significato del mondo, a comprendere la connessione o sincronicità che unisce ogni cosa, a scegliere il tipo di esistenza che vogliamo condurre e a realizzare il nostro viaggio spirituale. Il sincrodestino ci fa acquisire l’abilità di trasformare la nostra vita secondo le nostre intenzioni.

Il primo passo per poter vivere in questo modo consiste nel capire la natura dei tre livelli dell’esistenza.

LIVELLO 1: IL REGNO FISICO

Il primo livello dell’esistenza è fisico o materiale, e corrisponde all’universo visibile. È il mondo che conosciamo meglio e che definiamo reale: contiene la materia e gli oggetti dai confini ben definiti, tutto ciò che è tridimensionale e sperimentabile con i cinque sensi. Comprende il nostro corpo, il vento, la terra, l’acqua, i gas, gli animali, i microbi, le molecole e le pagine di questo libro. Nel regno fisico il tempo sembra scorrere lungo una linea retta, il cosiddetto asse del tempo, che va dal passato al presente al futuro. Questo significa che ogni cosa ha un inizio, una parte centrale e una fine, e di conseguenza è impermanente. Gli esseri viventi nascono e muoiono. Le montagne sorgono dal nucleo fuso della Terra e vengono poi modellate e abbassate dal lavorio infinito dei venti e della pioggia.

Il mondo fisico così come lo viviamo è governato dalle leggi immutabili di causa ed effetto, e quindi tutto è prevedibile. La fisica newtoniana ci consente di anticipare azioni e reazioni: per esempio, quando alcune palle da biliardo entrano in collisione a una certa velocità e a una precisa angolazione, noi siamo in grado di stabilire il tragitto che percorreranno sul tavolo verde. Gli astronomi sanno calcolare con la massima precisione il momento esatto in cui si verificherà un’eclissi solare, indicandone anche la durata. La nostra comprensione del mondo legata al cosiddetto “buonsenso” deriva da ciò che conosciamo del regno fisico.

Al secondo livello dell’esistenza ogni cosa è costituita da
informazioni ed energia. Siamo nel regno quantico, dove niente ha sostanza ovvero non può essere toccato o percepito dai cinque sensi. Ne fanno parte la nostra mente, i nostri pensieri, il nostro ego e la parte del nostro essere che siamo soliti considerare come il nostro “sé”: nessuno di questi elementi è solido, eppure noi sappiamo che il nostro sé e i nostri pensieri sono reali. Sebbene sia più facile pensare al regno quantico in termini di mente, in realtà si tratta di qualcosa che va oltre. Tutto ciò che è visibile è infatti una manifestazione dell’energia e delle informazioni dello stesso regno quantico: il mondo materiale è dunque un sottoinsieme di quello quantico.

Ciò che appare nel regno fisico è composto da informazioni ed energia. In base alla celebre equazione di Albert Einstein, E = mc2, noi sappiamo che l’energia (E) equivale alla massa (m) moltiplicata per la velocità della luce (c) al quadrato. In pratica, la materia (massa) e l’energia sono la stessa cosa, semplicemente con due forme diverse: l’energia equivale alla massa.

A scuola, durante le prime lezioni di scienze impariamo che gli oggetti solidi sono costituiti da molecole, le quali sono composte da unità ancora più piccole chiamate atomi. Scopriamo così che la poltrona su cui siamo seduti è un insieme di atomi talmente minuscoli che si possono vedere solo con l’aiuto di un potente microscopio. In seguito ci viene spiegato che gli atomi sono composti dall’unione di particelle subatomiche prive di solidità che sono chiamati treni o pacchetti d’onda, vere e proprie onde di informazioni ed energia. Questo significa che al secondo livello dell’esistenza la nostra poltrona non è altro che energia e informazioni.

Tale concetto può risultare di difficile comprensione, almeno in un primo momento. Com’è possibile che onde invisibili di energia e informazioni vengano percepite come un oggetto solido? Ciò avviene perché nel regno quantico gli eventi si verificano alla velocità della luce, alla quale i nostri sensi non sono in grado di elaborare gli elementi che contribuiscono alla nostra percezione. Noi percepiamo gli oggetti come diversi l’uno dall’altro perché le onde di energia contengono diversi tipi di informazioni, determinate dalla frequenza o vibrazione delle onde stesse. È come ascoltare la radio: possiamo sintonizzare il nostro apparecchio su una certa emittente che trasmette solo musica classica sulla frequenza 101.5 FM, e ci basta spostare la manopola sui 101.9 FM per seguire un concerto di musica rock. L’energia è codificata per trasmettere varie informazioni, a seconda del modo in cui vibra.

Il mondo fisico degli oggetti e della materia è quindi composto solo dalle informazioni racchiuse nell’energia, che vibra a frequenze differenti: noi non lo vediamo come una gigantesca ragnatela di energia semplicemente perché le vibrazioni sono troppo veloci per i nostri sensi, che riescono a registrare solo blocchi di tale energia. Le informazioni in essa contenute diventano così “la sedia”, “il mio corpo”, “l’acqua” e tutti gli altri oggetti.

La stessa cosa accade quando assistiamo a un film, che è composto da una serie di fotogrammi staccati tra loro: se guardiamo la pellicola in sala di montaggio, vediamo gli spazi che separano i fotogrammi. Durante la proiezione invece i fotogrammi sono riprodotti uno dopo l’altro così rapidamente che i nostri sensi non avvertono più gli stacchi, e noi percepiamo un flusso costante di informazioni.

A livello quantico, i frammenti di energia che vibrano a frequenze diverse e che noi consideriamo come oggetti solidi fanno parte di un campo di energia collettivo. Se riuscissimo ad avvertire ciò che accade a tale livello, scopriremmo di far parte di un immenso “brodo di energia”: sia noi sia gli oggetti del regno fisico siamo quantità discrete di energia che vi fluttuano dentro. Il nostro campo di energia individuale entra di continuo in collisione con quelli degli altri, influenzandoli e provocando al tempo stesso una nostra reazione soggettiva. Tutti noi siamo espressioni di questa energia comune e delle relative informazioni. A volte riusciamo ad avvertire la connessione che ci unisce: si tratta in genere di una sensazione quasi impercettibile, che in certe occasioni diventa più tangibile. Per esempio, a molti di noi è successo di entrare in una stanza e di cogliervi una tensione così forte da poter essere tagliata con un coltello, o di trovarsi in una chiesa ed essere avvolti da un senso di pace totale. Si tratta dell’energia collettiva dell’ambiente che si unisce alla nostra energia soggettiva con una fusione che avvertiamo dentro di noi.

Nel regno fisico noi siamo costantemente impegnati in uno scambio di energia e informazioni. Immaginate di passeggiare per strada e di sentire l’odore di una sigaretta che qualcuno sta fumando ad alcuni metri di distanza da voi. Questo odore è un segnale, e vi informa che state inspirando il respiro di un altro essere umano. Se quello sconosciuto non stesse fumando, voi respirereste lo stesso ma in maniera inconsapevole il suo fiato, e nel vostro organismo
entrerebbero comunque l’anidride carbonica e l’ossigeno creati dal suo metabolismo. Al contempo, le altre persone inalano il vostro respiro! Attimo dopo attimo, noi scambiamo in continuazione parti di noi stessi, molecole fisiche e misurabili che fanno parte del nostro corpo.

A un livello più profondo, non esiste un vero confine tra il nostro sé e il resto del mondo. Quando tocchiamo un oggetto, lo percepiamo solido come se ci fosse un limite ben definito che ci separa. Secondo i princìpi della fisica, tale sensazione è dovuta al fatto che ogni cosa è composta di atomi, e la solidità è la percezione degli atomi che urtano tra loro. Un atomo è caratterizzato da un minuscolo nucleo circondato da una nube di elettroni, oltre la quale non esiste alcuna struttura rigida esterna. Immaginate di vedere una nocciolina americana in mezzo a un campo da calcio: l’arachide rappresenta il nucleo, e lo stadio corrisponde agli elettroni. Se tocchiamo un oggetto, noi percepiamo la solidità là dove si scontrano le nubi di elettroni. Questa è la nostra interpretazione della solidità, basata sulla nostra capacità (o relativa incapacità) sensoriale: i nostri occhi sono programmati per vedere gli oggetti come tridimensionali e solidi, le nostre terminazioni nervose sono strutturate per percepire gli oggetti come tridimensionali e solidi. Nella realtà del regno quantico, invece, la solidità non esiste. C’è forse solidità quando due nuvole si incontrano, si uniscono e si separano? Qualcosa di simile avviene quando tocchiamo un oggetto: i nostri campi d’energia (e le relative nubi di elettroni) si incontrano, minuscole porzioni si fondono e si separano. Anche se percepiamo noi stessi come integri, in realtà abbiamo ceduto parte del nostro campo energetico a
quell’oggetto specifico, acquisendo in cambio un brandello della sua energia. A ogni incontro noi procediamo a tali scambi, e in seguito ci ritroviamo leggermente cambiati. È quindi evidente che tutti noi siamo connessi con il resto del mondo fisico, condividiamo di continuo porzioni dei nostri campi energetici, e di conseguenza al livello quantico (al livello cioè della nostra mente e del nostro sé) siamo tutti interconnessi.

I nostri sensi “limitati” creano l’illusione che esista un mondo solido, ma se avessimo “occhi quantici” e riuscissimo a vedere il regno quantico, scopriremmo che ciò che in quello fisico consideriamo solido in realtà oscilla dentro e fuori da un vuoto infinito alla velocità della luce. Proprio come la sequenza dei fotogrammi in un film, l’universo è un fenomeno intermittente. La continuità e la solidità del mondo esistono solo nella nostra immaginazione, mentre tutti noi oscilliamo in continuazione dentro e fuori dall’esistenza. Se potessimo raffinare i nostri sensi, saremmo in grado di vedere i varchi della nostra vita. Siamo qui, poi non ci siamo più, e poi ci torniamo. Il senso della continuità è mantenuto solo dai nostri ricordi.

Una semplice analogia può illustrare con chiarezza questo punto. Gli scienziati sanno che a una lumaca occorrono circa tre secondi per percepire la luce. Immaginate una lumaca intenta a osservarmi: se io esco fulmineo dalla stanza, strappo la borsa a qualcuno e rientro nel giro di tre secondi, per quanto la riguarda io non mi sono mai allontanato. Quella lumaca potrebbe fornirmi un alibi inoppugnabile, almeno dal suo punto di vista: il tempo da me trascorso altrove corrisponderebbe infatti a uno dei varchi che costellano la sua esistenza fluttuante. Il suo senso della continuità (sempre ammesso che quegli animaletti ne possiedano uno!) non sarebbe in grado di registrare la pausa.

L’esperienza sensoriale di tutti gli esseri viventi è un concetto percettivamente artificiale, creato dall’immaginazione. Una storia zen racconta di due monaci che guardano una bandiera mossa dal vento. Il primo monaco dice: “La bandiera sventola”. Il secondo ribatte: “No, è il vento che si muove”. Arriva il loro maestro, ed essi gli chiedono: “Chi di noi ha ragione? Io dico che è la bandiera a muoversi, lui dice che è il vento”. Il maestro risponde: “Vi sbagliate entrambi. Solo la coscienza è in movimento”. E mentre si muove, immagina il mondo cosi come esiste.

La mente e ogni singola idea sono dunque un campo di energia e informazioni. Noi abbiamo immaginato il nostro corpo e l’intero mondo fisico, facendoli esistere grazie alla percezione del brodo energetico come un insieme di distinte entità fisiche. Ma da dove proviene la mente responsabile di questa capacità immaginativa?

LIVELLO 3: IL REGNO NON-LOCALE

Il terzo livello dell’esistenza è costituito dall’intelligenza o coscienza e viene definito regno virtuale o spirituale, campo del potenziale, essere universale o intelligenza non-locale. È qui che le informazioni e l’energia emergono da un mare di possibilità. Il livello basico e fondamentale della natura non è materiale; non è nemmeno il brodo dell’energia e delle informazioni, ma soltanto potenziale allo stato puro. Questo strato di realtà non-locale agisce al di là del tempo e dello spazio, che qui non esistono. Lo chiamiamo “non-locale” proprio perché non può essere confinato e delimitato a un luogo preciso – non è dentro di noi o là fuori da qualche parte, ma semplicemente è.

L’intelligenza del regno spirituale è ciò che organizza il brodo energetico in entità riconoscibili, che lega le particelle quantiche per creare gli atomi, unisce gli atomi per dar vita alle molecole e fonde le molecole per ottenere le strutture. E la forza organizzatrice che sta dietro a tutte le cose. Questo concetto può essere difficile da capire: per riuscirci, proviamo a concentrarci sulla natura duplice dei nostri pensieri. Mentre leggete queste parole, i vostri occhi vedono i caratteri neri stampati sulla pagina e la vostra mente li traduce in simboli – lettere e parole – cercando poi di individuarne il significato. Ma chi sta davvero leggendo? Qual è la coscienza alla base dei vostri pensieri? Cercate di diventare consapevoli della duplicità di questi processi interiori. La vostra mente è impegnata a decodificare, analizzare e tradurre. E allora, chi sta leggendo? Spostate in maniera impercettibile la vostra prospettiva, e scoprirete che dentro di voi c’è una presenza, una forza sempre impegnata a vivere l’esperienza. Si tratta dell’anima o intelligenza non-locale, la cui esperienza avviene al livello virtuale.

Il regno non-locale (“privo di un luogo preciso”) crea e dirige le informazioni e l’energia, le quali a loro volta plasmano il mondo fisico. Secondo il dottor Larry Dossey, celebre autore di best-seller, gli eventi non-locali possiedono tre importanti caratteristiche che li distinguono dagli eventi confinati al mondo fisico: la loro
correlazione è non mediata, non attenuata e immediata.

Il comportamento di due o più eventi subatomici è connesso in maniera non causale, nel senso che “un evento non è la causa di un altro, pur se il comportamento di uno è immediatamente legato o coordinato a quello dell’altro”. In altre parole, danzano alla stessa musica anche se non comunicano tra loro in senso convenzionale. Questo è il significato di non mediato.

nello spazio e nel tempo. Per esempio, se noi stessimo chiacchierando in una stanza o se ci trovassimo sui due lati di una via, la nostra voce risuonerebbe in maniera diversa: a una distanza maggiore sarebbe infatti più debole, ammesso che riuscissimo a sentirci. Nel regno non-locale, invece, ci sentiremmo chiaramente a qualunque distanza ci trovassimo, fosse pure un chilometro o addirittura un altro
continente.

Immediato significa che per gli eventi non-locali non è necessario spostarsi nel tempo. Sappiamo tutti che la luce e il suono viaggiano a velocità diverse (è per questo motivo che vediamo il lampo prima di sentire il rumore del tuono). Un simile divario di tempo non si registra però con gli eventi non-locali, dato che le loro correlazioni non seguono le leggi della fisica classica. Non c’è alcun segnale, non c’è luce e non c’è suono. Non esiste un “oggetto” che deve viaggiare. Le correlazioni tra gli eventi che si verificano al livello non-locale o virtuale avvengono all’istante.

L’intelligenza non-locale si trova ovunque nello stesso momento, e può causare simultaneamente effetti multipli in luoghi diversi. Un regno virtuale in cui ogni aspetto del mondo viene organizzato e
sincronizzato. È questa la fonte delle coincidenze che sono così importanti per il sincrodestino. Non appena impariamo a vivere a questo livello, siamo in grado di realizzare in maniera istintiva ogni nostro singolo desiderio. Ed è così che creiamo i miracoli.

PROVE A FAVORE DEL REGNO VIRTUALE

Il regno virtuale non è un frutto della fantasia, il risultato del desiderio tipicamente umano di una forza universale più grande di noi. Da centinaia di anni i filosofi discutono e dibattono l’esistenza dello spirito, ma è stato solo nel ventesimo secolo che la scienza ha saputo offrire testimonianze concrete sull’esistenza dell’intelligenza non-locale. Dopo aver letto la spiegazione qui di seguito riportata, mi auguro che vi ritroviate anche voi colmi della stessa meraviglia che ho provato io imbattendomi per la prima volta nel resoconto di queste ricerche.

Come molti di noi hanno imparato ai tempi della scuola, l’universo è composto sia da particelle solide sia da onde. Ci hanno insegnato che le

particelle sono i mattoni che compongono gli oggetti solidi, e che le unità più piccole di materia, come per esempio gli elettroni dell’atomo, sono particelle. Allo stesso modo, i docenti ci hanno spiegato che le onde sonore

o luminose non sono solide. Non c’è mai stata confusione in merito: le particelle sono particelle, le onde sono onde.

Invece in seguito i fisici hanno scoperto che una particella subatomica fa parte del cosiddetto treno o pacchetto d’onde. Sebbene le onde di energia siano in genere continue, con picchi e cadute equamente distanziati, un pacchetto d’onde è una concentrazione di energia.

Proviamo a porci un paio di interrogativi a proposito della particella di questo pacchetto d’onde: 1) dove si trova? 2) qual è la sua intensità? Gli studiosi hanno scoperto che possiamo rivolgerci una di queste due domande, ma non entrambe contemporaneamente. Per esempio, se vogliamo sapere dove si trova e fissiamo la particella-onda in un luogo preciso, ecco che diventa subito una particella. Se invece ci chiediamo quale sia la sua velocità, significa che abbiamo dato la priorità al movimento, e di conseguenza stiamo parlando di un’onda.

La particella-onda in oggetto è dunque una particella o un’onda? Dipende da quale delle due domande scegliamo, mentre rimane particella e onda contemporaneamente se non stabiliamo la sua posizione o la sua velocità. Questo concetto è noto come il Principio di indeterminazione di Heisenberg, e costituisce uno degli elementi basilari della fisica moderna.

Visualizzate ora una scatola chiusa che contiene una particella-onda, la cui identità assoluta viene fissata solo nel momento in cui qualcuno la osserva

o la misura. Nell’attimo che precede l’osservazione, tale identità è puro potenziale, ed esiste solo nel regno virtuale. Dopo che si sono verificate l’osservazione o la misurazione, il potenziale “decade” in una singola entità – onda o particella. Certo, considerando la nostra consueta maniera di valutare il mondo basata sui sensi fisici, l’idea che un oggetto possa esistere in più di uno stato allo stesso tempo è assurda, eppure è proprio questa la meraviglia del mondo dei quanti.

Un famoso esperimento teorico del fisico Erwin Schròdinger rivela alcuni degli strani eventi resi possibili dalla fisica quantistica. Immaginate di avere una scatola chiusa che racchiude una
particella-onda, un gatto, una leva e una ciotola colma di cibo per gatti su cui è appoggiato un coperchio. Se la particella-onda diventa una particella, fa scattare la leva che a sua volta fa volare via il coperchio della ciotola di cibo, e il gatto può mangiare. Al contrario, se la particella-onda diventa un’onda, il coperchio rimane al suo posto. Se dunque apriamo la scatola (assumendo il ruolo di osservatori) noi possiamo vedere una ciotola di cibo per gatti vuota (e un gatto felice) o una ciotola piena (e un gatto affamato). Dipende tutto dal tipo di osservazione che compiamo. Eccoci ora al punto più complesso: appena prima che noi guardiamo dentro la scatola e compiamo il gesto di osservare, la ciotola è sia vuota sia piena, e il gatto è contemporaneamente sazio e affamato. In quel preciso istante, entrambe le possibilità esistono allo stesso tempo. È l’osservazione che trasforma la possibilità in realtà. Per quanto possa apparire incredibile, di recente alcuni fisici hanno eseguito un esperimento che provava questo fenomeno, dimostrando che un atomo di berillio caricato elettricamente ma non osservato poteva essere in due luoghi diversi nello stesso momento!

Ancora più sbalorditiva è l’idea che il concetto di due luoghi diversi potrebbe essere un artefatto percettivo. In altre parole, due eventi correlati in due posti differenti potrebbero rappresentare i movimenti di un singolo evento. Immaginate un pesce in una vasca, con due telecamere posizionate ad angolo retto tra loro che riprendono le sue mosse, trasmettendo poi le immagini su due schermi posti in un’altra stanza. Seduti in questa stanza, voi guardate entrambi gli schermi e vedete due pesci diversi, meravigliandovi perché quando uno di loro cambia direzione il suo comportamento risulta immediatamente connesso a quello dell’altro pesce. Naturalmente, voi ignorate come stanno davvero le cose, perché altrimenti sapreste che in realtà c’è un solo pesce. Se poi piazzassimo numerose telecamere in molti angoli diversi e le immagini giungessero sugli schermi nella stessa stanza, rimarreste sbalorditi dal modo in cui tutti i pesci che vedete sono in immediata correlazione tra loro.

Secondo i grandi veggenti delle tradizioni mistiche, ciò che noi viviamo ogni giorno è una realtà proiettata, nella quale eventi e oggetti si limitano ad “apparire” separati nello spazio e nel tempo. Nel regno più profondo facciamo tutti parte dello stesso corpo, e quando un suo componente si muove, anche tutti gli altri vengono subito coinvolti.

Gli scienziati propongono anche un livello di esistenza chiamato spazio-tempo a quattro dimensioni di Minkowski, concepito a livello matematico, dove la distanza tra due eventi è sempre zero, qualunque sia il loro apparente distacco nello spazio-tempo. Ancora una volta ci viene suggerito un tipo di esistenza dove noi siamo un tutt’uno inseparabile. La separazione può essere una semplice illusione, che inizia a frantumarsi non appena proviamo un sentimento d’amore, in una qualsiasi delle sue forme.

Poiché l’osservazione è la chiave per definire la particella-onda come una singola unità, Niels Bohr e altri fisici credevano che la coscienza fosse l’unica responsabile del suo decadimento. Possiamo quindi affermare che senza la consapevolezza ogni cosa esisterebbe solo come quantità di energia potenziale non definita o puro potenziale.

Vorrei ribadire questo concetto perché è uno dei punti fondamentali di questo libro: senza la coscienza che agisce da osservatore e interprete, ogni cosa esisterebbe solo come puro potenziale. Il puro potenziale è il regno virtuale, il terzo livello dell’esistenza; è non-locale, illimitato, non modificabile e onnicomprensivo. Attingere a tale potenziale ci consente di realizzare i miracoli.

Miracoli non è un termine eccessivo. Torniamo ora alla fisica per descrivere il modo in cui gli studiosi hanno documentato alcuni degli eventi sbalorditivi che avvengono a questo livello di potenziale.

Affascinato e preoccupato dalle possibilità suggerite dalla fisica dei quanti, Albert Einstein ideò un esperimento teorico. Immaginate di creare due particelle-onde identiche e di scagliarle in direzioni opposte. Che cosa succede se chiediamo qual è il luogo in cui si trova la particella-onda A e qual è la velocità della particella-onda B? Tenete bene a mente che le particelle sono identiche, e di conseguenza qualunque misura venga calcolata per una, per definizione dev’essere valida anche per l’altra particella. Conoscere la posizione della particella-onda A (facendola quindi decadere in una particella) significa conoscere nello stesso momento anche il luogo in cui si trova la particella-onda B (che di conseguenza decade a sua volta in una particella).

Le implicazioni di questo esperimento teorico (che è stato confermato a livello matematico oltre che sperimentale) sono enormi. Se l’atto di osservare la particella-onda A influenza la particella-onda B, ciò significa che avviene una connessione o comunicazione non-locale, nell’ambito della quale le informazioni vengono scambiate a una velocità maggiore di quella della luce, senza che avvenga alcun passaggio di energia. Tutto ciò è contrario a qualunque visione del mondo improntata al buon senso, ed è noto come paradosso di
Einstein-Podolsky-Rosen. Prove di laboratorio hanno dimostrato che le leggi della fisica dei quanti sono valide, e che la comunicazione e la connessione non-locali sono una realtà.

Per sottolineare l’importanza di questo concetto vorrei ricorrere a un esperimento che può sembrare assurdo, ma avviene nel regno fisico e quindi il suo esito è più facile da “vedere”. Immaginate che un’azienda spedisca contemporaneamente due pacchi identici, uno a me in California e uno a casa vostra. Ciascuna scatola contiene una particella-onda correlata e non osservata, puro potenziale. Voi e io riceviamo e apriamo i nostri pacchi nel medesimo istante. Un secondo prima di tagliare la cordicella legata intorno alla confezione e di sollevare i lembi della scatola, io creo un’immagine mentale di ciò che voglio ci sia all’interno. Quando apro, scopro che il pacco contiene proprio quello che avevo visualizzato, e cioè un violino. Ma questa è solo metà del miracolo, perché nell’attimo in cui voi aprite la vostra scatola, anche voi trovate al suo interno un violino! Quando io ho immaginato ciò che volevo ci fosse dentro la mia scatola, le particelle-onda sono decadute in una forma specifica, e la mia immaginazione ha influenzato anche le particelle-onda del vostro pacco. Possiamo ripetere più volte questo esperimento, e ci ritroviamo sempre con lo stesso risultato: qualunque cosa io immagini per me stesso viene creata nel medesimo istante anche per voi. Io posso quindi influire sulla forma di una serie di particelle-onda, le quali sono in grado di comunicare la forma che assumono superando la distanza che separa la mia casa dalla vostra, a una velocità maggiore rispetto a quella della luce: questo è un esempio di comunicazione o correlazione non-locale.

Esperimenti di notevole interesse sono stati eseguiti dal ricercatore Cleve Baxter, un caro amico oltre che un collaboratore del Chopra Center, che nel 1972 ha elaborato una metodologia per studiare le cellule umane isolate dal resto dell’organismo. In uno di tali esperimenti, per esempio, egli studiò alcuni spermatozoi mettendoli in una provetta, sottoponendoli a elettrolisi e misurando la loro attività elettromagnetica con una specie di elettroencefalografo. A un tratto il donatore dello sperma, che si trovava in una stanza a una quarantina di metri dal laboratorio, spezzò una capsula di nitrato di amile e ne inspirò i vapori: in quel preciso istante l’attività elettromagnetica dello sperma conservato nel laboratorio in fondo al corridoio registrò un’impennata.

Un giorno Cleve stava isolando alcuni globuli bianchi per studiarli, quando gli accadde un fatto molto interessante. Seguendo la normale procedura, centrifugò alcune gocce della sua saliva per ricavarne una quantità concentrata di globuli bianchi, la versò in una piccola provetta e inserì gli elettrodi di filo dorato connessi
all’elettroencefalografo. All’improvviso ebbe un’intuizione, e pensò di praticarsi una minuscola incisione sul dorso della mano per vedere se quel gesto poteva influenzare o meno le sue cellule. Andò a recuperare un bisturi sterilizzato su uno scaffale vicino, e al suo ritorno sbirciò il diagramma che stava registrando l’attività elettromagnetica dei leucociti: nel breve lasso di tempo in cui si era assentato, tale attività era aumentata. In altre parole, i suoi globuli bianchi avevano reagito alla sua intenzione prima ancora che lui avesse realmente compiuto il gesto di tagliarsi!

In un’altra occasione Cleve stava mostrando al suo collega Steve come raccogliere leucociti dalla mucosa orale, quando si misero a parlare di un’intervista al controverso scienziato William Shockley, pubblicata sulla rivista Playboy. A un certo punto Cleve si ricordò che l’altro aveva una copia di quel numero in un cassetto della scrivania, e andò quindi a prenderlo. Nel frattempo Steve aveva terminato la raccolta dei globuli e aveva sottoposto a elettrolisi le sue cellule. Cleve sistemò una telecamera su un tripode alle spalle di Steve per registrare ciò che lo stesso Steve avrebbe visto, e piazzò un’altra telecamera sopra il diagramma che si stava tracciando. Le immagini delle due videocamere vennero poi unite con la tecnica dello split-screen. In questo modo avrebbe potuto registrare i tempi delle possibili reazioni correlate. Mentre sfogliava Playboy in cerca dell’articolo sopra citato, Steve si trovò davanti Bo Derek, che esponeva le sue nudità nel paginone centrale. Cleve raccontò: “Nell’attimo stesso in cui Steve dichiarò ad alta voce: ‘Non credo che si meriti un dieci’, i suoi globuli bianchi nella provetta mostrarono una vivace reazione, schizzando su e giù tra i bordi del grafico”. Dopo due minuti di continua reattività, Cleve suggerì a Steve di chiudere la rivista. E subito le sue cellule si calmarono. Quando poi Steve si allungò a riaprire il giornale, i suoi globuli si agitarono di nuovo.di batteri, possiedono la capacità di instaurare una forma di biocomunicazione. Tutte le cellule possiedono una consapevolezza cellulare e sono in grado di comunicare con altre cellule della stessa specie (e anche di specie diverse), persino quando sono lontane. Questo tipo di comunicazione è immediata, e poiché la distanza nello spazio è anche la distanza nel tempo, si può dire che gli eventi separati nel tempo, verificandosi nel passato o nel futuro, potrebbero essere subito correlati.

Allargando la ricerca, la comunicazione non-locale è stata riscontrata anche negli esseri umani. Nel famoso esperimento di
Grinberg­Zylberbaum pubblicato nel 1987, gli scienziati usarono un elettroencefalografo per misurare le onde cerebrali di varie coppie di persone impegnate a meditare insieme. Scoprirono così che le onde cerebrali di queste coppie mostravano una correlazione tanto forte da suggerire uno stretto legame o una relazione a livello mentale tra i due soggetti. I soggetti stessi potevano inoltre identificare con assoluta precisione il momento in cui erano in “diretta comunicazione” tra loro, fenomeno confermato dagli strumenti che misuravano le loro onde cerebrali. Ai membri di queste coppie molto unite fu poi chiesto di meditare a fianco a fianco per una ventina di minuti. Uno dei due soggetti veniva quindi condotto in un’altra stanza chiusa e isolata, e a quel punto entrambi dovevano cercare di ristabilire la comunicazione diretta tra loro. Colui che si era spostato veniva stimolato con l’accensione di luci vivaci all’interno della camera in cui si trovava, gesto che provocava piccole impennate delle sue onde cerebrali, chiamate “potenziali evocati”. Poiché in quella fase della prova le onde cerebrali di entrambi i soggetti venivano ancora misurate, gli scienziati riuscirono a vedere che il soggetto che era stato esposto alla luce mostrava tali picchi. Cosa sbalorditiva, si notò che anche il soggetto che non era stato esposto alla luce mostrava minuscoli potenziali evocati di onde cerebrali che
corrispondevano a quelli del suo compagno esposto alla luce. Queste due persone erano quindi connesse a un livello più profondo grazie alla meditazione, e tale connessione consentiva reazioni fisiche misurabili anche nella persona che non era stata sottoposta alla stimolazione della luce. Ciò che accadeva a una persona accadeva anche all’altra, in maniera automatica e istantanea.

Questi risultati non possono essere spiegati in altro modo tranne che con la correlazione non-locale che avviene nel regno virtuale, il livello dello spirito che connette, orchestra e sincronizza. Questo campo infinito di intelligenza o consapevolezza si trova ovunque, e si manifesta in ogni cosa.

L’abbiamo visto operare al livello delle particelle subatomiche – i mattoni alla base di tutto – e abbiamo visto che connette due persone a una profondità che trascende la separazione. Non avete però alcun bisogno di entrare in un laboratorio per vedere questa intelligenza non-locale al lavoro: la prova è tutt’intorno a noi, negli animali, nella natura e perfino all’interno del nostro corpo.

– Sincronicità in natura –

GLI esempi di sincronicità in natura sono ormai così frequenti che iniziano a sembrarci scontati. Ma se li guardiamo focalizzandoci sulla quasi impossibilità di ciò che avviene, il concetto di sincronicità comincia ad avere senso. Solleviamo per esempio lo sguardo verso il cielo in una normale giornata estiva, alla ricerca di uno stormo d’uccelli. Proprio come il banco di pesci citato nel capitolo precedente, tutti gli animali sembrano muoversi in formazione, e quando cambiano direzione eseguono gli stessi movimenti in maniera sincronica. Uno stormo può essere composto da centinaia di uccelli che avanzano all’unisono in perfetta armonia senza che ci sia un capo a guidarli, capaci di invertire la rotta in un attimo, muovendosi nello stesso momento e alla perfezione. Sono certo che non avete mai visto uccelli in volo che vanno a sbattere l’uno contro l’altro; al contrario si impennano, scendono in picchiata e girano come se fossero un unico organismo e ubbidissero a un ordine silenzioso. Come accade tutto ciò? Non c’è il tempo sufficiente per uno scambio di
informazioni, e quindi qualunque correlazione di attività fra loro avviene a livello non-locale.

I fisici studiano da anni le proprietà che guidano il volo degli uccelli, ma non hanno ancora ottenuto risposte valide e convincenti. La complessità e l’assoluta precisione del comportamento di questi animali si prende gioco da sempre delle leggi della fisica. I tecnici studiano le regole del loro movimento nella speranza di trovare princìpi validi che si possano applicare alla soluzione dei problemi legati al traffico. Se si potesse infatti identificare il meccanismo sensoriale utilizzato dagli uccelli traducendolo poi in una sorta di guida per la creazione di strade e automobili, in futuro si
eliminerebbero gli incidenti stradali perché sapremmo in anticipo che cosa sono sul punto di fare le altre vetture in transito sulla nostra strada. Si tratta purtroppo di un progetto destinato a rimanere irrealizzato, perché nel comportamento animale non c’è alcuna analogia che possa essere trasferita al mondo meccanico. La comunicazione immediata che riscontriamo negli stormi d’uccelli e nei banchi di pesci arriva dal livello spirituale, l’intelligenza organizzativa non-locale del regno virtuale. Il risultato è la sincronicità, manifesta in esseri che sono in piena sintonia fra loro e con l’ambiente in cui si trovano, danzando al ritmo del cosmo.

Sebbene gli uccelli e i pesci forniscano l’esempio più lampante di sincronicità in natura, in realtà casi del genere sono numerosi quanto gli esseri che vivono su questo pianeta. Tutte le creature sociali evidenziano infatti l’esistenza di una forma di comunicazione non-locale. Per esempio, studi esaurienti condotti su insetti e animali che vivono in branco hanno dimostrato che le loro reazioni alle minacce sono immediate, più rapide di quanto si potrebbe spiegare con i normali metodi di comunicazione.

Lo scienziato Rupert Sheldrake ha condotto ricerche di grande interesse su possibili esempi di comunicazione non-locale tra alcuni cani e i loro proprietari, spesso uniti da legami molto stretti. Sheldrake ha documentato un gran numero di occasioni in cui gli animali sembravano prevedere il rientro dei loro amici umani. Per un lasso di tempo che andava dai dieci minuti alle due ore prima dell’arrivo dei padroni, i cani si sedevano davanti alla porta ad aspettare. Gli scettici sono soliti ribattere che si tratta di una semplice abitudine, che il proprietario rientra ogni giorno sempre alla stessa ora, che l’animale sente il rumore della macchina o avverte anche da lontano il sentore che caratterizza il suo compagno “umano”. E invece i cani riescono a predire l’arrivo del padrone anche quando costui rientra a un’ora insolita, a bordo di un’auto diversa dalla sua, a piedi o con un forte vento che impedisce al suo odore di raggiungere le narici canine.

Anche se non accade nel caso di tutti i cani e dei loro proprietari, quando questa connessione si verifica è comunque un evento di forte intensità. Ancora più sconvolgente è il fatto che gli animali riescono a percepire anche le intenzioni, secondo quanto scoperto da Sheldrake. Immaginiamo che un uomo stia trascorrendo una vacanza di un paio di settimane a Parigi, mentre il suo cane si trova a Londra. Se il padrone modifica i suoi progetti e decide di rientrare con una settimana di anticipo, il cane mostra gli stessi segnali di attesa una settimana prima. Non appena l’uomo pensa: E ora di andare a casa, il cane si alza di scatto e si piazza davanti alla porta, agitando la coda e mettendosi ad aspettare.

Per essere certi che queste osservazioni non fossero la semplice manifestazione del desiderio dei proprietari, le ricerche si focalizzavano sul modo in cui alcuni cani specifici reagivano all’intenzione di tornare formulata dai loro proprietari. Nelle abitazioni dei soggetti coinvolti vennero quindi piazzate telecamere che riprendevano i punti preferiti dal cane, la sua brandina, la porta principale, la cucina. Il padrone doveva poi uscire senza sapere dove sarebbe andato o quando sarebbe ritornato: tali decisioni venivano infatti prese dagli studiosi, e la destinazione gli veniva comunicata solo dopo che era salito in macchina. Più tardi, in momenti del tutto casuali i ricercatori lo avvisavano che era giunto il momento di rientrare. Veniva presa nota dell’orario esatto, e si effettuava in seguito un confronto con le azioni del cane, registrate su nastro. Quando il padrone si dirigeva verso casa, il cane si precipitava quasi sempre verso la porta ad attenderlo, incurante dell’ora, del luogo in cui si trovava ancora il suo proprietario e del tempo che sarebbe trascorso prima del suo arrivo.

È innegabile che alcune persone vantano una forte connessione con il loro cane, e possono dire di essere correlate con lui. Sono
sincronizzati, e grazie a questo intenso legame sperimentano una forma di comunicazione non-locale.

Gli animali hanno un contatto più immediato e diretto con la natura essenziale delle cose, e per questo motivo nel loro mondo gli esempi di sincronicità abbondano. Noi esseri umani perdiamo invece il nostro senso di appartenenza nel mare delle preoccupazioni circa l’affitto da pagare, la scelta della nuova macchina da comperare e gli altri milioni di distrazioni offerte dalla vita quotidiana. Non appena sviluppiamo il nostro ego – cioè la convinzione che il nostro “Io” è diverso da quello di tutti gli altri – la sintonia con il resto dell’universo scompare. Nonostante ciò, alcune persone sperimentano una forte sincronicità senza aver bisogno di ricorrere alla
meditazione. Tutti noi conosciamo storie di gemelli che condividono nello stesso momento pensieri o sensazioni. Questo tipo di connessione si può riscontrare anche in altri individui molto legati dal punto di vista affettivo. Una volta stavo parlando con un paziente che all’improvviso venne assalito da un dolore lancinante al ventre e iniziò a rotolarsi sul pavimento. Gli chiesi che cosa gli stesse succedendo, e lui mi spiegò: “Ho l’impressione che mi abbiano accoltellato”. In seguito scoprimmo che in quello stesso momento sua madre, che si trovava in un’altra città, era stata pugnalata all’adddome. L’uomo era molto legato alla madre, che rappresentava per lui il rapporto umano più intenso della sua intera esistenza, ed erano così uniti che a un certo livello la loro fisiologia era tutt’uno, erano in simbiosi.

Nell’ambito degli studi sulla correlazione, alcuni ricercatori sul campo hanno osservato che in certe tribù africane le madri hanno un legame molto stretto con ” loro figli, rapporto che inizia quando i bambini sono ancora nell’utero. Al momento del concepimento, la madre sceglie il nome del nascituro e scrive poi una canzone in suo onore, intonandola spesso durante i mesi della gravidanza. Durante il parto le vicine di casa assistono la puerpera e cantano con lei. La cerimonia del canto si ripete poi in occasione dei momenti più importanti della vita del bambino, come i vari compleanni, il giorno dell’iniziazione che segna il passaggio nella seconda infanzia, i riti della pubertà, il fidanzamento e il matrimonio. La canzone diventa così il punto fermo del legame originale tra madre e figlio, e si estende addirittura oltre la morte, dato che viene eseguita anche al funerale dell’individuo. In questo modo ogni bambino che viene al mondo è coinvolto nell’universo della madre e del resto della tribù. La connessione che si viene così a creare è talmente intima che se il piccolo dovesse trovarsi in difficoltà in qualche angolo della boscaglia, la madre condividerebbe subito il suo disagio anche se si trovasse al lavoro in un campo distante.

Un altro esempio di questa comunicazione non-locale è rappresentato dalle gocce di latte che fuoriescono dal seno della madre quando il neonato scoppia in lacrime per la fame, anche se i due non si trovano nella stessa stanza.

Le persone dedite alla meditazione che ho citato nel capitolo precedente si conoscevano e si piacevano già prima dell’esperimento, e si ritrovarono ancora più unite in seguito all’esperimento stesso. La connessione per la riuscita di una forma di comunicazione non-locale dev’essere più profonda di quella che si riscontra in genere tra marito e moglie, o tra fratelli; può sembrare terribilmente difficile, ma in realtà tutti noi siamo sempre in contatto con l’intelligenza non-locale, anzi, il fatto stesso che il nostro corpo esiste dipende dalla comunicazione non-locale.

Com’è possibile che qualcosa di reale e concreto come il nostro organismo sia determinato dalla comunicazione virtuale? Il corpo umano è costituito da circa cento miliardi di miliardi di cellule, un migliaio per ogni stella luminosa della Via Lattea. Per produrle bastano una cinquantina di scissioni che hanno inizio dall’ovulo monocellulare fecondato. Dalla prima scissione otteniamo due cellule, dalla seconda quattro, dalla terza sedici, e via di seguito. Il meccanismo di riproduzione si ferma alla quinta scissione, quando ci ritroviamo con cento miliardi di miliardi di cellule.

Tutte le cellule del nostro corpo hanno quindi avuto origine da un’unica cellula, che si moltiplica differenziandosi lungo il cammino. Ne esistono duecentocinquanta tipi diversi, da quelle lipidiche, sferiche e semplici, a quelle nervose che sono sottili e ricche di diramazioni, e gli scienziati non hanno ancora compreso il meccanismo in base al quale una cellula singola può suddividersi in tanti tipi differenti che si organizzano creando lo stomaco, il cervello, l’epidermide, i denti e gli altri organi.

Oltre a svolgere il suo compito specifico all’interno dell’organismo, ogni cellula svolge poi milioni di in combenze al secondo al semplice scopo di mantenersi in funzione: tra le altre cose, crea proteine, regola la permeabilità della sua membrana protettiva ed elabora le sostanze nutrienti. Ogni cellula dev’essere quindi a conoscenza di ciò che fanno le sue compagne: in caso contrario il corpo umano andrebbe letteralmente in pezzi, dato che funziona solo se agisce in sincronia (condizione garantita dalla correlazione non-locale). In che altro modo un centinaio di miliardi di miliardi di cellule, ognuna delle quali esegue un milione di compiti al secondo, potrebbero coordinare le loro atttività per sostenere un essere umano vivente? In che altro modo un corpo potrebbe formulare pensieri, eliminare tossine e sorridere a un bambino (o addirittura concepirlo) nello stesso istante?

Per poter agitare le dita dei piedi, per prima cosa devo elaborare un pensiero in merito, attivando così la mia corteccia cerebrale che a sua volta invia un impulso nervoso lungo la colonna vertebrale e muove le dita. Tutto ciò è a dir poco miracoloso. Da dove è arrivato il pensiero? Prima di lui non c’era energia, ma non appena io l’ho formulato, esprimendo la mia intenzione di compiere un movimento specifico, ha creato all’interno del mio cervello una tempesta elettromagnetica che ha coinvolto il nervo, provocando l’emissione di una certa sostanza chimica. E a quel punto le dita dei miei piedi si sono mosse. Si tratta di un fenomeno molto lineare, meccanico e locale – con la sola esclusione della prima fase, cioè il pensiero che ha messo in moto l’intero procedimento – ma in che modo il pensiero ha creato l’elettricità? Gli scienziati comprendono i meccanismi del corpo legati al potenziale, ai neurotrasmettitori e alle contrazioni muscolari: nessuno è però in grado di mostrare con un esperimento da dove proviene il pensiero, che non può essere visto ma senza il quale noi saremmo paralizzati. In qualche modo la nostra consapevolezza diventa invece informazione ed energia. Dove accade tutto ciò?

La risposta è che il pensiero ha origine nel regno virtuale.

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