Le coincidenze 5 Deepak Chopra

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Le coincidenze 5

di Deepak Chopra

da Edizione Sperling Paperback settembre 2006

(quinta parte)

L’eliotropismo è il meccanismo naturale che fa crescere le piante rivolte verso la luce. Io credo che i nostri pensieri e le nostre intenzioni corrispondano alla luce, e che il mondo intero si sviluppi seguendo tali intenzioni. Usate le affermazioni e i sutra che troverete alla fine dei sette capitoli seguenti ogni volta che vi sentite stressati o inquieti, o perdete la centratura nell’arco della giornata. Ricorrete quotidianamente all’affermazione del giorno (potete fotocopiarle tutte in modo da averle sempre con voi e usarle quando vi servono per recuperare il senso del vostro vero sé). Leggete la prima affermazione e lasciate affiorare nella vostra mente l’immagine corrispondente. Non appena avete visualizzato tale figura, recitate il sutra della giornata e le affermazioni riportate nell’esercizio: per farlo vi basterà un minuto, e subito dopo sarete di nuovo centrati.

Al termine di ogni capitolo ci sono uno o più esercizi designati per illustrare i princìpi e guidarvi a una maggiore comprensione dei sutra: questi non fanno parte della meditazione giornaliera, sono una sorta di supplemento. Provateli nei momenti in cui avvertite il desiderio di compiere un ulteriore passo in avanti verso
l’assimilazione dei Sette Princìpi del sincrodestino.

I Sette Princìpi, i sette sutra, i vostri archetipi, la capacità di meditare con il mantra so-hum, le affermazioni e i sutra da leggere quando vi sembra di non essere più centrati sono tutto ciò che vi occorre per raggiungere il luogo dove avviene il sincrodestino. Sono gli strumenti che avete a disposizione per realizzare i miracoli.

Il Primo Principio: noi siamo un’onda nella struttura del cosmo SUTRA: Aham brahmasmi

Il fulcro del mio essere è la realtà fondamentale, la radice e il terreno dell’universo, la fonte di tutto ciò che esiste.

IL Primo Principio del sincrodestino riconosce l’intelligenza di base da cui hanno origine il mio corpo e il vostro insieme con l’universo intero, dalle galassie alle particelle subatomiche. Questo campo di intelligenza consapevole è la fonte del cosmo, l’organismo ampliato che tutti noi condividiamo. Il fulcro del mio essere è anche il fulcro di ogni essere vivente.

Voi, io e il resto del mondo siamo tutt’uno. Io sono l’universo localizzato in un singolo individuo, così come voi siete l’universo localizzato nel vostro corpo, intento a leggere queste parole in questo particolare momento dello spazio-tempo. Esistiamo come onde specifiche nel campo dell’intelligenza consapevole. Ogni aspetto del nostro essere è articolato e orchestrato da questa intelligenza non-locale infinita, dal mare immenso della coscienza da cui siamo affiorati voi, io e il mondo. Anche i nostri pensieri, desideri, aspirazioni e sogni non sono tecnicamente i nostri pensieri, i nostri desideri, le nostre aspirazioni e i nostri sogni: sono infatti manifestazioni dell’universo totale. Non appena ci rendiamo conto che le intenzioni e i desideri che abbiamo in noi sono in realtà le intenzioni dell’universo, riusciamo a liberarci dal nostro desiderio di controllo e permettiamo alla meravigliosa esistenza per la quale siamo nati di dischiudersi davanti a noi in tutta la sua magnificenza.

Dopo aver elaborato questa premessa, riuscirete ad assimilare il sutra del Primo Principio della Sincronicità: il fulcro del mio essere è la realtà fondamentale, la radice e il terreno dell’universo, la fonte di tutto ciò che esiste. E un concetto in apparenza semplice, ma dalla profondità notevole. Se capiamo questo sutra, ogni cosa ci diventa possibile perché ogni cosa già esiste dentro di noi. Voi e io siamo un’unica entità, ciascuno di noi è l’infinito proiettato secondo un particolare punto di vista – il mio e il vostro. Al pari del vostro sé, il mio sé è inseparabile da tutto ciò che esiste.

In questo pensiero il potere emerge quando ci rendiamo conto che il sé funziona in maniera sincronicistica. Poiché io sono un’estensione dell’intelligenza consapevole che è la fonte di ogni realtà, sono anche la fonte di ogni realtà. Io creo la mia esperienza personale.

L’intenzione nasce dai nostri desideri più profondi, che vengono plasmati dal karma. Voi e io non condividiamo lo stesso karma, e di conseguenza non abbiamo i medesimi desideri: abbiamo amato persone diverse, ci siamo inginocchiati su tombe diverse, abbiamo pregato davanti ad altari diversi. Le caratteristiche dei nostri desideri sono soggettive, uniche per ciascuno di noi.

Se però seguiamo la catena dei desideri, alla fine siamo tutti uguali. Vogliamo infatti essere felici, realizzarci, scoprire il significato della nostra esistenza e compierlo, nonché acquisire il senso della connessione con Dio o lo spirito. Desideriamo che le altre persone ci amino e ci rispettino, e vogliamo sentirci sicuri. Queste aspettative sono universali, ma il tragitto che percorriamo per esaudirle è unicamente nostro, anche se alla fine raggiungeremo insieme la meta.

* Esercizio 1. Il testimone silenzioso

Scegliete un posto tranquillo, dove siete sicuri di non essere disturbati. Mettete in sottofondo il CD o la cassetta della vostra musica rilassante preferita. Chiudete gli occhi, e focalizzate la vostra attenzione su chi sta realmente ascoltando. Notate due diversi aspetti della vostra persona. Le vostre orecchie percepiscono il suono e il vostro cervello elabora le note, ma questa è solo la meccanica dell’ascolto. Chi mette in connessione le note affinché formino la melodia? Mentre pensate di ascoltare, chi ascolta davvero?

Diventate consapevoli del testimone silenzioso, l’ascoltatore silenzioso che è sempre presente. Questa presenza è in voi e nello spazio che vi circonda; è la parte del vostro essere che può essere intravista quando il chiacchiericcio dei vostri pensieri è zittito dalla meditazione. Riuscite ad avvertire questa profonda corrente di consapevolezza che scorre in voi?

La coscienza di questo testimone silenzioso rappresenta l’inizio della conoscenza del campo di intelligenza consapevole – la fonte di tutte le sincronicità della nostra vita.

* Esercizio 2. Perché siete qui?

Per eseguire questo esercizio avete bisogno di carta e penna, oltre che di una decina di minuti di assoluta intimità.

prendete nota di qualsiasi reazione vi possa suscitare. Non
preoccupatevi della sintassi, e abbreviate pure le parole.

Ponetevi di nuovo lo stesso interrogativo: Perché sono qui? Scrivete ora una nuova risposta. Ripetete l’intero processo per venti volte, cercando sempre di affrontare la domanda in maniera differente, affinché in ogni occasione sia unica e consideri un aspetto diverso della questione.

Esaminate ora tutte le risposte. Che cosa vi comunicano? Riuscite a individuare un modello o una progressione? Che cosa vi rivelano sul modo in cui valutate la vostra esistenza?

Potete considerare la vita come una serie di eventi interiori ed esterni che riuscite magari a vedere connessi uno all’altro, oltre che con qualcosa di più spirituale. Fatelo, e la vita vi apparirà come l’opportunità di condividere il dono speciale che soltanto voi potete elargire al mondo. Questa è una delle risposte che possono chiarire per quale motivo vi trovate qui, sulla Terra. Conoscere questo scopo vi aiuta a focalizzarvi sulle vostre intenzioni.

* Sutra per il Primo Principio

Immaginate che l’intero universo venga messo in scena dentro di voi. (Non appena appare un’immagine nella vostra mente, recitate: “aham brahmasmi”)

Immaginate di essere connessi a tutto ciò che esiste. (aham brahmasmi)

Immaginate di essere una goccia di cristallo. Voi riflettete la luce di tutti gli altri esseri viventi. Riflettete anche la luce
dell’intero universo. (aham brahmasmi)

Immaginate di essere eterni. (aham brahmasmi)

Il Secondo Principio: attraverso lo specchio dei rapporti
interpersonali scopriamo il nostro sé non-locale

* SUTRA: Tat tvam asi

Io vedo l’altro in me stesso e me stesso negli altri.

CAPIRE il funzionamento dei rapporti umani è una chiave del
sincrodestino. In Occidente facciamo spesso affidamento sulla psicologia divulgativa, alla quale chiediamo strategie e consigli per gestire pensieri ed emozioni. Numerosi manuali di autorealizzazione ci suggeriscono di manipolare le nostre relazioni per renderle più soddisfacenti. Ma creare legami soddisfacenti non è solo una tattica: significa fornire l’ambiente umano nel quale il sincrodestino si può realizzare. È un bisogno fondamentale, così come lo è l’aria che respiriamo.

Il mantra di questo principio significa “Io sono ciò”, e si poggia sul principio precedente, grazie al quale abbiamo imparato che tutti noi siamo espansioni del campo di energia universale, una singola entità avente diversi punti di vista. “Io sono ciò” comporta la capacità di guardare ogni essere vivente o inanimato, e di rendersi conto che si tratta di un’altra versione dello stesso sé. Voi e io siamo tutt’uno. Ogni cosa lo è. Io sono ciò, voi siete ciò, tutto è ciò. Noi siamo specchi per gli altri, e abbiamo bisogno di vedere noi stessi nell’immagine riflessa di coloro che ci stanno intorno. Questo è lo specchio dei rapporti interpersonali, attraverso il quale scopriamo il nostro sé non-locale. Per questa ragione, alimentare i legami è l’attività più importante della nostra vita. Quando ci guardiamo intorno, tutto ciò che vediamo è un’espressione di noi stessi.

I legami personali sono uno strumento per l’evoluzione spirituale, e hanno come obiettivo raggiungere la consapevolezza dell’unità. Tutti noi facciamo parte della stessa coscienza universale, e il vero progresso avviene quando iniziamo a riconoscere tale connessione nell’ambito della nostra quotidianità.

Noi siamo sempre coinvolti in vincoli di vario tipo, che rappresentano uno dei modi più efficaci di acquisire la coscienza dell’unità. Pensate alla rete di rapporti che vi tengono insieme con genitori, figli, amici, colleghi, partner sentimentali. Si tratta di esperienze fondamentalmente spirituali. Quando ci innamoriamo, per esempio, abbiamo l’impressione che il tempo non esista. In quel preciso istante veniamo a patti con l’incertezza. Ci sentiamo splendidi ma
vulnerabili, vicini ma esposti. Cambiamo e ci trasformiamo senza alcuna trepidazione, e siamo sopraffatti dalla meraviglia. In altre parole, viviamo un’esperienza spirituale.

Attraverso lo specchio dei rapporti interpersonali scopriamo gli stati ampliati di consapevolezza. Tanto chi amiamo quanto chi detestiamo riflette chi siamo. Veniamo attirati da individui che hanno
caratteristiche simili alle nostre, solo più accentuate. Cerchiamo la loro compagnia perché a livello inconscio siamo convinti che in tal modo potremo manifestare anche noi i tratti che ammiriamo in loro. E per lo stesso motivo respingiamo chi ci rimanda determinati aspetti che non accettiamo in noi stessi. Se reagite in maniera molto negativa al contatto con una certa persona, è evidente che da un certo punto di vista vi sembra che vi assomigli, ma non apprezzate tale somiglianza. Se invece foste disposti ad accettarle, le stesse caratteristiche non vi darebbero alcun fastidio.

Diventando consapevoli del fatto che possiamo vedere noi stessi negli altri, permetteremo alle relazioni sociali di diventare uno strumento utile per l’evoluzione della nostra coscienza e il conseguente ampliamento della consapevolezza. Ed è in questo stato di
consapevolezza ampliata che possiamo raggiungere il regno nonlocale, il luogo dove sperimentiamo il sincrodestino.

La prossima volta che venite colpiti da una persona, chiedetevi che cosa vi piace in lei: la bellezza, la grazia, l’eleganza, l’influenza, il potere o l’intelligenza? Di qualunque cosa si tratti, rendetevi conto che tale qualità fiorisce anche in voi. Prestate attenzione a queste emozioni, e iniziate così il processo che vi porterà a essere completamente e più intensamente voi stessi.

Lo stesso accade quando un altro essere umano vi risulta sgradevole: raggiunto lo sviluppo del vostro vero sé, dovete capire e accettare gli aspetti meno piacevoli del vostro essere. La natura essenziale dell’universo è la coesistenza dei valori opposti. Non potete infatti essere coraggiosi, generosi o virtuosi se dentro di voi non si nascondono un codardo, un avaro o un individuo capace di fare del male.

Investiamo un sacco di tempo ed energie a negare il nostro lato oscuro, e finiamo poi per proiettare questo stesso aspetto negativo su qualcuno che ci sta intorno. Immagino sia capitato anche a voi di conoscere qualche persona che sembra attrarre sempre i tipi sbagliati, e non riesce a capire perché nella sua vita certe situazioni tendono a ripetersi. In realtà non attira l’oscurità: semplicemente, non è disposta ad accettarla all’interno della sua quotidianità. Le persone più illuminate, invece, abbracciano il loro potenziale di luce e oscurità e non passano il tempo a giudicare gli altri. I giudizi vengono infatti formulati solo da chi vede il bene e il male, ciò che è giusto o sbagliato, come caratteristiche esterne al proprio sé.

Quando siamo disposti ad accettare il paradosso della convivenza degli opposti, possiamo iniziare a guarire noi stessi e le nostre relazioni. Cominciamo dalla persona più orribile che vi viene in mente, per esempio Adolf Hitler. Chiedetevi: Che cosa ho in comune con Adolf Hitler? Dubito che si possa accettare a cuor leggero l’idea di assomigliare a un individuo del genere, ma pensandoci bene… Avete mai espresso pregiudizi o commenti negativi nei confronti di qualche gruppo etnico basandovi sulla provenienza geografica, il colore della pelle o di una qualsiasi incapacità? Se nell’arco della vostra esistenza vi siete comportati così almeno una volta, dovete accettare la vostra somiglianza con Adolf Hitler. Tutti noi siamo
multidimensionali o omnidimensionali. Ciò che esiste al mondo esiste anche dentro di noi. Quando accogliamo questi diversi aspetti di noi stessi, riconosciamo la nostra connessione alla coscienza universale e ampliamo la nostra consapevolezza individuale.

Una bellissima storia sufi illustra il modo in cui lo specchio dei rapporti interpersonali influenza la nostra vita. Un uomo giunse un giorno in un villaggio e chiese al maestro sufi più saggio tra gli anziani: “Vorrei trasferirmi qui, ma sono ancora incerto. Puoi dirmi come sono gli abitanti di questo posto?” Per tutta risposta, il vecchio gli domandò a sua volta: “Com’erano le persone nel luogo in cui hai vissuto finora?” “Oh, erano tutti ladri, malfattori e bugiardi!” “Lo è anche la gente che abita in questo villaggio!” decretò il maestro. A quelle parole il visitatore se ne andò e non fece mai più ritorno. Mezz’ora dopo arrivò un altro uomo, che a sua volta chiese al saggio: “Vorrei venire a vivere qui. Mi puoi dire come sono gli abitanti di questo villaggio?” E di nuovo il maestro chiese: “Dimmi, com’erano gli abitanti del luogo dove vivevi”. Il viandante esclamò: “Oh, erano le persone più gentili, affettuose e
compassionevoli che si possano immaginare! Sentirò terribilmente la loro mancanza”. A quelle parole, il vecchio concluse: “Sono identici a coloro che vivono in questo villaggio!”

La morale della storia è che i tratti che vediamo meglio negli altri sono quelli presenti in noi con più forza. Non appena riusciamo a rifletterci nello specchio delle relazioni, iniziamo a vedere in maniera completa noi stessi. Per riuscirci dobbiamo però accettare le nostre ambiguità senza provare alcun disagio, abbracciando tutti gli aspetti del nostro essere. A un livello più profondo abbiamo bisogno di capire che non siamo da condannare solo perché abbiamo qualche tratto negativo. Nessuno possiede solo tratti positivi. Se
riconosciamo le nostre manchevolezze siamo completi, e la nostra completezza ci consente di accedere meglio al nostro sé universale non-locale.

* Esercizio 3. Abbracciare la dualità

Per eseguire questo esercizio dovete avere a disposizione un foglio e una penna.

Pensate a qualcuno che giudicate molto gradevole. Sul lato sinistro del foglio elencate almeno dieci sue caratteristiche positive, scrivendo di getto e senza concedere alla vostra mente consapevole il tempo di filtrare i pensieri. Perché vi piace questa persona? Per quale motivo vi attira? Qual è la sua dote maggiore? È un individuo gentile, affettuoso, flessibile e indipendente? Vi piacciono la sua macchina lussuosa, il suo elegante taglio di capelli o la sua casa confortevole? A parte voi, nessuno potrà leggere questo elenco: siate quindi completamente sinceri! Se vi bloccate prima di arrivare alla decima indicazione, dichiarate ad alta voce: “Questa persona mi piace perché ” e riempite in seguito lo spazio vuoto. Scrivete tutte le qualità che volete, ma non fermatevi prima di averne indicate almeno dieci.

Focalizzate poi la vostra attenzione su qualcuno che reputate invece sgradevole, che vi irrita, vi infastidisce, vi disturba o vi fa sentire in qualche modo a disagio. Sul lato destro del foglio elencate le sue caratteristiche peggiori. Perché questa persona non vi piace? Che cosa vi fa arrabbiare in lei? Scrivete il maggior numero possibile di quelli che ritenete difetti, e comunque non fermatevi prima di aver raggiunto il decimo.

Dopo aver completato entrambe le liste, tornate a concentrarvi sulla persona che vi piace e identificate almeno tre suoi aspetti che non vi vanno a genio, senza opporre alcuna forma di resistenza mentale – dopo tutto, nessuno è perfetto (più accettate le imperfezioni degli altri, più le accettate in voi stessi). Pensate poi alla persona che non sopportate, e cercate in lei almeno tre aspetti relativamente gradevoli.

Giunti a questo punto, dovreste aver elencato almeno ventisei caratteristiche. Leggetele con calma, una dopo l’altra, e sottolineate quelle che riconoscete di possedere. Per esempio, se avete definito “compassionevole” la persona che vi piace, chiedetevi se anche voi lo siete: in caso di risposta affermativa, sottolineate l’aggettivo prescelto. Non soffermatevi troppo a lungo a riflettere, ma limitatevi a riportare la vostra impressione più immediata.

Al termine di questa prima lettura, rivedete ancora la lista e tra le parole che non avete sottolineato individuate quelle che non si possono assolutamente riferire alla vostra persona, marcandole con un asterisco.

Per finire, esaminate di nuovo i termini che avete sottolineato, scegliete i tre che meglio vi descrivono e riportateli sul retro del foglio. Seguite la stessa procedura anche con le caratteristiche che ritenete di non possedere, scegliendo tra loro le tre che non hanno assolutamente niente in comune con voi. Leggete a voce alta queste sei parole – le tre che meglio vi descrivono e le tre che non c’entrano nulla con voi. Voi possedete tutti questi attributi. Vi appartengono anche quelli che vi rifiutate di accettare, e che con ogni probabilità vi creano molti problemi. Voi attirate persone che hanno tutte e sei queste caratteristiche – quelle estremamente positive perché potreste avere l’impressione di non essere così evoluti e quelle estremamente negative perché vi ostinate a rifiutarne la presenza nell’ambito della vostra vita. Non appena riuscite a vedere voi stessi negli altri, vi risulterà molto più facile entrare in connessione con loro e acquisire così la consapevolezza dell’unità. Grazie al potere dello specchio delle relazioni potrete aprire la porta al sincrodestino.

* Esercizio 4. Namaste

Il termine sanscrito namaste significa: “lo spirito che è in me riconosce lo spirito che è in te”. Quando incrociate per la prima volta lo sguardo di una persona, salutatela dicendo mentalmente “Namaste”: in questo modo riconoscete che l’essere là fuori è lo stesso che avete dentro di voi.

Così facendo, il vostro interlocutore riconoscerà a un livello profondo il linguaggio del vostro corpo, la vostra espressione e il vostro tono – in pratica, la vostra essenza. Anche se si tratta di un saluto silenzioso, egli recepirà in maniera più o meno consapevole il rispetto implicito nel vostro saluto.

Ripetete per alcuni giorni questo esercizio, prestando attenzione a una eventuale differenza nel vostro modo di interagire con gli altri.

* Sutra per il Secondo Principio

Immaginate che il vostro spirito non sia soltanto in voi ma si trovi anche in tutti gli altri esseri viventi e in tutto ciò che è.

(tat tvam asi)

Immaginate che ognuno sia un riflesso di voi stessi. (tat tvam asi)

Immaginate di guardare l’universo e di vedere il vostro specchio. (tat tvam asi)

Immaginate di vedere ciò che gli altri vedono. (tat tvam asi)

Immaginate di provare ciò che gli altri provano. (tat tvam asi)

Immaginate di essere le qualità che più ammirate negli altri. (tat tvam asi)

Immaginate che gli altri riflettano le qualità che ammirate in voi stessi. (tat tvam asi)

Immaginate di trovarvi in un lunghissimo corridoio rivestito di specchi

dove potete vedere per chilometri e chilometri la vostra immagine riflessa, e ogni riflesso che vedete siete voi stessi, anche se appare differente. (taf tvam asi)

* Terzo Principio: dominiamo il nostro dialogo interiore SUTRA: Sat chit ananda

Il mio dialogo interiore riflette il fuoco della mia anima.

IL Terzo Principio descrive il modo in cui la mente crea la realtà, e ci spiega come trasformare la realtà stessa per creare l’abbondanza grazie al controllo del nostro dialogo interiore.

Il mantra sat chit ananda ci rivela che la nostra anima è un luogo naturalmente pieno di amore, conoscenza e beatitudine. Sat significa verità, libertà da ogni limitazione. Chit è la conoscenza totale e istintiva o pura consapevolezza. Ananda è la beatitudine, la felicità totale, la realizzazione completa. Il senso esatto della frase è dunque: “La mia anima è libera da qualsiasi costrizione. La mia anima possiede una conoscenza istintiva. La mia anima esiste in piena realizzazione”.

Il dialogo interiore è una delle nostre caratteristiche fondamentali. Quando incontriamo per la prima volta

qualcuno, di solito osserviamo com’è vestito, che macchina guida, il modello di orologio che ha al polso. La nostra impressione iniziale si basa su queste tracce esteriori, e non è altro che il risultato di una conversazione che l’ego ha con se stesso. La vocina che parla di continuo nella nostra mente valuta e giudica incessantemente. Il dialogo interiore svolge un compito di grande importanza perché formulando giudizi contribuisce alla nostra sopravvivenza: quella persona è pericolosa, quel
frutto potrebbe essere commestibile, ora non è il momento adatto per chiedere un aumento di stipendio al mio capo… Per quanto possa essere utile, questa voce vorrebbe farci credere di essere tutt’uno con noi, e tenta di convincerci che i suoi obiettivi sono anche i nostri. Ma, come abbiamo visto, dentro di noi c’è anche un altro luogo, in cui risiede il testimone silenzioso, dove entriamo in connessione con lo spirito e la mente locale lascia spazio alla mente non-locale. Un luogo che possiamo raggiungere grazie alla meditazione.

DIALOGO INTERIORE E POTERE DEL SÉ

Essere sincronizzati con il campo di intelligenza significa essere equilibrati dal punto di vista fisico, emozionale e spirituale. Possiamo così fare affidamento sulla forza e sulla flessibilità che ci consentono di affrontare qualunque impresa, aumentando al contempo la nostra carica energetica.

In questo caso il nostro dialogo interiore ci rinvigorisce perché coincide con il dialogo interiore del campo di intelligenza
consapevole. Quando siamo in sintonia con la coscienza universale e con il campo di intelligenza non-locale, assorbiamo la potenza diffusa da queste forme di energia illimitata che provengono dal nostro interno e ci consentono di raggiungere qualunque obiettivo.

Il sé emana due tipi di potere. Il primo è quello dell’azione: deriva dall’avere un nome famoso, molti soldi o un titolo altisonante, ma per quanto possa essere efficace è comunque destinato a esaurirsi. Il vero potere nasce invece all’interno, ha un’origine spirituale e non materiale, è eterno e non svanisce alla morte del corpo fisico. Nel caso dell’azione, l’identità e il potere derivano da un punto di riferimento esterno – un oggetto, una situazione, uno status symbol, un rapporto interpersonale o il denaro. Con il potere del sé l’identità nasce invece dall’ascolto del vero sé, e la forza nasce dal riferimento interiore dello spirito.

Quando il nostro comportamento è diretto dalla nostra interiorità e la percezione che abbiamo del nostro sé è chiara e per nulla influenzata dai fattori esterni, attingiamo alla fonte del potere personale e diventiamo immuni a critiche e lusinghe perché ci rendiamo conto che siamo tutti uguali in quanto siamo tutti connessi al medesimo flusso di intelligenza consapevole. Consci di ciò, sappiamo anche che nell’arco del nostro viaggio terreno non siamo né inferiori né superiori a coloro che ci stanno intorno, quindi non dobbiamo supplicare gli altri, e nemmeno cercare di convincerli di qualcosa perché non dobbiamo convincere in primo luogo noi stessi.

Per quanto possa apparire meraviglioso, questo stato di riferimento interiore in realtà viene raggiunto da pochi; troppo spesso
confondiamo infatti i messaggi che riceviamo consentendo al nostro ego di intervenire. Influenzati dai fattori esterni (per esempio le preoccupazioni di carattere finanziario, lo stress causato dal lavoro e le tensioni legate ai rapporti interpersonali), boicottiamo il nostro sviluppo spirituale, e ci ritroviamo a procedere nella direzione opposta a quella che vorremmo.

I due metodi più efficaci per superare questo problema sono la meditazione e la pratica consapevole del dialogo interiore positivo. Il dialogo interiore positivo ci aiuta ad avanzare nel senso giusto, favorisce le sincronicità e l’evoluzione spirituale, e ci consente di creare il potere del sé.

Se non si è soddisfatti del lavoro e si ha intenzione di cambiarlo, per prima cosa di solito si comincia a leggere gli annunci pubblicati sui quotidiani e a parlare del problema con gli amici, senza però ottenere alcun risultato. A questo punto ci si lascia magari sopraffare dalla delusione, e il dialogo interiore commenta: “Là fuori non c’è niente di buono!” Ma osservate ora il modo in cui tale risposta è in contrasto con un evento che potrebbe verificarsi in un altro angolo del mondo. Immaginate che un cacciatore che vive nella foresta pluviale amazzonica non riesca a trovare selvaggina; quando si rivolge a uno sciamano per modificare la situazione, insieme guardano all’interno del cacciatore stesso, e non all’esterno, in cerca della soluzione del problema. Nessuno di loro si sognerebbe mai di dire: “Là fuori non c’è selvaggina”, perché sanno benissimo che gli animali ci sono. Il problema è qualcosa all’interno del cacciatore, qualcosa che gli impedisce di trovare le prede o addirittura le allontana. Di conseguenza, lo sciamano chiede al cacciatore di partecipare a un rituale finalizzato a modificare ciò che egli stesso ha nel cuore e nella mente: sono infatti il cuore e la mente a controllare la realtà esteriore.

Quando guardiamo il mondo e pensiamo: Là fuori non c’è niente per me! dovremmo invece esaminare il nostro cuore e domandarci: Se là fuori non c’è niente, qui dentro c’è qualcosa? Analizziamo il nostro dialogo interiore per scoprire in quali punti blocchiamo il flusso
dell’energia consapevole, poi togliamo di mezzo l’ego e lasciamo che il fuoco dell’anima brilli finalmente in noi!

Secondo gli antichi saggi vedici, chi ha il fuoco dell’anima lo mostra riflesso nella luminosità dello sguardo, nel linguaggio del corpo e nei movimenti, in tutto ciò che pensa, sente, dice e fa. Non ci sono verità assolute, ma di certo lo spirito si riflette nei comportamenti e nei modi di esprimersi estranei da tutto ciò che potrebbe in qualche modo ferire gli altri. Lo spirito si riflette nella fiducia in se stessi, nella felicità, nel buonumore, nel coraggio, nella gentilezza e nella capacità di accudire gli altri. La qualità del nostro dialogo interiore è subito evidente agli altri, anche a chi non vuole riconoscerla. Mettete in pratica il dialogo interiore positivo, e le persone vorranno stabilire un intenso contatto con voi, scegliendo di aiutarvi e starvi vicino per condividere l’amore, la conoscenza e la beatitudine che brilla nei vostri occhi e si riflette nei vostri gesti. Questo è il vero potere interiore.

* Esercizio 5. Il fuoco negli occhi

Il fuoco presente nella vostra anima si riflette nel vostro sguardo. Ogni volta che vi guardate allo specchio, stabilite un contatto visivo con la vostra immagine e ripetete mentalmente i tre princìpi basilari del riferimento al proprio sé. Per prima cosa dite a voi stessi: “Io sono del tutto indipendente dalle opinioni buone o cattive degli altri”. Tocca poi al secondo principio: “Io non sono inferiore a nessuno” e al terzo: “Io non mi spavento davanti a niente”. Fissate i vostri occhi nello specchio, e osservate questi atteggiamenti riflessi nello sguardo, e non nell’espressione del viso. Cercate nei vostri occhi la luce del fuoco che vi arde nell’anima.

* Sutra per il Terzo Principio

Immaginate di essere centrati e perfettamente tranquilli. (sat chit ananda)

Immaginate che tutti gli esseri viventi siano uguali a voi. (sat chit ananda)

Immaginate di non essere influenzati dalle lusinghe e dalle critiche. (sat chit ananda)

Immaginate di essere focalizzati sul viaggio, e non sulla
destinazione. (sat chit ananda)

Immaginate che in vostra presenza ogni ostilità venga sostituita da una pace profonda. (sat chit ananda)

Immaginate di essere distaccati da quello che sarà il risultato finale. (sat chit ananda)

Immaginate che dentro di voi ci sia un profondo oceano di quiete che non viene agitato da alcuna turbolenza. (sat chit ananda)

Immaginate di diffondere intorno a voi amore così come il fuoco diffonde la luce. (sat chit ananda)

Immaginate di amare ogni cosa e ogni essere vivente. Immaginate di essere ubriachi d’amore. (sat chit ananda)

Immaginate che la risposta giusta si presenti a voi in maniera spontanea ogni volta che vi ponete un interrogativo. (sat chit ananda)

* Il Quarto Principio: l’intenzione intreccia il tessuto dell’universo SUTRA: San kalpa

Le mie intenzioni hanno un potere organizzativo infinito.

LE nostre intenzioni sono una manifestazione dell’universo totale perché noi stessi ne facciamo parte, e racchiudono in sé il meccanismo della propria realizzazione. A noi basta avere ben chiaro qual è il nostro intento, dal canto loro le intenzioni attirano gli elementi, le forze, gli eventi, le situazioni, le circostanze e i rapporti interpersonali che consentono loro di compiersi. Noi non abbiamo alcun bisogno di essere in qualche modo coinvolti nei dettagli – anzi, impegnarsi con troppo vigore può rivelarsi controproducente. Lasciamo che l’intelligenza non-locale sincronizzi i gesti dell’universo e agisca per nostro conto. L’intenzione è una forza della natura come la forza di gravità, ma molto più potente. Nessuno deve focalizzarsi sulla gravità per renderla efficace, e non si può nemmeno dire: “Non credo nella forza di gravità” perché si tratta di una forza che agisce anche se noi non comprendiamo il suo funzionamento. L’intenzione funziona allo stesso modo.

Pensate per esempio a quando vi dimenticate il nome di una persona o il titolo di un libro, quando vi sembra di averli sulla punta della lingua ma non riuscite proprio a ricordarli. La vostra decisione di richiamare alla mente questi dati fa entrare in gioco l’intenzione, eppure più vi sforzate di afferrarla e più l’informazione si allontana. Se invece vi lasciate andare e pensate ad altro, la vostra intenzione accede al regno virtuale, che possiede una capacità organizzativa infinita. Anche quando siete concentrati su altri pensieri, il regno virtuale continua la sua ricerca, e la vostra partecipazione consapevole non è affatto necessaria. Più tardi state magari per addormentarvi o state guardando un film, e all’improvviso quel nome tanto cercato affiora nella vostra consapevolezza. È così che funziona l’intenzione: noi non dobbiamo fare altro che crearla, e lasciare poi che se ne occupi l’universo.

L’unico requisito richiesto per liberare il potere dell’intenzione è la connessione con il campo dell’intelligenza consapevole, che si può ottenere in vari modi, tra cui la meditazione è uno dei migliori. Quando una persona raggiunge un determinato livello di consapevolezza, vede realizzarsi tutto ciò che desidera. Ci sono persone così in sintonia con il campo dell’intelligenza consapevole che ogni loro intenzione si manifesta – l’intero ordine dell’universo è organizzato in tal senso. In realtà, non è esatto dire che si compiono le intenzioni individuali di certe persone, ma piuttosto che le persone connnesse con il campo di intelligenza consapevole adottano le intenzioni dell’universo. E l’universo utilizza le loro intenzioni per realizzare i propri desideri.

Dobbiamo impegnarci a trovare le opportunità che ci consentono di esercitare le intenzioni, dato che in genere non ci vengono fornite dalla società. La maggior parte delle persone non ha infatti la possibilità di ritirarsi in un eremo sulla cima di una montagna per meditare sull’evoluzione del proprio spirito. Per esercitare la consapevolezza infinita e l’intenzione basata sullo spirito
approfittiamo dunque dei momenti in cui siamo bloccati in coda nel traffico o stiamo aspettando un’importante telefonata di lavoro in ufficio.

L’intenzione non è un semplice capriccio, e richiede attenzione e distacco. Dopo averla creata in maniera conscia, dovremmo essere capaci di astrarci dall’eventuale risultato e lasciare che l’universo si prenda cura dei dettagli relativi. Se non lo facciamo, l’ego si intromette e sconvolge l’intero processo. Se la nostra intenzione non si realizza abbastanza in fretta ci sentiamo frustrati, abbiamo l’impressione che la percezione che abbiamo del nostro sé venga in qualche modo minacciata, o magari ci lasciamo sopraffare
dall’autocommiserazione. Ma in natura l’unica cosa che può portare al fallimento è l’intromissione dell’ego, che vuole soddisfare le sue necessità e le sue preoccupazioni egoistiche.

Il modo migliore di realizzare tutte le nostre intenzioni consiste quindi nell’allinearle con l’intento del cosmo, creando armonia tra ciò che vogliamo e ciò che l’universo desidera per noi. Il modo migliore di creare armonia consiste nel nutrire un atteggiamento di semplice gratitudine: esprimiamo il giusto ringraziamento per il posto che occupiamo al mondo e per l’opportunità di migliorare il destino che tutti noi condividiamo. Evitiamo invece le rimostranze di qualunque genere, che sono provocate dall’ego. Gli animali non hanno problemi di rancore o risentimento, siamo solo noi esseri umani che ostacoliamo l’intenzione con un pesante bagaglio emozionale di vario genere. Per creare un’intenzione pura bisogna quindi lasciar perdere tutto.

* Esercizio 6. Focalizzare l’intenzione

Il modo migliore di focalizzarsi sulle intenzioni consiste nello scriverle su un foglio, compiendo un primo passo solo in apparenza ovvio: molte persone lo trascurano, condannando così le loro intenzioni a non essere realizzate.

Andate in un posto tranquillo dove siete certi di non essere disturbati, e scrivete ciò che desiderate a vari livelli: le aspettative di carattere materiale e spirituale, quelle legate ai rapporti interpersonali, alle gratificazioni dell’ego e all’autostima. Siate il più possibile precisi.

Chiedete a voi stessi che cosa volete sul piano fisico in termini di abbondanza e ricchezza. Volete diventare proprietari di una casa con quattro camere da letto? Scrivetelo! Volete mandare i vostri figli all’università? Annotatelo! Mettete per iscritto anche i desideri legati alla gratificazione sensoriale e connessi quindi all’udito, al tatto, alla vista, all’odorato, al gusto e alla sensualità.

Domandatevi che cosa desiderate in termini di rapporti interpersonali, ed elencate le vostre speranze relative al vostro partner, ai figli, ai famigliari, agli amici e ai colleghi o superiori.

Scrivete ciò che vi aspettate in termini di successi o riconoscimenti personali. Siate consapevoli di quello che volete a un livello più universale: in che modo potete collaborare? Come volete impiegare la vostra vita in rapporto con la vostra società, il vostro paese, la vostra civiltà? A che cosa volete contribuire? Scrivete ciò che sognate quando pensate di scoprire il vostro sé più elevato. Che tipo di persona volete essere? Che cosa volete aggiungere spiritualmente alla vostra esistenza? Scrivete su un foglio di carta tutte le vostre aspirazioni, e in seguito aggiungete o cancellate i desideri che cambiano o si realizzano.

Meditate su come sarebbe la vostra quotidianità se tutti i vostri desideri si realizzassero. Cercate di crearne le visioni interiori, senza preoccuparvi se siano realistiche e se rispettino o meno un ordine preciso. Assistete al loro compimento, percepitelo con i vostri cinque sensi. Focalizzatevi in maniera costante su tutti e quattro i livelli delle vostre aspirazioni; quando entra in gioco, una simile concordanza vi aiuta ad acquisire l’unità della consapevolezza, e rende chiaro e potente il vostro dialogo interiore.

Le intenzioni non hanno bisogno di attenzione costante, ma devono rimanere focalizzate. Si tratta di un’abitudine che dovete sviluppare con il passare del tempo. Durante la giornata rileggete un paio di volte la vostra lista, soprattutto appena prima di meditare. Quando iniziate la meditazione, fate tacere il vostro sé. Così l’ego scompare, di conseguenza vi staccate dal risultato finale, non vi fate coinvolgere dai dettagli e lasciate che sia l’infinito potere organizzativo dell’intelligenza più profonda a dirigere e realizzare per conto vostro i vari aspetti delle vostre intenzioni. La chiave di volta sta nell’allontanarsi dal livello dell’ego, dal piano del sé e dell’autostima, e permettere all’intelligenza nonlocale di orchestrare la realizzazione dei vostri desideri grazie alla sincronicità.

All’inizio tenderete a essere egoisti, dirigendo le vostre intenzioni al sé e ai particolari di ciò che volete che vi succeda. In seguito vi renderete però conto che il vero obiettivo è la realizzazione a tutti i livelli. Non appena inizierete a vedere la realizzazione delle vostre intenzioni, l’interesse nei confronti del vostro sé diminuirà subito perché vi renderete conto di poter avere tutto. Quando si ha cibo a sufficienza, non si resta ossessionati dall’idea di mangiare in continuazione. Lo stesso accade con le intenzioni: sapendo che la realizzazione è possibile, si pensa con minore frequenza alle necessità personali e ci si concentra di più sulle esigenze del resto del mondo. È un processo che funziona per fasi: siate pazienti, e aspettate di vedere compiersi i miracoli.

* Esercizio 7. Il sutra del cuore

Questa meditazione dimostra il potere dell’intenzione, ma non è una semplice dimostrazione: ripetetela con regolarità, in modo che il rituale vi aiuti a focalizzare l’attenzione e l’intenzione.

Appartatevi in un luogo tranquillo dove siete sicuri di non essere disturbati per almeno un quarto d’ora. Chiudete gli occhi e per cinque minuti eseguite il mantra primordiale so-hum, focalizzando la vostra consapevolezza sul respiro.

Spostate quindi la consapevolezza all’altezza del cuore, al centro del torace. Può darsi che in questo modo il battito cardiaco acceleri: non preoccupatevi, è del tutto normale. Mentre avvertite le pulsazioni del vostro cuore, vivete anche la gratitudine per tutte le cose, gli eventi e i rapporti interpersonali per cui avete motivo di essere riconoscenti. Consentite a queste immagini di affiorare alla coscienza, e per un istante pensate a tutti coloro che amate e che vi amano.

Dite poi a voi stessi: “Ogni decisione che prendo è una scelta tra un rimpianto e un miracolo. Io abbandono qualunque rimpianto e scelgo sempre i miracoli”. Certi risentimenti o rimorsi (e le persone associate a tali emozioni negative) possono emergere nella vostra consapevolezza; in tal caso vi basta ripetere: “Io abbandono qualunque rimpianto e scelgo sempre i miracoli”. Tornate a essere consapevoli del vostro cuore, respirandovi dentro. Inspirate dicendo: “Amore… conoscenza… beatitudine… amore”, ed espirate poi contando fino a quattro. Tra un’inspirazione e un’espirazione fermatevi per alcuni secondi. Ripetete per tre o quattro minuti l’intero procedimento.

Grazie alla meditazione del sutra del cuore, il fuoco della vostra anima – che è amore, conoscenza e beatitudine – inizierà a diffondersi nel cuore stesso. E a questo punto che il Terzo Principio del sincrodestino incontra il Quarto: il fuoco della vostra anima comincia a creare la vostra intenzione.

Dopo aver affermato alcune volte “Io abbandono qualunque rimpianto e scelgo sempre i miracoli”, ripetete mentalmente: “Sia fatta la tua volontà”. In questo modo preparate la mente a ricevere l’intenzione dell’intelligenza non-locale e a capire che al tempo stesso si tratta anche della vostra intenzione.

Nel giro di un minuto liberatevi di tutti i pensieri e focalizzate la vostra consapevolezza sul cuore. Sperimentatene il battito, come suono o come sensazione. Sentitelo pulsare. Trasferite quindi la vostra consapevolezza alle mani, all’altezza delle quali dovete sentire il battito cardiaco. Introducete l’intenzione di aumentare il flusso del sangue che le raggiunge. Limitatevi ad avere l’intenzione. Mentre aumenta il flusso del sangue diretto alle mani, avvertite un forte senso di calore o un formicolio. Introducete l’intenzione di aumentare il calore che vi avvolge le mani mentre la vostra sola intenzione aumenta il flusso sanguigno.

Quando le vostre mani si sono scaldate a sufficienza, spostate la vostra consapevolezza al viso, nella parte intorno agli occhi, ed esprimete la stessa intenzione. Aumentate il flusso sanguigno che raggiunge la vostra faccia finché non arrossite. Abbiate l’intenzione. Potreste avvertire un senso di formicolio intorno agli occhi mentre il sangue confluisce.

Riportate infine la consapevolezza nel cuore, visualizzate un punto luminoso che pulsa al suo interno al ritmo del battito: è la luce della vostra anima che vibra con le tre qualità dell’anima stessa – amore, conoscenza e beatitudine o sat chit ananda, che è anche il sutra del Terzo Principio. Mentre la luce pulsa, sperimentate l’amore, la conoscenza e la beatitudine che diffondono un forte chiarore in ogni angolo del vostro corpo. Lasciate poi svanire lentamente tale chiarore dalla vostra coscienza, ed entrate in sintonia con il vostro intero organismo. Avvertite ogni singola sensazione e aprite infine gli occhi: la meditazione è finita.

* Sutra per il Quarto Principio

Immaginate che l’universo sia un vasto oceano di consapevolezza, nel quale si diffondono le intenzioni che partono dal vostro cuore. (san kalpa)

Immaginate che la vostra intenzione diriga l’attività infinita dell’universo, controbilanciando l’intero ecosistema. (san kalpa)

Immaginate che la vostra intenzione porti gioia e sorrisi a coloro che soffrono. (san kalpa)

Immaginate di portare il successo a coloro che sono convinti di fallire. (san kalpa)

Immaginate di portare la forza a coloro che si sentono deboli e timorosi. (san kalpa)

Immaginate che i vostri pensieri possano influenzare le forze naturali dell’universo,

e di poter diffondere la pioggia e il sereno, le nubi e gli
arcobaleni. (san kalpa)

Immaginate che ogni pensiero che formulate, ogni parola che
pronunciate e ogni vostro gesto siano di beneficio al mondo. (san kalpa)

* Il Quinto Principio: imbrigliare l’inquietudine emozionale SUTRA: Moksha

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