La preghiera e l’Effetto Isaia

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La preghiera

di Anna Maria Piantanida

“I sentieri del Giardino Infinito devono essere attraversati dal
corpo, dal cuore e dalla mente come una sola cosa…”
dal Vangelo Esseno della Pace

Gli antichi, ci hanno chiaramente indicato un modo di pensare, che ci
permette di ridefinire ciò che sperimentiamo all’esterno, rivolgendo
la nostra attenzione a ciò che siamo diventati all’interno di noi. Per
poter cambiare le condizioni del mondo esterno, si viene invitati a
formare, interiormente, le condizioni che desideriamo realizzare
all’esterno. Quando lo facciamo, un nuovo stato di salute o di pace si
rispecchia nel mondo intorno a noi. Per portare la pace a coloro che
amiamo, dobbiamo prima diventare quella pace. Con la capacità di
visione che li caratterizzava, i saggi Esseni stabilirono delle chiare
distinzioni tra emozione, pensiero e sentimento. Sebbene siano molto
apparentati , il pensiero e l’emozione devono essere dapprima
considerati come indipendenti e solo in seguito vanno uniti e fusi nel
sentimento, che diventa così il linguaggio silenzioso della creazione.
Le descrizioni che vengono trascritte qui di seguito sono le chiavi
che ci conducono nel cuore della nostra modalità perduta di preghiera.

EMOZIONE

L’emozione può essere considerata la fonte di potere, che ci spinge
avanti nella vita verso i nostri obiettivi. E’ attraverso l’energia
delle nostre emozioni che alimentiamo i nostri pensieri per renderli
reali. Il potere dell’emozione, comunque, può essere di per sé sparso
e senza direzione. In presenza del pensiero le nostre emozioni
acquistano una direzione, poiché immettono la vita dentro l’immagine
dei nostri pensieri. Le tradizioni antiche indicano che siamo in grado
di avere due emozioni primarie. In termini forse più accurati,
possiamo dire che durante la nostra esistenza sperimentiamo varie
condizioni che sono riducibili a una singola emozione. L’amore è un
estremo di tali condizioni. Qualunque cosa crediamo sia l’opposto
dell’amore è il secondo estremo, spesso descritto in termini di paura.
La qualità delle nostre emozioni determina il modo in cui le
esprimiamo. Talvolta l’emozione è fluida, talaltra è depositata
all’interno dei tessuti del nostro corpo ed è estremamente allineata
col desiderio, la forza che spinge la nostra immaginazione verso la
risoluzione.

PENSIERO

Il pensiero può essere considerato il sistema di guida che indirizza
le nostre emozioni. E’ l’immagine o idea Creata dal pensiero a
determinare dove sono dirette le emozioni e l’attenzione. Il pensiero
è strettamente associato all’immaginazione. Cosa che sorprende molti,
il pensiero di per sé ha poca forza; rappresenta solo una possibilità,
priva dell’energia necessaria a dargli vita. Questa è la bellezza del
pensiero puro. In assenza di emozioni, non c’è potere per rendere
reali i nostri pensieri. E’ il dono umano di saper manifestare il
pensiero in assenza di emozione, ciò che ci permette di modellare e
simulare le possibilità della vita senza pericolo, senza creare paura
o caos nella nostra esistenza. E’ soltanto col nostro amore o con la
nostra paura verso gli oggetti dei nostri pensieri, che noi immettiamo
la vita nelle creazioni della nostra immaginazione.

SENTIMENTO

Il sentimento può esistere solo in presenza del pensiero e
dell’emozione, poiché rappresenta l’unione di entrambi. Quando
sentiamo, stiamo sperimentando il desiderio delle nostre emozioni fuso
con l’immaginazione dei nostri pensieri. Il sentimento è la chiave
della preghiera, poiché la creazione risponde al mondo del sentire
umano. Quando attraiamo o allontaniamo da noi le persone, le
situazioni e le condizioni che incontriamo nella nostra esperienza,
osserviamo i nostri sentimenti e capiremo perché ciò accade. Per
provare un sentimento, dobbiamo prima avere sia un pensiero che
un’emozione. La sfida che incontriamo nello sviluppare il nostro più
alto potenziale personale risiede nel saper riconoscere quali pensieri
ed emozioni sono rappresentati dai nostri sentimenti.

A partire da queste tre definizioni scarne e forse troppo
semplificate, appare chiaro perché è impossibile “cacciare il
pensiero” di esperienze paurose e dolorose. Il pensiero è solo una
delle componenti dell’esperienza umana, il “vedere” mentalmente dei
risultati possibili. Il dolore, tuttavia, è un sentimento, il prodotto
del nostro pensiero alimentato dal nostro amore o dalla nostra paura
verso ciò che la nostra mente crede sia accaduto. Tenendo conto di
questa formula, i maestri esseni, ci invitano a guarire il ricordo
delle nostre esperienze più dolorose cambiando l’emozione collegata a
quell’esperienza.

Fornendo una base antica al moderno assioma “l’energia segue
l’attenzione”, una coincisa parabola tratta dal perduto Vangelo Q così
descrive il concetto : ” Chiunque cerchi di proteggere la propria
vita, la perderà”. Queste poche parole spiegano perché talvolta noi
attiriamo nella nostra vita proprio le esperienze che meno vorremmo
avere. In questo esempio il modello suggerisce che, preparandoci e
difendendoci contro ogni possibilità e situazione in cui potremmo
perdere la vita, in realtà stiamo portando l’attenzione proprio verso
quell’esperienza che abbiamo scelto di evitare. Attraverso il non
volerla, creiamo le condizioni che le permettono di esistere. Anziché
focalizzare la nostra attenzione su ciò che non vogliamo, possiamo
però operare a un livello di scelta superiore, identificando ciò che
scegliamo di portare nella nostra vita e vivendo da quella
prospettiva. Le affermazioni forniscono un magnifico esempio di questo
principio.

In tempi recenti, le affermazioni sono diventate molto popolari presso
coloro che seguono taluni insegnamenti spirituali ed esoterici. Tali
tradizioni suggeriscono che affermando molte volte al giorno le stesse
cose che scegliamo di sperimentare nella vita, esse si realizzeranno.
La regola di base è che meno complessa è l’affermazione, più chiaro
sarà il suo effetto. Le parole delle nostre affermazioni spesso
riflettono un desiderio di cambiamento, come ad esempio : ” Io vivo
nell’abbondanza, ora e in tutte le manifestazioni future”.

Abbiamo identificato il pensiero in termini di un sistema di
conduzione, un programma direzionale dell’energia che vogliamo muovere
nel nostro mondo. In assenza del potere che lo alimenta, il pensiero
rimane una possibilità a livello mentale. Il potenziale del pensiero
in assenza dell’energia che lo alimenta va sotto il nome di desiderio.
Affinché il nostro pensiero acquisti potere, dobbiamo energizzarlo.
Forse questo spiega perché talvolta le nostre preghiere non ricevono
risposta. In mancanza di un potere che porti in vita le nostre
preghiere e affermazioni, esse possono esistere indefinitamente a
livello potenziale, cioè come desideri ben intenzionati.

E’ il dono umano dell’emozione che dà potere alla possibilità di
realizzare un desiderio. Se ammattiamo di poter scegliere l’emozione
dell’amore oppure quella della paura per alimentare il nostro
pensiero, vediamo che spesso e volentieri il nostro bisogno di
qualcosa si basa sulla paura.

Il più grande potere della creazione potrebbe essere la GIOIA, andata
perduta per l’Occidente millecinquecento anni fa, il cui meccanismo
proviene dal ricordarci del nostro potere di portare benessere,
abbondanza, salute, sicurezza e piacere nella nostra vita, e
divertirci nel farlo! Oltre ad aver scoperto come funziona la nostra
tecnologia interiore della preghiera, ora abbiamo un modo per cambiare
gli elementi della preghiera affinché ci servano meglio in futuro.

Quando creiamo dei sentimenti a proposito delle cose che scegliamo di
sperimentare nel mondo, noi immergiamo nelle possibilità della
creazione un sentimento in forma di immagine, quel tanto di energia
che basta affinché si sviluppi una nuova possibilità. La chiave di
questo sistema, però, è che la creazione restituisce precisamente ciò
che la nostra immagine aveva mostrato. L’emozione che colleghiamo
all’immagine attrae la possibilità di quell’immagine. Quando ” non
vogliamo ” qualcosa, un ‘emozione basata sulla paura, la nostra paura
in realtà alimenta ciò che diciamo di non volere. Queste leggi ci
invitano a are forza alle nostre scelte, mettendo a fuoco le
esperienze positive che scegliamo, anziché preparandoci per le cose
negative che non vogliamo. La creazione realizza semplicemente le
conseguenze dei nostri sentimenti, perpetuando ciò di cui abbiamo
mostrato un’immagine. Questo è l’antico segreto di una modalità di
preghiera andato perduto nel quarto secolo d.C.

Vengono identificate quattro classi o modalità di preghiera:

Preghiera colloquiale

Quando parliamo con Dio con parole nostre, descrivendo informalmente
dei problemi o ringraziandolo dei doni che abbiamo ricevuto: ” Caro
Dio, per favore, se per questa volta permetti……, prometto che non farò
mai più…..”.

Preghiera di petizione

In questo tipo di preghiera ci rivolgiamo alle forze creative del
mondo per ricevere determinate cose o risultati benefici. La preghiera
di petizione può essere formale o detta con parole nostre : ” O
potente presenza dell’Io Sono”, invoco il mio diritto alla
guarigione”.

Preghiera ritualistica

In questo caso si ripete una sequenza precostituita di parole,
soprattutto in situazioni speciali o prescritte. Le preghiere dette
prima di addormentarsi come “Angelo Custode proteggi il mio sonno”,
oppure prima dei pasti come “Rendiamo grazie per questo cibo” sono
esempi tipici.

Preghiera meditativa

Una preghiera meditativa va al di là delle parole. Nella meditazione
siamo silenziosi, immobili, aperti e coscienti della presenza delle
forze creative presenti nel mondo e nel nostro corpo. Grazie alla
nostra immobilità, permettiamo alla creazione di esprimersi attraverso
di noi nel momento presente.

Per molti la pratica della meditazione esula dallo scopo della
preghiera. In senso stretto, però, se la meditazione implica un
pensiero, un sentimento e un’emozione, può essere definita sia come
una meditazione che come una preghiera.

Le quattro tipologie appena descritte, usate individualmente o in
combinazione fra loro, costituiscono il corpo centrale delle modalità
di preghiera usate oggi in occidente.

Nelle tradizioni indigene ed esoteriche compaiono dei riferimenti a
una modalità di preghiera che apparentemente non si adatta a nessuna
di queste categorie. I muri dei templi egiziani, le tradizioni dei
nativi americani del nord e i curanderos (guaritori) delle montagne
del Perù hanno dimostrato una forma di preghiera che non viene presa
in considerazione dalle tradizioni occidentali. E’ possibile che esita
una quinta modalità, che ci permette di fondere pensieri, ed emozioni
in una singola, potente forza creativa? Inoltre ci chiediamo: è questa
la forza che spalanca direttamente i processi di guarigione dei nostri
corpi e del nostro mondo? I testi antichi,e anche gli studi
moderni,indicano che la risposta è sì.

Il segreto della nostra modalità perduta di preghiera consiste nello
spostare la nostra prospettiva della vita, sentendo dentro di noi che
il “miracolo” è già accaduto e che le nostre preghiere sono già state
esaudite. I popoli indigeni di tutto il mondo serbano il ricordo di
questa preghiera nei loro testi più sacri e nelle loro più antiche
tradizioni. Oggi abbiamo l’opportunità di convogliare questa saggezza
nella nostra vita, pronunciando preghiere di gratitudine per qualcosa
che si è già verificato, anziché chiedere che le nostre preghiere
vengano esaudite.

Il sentiero esistente fra l’uomo e le forze di questo mondo comincia
nei nostri cuori, iniziamo la nostra preghiera per tutto ciò che è e
per tutto ciò che è stato, per il calore e la siccità, perché così
sono andate le cose fino al momento presente. Non è una cosa buona e
nemmeno una cosa cattiva.

Dobbiamo prima avere in noi i sentimenti collegati a ciò che decidiamo
di sperimentare. Così facendo piantiamo i semi di una nuova via da
percorrere, da quel punto in poi la nostra preghiera si trasforma in
ringraziamento per l’opportunità di scegliere quale creazione vogliamo
sperimentare. Attraverso la gratitudine noi rendiamo omaggio a tutte
le possibilità, e portiamo in questo mondo quelle che scegliamo.

Un paragone tra la versione ampliata contenuta nel testo in aramaico
di una preghiera, che per generazioni, è stata insegnata agli studenti
di religione nelle scuole domenicali e la moderna versione biblica
della preghiera, riserva grosse intuizioni sulle possibilità offerte
da questa tecnologia perduta.

La versione moderna è la seguente:

” Se chiederete qualcosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà.

Finora non avete chiesto nulla nel mio nome.

Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena “.

Così recita la versione originale in aramaico, ritradotto:

” Tutte le cose che chiedere onestamente, direttamente… da dentro il
mio nome, vi verranno date. Fino ad oggi non avete fatto questo.
Chiedete, tutte le cose che chiederete onestamente, senza motivi
nascosti e siate circondati dalla vostra risposta. Siate avvolti da
ciò che desiderate, perché la vostra gioia sia piena…”

Con parole di un’altra epoca, siamo invitati ad abbracciare la nostra
modalità di preghiera sotto forma di una consapevolezza che
impersoniamo, anziché come un’azione prestabilita che compiamo in
determinate occasioni. Invitandoci a essere “circondati” dalla nostra
risposta e “avvolti” da ciò che desideriamo, questo antico passo mette
l’accento sul potere dei nostri sentimenti. A questo punto, le nostre
preghiere si trasformano in ringraziamento per ciò che abbiamo creato,
anziché essere una richiesta che la nostra creazione si realizzi.

Dobbiamo riconsiderare una parola che forse ha perso il suo
significato in tempi recenti, si tratta della parola FEDE, la fede
diventa l’accettazione del nostro potere in quanto forza capace di
imprimere una direzione alla creazione. E’ questa prospettiva
unificata che ci permette di procedere nella vita,con la fiducia di
aver seminato nuove possibilità grazie alle nostre preghiere. La fede
ci permette di essere certi che le nostre preghiere si realizzano. Con
questa conoscenza, le nostre preghiere diventano espressione di
gratitudine, dando vita alle nostre scelte e facendole sbocciare nel
mondo.

Le attuali pratiche religiose e spirituali ci hanno chiesto di
intessere l’ordito della preghiera nel tessuto della nostra esistenza.
Raramente, però,ci hanno mostrato come farlo. Esistono testi
contenenti un’eredità di saggezza che risale a prima della storia
umana e che ci dimostrano i raffinati elementi di questa potente
tecnologia, andata perduta da tempi immemorabili. Dopo aver
identificato le tre componenti di pensiero, sentimento ed emozione,
gli Esseni ci hanno realmente mostrato come fonderle in un’ unica
attuazione! L’hanno fatto indicando un comune denominatore, che
collega la fine della sofferenza con l’allineamento delle componenti
della preghiera. La migliore descrizione di questo collegamento ci
viene data dai maestri stessi dell’arte della preghiera:

Il Figlio dell’Uomo cercherà prima di tutto la pace del corpo; perché
il corpo è come uno stagno di montagna: quando è calmo e limpido
rispecchia il sole, ma quando è pieno di fango e sassi non rispecchia
nulla.

Poi, affinché l’angelo della Saggezza possa guidarlo, il Figlio
dell’Uomo cercherà la pace nel pensiero…. Non esiste, né in cielo né
in terra, un potere più grande dei pensieri del Figlio dell’Uomo.
Anche se è invisibile agli occhi del corpo, ogni pensiero è fornito di
una grande potenza, e la sua forza può persino scuotere i cieli.

Poi il Figlio dell’Uomo cercherà la pace dei suoi sentimenti….Dobbiamo
dunque sollecitare l’Angelo dell’Amore, affinché entri nei nostri
sentimenti e li purifichi; e allora tutto ciò che era impazienza e
discordia si trasformerà in armonia e pace.

“Cercate l’Angelo della pace in tutto quello che vive, in tutto ciò
che fate e in ogni parola che pronunciate. Perché la pace è la chiave
di tutta la conoscenza, di tutti i misteri e di tutta la vita”.

Il Vangelo di Marco, capitolo dodici, versetto trenta ci svela il modo
in cui gli elementi della preghiera si fondono per formare un tutt’uno
che ha lo stesso punto focale. Per creare questo potere, ci viene
richiesto di amare in un modo molto specifico: ” Amerai dunque il
Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con
tutta la tua mente e con tutte la tua forza. Secondo la prospettiva
essenza del nostro rapporto col Creatore, noi siamo uno con il Padre
celeste : ” Accanto al fiume sta il sacro Albero della Vita. Là dimora
mio Padre e la mia dimora è in Lui. Il Padre Celeste ed io siamo Uno”.
La divina scintilla della creazione e del nostro Creatore palpita in
ogni essere umano della terra. Per mettere a fuoco la preghiera,
dobbiamo amare il principio creativo stesso della vita, il nostro
Creatore, con tutto il cuore, con tutta l’anima, la mente e la forza
che c’è in noi. Poiché siamo uno con il nostro Padre celeste, amando
lui amiamo anche noi stessi. E’ attraverso il corpo, il cuore e la
mente che noi sperimentiamo pensiero, sentimenti ed emozioni. Anche se
sentiamo di avere un controllo limitato sulle nostre percezioni, è
proprio il legame che abbiamo con esse che ci permette di scegliere la
qualità delle nostre esperienze. Conosci questa pace con la mente,
desidera questa pace col cuore, realizza questa pace col corpo.

Attraverso la logica della mente, dobbiamo concepire la pace come
qualcosa di reale e dobbiamo provarlo a noi stessi, dimostrando che è
possibile trovare la pace nella vita quotidiana e nel mondo. Con la
forza del cuore, dobbiamo poi desiderare che questa pace sia in tutto
ciò che sperimentiamo. La pace esiste già in questo mondo. La nostra
sfida è cercarla e trovarla, perfino nei luoghi dove potrebbe sembrare
che non esista. E’ attraverso il corpo che esprimiamo la mente e il
cuore, e siamo noi che scegliamo le azioni da offrire al mondo. Questo
passo ci ricorda di far si che le nostre azioni risecchino all’esterno
le scelte che abbiamo già preso interiormente.

Il pensiero, il sentimento e l’emozione sono vibrazioni che noi
proiettiamo sulla raffinata sostanza della coscienza. Ciascuna di esse
produce un effetto. Dobbiamo unificare pensiero, emozione e sentimento
e vivere secondo i desideri del nostro cuore ” Dovete abbandonarvi
mentalmente al vostro desiderio già avverato attraverso il vostro
amore per quello stato e, facendo ciò, dovete vivere nel nuovo stato e
non più in quello vecchio”. (Neville) Le nostre preghiere prendono
vita quando riusciamo a mettere a fuoco il sentimento corrispondente
al desiderio che abbiamo in cuore, anziché il pensiero del nostro
mondo conoscitivo.

Noi facciamo parte di tutto ciò che percepiamo. Essendo agglomerati di
atomi, molecole e composti, siamo fatti esattamente degli stessi
elementi di cui è fatto il nostro mondo, niente di più e niente di
meno. Questo principio è il fondamento di molte credenze antiche e
indigene e ci ricorda che, attraverso fili invisibili e innumerevoli
legami, noi facciamo parte di ogni espressione vitale. In un mondo in
cui vige una simile risonanza, ogni roccia, albero, montagna, fiume e
oceano fa parte di noi. Qualunque evento accada ai materiali di cui è
fatto il mondo, esso viene percepito dal nostro organismo. I materiali
che ci circondano nella vita quotidiana rispecchiano le scelte di vita
che abbiamo fatto. Senza eccezioni, le abitazioni, le automobili, gli
animali domestici e la terra rispecchiano in ogni momento qualità,
implicazioni e conseguenze delle nostre scelte di vita.

Gli eruditi dello gnosticismo si rivolgevano alle generazioni future
col linguaggio del loro tempo, ricordando che la terra è dentro di
noi, che noi siamo in lei e che entrambi siamo intimamente coinvolti
in ogni aspetto di ciò che sperimentiamo. I maestri Esseni concepivano
il corpo umano come un punto di convergenza nel quale le forze della
creazione si uniscono per esprimere la volontà di Dio. Consideravano
il tempo che gli esseri umani trascorrono insieme come un’opportunità
per condividere esperienze di collera, rabbia, gelosia e odio a cui
talvolta vorremmo sfuggire o che tendiamo a giudicare. I nostri corpi
fisici sono però anche i veicoli che ci permettono di levigare in noi
l’amore, la compassione e il perdono, le qualità che ci elevano fino
alle più alte espressioni di umanità. Per questo motivo, gli antichi
vedevano il corpo umano come un luogo sacro, il tempio tenero e
vulnerabile della nostra anima. Infatti è proprio all’interno del
tempio corporeo che le forze del cosmo si uniscono, dando forma
all’espressione di tempo, spazio e materia. Più precisamente lo
spirito opera attraverso la materia, all’interno dell’esperienza
spazio – temporale, per trovare la sua più piena espressione.

(Tratto da L’Effetto Isaia di Gregg Braden e dal Vangelo Esseno della pace)

°°°

” Tutta la materia ha origine ed esiste solo in virtù di una forza che
fa vibrare le particelle di un atomo
e che tiene insieme il minuscolo sistema solare dell’atomo…
Dobbiamo supporre l’esistenza di una mente conscia e intelligente
dietro a questa forza.
Questa mente è la matrice di tutta la materia “. Max Planck

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